Non chiamatelo più sopravvalutato

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 1 Luglio 2019 - 21:44
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Non chiamatelo più sopravvalutato

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Il grande problema di Max Verstappen in questi suoi primi anni di Formula 1 è stato quello di avere a che fare, nel suo lungo elenco di duelli ruota a ruota, con delle Ferrari. Questo, soprattutto nel nostro paese, ha creato una specie di alone d’odio che l’ha seguito e, in parte, lo segue ancora scrupolosamente. Un alone che ha offuscato, secondo me, un giudizio un po’ più obiettivo nei suoi confronti.

Purtroppo anche ieri l’evento che ha condizionato il Gran Premio d’Austria ha coinvolto una Rossa. C’è anche da dire una cosa, prima di approfondire il discorso: in un’era ibrida nella quale sono giusto tre le squadre a giocarsi i GP di cui una, la Mercedes, con il 75% di vittorie, le lotte per le altre posizioni nelle prime sei non è che possano comprendere molte auto… Insomma, è anche piuttosto inevitabile che a giocarsela siano Red Bull e Ferrari.

Detto questo, dopo la prima vittoria di Barcellona del 2016 e la straripante prestazione dello stesso anno in Brasile sotto il diluvio, la gara del Red Bull Ring conferma un pensiero nato in quella prima stagione con il team austriaco; quello di essere di fronte ad un potenziale futuro campione. Questo pensiero nel corso dell’ultimo anno si è rafforzato con la concretezza e la totale assenza di errori, mentre la gara di ieri mi ha definitivamente convinto. Max Verstappen, al momento, è il pilota che più fa la differenza: sulla macchina, sul compagno, sulla classifica, sulla sensazione di essere di fronte a qualcosa di diverso, con un guizzo in più. So che in molti storceranno il naso per questa affermazione. 

Ho sempre difeso questo ragazzo nonostante le critiche, anche quando esagerava, per gli stessi motivi per cui adesso (dopo Montréal soprattutto) l’opinione pubblica italiana chiede a gran voce che le lotte tra piloti vengano permesse. Questo per poi lamentarsi, come ieri ed ovviamente, quando a subirne i danni è colui che si tifa. E qui bisogna mettersi d’accordo, perché se già in commissione gara c’è confusione non possiamo permetterci di farne anche noi. Io sono e sarò sempre per la lotta, i duelli, le sportellate se incidentali e non volontarie. Per questo Verstappen credo sia attualmente il miglior portavoce di questo tipo di correre, nel bene e nel male, indipendentemente dall’altra macchina con cui ha a che fare. 

Come ho scritto ieri, Max in Austria sarebbe stato da penalità solo ed esclusivamente per mostrare coerenza con le pagliacciate di Canada e Francia. Ma, se vogliamo parlare di Formula 1 e non dell’asilo (non sapevo si chiamasse “kindergarten”, grazie Vettel per questo), azioni come quella di ieri non dovrebbero essere mai e poi mai nemmeno annotate, lasciando ai piloti l’onere di fare il loro lavoro e regolarsi in pista, come Indycar e nella maggior parte delle altre categorie. Se si tarpano le ali alla lotta si può chiudere tutto. L’anno scorso sono arrivato anche alla provocazione sostenendo che, se Verstappen fosse in Ferrari, verrebbe paragonato a Gilles (una bestemmia a prescindere) esattamente come poi è successo e sta succedendo – sarò stato profetico? – con Charles. E sono ancora convinto di questo, al 100%. Max porterebbe un entusiasmo clamoroso a Maranello. Ma, al tempo stesso, credo non sia quello che serve in questo momento: i problemi sono altri ed altrove.

Nell’esaltare Verstappen in modo assolutamente personale – data la sezione di questo pezzo – voglio anche spezzare una lancia in favore di Pierre Gasly. Finire doppiato mentre il tuo compagno vince deve essere un macigno clamoroso, soprattutto dopo un inizio di stagione disgraziato con l’unica ottima prestazione, quella di Baku, finita con un ritiro. Nonostante questo non ritengo, come si dice soprattutto dopo il risultato di Spielberg, che il francese sia una pippa. Resta comunque un campione GP2 nell’anno della lotta con il suo compagno di squadra, che risponde al nome di Antonio Giovinazzi. Occhio quindi con i pareri definitivi e le sentenze sulla base di poche gare. Gasly ha dimostrato di essere un buon pilota e nessuno dovrebbe lanciarsi in commenti di un certo tenore senza considerare, almeno, che fare il pilota non è solo salire in macchina e premere due pedali. Mi auguro per lui che possa svoltare, nonostante una situazione difficile che non gli rende giustizia. 

Tornando a Max, quello che fa paura davvero è sapere che è già alla sua quinta stagione completa nonostante i 21 anni, mentre i colleghi della sua stessa generazione sono qui da uno e mezzo (Charles) oppure esordienti (Norris, Albon, Russell). Dalla sua, quindi, l’olandese ha anche l’esperienza degli errori dei primi anni – non pochi ma ormai superati – che gli altri devono ancora forgiare. A posteriori il rischio di bruciarlo è stato enorme e credo che altri piloti, al suo posto, avrebbero sofferto molto di più la pressione. Non so se sia ancora presto o meno, ma sarei curioso di vederlo in Mercedes o con una qualsiasi altra macchina in grado di lottare per il titolo. D’altronde è quello che manca per saggiarne definitivamente le qualità.

Di buono, nel disastro generale per la Formula 1 di questi ultimi tempi, c’è proprio la new generation che si sta presentando a suon di prestazioni eccelse tra Leclerc e Norris. Al di là di quello che può essere il mio pensiero personale su Verstappen credo che, colori ed appartenenze a parte, riconoscere in Max il più grande esponente del nuovo che avanza sia tutto tranne che una bestemmia, per quanto visto in queste prime stagioni da giovanissimo e, soprattutto, dopo la prestazione di ieri. Una vittoria in rimonta che, firmata da un pilota vestito di rosso, oggi e soprattutto in questo periodo per la Ferrari vedrebbe una nazione in festa. Altra provocazione? Forse, ma non so se ci vado molto lontano.

Immagine: Twitter/Max Verstappen

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