NASCAR Euro Series | Intervista a Garrett Lowe: “La mia sfida fra mondo reale, sim racing ed ingegneria”

Autore: Gabriele Dri
NascarLiveITA
Pubblicato il 4 Giugno 2025 - 17:00
Tempo di lettura: 16 minuti
NASCAR Euro Series | Intervista a Garrett Lowe: “La mia sfida fra mondo reale, sim racing ed ingegneria”
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P300.it ha potuto intervistare a Vallelunga Garrett Lowe, giovane pilota americano al debutto in NASCAR Euro Series, il tutto eccellendo anche nel mondo del sim racing e avendo conseguito una laurea in ingegneria meccanica


Da Vallelunga – Intervista realizzata sabato 17 maggio dopo le qualifiche

Disclaimer: per brevità nella seguente intervista si parlerà e scriverà di “reale” solo come accezione per distinguere le corse in pista dal sim racing, il tutto senza sminuire le gare al simulatore che, come si evince anche dalle risposte di Garrett Lowe, necessitano di molto impegno per arrivare ai massimi livelli


Ciao Garrett, è un piacere conoscerti. Benvenuto su p300.it. Sei un giovane pilota americano [classe 2001, nda] e, come l’anno scorso con Ryan Vargas, sei un debuttante nella NASCAR Euro Series avendo deciso di correre dall’altra parte dell’oceano. Sono passati un paio di mesi dall’annuncio ufficiale e poco prima di Natale avevi disputato il tuo primo test. Come sta andando finora questa avventura?

Finora sta andando molto bene. Abbiamo faticato su alcuni dettagli, principalmente perché non sono ancora abituato a questa vettura o alle piste che sto affrontando per la prima volta. I tracciati sono ovviamente un po’ impegnativi, ma questo è sempre un fatto positivo. Quindi imparare il più possibile e il più velocemente possibile sono stati i nostri obiettivi finora.

Tu sei nato in North Carolina, la casa natale della NASCAR. I tuoi inizi nel mondo delle corse però sono stati un po’ peculiari. Tutto è nato da un regalo di tuo padre, giusto?

Sì, tutto è partito con il regalo di una tessera di socio della NASCAR Hall of Fame e lì c’erano alcuni simulatori. Penso di essere stato lì ad utilizzarli in ogni weekend della stagione della Cup Series. Penso fosse il 2014, poi per quel Natale ho ricevuto in regalo un abbonamento ad iRacing ed ho iniziato a correrci. All’inizio non l’ho presa seriamente, volevo solo divertirmi. Poi fra 2016 e 2017 ho iniziato a dedicarmi all’aspetto competitivo e nel 2019 sono arrivato al campionato ufficiale eNASCAR Coca-Cola iRacing Series.

Però sotto sotto è stata una sfida personale per te perché alla Hall of Fame volevi correre su tutte le piste del calendario. Ed è stato proprio questo che ti ha fatto notare dagli addetti.

Sì, e poi sono stati proprio loro a portarmi a casa il primo simulatore!

Poi però hai iniziato a correre anche nella vita reale con Legends e Bandolero. Quando hai fatto questo passaggio eri ancora giovane e per questo è stato più semplice?

Non proprio. Quando ho iniziato a correre con le Bandolero avevo 15 anni e gareggiavo contro bambini di 7-9 anni, quindi ero un po’ fuori scala. Quindi ho dovuto un po’ accelerare le tappe, dato che, al passaggio nelle Legends, sono stato inserito subito nella categoria Semipro e lì la differenza di età si era ridotta ad un paio di anni. Quindi sì, sono stato un po’ buttato nella fossa dei leoni fin dal primo giorno.

È stato a questo punto che la transizione è stata più facile da affrontare. È stato molto immediato prendere la mano con la vettura. Le vetture Bandolero sono facili da guidare e difficili da portare al limite, le Legends, invece, sono difficili guidare e difficili da portare dal limite ed essere davvero veloci. È una vettura che comporta delle sfide notevoli. Penso che gran parte del mio talento e della mia esperienza sia dovuta proprio a quel tipo di vettura.

Poi è arrivato il salto con le Late Model, anche qui in ritardo rispetto ai miei avversari, ma anche in questo caso ho accorciato il gap. Qui trovi anche una maggiore varietà, qualcuno della tua età, qualcuno più vecchio di te, qualcuno che magari è riuscito a gareggiare nella Truck Series e poi è tornato nelle Late Model.

Tornando alle Legends, essendo tu della zona di Charlotte, hai avuto anche modo di gareggiare sul piccolo ovale sul trioval dello Charlotte Motor Speedway?

Sì certo! Soprattutto nello Summer Shootout Speedway con le Bandolero nel 2016 e nel 2017. Poi fra 2018 e 2019, con le Legends, ho iniziato a saltare le gare a settimane alterne perché si correva il martedì sera che è la stessa giornata in cui su iRacing c’era la corsa di qualifica del campionato eNASCAR Coca-Cola iRacing Series e quello era diventato la priorità. Quindi, facendo i conti, lì ho disputato una stagione completa.

Quindi, in quel periodo lì, quale era il tuo obiettivo o il tuo desiderio? Andare avanti col sim racing, fare il salto nel mondo delle corse reali oppure cercare un equilibrio fra le due?

In quel momento dovevo per forza concentrarmi sul sim racing perché ormai ero arrivato al livello professionistico e quindi era difficile mollare. Per un po’ la gente ha pensato che fossi pazzo nel lasciare le corse reali. Ma non potevo permettermi tutte le gare che avrei voluto, utilizzavo quanto guadagnavo dal sim racing per pagare metà del budget per l’altra attività.

La tua famiglia aveva un qualche tipo di legame col motorsport?

Per nulla! Mamma e papà sono solo dei semplici appassionati della NASCAR e andavano a guardare le gare. Sono stato a vedere con loro la All-Star Race credo per circa dieci anni. Ma, in generale, nessuno della mia famiglia aveva a che fare con l’ambiente.

Quindi sei partito praticamente da zero.

Sìsì, da zero.

E l’impegno con il sim racing ha dato i suoi frutti. Prima di tutto nel 2018 hai vinto il campionato Road to Pro della eNASCAR Coca-Cola iRacing Series, risultato che ti ha permesso di accedere al campionato principale nella stagione successiva dove hai vinto una gara ed il titolo di Rookie dell’anno.

Sì, in Michigan.

È un campionato difficile da affrontare perché il livello è molto alto. Pensando al tuo debutto riflettevo sul passaggio generazionale: c’era attiva ancora la classe formatasi nei tardi anni 2000 al debutto di iRacing, poi sono arrivati piloti della tua età e di nuova formazione. Come è stato il tuo approdo in questo campionato di rilievo?

Sì, nel 2018 il format del campionato è cambiato, con il passaggio da un singolo campionato a due categorie, la Road to Pro e la serie principale e questo ha aperto le porte a tanti nuovi piloti. In quella stagione non ci sono stati tanti nuovi ingressi come è poi avvenuto fra 2020 e 2021 quando poi ci sono stati di conseguenza anche tanti addii di piloti che erano diventati dei veterani della eNASCAR Coca-Cola iRacing Series. È un ambiente in continuo movimento, non sei mai al sicuro, devi sempre lottare ad ogni stagione.

Questo perché solo la top20 del campionato principale ha un posto garantito per la stagione successiva. Per tutti gli altri c’è il ritorno nella Road to Pro come con promozioni e retrocessioni.

Proprio così. Devi sempre lottare per restare nella top20, altrimenti diventi come un free agent in cui, per rimanere in questo gruppo per essere selezionato, devi rimanere nella top50, una volta era la top40. Adesso è tutto molto più difficile perché non solo devi essere un buon pilota, ma devi essere capace di stare sul mercato e costruirti un marchio attorno a te e nel campionato questa può essere una vera sfida.

…e quindi bisogna lottare anche fuori dalla pista.

Esattamente.

A questo punto, tuttavia, hai deciso di salire un altro gradino nella scalata al mondo del motorsport: andare al college e ottenere una laurea in ingegneria meccanica. Questa è stata una tua passione fin dagli inizi, oppure l’essere entrato nel mondo delle corse ti ha avvicinato anche a questo punto di vista?

I miei genitori mi hanno sempre detto: “Non ci importa cosa fai nella vita, ma devi andare al college.” Il che è una cosa molto comune, ma non sapevo ancora benissimo cosa fare. Al secondo anno di high school ho seguito un corso di educazione civica ed economia in cui ti spiegano un po’ come funziona la vita. Lì abbiamo fatto un progetto riguardante la scoperta delle possibili carriere per ognuno di noi e sono venuto a conoscenza che a Charlotte alla UNC [University of North Carolina, nda] c’era un corso di laurea in ingegneria meccanica legato al motorsport ed ho pensato che sarebbe stato bello iscrivermi.

Era tutto quello che volevo imparare, anche perché come ti ho detto nella mia famiglia non avevamo esperienza nel settore ed il motorsport stava diventando un ambito sempre più competitivo, quindi pensavo che ottenere una laurea in ingegneria fosse la scelta migliore per rimanere nell’ambiente anche se nelle corse non sarebbe andata come speravo. Allo stesso tempo, però, pensavo che questo percorso mi avrebbe aiutato come pilota.

Infatti, ora credo di essere un pilota più completo perché ho una serie di conoscenze di base. Guarda a cosa è successo ieri [venerdì nel corso delle prove libere, nda] quando sono finito nelle gomme. Avevo una idea di cosa poteva essersi rotto in base al modo in cui ho colpito il muro e quindi eravamo più pronti nel diagnosticare la situazione nella metà del tempo, risolverla ed effettuare le modifiche necessarie d’assetto già ieri sera. Da questo punto di vista, le mie conoscenze sono state una benedizione. Anche se come pilota vorrei solo correre e laurearmi è stata una sfida, sono felice di avercela fatta.

E, dopo la laurea, recentemente hai fatto uno stage presso il 23XI Racing. Come è stato lavorare in un team che gareggia in NASCAR Cup Series?

È stato molto bello! Ho fatto un tirocinio dallo scorso settembre a dicembre, poi rinnovato da gennaio fino ad aprile. È stata una esperienza incredibile. Ovviamente, essendo una stagista, non ho avuto accesso a dati tecnici sensibili, non ho avuto accesso alle telemetrie dei piloti o dati simili, ma è stato comunque bello. Ero inserito nel settore ricerca e sviluppo dove dovevo documentare tutti i processi che il team stava sviluppando.

È stato talmente bello che mi è dispiaciuto dover chiudere questo tirocinio, però l’inizio della stagione in Europa unito al mio impegno nel sim racing avrebbe reso tutto molto difficile da portare avanti. Stava diventando un po’ troppo e non ci sarebbe stata una chance per passare ad un ruolo part time o full time.

Inoltre, in tutto questo, hai potuto partecipare alle attività di un team in tutte le sue fasi cruciali della stagione.

Assolutamente. L’inizio del mio tirocinio è coinciso con i playoff della scorsa stagione ed ero lì per tutte e dieci le settimane, quindi ho visto tutte le dinamiche possibili in seguito con la pausa invernale che è arrivata al momento giusto, perché al momento del mio arrivo ovviamente l’ambiente era un po’ sotto pressione con i playoff, ma ciò mi ha permesso di osservare per bene il livello di preparazione e l’approccio ai weekend di gara, il che è stato molto speciale. Con la off season poi noti il cambio di prospettive, imparando da ciò che è avvenuto nella stagione passata e cercandolo di applicare per la successiva. E questo avviene allo stesso modo in qualità di pilota, anche se come ingegnere ti focalizzi su dettagli diversi e legati di più alla vettura in sé. Poi arriva l’inizio della stagione e l’unica cosa che conta è prepararsi per la Daytona 500.

Durante il tirocinio quali erano le figure di riferimento anche come tutor nel team?

Io dovevo fare riferimento all’engineering supervisor. Essenzialmente è il capo del settore ingegneristico della squadra, ma in senso generale, non necessariamente legato al weekend di gara o alla preparazione delle attività in pista come strategie o altro. Quindi solo sul settore tecnico, hai molto a che fare con il disegno meccanico. Ci ho dovuto spendere un po’ di tempo perché ho dovuto recuperare un po’ di quanto fatto al college dove avevo seguito diversi corsi CAD, ma alla fine non ero io materialmente a completare la realizzazione delle componenti.

Nel complesso è stata una bella esperienza anche confrontarmi con i car chief, sapere quali progetti volevano che fossero completati, cosa ne pensavano, quali componenti servivano, di quali era necessaria la produzione, sapere cosa fosse necessario modificare, tornare al tavolo da disegno più e più volte fino ad ottenere il risultato finale.

Come sei riuscito a portare avanti negli ultimi anni tutte insieme le tre carriere, sim racing, corse e università con tirocinio?

È stata una sfida. All’università ho faticato molto a tenere tutto in equilibrio. Nell’ultimo anno a UNC abbiamo sviluppato anche il progetto della Formula SAE che mi ha occupato una parte del tempo, specialmente nell’periodo dato che è stato anche la mia tesi di laurea. Quindi ho trascorso 70, anche 80 ore alla settimana nel laboratorio motorsport lavorando sulla macchina, progettando la macchina stessa, il tutto insieme al resto dello studio per gli altri esami. Restavo lì ore ed ore, andavo raramente a casa, praticamente solo per dormire e le notti erano corte. Quindi sì, è stato difficile mantenere tutto in equilibrio. Anche per questo il primo quarto della stagione 2024 della eNASCAR Coca-Cola iRacing Series ha subito un contraccolpo come risultati.

Poi però è arrivato il fantastico successo a Charlotte per appena 0.001″.

Sì, è arrivato praticamente in corrispondenza della parte finale della competizione della Formula SAE. Appena si è concluso progetto, ero pronto a concentrarmi di nuovo sulla eNASCAR Coca-Cola iRacing Series, tornare sul pezzo per quello ma anche lavorare sulla mia Late Model perché volevo che diventasse il mio regalo per la laurea a fine estate. Purtroppo ho dovuto rimandare il suo completamento, ci ho lavorato tutta l’estate ma alla fine l’ho finita ed entro il termine della stagione ci ho disputato tre gare.

Nella eNASCAR Coca-Cola iRacing Series corri con il team tedesco BS+COMPETITION. Come sei passato dal virtuale al reale con Bremotion nella NASCAR Euro Series?

Tutto è nato l’anno scorso quando Jérôme [Galpin, presidente NASCAR Euro Series, nda], ha contattato BS+COMPETITION e questo ha portato loro ad essere presenti in una delle ultime gare stagionali. Grazie a loro ho potuto capire come funziona l’ambiente e mi è piaciuto. L’organizzazione voleva portare qualche giovane talento dal sim racing al Recruitment Test di questo inverno e vedere come si sarebbe comportato. Allo stesso tempo, anche il mio team tedesco voleva la stessa cosa, quindi è stata come la tempesta perfetta. Il test è andato molto bene e sono riuscito ad entrare in contatto il team Bremotion, che aveva incontrato già BS+COMPETITION in pista nelle settimane precedenti, e loro erano molto felici di avermi con loro, anche per collaborare e portare in squadra più partner e sponsor.

Anche perché, per il team, tutto questo non è economico e ieri [venerdì, nda] è stata un’altra giornata di spese, quindi è stata una benedizione avere tutti questi nuovi partner in questa avventura. Inoltre, non stiamo solo portando dei marchi dal sim racing al mondo reale, ma anche viceversa. Il nostro obiettivo è anche quello di creare una piattaforma ibrida [Racing Prodigy, nda] dove siano possibili degli scambi del genere.

Myatt Snider ha corso in EuroNASCAR nel 2019, lo scorso anno è stata la volta di Ryan Vargas che in questo weekend inizia, invece, la sua avventura nella NASCAR Canada. Pensi che più giovani piloti americani dovrebbero pensare a guardare anche fuori dai confini USA qualora dovessero trovare degli ostacoli nel loro percorso verso la NASCAR?

Sì, penso che sia davvero una bella esperienza. Qui c’è una diversa atmosfera, una diversa cultura ed è davvero una grande lezione per me che fino a poco fa non avevo mai corso fuori dal Sud-Est degli USA, al massimo ero andato in Florida. Quindi, pensando ad una possibile carriera, la ARCA Series e la Truck Series possono essere irraggiungibili perché troppo costose, ma così puoi costruire delle relazioni con partner e sponsor qui in Europa o in Canada come nel caso di Ryan. È sicuramente qualcosa a cui si deve guardare. Nel mio caso non è stato sicuramente il mio primo obiettivo, ma quando mi hanno contattato ho pensato subito che fosse una grande opportunità, anche perché mi permette di farmi conoscere anche in un ambiente diverso che non è quello della North Carolina o quello del sim racing.

Quindi cosa ci sarà nel tuo futuro alla luce di tutto questo?

Non ne ho idea! L’obiettivo ora è quello di prendere il più possibile da questa esperienza e andare avanti per la prossima stagione nel mondo reale, che sia di nuovo qui o in ARCA o nei Truck. Ovviamente il percorso ideale sarebbe tornare negli USA per cercare di riprendere questa scalata, se potessi anche in Xfinity Series, quello sarebbe l’obiettivo principale a breve termine. Quello finale, ovviamente, sarebbe la Cup Series, ma si sa che ci vogliono tanti soldi e tanti aiuti. Arrivare lì sarebbe un grande risultato, ma allo stesso tempo è il traguardo.

Un’ultima domanda: sul profilo di Racing Prodigy, nella bio dedicata a te c’è scritto: “Lowe è un calcolatore, sia in pista che fuori. Il suo approccio metodico e analitico lo rende difficile da battere, dimostrando un temperamento equilibrato e un carattere riservato che lo aiuteranno a guadagnare posizioni in gara.” Ho avuto modo di guardarti ieri e oggi nei briefing ed ho riconosciuto proprio questo atteggiamento. Pensi che questo ti renda un pilota migliore e cosa ne pensi di questa citazione?

Sì, penso che si addica molto al mio carattere. Sono sempre stato una persona analitica, concentrata sui dati provenienti dalle corse perché a questo livello molto professionale è anche necessario esserlo. Nel mondo attuale, le tue possibilità di modificare il setup sono limitate, quindi devi analizzare per bene quello che succede in pista rimanendo concentrato. Un pilota di solito si concentra su quello che lui può cambiare come guida, ovviamente avere una laurea in ingegneria meccanica ha reso tutto questo più facile, ma ha aiutato anche il team nel fare delle modifiche ed aiutare anche i compagni di squadra di migliorare nei tempi e andare tutti insieme nella direzione giusta. Dopo le libere di ieri abbiamo fatto molte modifiche all’assetto basandoci sul mio feedback e su quello che notavo nella telemetria.

Ancora grazie mille Garrett per il tempo che mi hai concesso. Sono convinto che questo tuo approccio al motorsport ti garantirà dei buoni risultati in futuro.

Grazie mille a te e ti ringrazio per quanto mi hai detto ora.


Immagini: BS+COMPETITION

Un ringraziamento ad Alexander Schuster-Weidner di BS+COMPETITION, a Mark Urban (fotografo del team durante il weekend di Vallelunga) ed al team Bremotion per la collaborazione e la disponibilità.

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