Nissan GTR-LM Nismo, un flop troppo futuristico

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di Andrea Ettori @AndreaEttori
15 Giugno 2017 - 09:00
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Dopo i progetti avveniristici di DeltaWing e Zeod, la Nissan nel 2015 decise di ritornare in forma ufficiale a Le Mans dopo 16 anni. L’annuncio arrivò direttamente dallo spettacolo più grande degli Stati Uniti d’America, il Super Bowl. Davanti a 110 milioni di spettatori e attraverso uno spot chiamato “With Dad”, Nissan svelò a tutti la nuova GTR-LM Nismo.

Un prototipo che di convenzionale, oppure di simile alle altre vetture della classe LMP1, aveva ben poco, a partire dalla trazione anteriore. Il motore anteriore-centrale era un V6 twin-turbo di 3 litri realizzato in collaborazione con la Cosworth. Le gomme posteriori erano larghe appena 9 pollici contro i 14 di quelle davanti, le quali erano più piccole anche rispetto ai 18 degli altri team.

Progettata da Ben Bowlby, la GTR-LM era differente anche nel sistema di recupero d’energia, che era puramente meccanico e progettato dalla Terotech. Rispetto alla batteria agli ioni di litio della Porsche 919, al supercondensatore della Toyota oppure al volano elettromeccanico con massa rotante accelerata da un motore elettrico dell’Audi, la Nissan aveva un semplice volano meccanico.

Questo era posizionato dietro al motore, sotto le gambe del pilota e collegato ad una catena cinematica attraverso una trasmissione formata da frizioni d’innesto e ingranaggi controllati elettronicamente. Il cambio sequenziale a cinque rapporti era posizionato davanti al motore a combustione interna e aveva il compito di “mandare” tutta la potenza e la coppia del V6 twin-turbo alle ruote anteriori insieme al volano. Una soluzione davvero particolare, che riprendeva il concetto delle macchinine giocattolo a molla.

Interessante la veste aerodinamica che, grazie al posizionamento del motore all’anteriore, risultava piuttosto filante. Gli scarichi, che uscivano nella zona alta del cofano, soffiavano in un canale laterale all’abitacolo che raggiungeva la parte posteriore, con il compito di creare carico aerodinamico al grande estrattore presente sulla vettura. Grazie all’assenza del motore, posizionato davanti, gli ingegneri cercarono di trovare la massima stabilità soprattutto nei curvoni veloci attraverso due lunghi canali, posti sotto la macchina, per ridurre la resistenza aerodinamica.

Dopo le prime immagini rubate dei test ad Austin iniziarono a circolare delle voci sulla validità del progetto. La macchina, nonostante una buona velocità di punta, era terribilmente complicata da guidare per i piloti. La posizione di guida era molto particolare e non “confortevole” e inoltre la vettura sembrava soffrire di un sottosterzo cronico. Nonostante la Nissan si fosse iscritta per partecipare all’intero mondiale, si decise di saltare i primi due appuntamenti stagionali per concentrasi sulla 24h di Le Mans.

Marc Gené, ingaggiato come pilota di punta della squadra, decise di non partecipare alla maratona francese limitandosi a fare il “consigliere” nel box. La sua decisione si disse fosse legata alla pericolosità (a suo parere) della vettura. La Nissan decise di presentarsi alla Le Mans 2015 con tre equipaggi. La #21 guidata da Matsuda, Shulzhitskiy e Ordonez, la #22 di Tincknell, Krumm e Buncombe e la #23 composta da Chilton, Pla e Mardenborough.

I test sul circuito della Sarthe nei giorni precedenti alla 24h furono un totale disastro. Le Nissan pagarono nei confronti dei migliori della propria categoria oltre 20” di distacco, essendo anche più lente delle vetture della classe LMP2. Anche l’affidabilità venne a mancare con due stop sul circuito durante la sessione. I grandi proclami di qualche mese prima vennero subito messi a tacere da queste prestazioni davvero complicate. L’unica nota positiva arrivò dalla velocità di punta, la migliore di tutti con 336 km/h rispetto ai 334 km/h dell’Audi.

Nelle qualifiche del week-end di gara arrivò anche la beffa della retrocessione in griglia. Le tre Nissan non raggiunsero il tempo limite pari al 110% della propria classe, risultando più lente rispetto alla pole della Porsche dei soliti 20”. La gara scattata alle 15 del sabato si trasformò in un vero calvario.

Delle tre Nissan presenti, nessuna venne classificata al traguardo. Solamente la #22 percorse 242 giri, contro i 395 della Porsche vincitrice. In termini di chilometri il gap fu di 2200, un abisso. Le vetture furono afflitte da ogni tipo di problema: alte temperature, meccanica fragile, pezzi della scocca che si staccavano.

La #23 fu costretta al ritiro a causa di un principio d’incendio divampato dal motore. Un’immagine che testimoniava i guai del team, il quale diede l’impressione di essersi presentato nella gara più difficile al mondo totalmente impreparata. Toni Vilander, pilota che corse in quell’edizione della 24h con la Ferrari nella classe GT, disse: “In alcune curve del tracciato loro non riuscivano a staccarmi”. L’arrivo sotto la bandiera a scacchi della #22 venne comunque accolto come una liberazione.

Dopo il flop di Le Mans il team preferì non partecipare alle restanti gare del campionato, cercando di accumulare dati con test privati per risolvere i problemi visti durante la 24h. Venne anche ingaggiato Nelsinho Piquet, che provò la GTR-LM ad Austin per dare una mano al team. Il gran capo di Renault e Nissan, Carlos Ghosn, disse: “Volevamo essere innovativi, in realtà siamo stati solamente diversi”.

Nel dicembre di quello stesso anno però arrivò l’annuncio ufficiale del ritiro del programma endurance da parte di Nissan: “Il programma non sarebbe stato in grado di raggiungere le ambizioni iniziali” fu la motivazione per questo insuccesso. Si chiuse quindi il capitolo GTR-LM, che per novità e soprattutto coraggio aveva coinvolto diversi appassionati.

Per chi volesse vederla, la vettura dal 2016 si trova esposta al museo di Le Mans.

Immagini: Internet (per segnalare il copyright info@passionea300allora.it)

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