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NASCAR | Miami-Homestead 2019 | Anteprima

di Gabriele Dri
NascarLiveITA
Pubblicato il 14 Novembre 2019 - 13:00
Tempo di lettura: 18 minuti
ARTICOLO DI ARCHIVIO
NASCAR | Miami-Homestead 2019 | Anteprima
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Di nuovo a Homestead, stavolta per l’ultimo anno in chiusura di campionato. Dopo 17 anni infatti dal 2020 la Nascar non saluterà più i suoi tifosi dalla Florida bensì dall’Arizona e nello specifico da Phoenix, nella speranza che il gran finale della prossima stagione sia decisamente migliore di quanto visto la scorsa settimana. Nella sesta edizione dei playoff a eliminazione alla gara decisiva arriva ancora una serie di “big3 contro 1”, anche se questa volta è possibile declinarli in varie maniere tali da rendere il pronostico molto difficile da fare. Vincerà uno dei tre piloti delle Toyota del Joe Gibbs Racing oppure Kevin Harvick al volante della Ford dello Stewart-Haas Racing? Avremo un bicampione oppure Denny Hamlin coronerà la carriera finalmente con un titolo? Trionferà uno dei piloti in forma oppure Kyle Busch saprà reagire al periodo negativo che dura da giugno? Alzerà le braccia al cielo un team collaudato da anni oppure la coppia Martin Truex Jr. – Cole Pearn arrivata al JGR solo quest’anno? In sintesi si può trovare facilmente un 3-vs-1 con ognuno dei quattro nei panni dell’underdog.

Cup Series
Denny Hamlin (Toyota #11, Joe Gibbs Racing)

E’ veramente l’anno buono per Denny? Appena 12 mesi fa sembrava destinato alla pensione e ad essere sostituito dal talento Christopher Bell dopo la prima stagione senza successi in carriera (escludendo l’anno da rookie nel 2005). E invece il contributo del nuovo crew chief Chris Gabehart lo ha fatto rinascere fin da Daytona dove ha vinto la seconda 500 miglia in carriera, un successo particolare dato che è stato dedicato a JD Gibbs, figlio di coach Joe ma soprattutto la persona che notò Denny e lo portò nel team. Poi però Hamlin non si è fermato e poco più tardi è arrivata pure la vittoria in Texas malgrado una giornata difficile in pit lane.

Una volta messa al sicuro la qualificazione ai playoff è subentrata una fisiologica fase di calo, al punto che in molti hanno pensato che quella di inizio anno fosse soltanto una fiammata, la solita visti i risultati degli anni scorsi. Invece Denny è tornato in forma al momento giusto infilando sei top5 consecutive (mai così tante in carriera) e due vittorie a Pocono e Bristol. Anche i playoff non sono stati da meno, malgrado qualche rischio: dopo un primo round tranquillo ha vinto in Kansas per sigillare il secondo round e ha dominato, obbligato a farlo dopo l’incidente in Texas, a Phoenix per poter arrivare a Homestead in lizza per il titolo per la terza volta in carriera.

L’occasione più recente fu nel 2014, la prima edizione col format attuale, in cui chiuse terzo in campionato dietro ad Harvick e alla sorpresa Newman, ma tutti si ricordano il 2010. Hamlin dominò il campionato con otto vittorie (due in più di quelle di quest’anno che comunque rimangono il secondo miglior risultato in carriera) e a due gare dalla fine era in testa alla classifica, poi a Phoenix, dopo aver dominato, il suo team sbagliò la strategia e a Homestead crollò sotto la pressione psicologica di Johnson e perse il titolo per appena 39 punti. Ora Denny torna sul luogo del misfatto dopo nove anni e giura che quel ricordo non lo influenza più. Adesso c’è un Hamlin molto più maturo, pronto per conquistare finalmente l’unico titolo che manca alla bacheca dei trofei.

Kevin Harvick (Ford #4, Stewart-Haas Racing)

Sembra assurdo dare il ruolo di outsider ad Harvick e forse non è neanche corretto, ma di fronte alla corazzata JGR, vincitrice di 18 gare su 35 e solo una di queste è di Erik Jones, è inevitabile sentirsi un po’ piccoli. Tuttavia sembra che Kevin ed il suo team abbiano fatto i conti per bene, imitando più o meno quanto fatto da Logano l’anno scorso. L’inizio di stagione per Harvick è stato molto in sordina, ma evidentemente la colpa era da addebitare al mancato adattamento dello SHR al nuovo pacchetto tecnico imposto dalla Nascar.

E’ stata necessaria un po’ di pressione, anche mediatica, per riportare in victory lane Harvick in New Hampshire dopo ben 21 gare a secco. Ma non è bene svegliare il can che dorme, infatti da quel giorno Kevin ha ottenuto 14 top10 in 16 gare con le uniche eccezioni a Bristol (problema meccanico) e Talladega (incidente). Il problema per gli altri è che questi risultati sono stati ottenuti senza praticamente far rumore. Sì, Harvick ha vinto in Michigan e poi a Indianapolis, ma nei playoff mentre tutti parlavano di Truex, di Elliott e di Hamlin, il team #4 non sbagliava praticamente più un colpo ed è questo che forse conta. La vittoria del Texas è stata alla fine la mossa decisiva per chiudere il discorso Homestead e precludere l’ultimo posto agli altri contendenti, con Logano campione in carica in primis.

Per la quinta volta in sei anni (ha mancato solo il 2016) Kevin arriva a Homestead ma portò a casa il trofeo soltanto nella prima occasione, poi sono arrivati un secondo e due terzi posti. Raramente il team #4 con Rodney Childers sul ponte di comando ha sbagliato la gara decisiva e anche l’anno scorso, quando non avevano la vettura migliore e puntarono tutto sulla prima parte di gara affondando poi nel finale, riuscirono lo stesso a portare a casa un ipotetico (visto che in Nascar non esiste) podio. Infine, a quasi 44 anni Harvick di sicuro non avrà ancora molte occasioni per ridiventare campione, malgrado abbia allontanato il momento del ritiro di almeno un paio di anni, e quindi la voglia di portare a casa il secondo titolo specialmente in una situazione del genere lo caricherà ancora di più.

Martin Truex Jr. (Toyota #19, Joe Gibbs Racing)

Per chi avesse avuto dubbi su eventuali problemi di ambientamento di Truex al Joe Gibbs Racing, beh è stato decisamente smentito anche se non è tutto oro quello che luccica. Sette vittorie sono il massimo del 2019 e seconde soltanto alle otto del titolo conquistato due anni fa. La fase di adattamento è durata giusto un paio di mesi, poi Martin ha infilato una tripletta (in cinque gare) fra Richmond, Dover e Charlotte. Da notare soprattutto la vittoria di Richmond, la prima in carriera, ormai quasi 15 anni, su uno short track e bissata nei playoff sempre in Virginia e completata infine con l’attesissimo successo di Martinsville a un anno esatto dal bump&run subito da Logano che incrinò tutte le sue sicurezze del 2018 e gli fece poi perdere il titolo a Homestead.

Il Truex che arriva a Miami quest’anno è sicuramente più forte mentalmente, con una vettura in teoria migliore di quelle con cui ha dominato le ultime due stagioni e sembra che abbia addirittura risolto il problema che aveva nella regular season, ovvero alternare prestazioni stellari ad altre molto più opache. Il testa o croce che ha segnato il suo campionato fino a Indianapolis si è trasformato in otto top10 in nove gare e l’unico appuntamento mancato è stato quello di Talladega, ovviamente per incidente.

Ora Martin punta a scrivere ancora una volta il suo nome nella storia, diventando il primo pilota a diventare campione con due team diversi dopo Tony Stewart. E, esattamente come Tony, Truex avrebbe vinto i titoli con il JGR e con un team cucito su misura, da una parte perché fondato in prima persona e dall’altra perché era l’unico pilota del Furniture Row, portato al successo prima della chiusura causata in pratica dalla Toyota e dallo stesso Gibbs, i quali hanno alzato il prezzo per proseguire l’alleanza tecnica. Fra Truex e il secondo titolo ci sono ancora un paio di ostacoli quali l’auto provata in Texas e che nella prima parte di gara era da 20° posto e non da primo, la rivalità con i compagni di squadra e mai vissuta fino a questo punto e un altro fantasma, quello degli ultimi 12 giri di Homestead 2018, quelli in cui Logano lo sorpassò e se ne andò a prendere il titolo.

Kyle Busch (Toyota #18, Joe Gibbs Racing)

Alzi la mano chi osa scommettere contro Kyle Busch. Impossibile farlo vero? E invece siamo qui a parlare di un Rowdy che ci ricorda il perché di questo soprannome. Il pacchetto aerodinamico nella mia mente, grazie al fatto che è possibile schiacciare a fondo l’acceleratore anche in curva, ha tarpato le ali soprattutto ai piloti più talentuosi del gruppo, livellando le prestazioni. E i due che ne hanno sofferto di più a mio avviso sono stati i due Kyle, ovvero Larson e Busch. Ma se il pilota del JGR a inizio anno ha sopperito a tutto questo con una carica incredibile (vittorie a Phoenix e Fontana, con quest’ultima che è stata la 200esima in carriera fra Cup, Xfinity e Truck Series), poi sono arrivate le difficoltà. Dopo essersi ripetuto a Bristol – suo nuovo terreno di caccia – e Pocono, da giugno Busch non ha più vinto. Da allora sono passate 21 gare e cinque mesi.

In questo periodo Kyle non ha avuto paura di dire la sua riguardo al maxi spoiler che aumenta il carico aerodinamico a valori forse mai visti in Cup Series e impedisce di seguire altre vetture e poi sorpassarle se non venendo risucchiati dalla scia in rettilineo. Con il passare delle gare Busch è diventato sempre più un Leopardi moderno, sempre sulla soglia del pessimismo cosmico quando si ritrovava nel gruppo e voglioso, ma impossibilitato, di recuperare posizioni. Sembra di essere tornati a Bristol nel 2007, quando Kyle vinse la gara di debutto della cosiddetta “Car of Tomorrow” e scendendo dalla vettura disse a chi lo intervistava: “I’m still not a very big fan of this thing. I can’t stand to drive and they suck”.

Il punto più basso è stato sicuramente Las Vegas, quando lottando per un piazzamento ai margini della top10 ha tamponato il doppiato Smithley che procedeva sulla sua traiettoria e da allora ci sono stati pochi sprazzi del Busch che si conosce e si teme: un secondo posto a Richmond nettamente dietro ad un Truex dominante, un terzo posto in Kansas (dietro ad Hamlin) ed un secondo, volendo anche fortunoso, a Phoenix che gli ha permesso di battere allo spareggio un Logano crollato nel finale di gara. Si è rischiato davvero di arrivare a Homestead senza Kyle in lizza per il titolo, fatto successo solo nel 2014, ed ora si spera di non rivedere di nuovo un Busch abulico come l’anno scorso, quando fu in lotta per il successo finale solo grazie ad una strategia alternativa.

Le statistiche

Per valutare meglio il loro potenziale, concediamo però a questi piloti di scartare il peggior risultato sugli ovali da 1.5 miglia, dato che su dieci corse totali ci può essere una gara storta a causa di un incidente o di un problema meccanico. Facendo queste considerazioni, la media durante il 2019 diventa questa:

  1. Martin Truex Jr.: 7.11 (2 vittorie)
  2. Kevin Harvick: 7.22 (1 vittoria)
  3. Kyle Busch: 8.33 (0 vittorie)
  4. Denny Hamlin: 10.11 (2 vittorie)

E’ evidente da questa analisi come Truex e Harvick abbiano avuto sia la costanza di rendimento, sia i risultati di spicco (vittoria della #19 a Charlotte e LasVegas/2, della #4 a Texas/2). Dall’altra parte invece Kyle Busch ha ottenuto buoni piazzamenti (4 top5 e 7 top10) ma nessun successo mentre Hamlin è stato all’opposto con due vittorie (Texas/1 e Kansas/2) ma oltre a queste occasioni ha concluso nella top10 soltanto altre due volte. I quattro di Homestead hanno vinto nel complesso cinque delle dieci gare disputate sugli ovali da 1.5 miglia; le eccezioni sono state Keselowski ad Atlanta e Kansas/1, Logano a LasVegas/1, Bowman a Chicago e Kurt Busch in Kentucky.

Il regolamento

Come sempre la gara di Homestead verrà suddivisa in tre stage con punti assegnati ai due traguardi intermedi, tuttavia ai quattro piloti in lizza per il titolo questo interessa relativamente poco se non per la strategia complessiva. Infatti, verrà eletto campione chi di questi sarà il meglio piazzato alla bandiera a scacchi, che sia o no il vincitore della gara. Nei cinque casi precedenti (Harvick nel 2014, Kyle Busch nel 2015, Johnson nel 2016, Truex nel 2017 e Logano l’anno scorso) chi ha conquistato il titolo ha sempre vinto anche la gara, risparmiando agli organizzatori qualche imbarazzo sul fatto di dover ignorare chi fosse arrivato 1° per concentrarsi sul trionfatore del campionato.

Gli altri piloti dunque saranno ancora in gara per il successo parziale e per conquistare punti con l’obiettivo di migliorare la posizione in campionato. Ancora quattro piloti sono in lizza per il platonico titolo di quinto in campionato e “best of the rest” in tutti i playoff. Joey Logano, malgrado nove gare non esaltanti, arriva a Homestead con 23 punti su Larson, 41 su Blaney e 45 su Keselowski dunque a meno di ulteriori disastri la medaglia di latta sarà sua. Leggermente più ristretta invece la battaglia per il 17° posto (ovvero il primo di coloro che non si sono qualificati ai playoff): Daniel Suarez ha 16 punti di vantaggio su Jimmie Johnson. Vedremo inoltre se si potranno inserire nella vittoria piloti come William Byron, Clint Bowyer e Aric Almirola, ancora senza successi in questa stagione.

Sarà anche l’ultima gara prima della pausa invernale e dei consueti cambi di scuderia: ci sarà lo scambio Buescher-Stenhouse con Chris che tornerà al Roush Fenway dopo il titolo vinto in Xfinity Series nel 2015, le attesissime promozioni di Bell e Reddick (con Hemric scaricato dal RCR dopo appena un anno) dalla categoria di mezzo e i ritiri dall’attività a tempo pieno di Paul Menard, sostituito sulla storica #21 del Wood Brothers da Matt DiBenedetto, e David Ragan.

Xfinity Series

Nella Xfinity Series sarà veramente un big3 contro uno, anche se nell’ultima settimana il pronostico si è decisamente riequilibrato. Infatti Christopher Bell, Cole Custer e Tyler Reddick hanno dominato l’intera stagione, ma nelle ultime settimane si è assistito al ritorno di Justin Allgiaer, rimasto a lungo senza vittorie. Chi sia il favorito è impossibile da dire, ancora di più di quanto appena detto per la Cup Series. E il fatto che per i big3 sarà l’ultima occasione per conquistare (o riconquistare nel caso di Reddick) il titolo della Xfinity Series renderà l’ultima sfida ancora più spettacolare.

I numeri complessivi danno sicuramente ragione a Christopher Bell, il pilota del Joe Gibbs Racing che il prossimo anno salirà nella categoria maggiore sulla #95 del LFR, il quale ha portato a casa ben 8 vittorie (un dato che non si vedeva da 35 anni in Xfinity Series) ottenute su ogni tipo di pista, soprattutto short track ma anche due ovali da 1.5 miglia come Atlanta e Texas. ma che tuttavia nei playoff ha concluso soltanto due volte nella top10, e ovviamente sono i due successi di Richmond e Fort Worth. Stava dominando anche a Phoenix, poi due errori clamorosi di distrazione possono aver addirittura riaperto l’intero pronostico, come detto poco fa e staremo a vedere se ne pagherà le conseguenze anche a Homestead.

Secondo per quanto riguarda il numero di vittorie è Cole Custer, fermatosi “solamente” a quota sette. Per il giovane di casa SHR, al momento non ancora con un sedile in Cup Series per il 2020 ma sembra che arriverà in un modo o nell’altro, è stato veramente l’anno dell’esplosione con successi ottenuti praticamente su ogni tipo di pista. Il suo highlight di tutta la stagione è stato sicuramente a Fontana quando ha annullato a Kyle Busch il primo match point per la vittoria n°200 in carriera. Custer però nelle ultime gare ha evidenziato un enorme problema: le ripartenze. Durante tutti i playoff sembra che non ne abbia indovinata una (ed ha pagato caro in Kansas e parzialmente a Phoenix), dunque a Homestead dovrà stare attentissimo in caso di caution nelle fasi finali di gara.

Sia Bell che Custer arrivano a Miami col desiderio di vendicare la sconfitta subita l’anno scorso a sorpresa da Reddick. Contro tutte le aspettative infatti Tyler tenne a bada la sua vettura, di base sovrasterzante come ama assettarla, senza farla finire contro il muro andando a conquistare il titolo prima di salutare il JR Motorsports per andare al RCR. Sembrava una mossa poco lungimirante visto quanto dimostrato negli anni scorsi dal team di Richard Childress, e invece Reddick ha portato a casa cinque successi ma il dato che fa impressione sono le 23 top5 in 32 gare. Tuttavia non a Homestead non si porta a casa il secondo titolo con le top5 bensì con le vittorie e per Tyler il successo non è ancora arrivato in questi playoff. E’ necessario tornare quello della fase centrale del campionato per battere due avversari superlativi come Bell e Custer.

Ma torniamo ai due errori di Bell a Phoenix. Di questi ne ha approfittato quello che fino a una settimana fa sembrava essere l’outsider e invece ora è tornato uno dei candidati principali alla vittoria finale. Justin Allgaier ha trascorso quasi tutta la stagione a cercare la vittoria che mancava da Indianapolis 2018, ma il risultato importante continuava a mancare. Poi dall’estate in poi il team #7 ha cominciato ad ingranare infilando addirittura 16 top10 consecutive di cui l’ultima è stata appunto il successo in Arizona che ha confermato il suo posto ad Homestead. In caso di trionfo finale, per Allgaier sarebbe un successo prestigiosissimo vista la concorrenza, altrimenti ci ritenterà il prossimo anno, ma per la categoria sarà un anno di transizione vista l’assenza di Bell, Reddick e – quasi sicuramente – Custer.

Truck Series

La categoria dei pick-up sembra l’unica ad avere un pilota leggermente più favorito, ma qui non bisogna mai dare qualcosa per scontato visto che le sorprese non mancano mai fra incidenti e problemi meccanici. A Homestead probabilmente non sono arrivati i quattro piloti più forti della stagione, mancano infatti Grant Enfinger, campione di regolarità ma che non è riuscito a vincere nel 2019, e la sorpresa Austin Hill, passato dall’essere ritenuto soltanto un pilota pagante a tre volte vincitore, ma comunque i loro sostituti sono di peso.

Il ruolo di favorito va sicuramente a Brett Moffitt, il campione in carica che dopo essere stato “scaricato” dall’Hattori Racing perché non riusciva a portare abbastanza sponsor, ha trovato casa al GMS Racing e qui ha conquistato quattro vittorie, equamente distribuite fra regular season (Iowa e Chicago) e playoff (Bristol e Mosport), con questi ultimi due che in pratica gli hanno permesso di restare tranquillo fino ad oggi. Brett e il suo team sembrano infatti in pieno controllo della situazione, ma solo venerdì notte scopriremo se era troppo controllo, soprattutto con avversari così aggressivi da battere.

Colui che gareggerà con il coltello fra i denti sarà sicuramente Ross Chastain, il quale arriva ad Homestead forse in fase calante dopo una estate di fuoco. Ross infatti ha iniziato la stagione come pilota in Xfinity Series per il JD Motorsports e aveva gareggiato nei Truck per il Niece Motorsports soltanto come secondo obiettivo. Poi in primavera l’avventura nella categoria di mezzo non stava andando per il meglio (13° in classifica e staccato dalla zona playoff), mentre nei Truck era arrivato il successo a sorpresa in Kansas e dunque Chastain ha deciso di fare il grande salto. La rincorsa ad un posto nei playoff è stata travolgente ed ha fatto storcere il naso a molti. Ora però il team sembra avere un po’ di fiatone e bisogna vedere se in vista di Homestead saranno di nuovo in forma.

Chi invece è in formissima è il canadese Stewart Friesen, il quale punta a diventare il secondo campione Nascar non americano della storia (dopo Daniel Suarez tre anni fa in Xfinity Series). Dopo tante occasioni mancate, per sfortune varie ma soprattutto per errori suoi o del team nelle fasi finali di gara, Friesen ha ottenuto finalmente il primo successo in carriera sullo sterrato di Eldora e da lì non si è più fermato, non sbagliando praticamente più e chiudendo il discorso qualificazione per Miami con la prima vittoria anche sull’asfalto a Phoenix. Il fatto di correre con un proprio team, anche se associato con una corazzata come il GMS, forse non lo mette sullo stesso piano tecnico di Moffitt, ma Stewart saprà sicuramente compensare a eventuali lacune.

Chiude il quartetto la vera sorpresa fra tutti i 12 i piloti di Homestead. Matt Crafton ha superato una stagione di fuoco contraddistinta da mille problemi tecnici e polemiche fra il suo team, il ThorSport, ed il fornitore dei motori spec, ovvero la Ilmor. Il punto più basso del campionato è stato Las Vegas, gara in cui Enfinger, Sauter e Crafton hanno avuto tutti e tre delle rotture spettacolari ma di loro solo Matt è sopravvissuto al taglio del primo round. Poi altri guai, e altri team radio con più censure che parole, a Martinsville ma malgrado ciò Crafton è riuscito ad eliminare sia Ankrum sia Austin Hill, letteralmente affondato a Phoenix. Le polemiche sembrano ormai lontane, oltre che inutili visto che non sembra un caso che quasi tutte le rotture in casa Ilmor sono state nel ThorSport e non nelle altre squadre, segno che lo squadrone ha voluto forzare la mano sotto il cofano, ed ora Matt arriva a Homestead da outsider (non vince da Eldora 2017) ma sicuramente carico per puntare al terzo titolo in carriera dopo quelli del 2013-14.

Il programma del weekend

Venerdì 15/11:

15:05 FP1 Truck

16:35 FP2 Truck

20:35 FP1 Xfinity

21:35 FP1 Cup

22:35 Qualifiche Truck

23:35 FP2 Xfinity

0:30 FP2 Cup

2:00 Gara Truck: Ford EcoBoost 200 (134 giri per 201 miglia) – differita su SportItalia sabato alle 11:30

Sabato 16/11:

18:35 Qualifiche Xfinity

20:05 Qualifiche Cup

21:30 Gara Xfinity: Ford EcoBoost 300 (200 giri per 300 miglia) – diretta su SportItalia

Domenica 17/11:

21:00 Gara Cup: Ford EcoBoost 400 (267 giri per 400.5 miglia) – Diretta su DAZN

Immagini: nascar.com


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