NASCAR | NASCAR vs Team: scontro finale per il rinnovo dell’accordo sui charter

di Gabriele Dri
NascarLiveITA
Pubblicato il 12 Settembre 2024 - 09:30
Tempo di lettura: 17 minuti
NASCAR | NASCAR vs Team: scontro finale per il rinnovo dell’accordo sui charter

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Lo scorso weekend di Atlanta ha segnato (finalmente) un punto di svolta nella annosa trattativa fra NASCAR e team sul rinnovo dell’analogo stock car del “Patto della Concordia”


Lo scorso weekend disputato dalla NASCAR ad Atlanta, essendo questo ovale considerato uno superspeedway anche se da 1.5 miglia, non aveva in programma prove libere e quindi sabato si sono disputate solo le qualifiche prima della gara della domenica pomeriggio. Eppure il sabato è iniziato con la notizia bomba sul tema più importante in ottica futura per la NASCAR: il rinnovo dell’accordo con i team sui charter. Ma prima un breve (più o meno) recap sulla vicenda.

A fine anno scade l’accordo relativo ai charter stipulato fra NASCAR e team e in vigore da inizio 2016. Il charter è una delle 36 franchigie (facendo il paragone con gli altri sport professionistici USA, con la differenza che il charter è di proprietà della NASCAR e concesso alle scuderie e non è dei team stessi) che la NASCAR ha assegnato a 36 vetture a tempo pieno che hanno il diritto e il dovere di prendere il via in ogni gara in cambio di una ripartizione migliore dei premi garantiti.

Gli altri quattro posti in griglia di partenza per ogni corsa lottando ogni volta per la qualificazione non garantita, invece, sono destinati ad auto cosiddette Open che possono presentarsi liberamente a qualunque gara, ma il loro premio finale è molto minore rispetto a quello delle vetture dotate di charter. Disputare una stagione a tempo pieno con una vettura Open è molto difficile dal punto di vista economico, infatti nelle nove stagioni dall’entrata in vigore di questo schema (patto originario di cinque anni poi rinnovato per i successivi quattro come comunicato a febbraio 2020) solo quattro team ce l’hanno fatta: il Wood Brothers Racing nel 2016 con Ryan Blaney, nel 2020 il Gaunt Brothers Racing con Daniel Suárez e il MBM Motorsports con Timmy Hill e nel 2021 il JTG Daugherty con Ryan Preece.

La trattativa fra NASCAR e team per il rinnovo dell’accordo è in corso da oltre un anno. A chiedere di più ovviamente erano i team che, rispetto al precedente “Patto della Concordia“ (facendo un parallelo con la F1), volevano una fetta della torta maggiore dei ricavi dei diritti TV. La ripartizione attuale del montepremi è questa: 65% ai circuiti, 25% ai team e il 10% se lo tiene la NASCAR stessa.

E infatti in questi anni molte piste si sono rifatte il look con progetti da decine di milioni di $ pur con l’affluenza in declino, un fatto che ha fatto storcere molto il naso ai team che nel frattempo hanno valicato spesso a fatica la contrazione economica dovuta alla pandemia ma anche le spese ingenti per l’acquisto dei componenti e delle vetture Next Gen, un investimento che aveva un piano di rientro non immediato e che forse solo ora vede i primi effetti.

Vari i temi di discussione affrontati dalle parti in questo periodo: la ripartizione della torta, l’eventuale questione di un fantomatico nuovo costruttore (se ne parla da 12 anni dopo l’addio di Dodge), charter senza scadenze temporali (i team volevano questo, la NASCAR insiste per il contratto fino al 2031) e questioni sulla proprietà degli stessi (i team volevano quindi delle franchigie vere e proprie, la NASCAR no), un budget cap, il limite di 3 charter per team (a meno di averne già 4 come Hendrick e Gibbs), la possibilità della NASCAR di schierare un proprio team (come Penske fa in IndyCar solo che Roger ha acquistato la categoria avendo già la squadra e non viceversa come sarebbe per i France).


Ma andiamo in ordine cronologico. Le prime notizie su questa trattativa risalgono addirittura al 30 gennaio 2023, quindi a 23 mesi dalla scadenza dei termini. NASCAR e team, dunque, si erano presi per tempo con l’intenzione di affrontare la vera discussione fra il 1° luglio ed il 31 dicembre. Questa fase si è intrecciata con le trattative della NASCAR con i broadcaster per il nuovo contratto TV che sarebbe entrato in vigore nel 2025 per un lasso di tempo per il momento sconosciuto. In quella data emerge una lettera pubblicata da Association Press e a firma praticamente di tutti i team in cui si avverte che l’eventuale accordo dipende anche dal fatto che i charter diventino permanenti. Dunque uno dei punti cruciali era sul tavolo fin dall’inizio.

https://twitter.com/A_S12/status/1620097945424269313

E già in questo comunicato a parlare era Denny Hamlin in qualità di team owner del 23XI Racing dicendo che “l’insistenza da parte nostra di trasformare i charter in franchigie serve a proteggere coloro che hanno investito in NASCAR. Non voglio proprio perdere i 20 milioni di dollari che ho investito in questi due anni. È preoccupante il fatto che basta una sola persona a dire che l’accordo sui charter non si debba rinnovare. È troppo, troppo rischioso. Dobbiamo avere qualche forma di protezione.” La frase di chiusura del comunicato recitava così: “La NASCAR dovrebbe negoziare in buona fede e non dovrebbe revocare un charter (l’unica eventualità era quella di un team nelle ultime tre posizioni in classifica per tre anni di fila, fatto mai successo) senza motivo.”

Già, l’investimento perché dalla loro creazione, il mercato dei charter è cresciuto incredibilmente di valore. Nell’inverno 2019-20 un charter passò di mano, secondo le indiscrezioni, per sei milioni di dollari, nel 2020-21 Kaulig acquistò i due charter di Spire Motorsports rispettivamente per otto e dieci milioni, Hamlin nel dicembre 2021 prese quello di StarCom per 13.5 milioni (più dei 12 stimati dal borsino), nell’estate 2022 la valutazione era già di 20 e il mercato 2022-2023 si orientò su quelle cifre. Il picco nell’estate 2023: Spire Motorsports annunciò l’acquisto del charter di Live Fast Motorsports per una cifra presunta di addirittura 40 milioni.

Il passo successivo è quello del 3 novembre 2023 quando, in occasione della conferenza stampa di fine anno sullo State of the Sport, il presidente della NASCAR Steve Phelps disse: “Non voglio entrare nei dettagli delle trattative, però voglio dirvi più o meno a che punto siamo. Se chiedessimo ai team se ci sono dei progressi, penso che direbbero di sì. Abbiamo capito che i team vogliono tre cose espressamente: […] vogliono essere competitivi in pista, vogliono arrivare a fine anno in pareggio o in attivo, vogliono aumentare il loro valore come aziende. Non dirò i numeri precisi su questo punto di vista, ma viste le cifre alle quali i charter passeranno di mano questo inverno si capisce che questi hanno un valore intrinseco. Prima di tutto però dobbiamo chiudere il nuovo contratto con le TV.”

La NASCAR nel frattempo, infatti, aveva proposto un accordo sui charter per i successivi 7 anni in modo da legarlo sempre al nuovo contratto per i diritti TV firmato poi pochi giorni dopo, il 30 novembre 2023. Da notare che il contratto attuale NASCAR-TV (per Cup+Xfinity+Truck) firmato nel 2014 era da 820 milioni $/anno, quello futuro è da 1,215 miliardi $/anno. Dunque ora tutte le parti al tavolo sapevano su quali cifre si trattava. Il giorno dopo NASCAR e team annunciano di prolungare le trattative fino a gennaio per “evitare distrazioni all’inizio della stagione a febbraio.”

Tante discussioni con tanti tira e molla, settimane di nulla e poi dichiarazioni sul tema che non andava avanti, specialmente da Hamlin (in qualità di team owner di 23XI Racing che si è posto – da solo? – a capo/portavoce) o dall’associazione delle squadre.

Il clima sereno di novembre viene bruscamente interrotto a metà febbraio 2024, a finestra per le trattative dunque finita ma prorogata seppur non in esclusiva. L’associazione dei team annuncia ad Associated Press di aver ingaggiato uno dei principali avvocati sportivi ed esperti di antitrust d’America, Jeffrey Kessler, il tutto a margine di una riunione fra le squadre a cui erano invitati anche i rappresentanti della NASCAR che invece hanno disertato l’appuntamento.

Cosa significa questo annuncio? Che lo spettro degli scenari possibili si è ampliato considerevolmente e spazia dall’accordo finale allo scisma in stile CART-IRL del 1996 o, ancora più in parallelo quello USAC-CART del 1979 con i team che crearono un loro campionato autonomo da quello organizzato dalla federazione, anche se le squadre smentiscono che questa idea sia in progetto.

La NASCAR è costretta dunque a tornare subito al tavolo, riproponendo però un accordo legato a quello con i broadcaster fino al 2031, dunque diverso dall’idea delle franchigie dei team, anche se un terreno comune su cui discutere su temi minori riguardanti certe somme garantite in presenza di alcuni criteri sembra esserci. Phelps dichiara alla NBC: “Il desiderio di chiudere l’accordo c’è. È una trattativa e quindi tutto dipende dal punto di vista in cui si guardano le cose. Dobbiamo chiudere su alcuni temi su cui siamo ancora distanti. Ma non è una voragine, solo una distanza.” Citando una frase di Jim France di giugno, “possiamo sostenervi (riferendosi ai team, nda) soltanto fin quando c’è un contratto con i broadcaster” respingendo pure lui l’idea dei charter permanenti.

Ad aprile parla per la prima volta un altro team owner, ovvero Jimmie Johnson che ha acquistato quote del Legacy Motor Club, il quale dice che il gruppo dei proprietari coinvolti nella trattativa è “ancora unito. Penso che la trattativa andrà ancora a lungo. Adesso ognuno sta rimanendo sulla sua posizione. Sappiamo che il conto alla rovescia è iniziato, ma guardando quanto tempo manca è come se stessimo iniziando l’ottavo inning, forse il nono. Citando Rick Hendrick, non si tratta di soldi finché non si parla di soldi. I proprietari vogliono soprattutto un accordo duraturo che dia garanzie finanziarie.”

Ad aprile altra serie di brevi dichiarazioni. Steve O’Donnell della NASCAR dichiara che “siamo vicini”, i team con Denny Hamlin al microfono smentiscono dicendo “ci sono quattro punti fondamentali che la NASCAR non ha nemmeno ascoltato o aperto alla trattativa”. Persino Brad Keselowski (RFK Racing) dice che non pensa che la firma sia prossima. Quali sono questi quattro punti di cui parla ora Hamlin? Più soldi per i team per la loro attività, la questione franchigie, il diritto di parola nelle decisioni della NASCAR per evitare aumenti inaspettati dei costi, una quota dei ricavi nelle nuove iniziative economiche della NASCAR, quindi ci sono anche temi inediti di discussione o comunque non ancora trapelati alla stampa.

A inizio maggio altro terremoto nella trattativa: mentre escono le cifre richieste dai team e che ricalcano le indiscrezioni di gennaio (45% del contratto con le TV, dunque +20% dall’accordo precedente e +5-10% delle voci di corridoio, e il 33% delle nuove iniziative della NASCAR), la NASCAR porta alla discussione un tema che sicuramente non rappresenta una colomba di pace: una clausola che permetterebbe a un membro della famiglia France (l’indiziato è ovviamente Ben Kennedy) di acquistare un team. Idea quasi certamente bocciata subito dai team owner.

Nel frattempo però crollano alcune certezze anche dal lato dei team: i rumor sulla chiusura dello Stewart-Haas Racing si fanno sempre più grandi. La notizia viene confermata il 28 maggio: SHR chiude i battenti, dunque, i suoi quattro charter sono sul mercato. E il borsino dei charter crolla: è semplice economia, negli anni passati di charter sul mercato ce n’erano pochi, uno o al massimo due per inverno e quindi il loro prezzo è salito quasi esponenzialmente.

Ora all’improvviso da un giorno all’altro (forse con una manovra poco furba da parte di Tony Stewart) sono liberi quattro charter. E infatti si dice che Front Row Motorsports si prenda subito il primo ambito titolo per 20-25 milioni di dollari. Una cifra simile dovrebbe averla spesa anche Trackhouse per il secondo mentre il terzo alla fine se lo tiene Gene Haas che si rimette in proprio. Ad oggi, il quarto charter è ancora in cerca di compratore. Il fatto che i team comunque si siano sbrigati ad acquistare i charter dimostra una cosa: che confidano nel fatto che un accordo con la NASCAR sarà raggiunto, altrimenti avrebbero buttato al vento decine di milioni di dollari per un pezzo di carta straccia.

Siamo a Charlotte e nella trattativa arriva un altro elemento di tensione: pare che la NASCAR voglia una clausola per la quale i team non possano essere in possesso di più di tre charter contemporaneamente. L’unica deroga sarebbe per le squadre che già da ora ne possiedono di più, dunque solo Hendrick Motorsports e Joe Gibbs Racing che non sarebbero obbligate a vendere un charter praticamente nel giro di pochi mesi. Viene alla luce anche un possibile budget cap per i team.

Si arriva a giugno e i team, sempre ad Associated Press, riferiscono che “l’offerta ricevuta dalla NASCAR due settimane fa è una delle peggiori mai fatte” e infatti mettono nero su bianco i dubbi emersi fra le righe nel mese precedente. Un paragrafo dell’articolo poco notato allora ma ora terribilmente attuale, dice però che “i team ora sono preoccupati che l’annuncio di Front Row Motorsports di acquistare un terzo charter sia un possibile segno di cedimento nel fronte e che alcuni dei team più piccoli siano pronti ad accettare un’offerta della NASCAR malgrado il patto fra le squadre.” Si ribadisce inoltre che i team non hanno intenzione né di creare un loro campionato, né di boicottare alcune corse. Ad agosto passa sotto traccia una notizia secondo la quale la NASCAR vorrebbe mettere anche dei paletti e regole specifiche per l’ingresso dei fondi di investimento nella proprietà delle squadre.

A tre mesi dalla scadenza dell’accordo attuale ancora nulla però. A Ferragosto arriva un’altra proposta della NASCAR in cui pare essere stato raggiunto l’accordo definitivo sulla ripartizione dei soldi delle TV, ma sul resto ancora nulla.

E così all’inizio della settimana scorsa, per la precisione il 3 settembre, è trapelata la voce che la NASCAR voleva chiudere la trattativa entro l’inizio dei playoff, pare addirittura con una deadline fissata per il venerdì anche per l’intenzione di iniziare a filmare la seconda stagione del documentario coprodotto con Netflix e che segue appunto team e piloti nel corso della fase decisiva del campionato.

Sabato è arrivata la notizia bomba: tutti i team tranne due hanno accettato l’ultima proposta della NASCAR. Le due squadre che non avrebbero firmato sono 23XI Racing e (clamorosamente, vista la frase di giugno) Front Row Motorsports. Su 23XI nessuna sorpresa viste le dichiarazioni di questi mesi di Hamlin, su FRM invece c’è visto che negli scorsi mesi ha investito acquistando uno dei charter di Stewart-Haas Racing. Questi ultimi si trincerano dietro ad un no comment, 23XI invece pubblica un comunicato in cui conferma tutto:

“23XI ha deciso di non rispettare il termine tassativo imposto dalla NASCAR e fissato per ieri notte per firmare un accordo riguardante i propri due charter per il 2025-31. La posizione del team, messa nero su bianco in una lettera alla NASCAR, è chiara: non c’è stata l’opportunità per trattare in modo corretto per un nuovo contratto sui charter. Abbiamo notificato nella lettera alla NASCAR cosa doveva essere affrontato entro la scadenza. Vogliamo intraprendere conversazioni costruttive con la NASCAR per discutere di questi problemi per andare avanti ed arrivare ad una soluzione equa, allo stesso tempo rafforzando lo sport che amiamo. Al 23XI Racing rimaniamo impegnati nel competere al massimo delle possibilità mentre rimaniamo fermi nell’opinione che la NASCAR debba essere governata con metodi equi e corretti.”

Adesso quindi la questione si fa ancora tesa, anche oltre le parole usate nel comunicato. Una fonte anonima, quasi certamente legata a 23XI Racing visti i toni, ha fatto intendere poco velatamente ad Associated Press (casualmente sempre gli stessi destinatari di queste notizie, al quarto indizio direi che si può parlare di prova, nda) che la NASCAR “ha minacciato di togliere i charter se non arrivava la firma”.

Minacce che non hanno apparente logica però e quindi ritenute non credibili: infatti, se a fine anno scade l’accordo sui charter e qualcuno non firma, vuol dire che al 31/12/2024 si perde il charter di default. Quindi perché minacciare di togliere un charter se questo non è più in vigore? Logica non trovata evidentemente. E infatti Brad Keselowski, interpellato in qualità di team owner di RFK Racing, ha in pratica negato queste minacce ammettendo però che la trattativa non è stata semplice. Infine, minacciare gente del calibro di Rick Hendrick, Roger Penske, Joe Gibbs e Richard Childress, può risultare controproducente anche se hai il coltello dalla parte del manico. Quindi mettere forte pressione degli ultimatum ci può stare, le minacce sono ritenute poco veritiere.

Scatta quindi la caccia ai team owner per avere dichiarazioni ulteriori. Uno degli altri comproprietari del 23XI Racing, Curtis Polk, rimane sulle posizioni dure del comunicato, anzi oltre parlando di “lotta come quella di Davide contro Golia” e altre frasi ad effetto stampate su fogli A4 che ha in mano (e che mostra casualmente ad una giornalista di Associated Press, nda) specialmente nelle accuse alla NASCAR. Durante la gara di Atlanta parla alla fine anche Bob Jenkins, proprietario di Front Row Motorsports, che dice “le nostre posizioni sono molto simili a quelle di 23XI. Non è stato possibile firmare l’accordo in così poco tempo.” E già si dice che la NASCAR abbia mandato l’ultima proposta da un centinaio di pagine a poche ore dalla scadenza del venerdì.

Iniziano a parlare però anche i team owner che hanno firmato. Uno anonimo dice: “Ci sono elementi che mi piacciono molto ed altri che avrei sperato ci fossero. È un accordo migliore di quello attuale. Credo che posso costruire su questo un modello di business.”, un altro invece “C’ero quando non esistevano i charter e questo sistema è molto migliore.” Sarebbe migliore specialmente per i piccoli team: infatti, la scuderia detentrice del 36° e ultimo charter in classifica allo stato attuale aveva 4-5 milioni di dollari garantiti, col nuovo accordo diventerebbero 8,5.

Le fonti anonime cominciano ad avere nomi e cognomi. Rick Hendrick dice un laconico “Ero semplicemente stufo di trattare e quindi abbiamo firmato. (dello stesso tenore anche Jeff Gordon, nda) Abbiamo lavorato per due anni e siamo giunti alla conclusione che era impossibile rendere tutti felici. Ovviamente alla fine nessuno lo era, ma in ogni trattativa è impossibile avere tutto quello che vuoi. Credo che sia un accordo equo, abbiamo protetto i charter e questo era l’obiettivo primario, abbiamo aumentato gli incassi e un sacco di proposte che non ci piacevano sono state escluse, quindi sono felice di quanto ottenuto. Non ho parola in quello che fanno 23XI o FRM, penso che la maggioranza dei team abbia capito che era tempo di andare avanti.”

Anche Justin Marks, parlando a Sirius XM Radio, ha detto la sua versione: “Il documento ha cambiato talmente tante versioni che credo fosse vivo. Per quanto riguarda, e parlo a titolo personale, se non ci fosse stato un termine tassativo (beh, la scadenza ultima sarebbe stato il primo giorno di gare del 2025) allora non ci sarebbe stata alcuna conclusione nella trattativa. Mentre proseguivamo nelle conversazioni avevo anticipato che un giorno la NASCAR sarebbe arrivata a dirci ‘ecco, siamo al punto.

Abbiamo trattato su tutti i problemi, sappiamo che non ci sposteremo più da questa proposta, siamo d’accordo al 75% o 90% o quello che è, quindi ora è il momento di chiudere e iniziare a costruire il nostro futuro insieme.’ Credo che ognuno interpreti questo fatto in maniera diversa. Per me, indipendentemente dalla narrativa che vuoi costruirci attorno (chissà se si riferiva proprio ad Associated Press e ad una giornalista in particolare che è sembrata in passato e anche nel presente più il megafono di una certa fronda più aggressiva che un portavoce neutrale della discussione, nda), alla fine la NASCAR è della NASCAR ed hanno detto: ‘abbiamo finito di trattare, questa è la proposta finale e non cambierà più.’ “

E quindi ora cosa succede? Si aspettano nuovi capitoli in questa storia, ma la sensazione è che Hamlin ed il suo team siano in mezzo al guado: Denny evidentemente credeva di avere ancora un fronte compatto a lottare con lui e invece è rimasto da solo con un alleato di peso relativo (e che forse è rimasto ancor più spiazzato, chissà se abbindolato dalle parole dello stesso pilota-owner). Se Hamlin andasse avanti nel braccio di ferro rischierebbe di pagare caro (nel senso economico e basta) e magari potrebbe restare davvero senza charter (due come scritto nel comunicato e non tre come si vociferava nelle ultime settimane dato che sul mercato c’è ancora un charter di Stewart-Haas Racing), se firmasse nelle prossime settimane sarebbe per lui una Canossa epocale.

Nell’ultimo paio di giorni le acque sembrano tornate calme. Ma un nuovo weekend è in arrivo e al 31/12/2024 manca una settimana in meno.


Fonti: jayski.com; theathletic.com; sportsbusinessjournal.com

Immagine: Media NASCAR

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