NASCAR | Justin Haley fulmina tutti a Daytona!

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Tempo di lettura: 21 minuti
di Gabriele Dri @NascarLiveITA
8 Luglio 2019 - 17:15
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Daytona regala sempre sorprese e belle storie. Daytona anche toglie e poi ridà. Probabilmente 24 ore fa Justin Haley odiava questo posto, dato che qui aveva perso ben due gare della Xfinity Series in maniera controversa. Lo scorso luglio aveva tagliato per primo il traguardo, ma il sorpasso decisivo a pochi metri dal traguardo era stato effettuato con due gomme sulla riga gialla interna e la controversa regola lo aveva privato della prima gioia nella categoria (aveva vinto per la prima volta nei Truck un paio di settimane prima). Venerdì notte aveva concluso invece secondo, ma arrabbiato con tutti perché era stato l’unico a prendersi una penalità quando – secondo lui – nel corso della gara i commissari non avevano visto altre numerose infrazioni da parte dei suoi avversari. E così Justin si è svegliato domenica mattina un po’ deluso e destinato ad una gara di transizione con la #77 dello Spire Motorsports, una delle vetture meno performanti del gruppo. E invece Daytona toglie ma prima o poi ridà.

La gara

L’ultima gara di Daytona nel classico weekend del 4 luglio è fortemente condizionato dal maltempo. I soliti temporali estivi della Florida arrivano giovedì (FP2 della Xfinity Series cancellate), venerdì (qualifiche Cup Series cancellate e gara Xfinity Series posticipata di tre ore) e sabato, quando la pioggia arriva un’ora e mezza prima della bandiera verde prevista e la pioggia continua a cadere a tratti anche in maniera intesa, al punto che dopo un’ora di attesa si decide per il rinvio della gara alla domenica.

Il passaggio dalla sera al pomeriggio regala qualche speranza in più, ma c’è un motivo ben fondato se 60 anni fa per la prima edizione Bill France fissò il via alle 10 di mattina e non alle 19:30 originarie o alle 13:00 del rinvio, ma allora il grande capo non aveva a che fare con contratti TV, spettatori sulla costa Ovest degli USA, altri eventi concomitanti, e leggi sulla sicurezza dei tifosi e non. Come detto le qualifiche della Cup Series sono state cancellate e dunque la griglia di partenza è decisa dalla classifica del campionato e a partire dalla pole position è Joey Logano con al fianco Kyle Busch. In terza posizione scatta Brad Keselowski, protagonista di un discusso incidente con William Byron (costretto a partire dal fondo col muletto) nelle libere.

Al via Logano parte bene mentre Keselowski, che è dietro di lui, alza il piede per permettere ad Harvick al suo fianco di mettersi davanti a lui e formare fin da subito un trenino marchiato Ford. Il gioco di squadra (o meglio, il gioco di costruttore) funziona e dopo qualche giro di tira e molla la corsia interna guidata da Logano prende il comando su quella esterna in cui ci sono in testa Ky.Busch e Hamlin e si forma la fila indiana. La tregua però dura poco e Rowdy ci riprova stavolta con Blaney, dato che Hamlin è protagonista del primo di una serie di piccoli errori che gli costeranno un sacco di posizioni.

Al giro 18 c’è un po’ di confusione dato che il gruppo di testa si sta avvicinando ai primi doppiati, Blaney ne approfitta per passare la #18 e portarsi in quarta posizione e così il trenino Ford aggiunge un altro vagone. Nel complesso le Toyota faticano ad organizzarsi mentre le Chevy ci sono, ma ancora coperte a metà gruppo e all’esterno Suarez e Stenhouse ci provano a portarsi nelle prime posizioni. A metà stage il gruppo, guidato ormai da nove Ford in fila, si sposta dalla corsia interna a quella esterna perché molte vetture in scia soffrono di sottosterzo e in uscita di curva si allargano paurosamente. La guerra però prosegue e appena una decina di Chevy trovano pista libera all’interno e cominciano a recuperare, le Ford si precipitano in blocco per coprire, ma è anche il momento buono per loro per effettuare la prima sosta ai -14; lo splash&go non vede problemi in pit lane (Harvick supera Logano e diventa virtualmente primo), Al giro successivo si fermano tutti gli altri e Hamlin blocca i freni posteriori, rischia di tamponare il compagno di squadra Busch ma alla fine i danni sono quasi nulli; Harvick diventa così effettivamente il leader della gara.

Gli ultimi 12 giri della stage sono solo una grande preparazione per conquistare i punti. Le Chevy tornano alla carica ma tutto rimane tranquillo fino all’ultimo giro quando sul rettilineo opposto Stenhouse – in quel momento quarto – esce dalla scia e Logano decide di metterglisi davanti ed i due sorpassano Harvick in ingresso di curva 3. La #22 vince così la prima stage davanti a Stenhouse, Harvick, Blaney ed Elliott.

Il primo giro di soste complete premia Elliott che passa in testa davanti a Stenhouse, Blaney, Bowyer e Logano. Chase purtroppo è circondato da un mare di Ford e così viene subito riassorbito dal gruppo guidato dalla #17. Con tutte le Ford che si organizzano all’esterno, è naturale che all’interno le Chevy – dato che sono in maggioranza – si trovino e si coalizzino di nuovo. E così la fila guidata da Kurt Busch avanza in fretta. In curva 4 Ricky è costretto al blocco che riesce, ma la #17 (probabilmente la vettura più veloce in pista ma anche la più instabile) finisce per allargarsi per il sottosterzo e quando richiude la traiettoria la #1 è già lì e Stenhouse in pratica gli gira sul muso finendo in testacoda pur senza finire a muro.

Tutti vanno di nuovo ai box perché da questo punto in poi (mancano 40 giri) è possibile – ma non sicuro – arrivare in fondo alla stage. Alla ripartenza la coppia A.Dillon-Elliott lavora meglio di quella Bowyer-Logano e quindi le Chevy hanno il controllo della gara per la prima volta. Blaney riesce a divincolarsi dalla corsia esterna e mettersi in testa alla corsia esterna, ma le Ford scivolano indietro malgrado anche l’aiuto di Harvick e così pian piano si riforma la fila indiana. Ma, come succede sempre a Daytona, appena torna la calma è proprio quel momento che si riaccende la miccia. La caution arriva infatti da Kurt Busch che, pur essendo in coda al gruppo, finisce in sottosterzo, bacia il muro e provoca una foratura lenta che pochi secondi dopo lo manda in un testacoda nel quale si tocca leggermente con Gaughan.

Grazie alla caution non ci sono più preoccupazioni per la benzina, ma cominciano – anzi ricominciano – invece quelle per il meteo. Sono le ore più calde della giornata e si stanno formando i classici temporali estivi che affliggono d’estate la Florida. E la corsa al giro 160 rischia di diventare invece al giro 100, quello che mette fine alla seconda stage e rende la gara anche ufficiale. Gli animi si accendono così con – potenzialmente – soli 23 giri da disputare. Austin Dillon continua a mantenere la testa della gara seguito come un’ombra dalle altre Chevy mentre all’esterno le Ford si disuniscono e creano due file parallele in un 3-wide che finisce solo per ostacolarle a vicenda. E infatti poco dopo sul traguardo Harvick spinge un po’ troppo Keselowski facendolo appoggiare a muro e creando un tamponamento a catena in cui vengono coinvolti anche Logano e Ragan mentre Suarez ed Hemric si scontrano e finiscono nell’infield. Il bilancio è disastroso in casa Ford: due auto nel garage (Keselowski e lo sfortunato Suarez), tre danneggiate (Harvick, Logano e Ragan) mentre le Chevy ne escono praticamente intatte. Sì, sembra un bollettino di guerra, ma ormai le gare sugli superspeedway sono questo, una battaglia fra i tre costruttori in cui si contano le vetture perse e le forze ancora in campo per creare il gruppo più compatto e per questo più veloce.

La caution ha rallentato il plotone e la pioggia quindi si avvicina. La bandiera verde arriva ai -14 e Dillon continua a rimanere in prima posizione seguito da Bowman, Byron, Elliott, Larson, il fratello Ty e Johnson. All’esterno il solito Stenhouse ci riprova ad andare alla carica e le Ford superstiti (Menard e Blaney) provano a seguirlo. Ma questo gruppetto deve ancora trovare un nuovo equilibrio e così le Chevy non vengono rimontate. A cambiare le carte in tavola è l’apporto di Bowyer che, seguito da un instancabile Ricky e da Logano – reduce da un passaggio in pit lane – riesce ad pure ad affiancare Dillon ai -4, ma poi cede a causa di un Stenhouse sempre con una vettura ballerina e così l’emergenza rientra. Le tre vetture del team Hendrick, pur con la pioggia in arrivo, non lanciano neanche un attacco coordinato alla #3 e così Austin Dillon vince la stage ed è nella posizione buona in cui dovesse arrivare all’improvviso il maltempo.

La pioggia non arriva subito e quindi tutti devono andare in pit lane: Logano torna in testa cambiando solo due gomme seguito da Newman, Jones e poi le Chevy citate in precedenza. Dopo una breve discussione via radio fra Logano e Newman nella scelta della corsia da cui ripartire (Logano ha il diritto di precedenza e si sposta da un lato, Newman crede che Joey abbia già scelto ma non è così e non si muove più dalla fila in cui si è messo) arriva la bandiera verde a 55 (in teoria) giri dalla fine. Jones non spinge Logano e così Austin Dillon manda Newman in testa, ma poco dopo Byron grazie ad un cambio di corsia rischioso ma magistrale spinge la #3 di nuovo in prima posizione.

Le nuvole sono sempre più nere e i piloti le vedono ad occhio nudo. Le dinamiche del gruppo ne risentono molto. Logano trova dietro di sé Stenhouse ed il tandem Ford ai -51 recupera in fretta le posizioni perse poco prima e la #22 torna in testa alla gara. Joey però decide di fare una scelta strategica molto rischiosa: anziché mettersi da solo davanti a Dillon e bloccare le due file, vuole portarsi con sé come alleato pure Ricky e quindi per cambiare corsia deve aspettare che sia la #22 che la #17 siano davanti alla #3. La tattica quasi funziona, ma alla fine si crea un momento di stallo che impedisce la riuscita del piano. La causa è la nascita di una terza corsia all’esterno, in origine con DiBenedetto in testa, ma questa prende forza solo quando ci saltano su prima Hamlin e poi Menard. Paul è in testa per un giro, ma poi è Denny a portarsi in prima posizione ai -48 malgrado le scelte sbagliate e il contatto con Ky.Busch nella prima stage e due lunghi in pit lane nella seconda.

E la pioggia? E’ arrivata, ma le formazioni nuvolose non sono compatte, bensì viaggiano in gruppi lunghi e stretti e uno di questi sta viaggiando praticamente tangente all’ovale ad una distanza di circa 10 km. Dopo un paio di giri di confusione si riforma una fila indiana, ma solo per pochi secondi, poi Bowyer, Kurt Busch, Logano, Stenhouse e Blaney lanciano l’attacco al’esterno. Il primo a preoccuparsi ai -43 è Austin Dillon, il quale esce dalla scia di Hamlin e si mette davanti alla #14 proprio sul traguardo. Ma il treno guidato da Bowyer sta arrivando a velocità notevolmente superiore, al punto che la locomotiva è praticamente già davanti a Denny. Clint inizia a spingere Austin e poi si sposta all’interno per sorpassarlo dato che la #11 è già dietro di lui. La reazione di Dillon è immediata e praticamente le vetture non si staccano mai, ma spostarsi di corsia a 200 miglia all’ora con una vettura che ti spinge è molto difficile e infatti c’è il contatto definitivo che manda la #3 in testacoda davanti a tutto il gruppo. Il big one arriva così al giro 119.

La lista dei coinvolti conta 18 vetture, tra queste – oltre ai citati A.Dillon e Bowyer – ci sono Elliott, Hamlin, Blaney, Stenhouse, Ky.Busch, Truex, Jones, Logano, Larson e Bowman. I sopravvissuti sono poco più di 15. Dalla curva 1, trasformatasi in un cimitero di vetture, emergono Kurt Busch, William Byron e Jimmie Johnson seguiti da un gruppetto di piloti di seconda fascia composto da Ty Dillon, DiBenedetto, Cassill, Haley, LaJoie e Yeley.

Mancano 40 giri alla fine, c’è una lunga caution in corso per rimuovere una decina di vetture e sempre delle nuvole che stanno scaricando pioggia appena dietro curva 3 e che i piloti vedono nitidamente. Ma la pista è ancora asciutta. Che fare? Fermarsi ora (da qui in poi si può raggiungere il traguardo) sperando che il maltempo continui a mancare il circuito oppure rimanere in pista puntando sul maltempo?

Il problema per i crew chief è però un altro: i fulmini. Negli USA – per gli sport all’aria aperta come il golf, ma anche gli sport di squadra – vige un “lightning warning”, ovvero un pericolo fulmini tale che se c’è un singolo lampo entro un raggio di 8 miglia, tutte le attività in pista devono essere immediatamente sospese per permettere ai tifosi ed addetti ai lavori di mettersi al riparo. E gli strateghi sul radar vedono solo le nuvole e la pioggia, ma non i fulmini e dunque decidere la strategia su questi è impossibile.

Appena si apre la pit lane Byron e Johnson vanno ai box per effettuare la loro ultima sosta mentre Kurt Busch prosegue dietro la pace car. I giri passano, il cielo è sempre diviso a metà, grigio sopra Daytona e nero poco più in là, e i commissari puliscono la pista finché al giro 127 arriva l’ok per far ripartire la gara. La pace car spegne le luci per indicare che manca un giro alla bandiera verde ed è in questo momento che Kurt Busch e il suo crew chief effettuano la sosta dato che vogliono avere le gomme più fresche di tutti e, dato che ormai ci sono poche vetture intatte in pista, riprendere Johnson e Byron sarà tutt’altro che difficile. A seguirlo in pit lane vanno anche Cassill (risalito in seconda posizione) e Yeley.

Justin Haley invece prosegue ed eredita così a sorpresa la prima posizione. Il problema è che nessuno di loro sa che un fulmine ha appena toccato terra a 6.8 miglia dal circuito, dunque entro il raggio del “lightning warning”. La comunicazione arriva in direzione gara e la decisione è automatica dato che il regolamento parla chiaro: bisogna esporre subito la bandiera rossa. Le auto tornano in pit lane, tutti si mettono al coperto e bisogna aspettare che trascorrano 30 minuti senza ulteriore attività elettrica. Cominciano anche a cadere le prime gocce di pioggia, ma sono sparse e non bagnano la pista.

Justin comincia a fare la danza della pioggia, ma intanto comincia l’analisi di quanto successo, dato che Kurt Busch ha buttato via una possibile vittoria fermandosi ai box all’ultimo giro possibile prima della bandiera rossa. Ma – come detto – fare una previsione valida senza sufficienti dati in mano è impossibile. Allo stesso modo però sembra un delitto lasciare la posizione in pista in una situazione così.

Dopo i 30′ di attesa in effetti non ci sono più fulmini, ma la pioggia da tangente è diventata secante e la pista è umida dal rettilineo opposto fino in curva 4, mentre l’altra metà è completamente asciutta. Gli Air Titan vengono mandati ad asciugare l’asfalto e dopo un’ora di bandiera rossa la Nascar annuncia trionfalmente che entro 15-20′ si potrà tornare a correre. Questo destino sembra una beffa per Haley, dato che mancano ancora ben 33 giri alla fine e lottare contro piloti come Johnson, Byron e Ku.Busch sarebbe impossibile.

I piloti tornano in vettura e stanno per rimettersi il casco quando dalle nubi (che comunque si avvicendano sulla costa della Florida) cade un altro fulmine entro la zona rossa. E dunque si torna nel “lightning warning” e si torna tutti al coperto. Ma la situazione è decisamente cambiata rispetto a prima: 15′ più tardi arriva la pioggia vera e la pista è completamente fradicia ed è destinata a durare.

La Nascar si trova davanti ad un bivio: aspettare che passi la pioggia (più di un’ora secondo il radar) e poi asciugare la pista (almeno altre due) e completare la gara sotto le luci dopo circa quattro ore di attesa oppure chiudere subito un weekend estenuante per quando riguarda il meteo? L’attesa dura un’altra ora (la bandiera rossa dura in totale 2h10′) e poi i commissari decidono che la gara non verrà ripresa e dunque il vincitore a sorpresa, partito 34° e 27° prima del big one da lui evitato, ma soprattutto che ha evitato la tentazione di andare in pit lane durante la caution, è Justin Haley! Kurt Busch – che dopo il testacoda era doppiato – prende la sconfitta con filosofia (d’altronde era d’accordo con la sosta), in fondo per lui sarebbe stata “solo” un’altra vittoria, ma la decisione brucia tanto per Landon Cassill, il quale era secondo dietro alla #1 e se non si fosse fermato avrebbe vinto lui – e non Haley – la prima gara in carriera.

Per il pilota del Kaulig Racing in Xfinity Series si deve aprire dunque il libro dei record e dei dati incredibili. Prima di tutto ha vinto alla terza gara in carriera in Cup Series, così come fece Harvick ma peggio di McMurray e Bayne che vinsero alla seconda corsa e con questo è diventato a 20 anni, 2 mesi e 9 giorni il terzo vincitore più giovane della storia della categoria dietro a Logano e lo stesso Bayne ma davanti a Kyle Busch. Haley inoltre è il primo vincitore dal 2013 (Brian Vickers in New Hampshire) che non è un regular del campionato, ovvero o non è iscritto alla categoria oppure non aveva in programma di disputare l’intera stagione. Passando invece al team, lo Spire Motorsports – che nasce solo come agenzia che procura contratti per i piloti e che quindi impiega principalmente piloti della sua squadra – conquista la prima gara nella sua storia.

Per il team che con un prestito da 6 milioni di dollari ha comprato il charter di quello che fu il Furniture Row ma che non aveva pretese di replicare il suo successo (e che infatti si alleato con il Premium Motorsports per schierare delle vetture) il miglior risultato finora era stato il 22° posto alla Daytona500 e invece ora può festeggiare un successo forse neanche immaginato. Per la cabala invece il 7/7 ha vinto l’auto #77 e questo numero ha vinto solo per la seconda volta nella storia e l’altra fu a 60 anni fa a Nashville con tale Joe Lee Johnson.

La vittoria di Justin, in quanto iscritto alla Xfinity Series e impossibilitato a fare il cambio “alla Chastain” perché non ha disputato tutte le gare in calendario, non muta la griglia playoff, almeno nelle prime posizioni. Nella confusione di Daytona Logano e Kyle Busch portano a casa entrambi 23 punti e quindi la #22 mantiene un vantaggio di 18 punti sulla #18 in classifica generale, mentre Rowdy è sempre in vetta alla griglia playoff anche se Joey gli ha rosicchiato un playoff point che fa sempre comodo. In coda Suarez paga l’ennesima gara sfortunata sugli superspeedway ed esce – seppur per soli tre punti – dalla top16. A beneficiarne è stato Newman che con la sua costanza di rendimento approfitta sempre dei guai altrui.

Le altre categorie

Nella gara della Xfinity Series c’è stata l’ormai ennesima vittoria di Ross Chastain, un successo che gli avrebbe regalato un posto ai playoff se il mese scorso non avesse puntato (con altrettanta gloria) sulla Truck Series. Dopo quasi tre ore di attesa – causa tipici temporali della Florida – a partire dalla pole è Tyler Reddick affiancato da AJ Allmendinger, al volante della neonata terza vettura del Kaulig Racing. Al via Tyler mantiene la testa davanti ad un aggressivo Chastain, ma pian piano la corsia interna prevale ed AJ si mette al comando del gruppo e Reddick finisce nel mezzo di un 3-wide con Bell che gli fa perdere un sacco di posizioni. Poco dopo, al 10° giro, il primo incidente con la #90 di Bacarella che finisce loose e vengono coinvolti anche gli attardati Cindric e B.Jones. Alla ripartenza i compagni di squadra collaborano e Chastain ritorna in testa, ma la tregua dura poco dato che ai -8 Reddick bacia il muro per evitare il blocco di Ross e dietro di loro parte un tamponamento a catena con Allgaier che spedisce Creed a muro e nell’erba ci finisce Nemechek. Il gruppo si divide fra pit lane e pista, ma Chastain prosegue e poco dopo conquista anche la prima stage davanti a Sieg e Herbst.

La seconda stage inizia con Allmendinger in testa davanti a Briscoe, tuttavia Annett allo scatto si mette in mezzo a loro. Il gruppo viaggia ordinato in fila indiana fino a metà stage, poi ancora gli animi si riaccendono e scatta quasi subito l’incidente, questa volta causato da Reddick che a causa di una foratura perde il controllo in curva 4 e travolge l’incolpevole Briscoe. Alla ripartenza però le posizioni non cambiano e Allmendinger vince la seconda stage davanti ad Annett e Chastain.

Il gioco delle soste mette alla ripartenza davanti a tutti Gragson e Allgaier, ma in breve tempo Chastain è già là davanti in prima fila a lottare. Ai -27 c’è il primo big one, tuttavia è nella parte retrostante del gruppo e vengono coinvolti solo piloti di seconda fascia (Bell era finito in coda a causa di una penalità però evita l’incidente). Si riparte ai -21 e Chastain continua ad avere in mano le redini della corsa e solo la rimonta di Reddick sembra in grado di impensierirlo, ma il big one finale ai -13 sospende la contesa. Sono ben 15 le auto coinvolte e l’incidente nasce dalla spinta eccessiva di Bell su Annett – in quel momento in seconda fila dietro a Reddick che viene rallentato dal side-draft di Haley – che fa perdere il controllo alla #1 sul rettilineo opposto e ne fanno le spese tra gli altri anche Custer, Gragson e Nemechek mentre in molti finiscono nell’erba trasformata in palude e non riescono ad uscirne senza aiuto esterno.

Dopo una bandiera rossa durata oltre 15′ si può ripartire per i 10 giri finali con Haley in testa ma subito attaccato e sorpassato da Reddick. Il sogno di Tyler dura però appena due giri poi rallenta e infine fora ancora una volta e cede la prima posizione a Chastain che ha sorpassato poco prima il compagno di squadra Haley. Ora battere la coppia del Kaulig Racing è molto dura da sorpassare vista anche la velocità espressa in tutta la gara e infatti dietro di loro si forma la fila indiana. Due testacoda isolati (Allgaier e Lee) non interrompono la gara neanche in questo momento, ma permettono la fuga di Chastain, Haley e Bell. Da dietro Cindric guida la rimonta, tuttavia l’unico a provare qualcosa di diverso è solo Allmendinger che passando una auto alla volta ritorna nella top5. Il ricongiungimento arriva ai -3 e AJ perde probabilmente l’attimo buono, infatti attacca Cindric solo all’inizio dell’ultimo giro e Bell in curva 3, ma è troppo tardi. Davanti Haley si trova in una posizione scomoda: cercare la prima vittoria (dopo quella che gli era stata tolta l’anno scorso qui) ma rischiando di eliminare il compagno di squadra o accontentarsi?

Alla fine Haley dirà di non aver trovato l’alleato giusto per l’attacco a Ross e così Matt Kaulig può festeggiare la prima vittoria del suo team, una vittoria che è un trionfo dato che Chastain vince davanti a Haley, Allmendinger, Bell e Cindric e per la squadra è addirittura tripletta. Nel post gara tutti hanno da dire qualcosa: Chastain non è pentito della scelta di aver rinunciato ai playoff (allora improbabili, ora sarebbero stati certi) della Xfinity Series per puntare tutto sui Truck, Haley ha da ridire con i commissari per le penalità assegnate a lui e non agli altri, Allmendinger si imbarca su un volo per il Canada (dove ha commentato per la NBC l’IMSA) e solo quando atterra scopre che la sua vettura è stata squalificata (motore non sigillato perfettamente e quindi poteva esserci un afflusso d’aria tale da aumentare la potenza), ma comunque è soddisfatto al ritorno alle gare.

Bell, Custer e Reddick portano a casa risultati interlocutori e quindi il triello riprenderà la settimana prossima; la griglia playoff – dato che Chastain non è più in gioco – non cambia se non nei punteggi e divari relativi.

I risultati odierni

La classifica della “Coke Zero Sugar 400”

La classifica generale

Così il campionato a 8 gare dai playoff

I prossimi appuntamenti

Nel prossimo weekend la Nascar fa tappa in Kentucky per l’ultimo ovale da 1.5 miglia in programma fino a Las Vegas a inizio settembre. Tripla gara sotto le luci con Truck (giovedì notte), Xfinity (venerdì) e Cup Series (sabato).

Immagine: GettyImages per twitter.com/nascar

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