NASCAR | Michael McDowell vince la Daytona500 dopo 9 ore di pioggia e fuoco!

di Gabriele Dri
NascarLiveITA
Pubblicato il 15 Febbraio 2021 - 16:20
Tempo di lettura: 21 minuti
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NASCAR | Michael McDowell vince la Daytona500 dopo 9 ore di pioggia e fuoco!

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Si inizia con un big one, si chiude con un big one: Michael McDowell conquista la prima gara in Cup Series della carriera


La stagione 2021 della Cup Series inizia con una Daytona500 simile a quella del 2020, un inizio breve ma intenso, poi la delusione per l’arrivo della pioggia, le consuete polemiche e infine una chiusura ritardata il giorno successivo, stavolta soltanto per una ventina di minuti. A vincere è stato Michael McDowell, non un carneade, non uno sconosciuto, ma il classico esempio di colui che fa una vita da mediano. Una carriera iniziata in team derelitti ad infilare DNQ in successione, poi la maturità con il Front Row Motorsports, una famiglia che l’ha portato a numerosi risultati di prestigio sugli superspeedway già prima di questo incredibile successo.

La gara

La 63esima edizione della Daytona500 è probabilmente una delle più attese degli ultimi anni. Gli ingredienti per una gara spettacolare e da one for the ages ci sono tutti. Primo fra tutti Denny Hamlin va alla caccia della terza vittoria consecutiva (nessuno nella storia ci è riuscito) e la quarta complessiva, ovvero quante Cale Yarborough e meno soltanto di Richard Petty che è arrivato a quota sette. Inoltre lo stesso Hamlin con Michael Jordan potrebbe vincere al debutto con il 23XI Racing, dato che la #23 di Bubba Wallace va molto veloce.

Ad impedire ciò ci sono praticamente una dozzina di altri favoriti e un’altra dozzina di outsider, dato che i Duel anziché dare informazioni rassicuranti hanno fornito ulteriori nomi alla lista dei papabili. Lunga è anche la lista dei piloti che sono costretti a partire dal fondo dopo i problemi della settimana: Keselowski, Briscoe, Grala, Byron (che perde così la prima fila), Alfredo, Custer, Chastain per gli incidenti nei Duel, Truex per aver sostituito il radiatore dell’olio, Jones per cambio motore e infine Bubba Wallace per aver fallito per due volte i controlli tecnici.

C’è incertezza anche perché in vista di questa Daytona500 i piloti sono scesi poco in pista, un’ora mercoledì per testare soprattutto la qualifica nelle FP1, un giro lanciato nelle prove cronometrate, 60 giri nei Duel e infine appena 2’57” nelle FP2 del sabato prima che queste e le FP3 venissero cancellate per la pioggia. E il cielo è grigio anche la domenica e le precipitazioni si stanno avvicinando alla pista.

Dopo le consuete cerimonie ufficiali, inclusa accensione dei motori da parte del neo team owner Pitbull, la gara può prendere il via alle 15:10 locali – le 21:10 italiane – un dettaglio che bisognerà tenere in conto per le fasi successive della gara. Dalla pole parte Alex Bowman, che ha mantenuto la prima fila dopo i timori al motore per le vibrazioni molto forti nel Duel, affiancato da Austin Dillon e non da Byron per il citato incidente nella batteria di qualifica. La fila esterna al via va subito veloce con Harvick che spinge Bowman ed Austin Dillon che la molla subito e salta sul loro treno.

Il giro 3 è un omaggio a Dale Earnhardt, il leggendario sette volte campione della Cup Series e pilota della #3 scomparso nell’edizione della Daytona500 di 20 anni fa. I 30000 spettatori ammessi sulle tribune si alzano in piedi con le tre dita levate in alto. E a metterci lo zampino da lassù ci pensa sicuramente The Intimidator: al via Derrike Cope, all’ultima gara in carriera, si tocca leggermente con Byron che ha uno scatto notevolmente migliore, i due si toccano e nel piccolo tamponamento a catena finiscono anche Keselowski e Wallace.

Alla fine del 3° giro Cope fora a causa di un tire rub e finisce a muro. Nel 1990 all’ultimo giro in curva3 a forare fu il leader e dominatore di quella edizione – ovvero Dale Earnhardt – e a prendersi la vittoria che vale una carriera fu proprio il carneade Derrike Cope. Arriva così la prima caution che vede molti piloti andare ai box a lavorare già di strategia ma anche Bubba Wallace a sistemare il passaruota leggermente ammaccato.

Si riparte al giro 8 e davanti si ritrovano Harvick e Almirola, con Aric che si presta al consueto gioco di squadra per non rischiare nulla e così la coppia dello Stewart-Haas Racing rimane al comando. L’esterno però spinge e per mezzo giro, grazie all’intervento di Logano, al comando c’è Ryan Newman ad un anno dal terribile incidente al termine della scorsa Daytona500. Negli incroci che ne seguono Harvick torna davanti, Jones perde e Bell si mette dietro ad Almirola.

Il gruppo è molto sconnesso, ci sono vari 3-wide e i movimenti a destra e sinistra non mancano. Non si capisce perché ci sia tutta questa agitazione, sono passati poco più di 10 giri e la pioggia è data a cinque miglia dalla pista, i punti delle stage sono lontani ancora molte tornate. E invece al giro 14 succede il patatrac.

L’interno è in fila indiana con l’esterno invece che si sta riorganizzando. Dietro ad Harvick ci sono Almirola, Bell e Kyle Busch, il pilota della #18 spinge il compagno di squadra il quale a sua volta arriva sul paraurti della #10. Aric tiene la prima piccola sbandata, non la seconda. Purtroppo per il gruppo Almirola non scarta a sinistra verso l’erba e la bus stop bensì a sinistra proprio dove c’è Bowman. Si innesca così il big one che probabilmente fa più danni perché gli splitter si piantano nel pantano e nell’erba che per i contatti fra le vetture.

Quando si dirada la nuvola di fumo sul campo rimangono 16 vetture, in ordine di numero Kurt Busch, Newman, Reddick, Almirola, Blaney, Buescher, Truex, Bell, DiBenedetto, Byron, Ragan, Alfredo, Jones, Bowman, McMurray e Suárez. La beffa finale che rende questo incidente ancora più inconcepibile è che tre minuti dopo arriva la bandiera rossa, ma non per pulizia della pista bensì per un lightning hold a causa dei fulmini che ormai sono ad un paio di miglia da Daytona.

Nemmeno 10′ dopo i fulmini diventano anche un diluvio e si capisce che la pausa sarà lunga. Su Daytona arriva infatti una serie di fronti temporaleschi intervallati da circa 30′ di tregua che non lasciano spazio all’asciugatura della pista. Per almeno un paio di ore il clima tende al pessimismo, dato che non si vede una finestra per completare i 185 giri mancanti, tuttavia il terzultimo e penultimo fronte arrivano prima del previsto e l’ultimo si dissipa appena in tempo dato che sulla pista cade solo qualche goccia di pioggia.

Le polemiche durante la pausa riprendono subito vigore dopo la off season: la decisione di Nascar e Fox di partire alle 15:00 locali al posto delle tradizionali – si parla di 20 o 30 anni fa – 18:00 o 19:00 per favorire il pubblico sulla costa Ovest porta inevitabilmente a maggiori rischi con i temporali pomeridiani che investono sempre questa parte d’America. E i tifosi continuano a non capire come le TV possano preferire la trasmissione potenziale di ore di rain delay vuoti e gare poi eventualmente posticipate al lunedì (con pubblico ovviamente decisamente minore), rispetto ad una partenza anticipata di due ore.

Alla fine dopo molte ore di attesa la Nascar comunica che circa alle 21:00 locali – le 3:00 italiane – la gara potrà riprendere. I motori vengono riaccesi alle 3:10 e la bandiera rossa viene ritirata a favore di quella gialla dopo 5h40’29” di interruzione. E si può tornare a ragionare sulla gara: Jones, Newman, Ragan, Suárez, Bowman, Almirola e Blaney si sono praticamente ritirati sul posto e probabilmente alla ripresa della gara sono già a casa, per gli altri invece inizia una corsa contro il tempo ed i 6′ sul crash clock per riparare a sufficienza la vettura per farla rientrare nel tempo minimo sul giro.

Ad uscire sconfitti al giro 15 sono DiBenedetto, Alfredo e Buescher e dunque alla ripresa della competizione ci sono ancora 24 piloti a pieni giri seguiti dai molto ammaccati Reddick (senza cofano e mezzo muso), McMurray (splitter completamento alzato), Byron (posteriore devastato dopo un quasi ribaltamento), Truex e Kurt Busch (danni meno evidenti ma più profondi). 11 vetture dunque, Cope incluso, si sono ritirate.

Dopo un’altra decina di giri dietro la pace car per permettere le soste (con Grala che trascorre in testa qualche tornata) e di terminare l’asciugatura della pista lungo il muro (e Logano si prende una penalità per una incomprensione dato che entra in pit lane proprio mentre gli Air Titan stanno asciugando la corsia box), alla ripartenza del giro 29 al comando c’è Elliott davanti a Dillon, Larson, Preece e Custer.

Si riparte con un occhio al fatto che mancano 171 giri alla fine, con un altro ai -36 nella prima stage e volendo con un altro ancora ai -71 a metà gara, infatti se la pioggia non rappresenta più un pericolo lo diventa invece la nebbia che sta calando sempre di più e gli spotter non riescono più a vedere così nitidamente la parte opposta della pista. Alla bandiera verde all’esterno Preece spinge Dillon in testa, poi Ryan finisce largo e così a contendersi la prima posizione c’è Custer. Tuttavia basta un giro ad Hamlin per far capire chi comanderà gran parte della gara, Denny sposta praticamente Cole e passa al comando al giro 32. Alla fine saranno ben 98 i giri in testa della #11.

La fila esterna con Hamlin, Keselowski ed un Wallace, che nonostante i problemi ai controlli tecnici è ancora molto veloce, va davanti ed in poco si intuisce che si formerà la tradizionale fila indiana lungo il muro. Questo processo viene fermato da un abbaglio dei commissari che lasciano in pista Byron con il paraurti e qualche altro pezzo penzolante malgrado sia dentro il tempo minimo. La versione americana della bandiera nera col bollo arancione arriva troppo tardi, ovvero quando la #24 perde un detrito in curva1, il quale viene centrato in pieno da Houff che un giro dopo fora, finisce a muro dovendosi ritirare rovinando anche la gara di Briscoe.

Nessuno si ferma ai box e quindi si riparte con 22 giri da disputare nella prima stage con Hamlin in testa su Keselowski che in principio viene spinto davanti dal solito Wallace, poi è costretto a far ripassare Denny. Si riforma così la fila indiana guidata da Hamlin, Kyle Busch, Preece, il rookie Cindric e Dillon (ovviamente Austin perché Ty non si è qualificato a favore di Austin proprio a causa di Ryan).

Il gruppo procede senza scossoni – tanto il danno è stato già fatto – con 18 vetture nel trenino di testa, qualche solitario attaccante che perde due posizioni per guadagnarne una ed i doppiaggi a ripetizione degli incidentati Reddick, Truex e Kurt Busch mentre Byron resiste in scia ai leader. Tutto è fermo in attesa degli attacchi finali per i punti della stage.

Le comunicazioni via radio sono tutt’altro che segrete, tutti praticamente sanno tutto di tutti e così si sa cosa avverrà. Dopo il salvataggio di Bell ed un tentativo illusorio di Harvick e Keselowski ci si aspetta l’attacco delle Chevy alle Toyota al comando. La mossa è inizialmente prevista per i -5, poi viene rinviata all’ultimo giro e a questo punto l’attacco è talmente telefonato che sia Hamlin che Kyle Busch non hanno problemi a difendersi dal primo scarto mentre Rowdy è costretto ad alzare bandiera bianca sul secondo venendo lasciato al vento. Hamlin dunque vince la prima stage davanti a Preece, Dillon, Larson, Cindric, Bell, Wallace, Logano, Chastain e Custer.

Dopo una prima stage troppo animata, il resto della gara non vede grossi scossoni, infatti a parte lunghe fasi in fila indiana ci saranno dei movimenti importanti solo in occasione delle soste e dei finali di stage e della corsa stessa. Per qualcuno potrebbe essere una brutta Daytona500, ma non è così, più che altro è strana, il clima è diverso, in sintesi c’è quel sottile tratto di nervosismo e mancanza di tranquillità fino al traguardo che nonostante tutto ti fanno stare attaccato allo schermo.

Il giro di soste si risolve a favore di Hamlin mentre dietro recuperano posizioni Bell e soprattutto Kyle Busch che ne aveva perse un sacco nell’ultimo miglio della stage; in coda McMurray torna a pieni giri ed i meccanici possono provare a sistemare lo splitter con più calma. Alla ripartenza Hamlin copre Bell nel classico gioco di squadra, tuttavia così lascia all’esterno il trenino Penske formato da Cindric, Logano e Keselowski. Per il giovane Austin il sogno di vincere dura effettivamente i due giri trascorsi al comando, poi Hamlin recupera e torna davanti.

A sorpresa poco più tardi dall’esterno si affacciano invece Dillon e Larson, Denny è costretto a bloccarli e così viene infilato all’interno dai compagni di squadra Bell e Kyle Busch per poi riaccodarsi a loro. E il primo stint della stage si decide qua, Bell con l’auto forse migliore dell’intero gruppo di testa guida senza problemi malgrado un detrito sulla griglia del radiatore. Mentre la nebbia va e viene tutti aspettano in religioso “silenzio motoristico” il completamento del 100° giro che vuol dire metà gara e corsa ufficiale.

Poche tornate più tardi arriva anche l’inevitabile giro di soste sotto green e come di consueto c’è l’alleanza fra i costruttori per non far perdere la scia a nessuno. Le prime ad andare ai box sono le Ford, che a differenza degli anni scorsi sembrano più assetate di carburante, ed il loro rabbocco fila via liscio, addirittura tre giri dopo è la volta delle Toyota e ancora uno più tardi chiudono le Chevy. Il momento critico, oltre all’ingresso in pit lane, è quello del ricongiungimento dei tre gruppi.

Le Chevrolet si sgranano molto al punto che Elliott e Larson sono davanti inseguiti dalle Ford – con Harvick davanti – che hanno scavalcato le Toyota. Chase e Kyle riescono a frenare abbastanza il gruppo da permettere il riaggancio ed il sorpasso di slancio in curva1 da parte di Hamlin, tuttavia il gruppo è ancora disordinato ed in curva2 Bell, uno dei favoriti per la vittoria, perde il controllo per una foratura e coinvolge anche Larson, Stenhouse e Grala che così perde il probabile lucky dog.

Per Kaz la gara va di male in peggio pochi secondi più tardi, infatti durante una normale sosta il freno posteriore destro va a fuoco e servono i commissari per spegnere il vasto incendio; la #16 riesce a ripartire dopo un paio di minuti però senza freni e con il fuoco che divampa di nuovo nella stessa zona; Grala è dunque costretto al ritiro e in gara rimangono in 27.

La bandiera verde viene sventolata ai -13 ed Hamlin deve vedersela con gli attacchi di Harvick e Logano, con questi due che corrono anche un bel rischio; quando sembra che il duello sia fra Denny e Joey, Kevin si inventa un 3-wide che lo manda per un attimo al comando, poi però la #11 ritrova l’aiuto di Wallace e torna in prima posizione, il contrattacco di Keselowski, Logano e Kyle Busch non va a buon fine e quindi si ritorna in fila indiana in attesa dello sprint.

Ad attaccare stavolta all’ultimo giro, anticipando le Chevy, sono Keselowski e Logano con il fidato McDowell, che sugli superspeedway c’è sempre nelle prime posizioni; l’attacco è pericoloso ed interviene in prima persona Wallace che saltando sul loro treno finisce per passare sul rettilineo opposto anche Hamlin. Tuttavia Denny e la sua fila mantengono la compostezza e dunque la velocità e nella contromanovra torna davanti vincendo anche la seconda stage davanti ad Harvick, Wallace, Elliott, A.Dillon, Logano, McDowell, Larson, Ky.Busch e Keselowski.

Mancano 70 giri alla fine e l’ultima stage è una replica della seconda, con situazione sotto controllo in vista del finale, tuttavia la tensione sale e gli errori aumentano. Al giro di soste Dillon vola al comando pur cambiando due gomme come Hamlin e McDowell, mentre tutti gli altri fanno un pit completo; Larson si prende una penalità e Bell torna a pieni giri. Si riparte ai -64 ed Hamlin dopo mezzo giro è di nuovo primo: la Daytona500 sembra nelle sue mani sempre di più.

Ai -60 si è già in fila indiana con uno strano assortimento: Hamlin al comando davanti ad Harvick e Logano, poi Kyle Busch, Cindric e Custer, dunque due terzetti Toyota-Ford-Ford, seguiti da sette Chevy, poi Wallace, Keselowski e McDowell che hanno perso molto terreno, e infine Bell e Stenhouse per un totale di 18 auto a pieni giri.

Mentre la nebbia continua ad essere presente ma non cala troppo, Wallace tenta una sortita ma perde due posizioni e Stenhouse va ai box per una lunga riparazione dopo l’incidente precedente, non succede praticamente nulla fino alla prima vera svolta del finale di gara. Ai -30 inizia sempre dalle Ford l’ultimo giro di soste e per loro ci sono due gomme nuove, Logano passa Harvick e diventa la locomotiva davanti a Kevin mentre il treno perde Cindric che a causa di una indecisione ripartendo dallo stallo perde la scia dei compagni di marca.

Il giro dopo stavolta è il turno delle Chevrolet e l’unico problema qui è per Preece che quasi finisce nell’erba all’ingresso della pit lane, però escono compatte seppur ancora dietro alle Ford; le Toyota invece aspettano ancor un paio di tornate e qui avviene il guaio più grosso, infatti Bell perde in ingresso box mentre all’uscita Hamlin, Kyle Busch, Wallace sono sgranatissimi e non riescono a prendere la scia l’uno dell’altro. La loro sosta è stata più veloce degli altri e quindi sono al comando, tuttavia la differenza di velocità fra loro ed il plotone è talmente elevata che ogni manovra ostruzionistica sarebbe quasi criminale più che pericolosa.

E’ così che a 25 giri dalla fine Logano si trova in testa alla Daytona500 davanti ad Harvick, Custer, Keselowski e McDowell, seguono poi Chastain, Dillon, Elliott, Wallace, Kyle Busch, Preece, Larson ed Hamlin in coda al gruppo di testa di 13 vetture che precede di circa 5″ gli staccati McMurray, Bell, LaJoie e Cindric che hanno avuto problemi alla sosta ma che recuperano in fetta. I colpi di scena però non sono finiti dato che Wallace accusa una vibrazione probabilmente per una ruota mal fissata ed è costretto ad una sosta supplementare che gli fa perdere le residue speranze di vittoria; poco dopo anche Bell va ai box.

Nessuno attacca nei giri successivi e gli unici dettagli da evidenziare sono che Wallace e Bell – seppur doppiati – si accodano al gruppo di testa e possono ancora aiutare Hamlin, che Custer perde la scia facendo avanzare McDowell e che i tre inseguitori si riagganciano ai -11.

La prima mossa la fa Keselowski a un giro e mezzo dalla fine e l’obiettivo – che viene rispettato – è quello di far saltare dalla linea Harvick e dunque in testa ora c’è la coppia Penske seguita da McDowell che non molla. All’ultimo giro Harvick si rilancia seguito da Dillon e Logano copre ancora anche grazie alle spinte poderose che arrivano da dietro.

E saranno proprio queste spinte a decidere la gara: McDowell preme sul paraurti di Keselowski che a sua volta è attaccato a Logano, i tre si stanno spostando da destra verso sinistra per approcciare curva3 e dunque non stanno viaggiando dritti a circa 190 mi/h. E su una di queste spinte Logano si sposta leggermente rispetto all’asse come se volesse chiudere ancora di più la porta, ma facendo così è in ritardo rispetto al movimento del trenino, perde il controllo e lo fa anche Keselowski che – quasi sicuramente – alza il piede per evitare Joey ma McDowell è ancora lì che lo spinge.

L’incidente è pauroso per quanto violento è, Keselowski va contro il muro e poi viene spinto sopra le Safer Barrier dal groviglio di Cindric, Kyle Busch, Logano che arriva dopo anche lui fuori controllo, Wallace, Chastain e Preece. C’è il fuoco, c’è una ruota che vola, c’è un pezzo del muso incastrato contro le protezioni, ci sono vetture distrutte, ma per fortuna tutti stanno bene.

Intanto in curva3 McDowell non si è scomposto anche se ha perso velocità, Elliott e Dillon lo affiancano ma viene chiamata la caution. I tre procedono affiancati sul traguardo, con McDowell davanti, in attesa di capire chi abbia vinto la Daytona500. Dopo un minuto di trepidante attesa il verdetto dell’ultimo timing loop, mostrato anche nella grafica della Fox, parla chiaro: la caution è stata quasi immediata e Michael McDowell ha vinto la 63esima Daytona500!

Al box del Front Row Motorsports partono subito i festeggiamenti per la vittoria più prestigiosa – ma non incredibile – nella storia del team. E’ la terza per loro in Cup Series, sempre con la fidata #34, la prima fu a Talladega nel 2013 e fu addirittura doppietta Ragan-Gilliland, la seconda a Pocono nel 2016 con Chris Buescher e anche quel giorno c’era la nebbia, anche se molto ma molto più fitta (malgrado fosse il 1° agosto) e portò alla chiusura anticipata della corsa.

Non è forse una coincidenza nemmeno il fatto che un auto sponsorizzata dalla catena di stazioni di servizio Love’s vinca una gara nel giorno di San Valentino anche se pure a Daytona è ormai il 15 febbraio da una ventina di minuti. Forse è più una coincidenza che gli ultimi tre vincitori della prima gara in carriera in Cup Series alla Daytona500 siano arrivati esattamente 20 (Michael Waltrip) e 10 anni fa (Trevor Bayne).

Per Michael McDowell, devoto e mite 36enne di Phoenix, noto fino ad oggi più che altro per il fatto di essere stato uno dei primi piloti a sbarcare su Twitter 12 anni fa e per il pauroso incidente in qualifica in Texas un decennio fa, è la prima vittoria in Cup Series e fa il paio con quella di Road America in Xfinity nel 2016. E’ una vittoria a sorpresa ovviamente, però non inaspettata. McDowell e il FRM ad ogni gara sugli superspeedway sono pericolosi, infatti Michael ha conquistato fra Daytona e Talladega tutte e quattro le top5 e otto delle 13 top10 in carriera.

Anche lui è arrivato al traguardo leggermente ammaccato, però è sempre restato nelle posizioni buone e fuori dai guai, zero errori commessi, una vettura veloce come la Ford con cui ha molta esperienza e il fatto di saper quando togliersi dei guai. Nel finale non ha mai attaccato, anzi ha fatto da gregario per le altre Ford facendo da cuscinetto fra i leader e gli avversari. Poi negli ultimi giri la difesa che diventa attacco. Colpe nell’incidente non ne ha e dunque è giusto festeggiare e apprezzare la prima vittoria di McDowell alla gara numero 358 in Cup Series.

Ora l’unico qualificato per i playoff – tecnicamente – è solo McDowell e gli altri devono già inseguire, non sarà difficile, ma soprattutto dovranno recriminare per come hanno perso la gara. La coppia Logano-Keselowski ci metterà un bel po’ a smaltire la rabbia e la delusione, tuttavia la ricerca di un colpevole sarebbe solo una perdita di tempo, Hamlin ha vanificato tutto all’ultima sosta in cui ha fatto esplodere il gruppo delle Toyota in cui lo stesso Wallace era forse l’auto più veloce ma molto instabile mentre Bell era l’auto più completa.

Harvick invece si è trovato solo dopo che Custer è saltato ed ha potuto fare poco, Elliott invece si è fatto vedere pochissimo durante la gara e solo gli incidenti altrui gli hanno regalato la seconda posizione davanti all’ottimo Dillon, al citato Harvick, ad Hamlin, Preece (che porta a casa punti preziosissimi), Chastain, McMurray, LaJoie ed Larson. Per tutti gli altri ritirati, specialmente quelli del primo big one, con i se e con i ma non si scrive la storia, comunque da applausi è stato il debutto, seppur non perfetto, di Cindric.

Va in archivio così una sofferta e forse non esaltante Daytona500, animata soprattutto dagli episodi ma alla fine onorata anche questa volta con la storia da copertina di quelle belle però, quella della favola di Michael McDowell.

McDowell trofeo Daytona500 2021

I risultati odierni

La classifica della “Daytona 500”

La classifica generale

Così il campionato dopo 1 gara su 36

Le altre categorie

Xfinity Series: Cindric ricomincia a Daytona da dove aveva lasciato

Truck Series: Rhodes vince la gara di apertura a Daytona

I prossimi appuntamenti

La Nascar non lascerà Daytona questa settimana. Dopo la cancellazione delle gare di Fontana a causa delle restrizioni per la pandemia infatti Truck, Xfinity e Cup Series correranno sul Road Course di Daytona rispettivamente venerdì, sabato e domenica.


Immagini: media.nascar.com

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