NASCAR | Cup Series: trionfo di Byron a Martinsville nel 40° anniversario di Hendrick Motorsports

NASCAR
Tempo di lettura: 20 minuti
di Gabriele Dri @NascarLiveITA
9 Aprile 2024 - 09:30
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Magia di William Byron nell’ultimo giro di soste (sotto green) a Martinsville. Supera Hamlin e i compagni di squadra, gestisce l’overtime e conquista la terza vittoria stagionale


È possibile avere una gara normale (dunque non fra quelle monumento come la Daytona 500) in cui il contorno assume un’importanza ancor più grande di quello che succede in pista. A volte, purtroppo, sì e l’esempio è stato quello di Martinsville in cui la celebrazione per il 40° anniversario dell’Hendrick Motorsports è stato più importante o quasi della vittoria, seppur cruciale per l’andamento del campionato, dello stesso William Byron. La Next Gen fatica ancora sugli short track, anzi sembra addirittura esserci una regressione verso scenari impensabili pochi anni fa.

La gara

Rick Hendrick aveva già deciso tutto nell’inverno: le celebrazioni per il 40° compleanno del suo team si sarebbero tenute in pompa magna a Martinsville, là dove nel 1984 una squadra nata da poche settimane sembrava destinata a chiudere e invece in un ultimo tentativo Geoff Bodine porto la #5 dell’allora All-Star Racing ad una incredibile vittoria, la prima di una quasi infinita serie di successi (nessuna scuderia ha vinto così tanto su una singola pista) ma anche teatro della tragedia del 2004 quando Ricky, il figlio di Rick, Hendrick ed altri collaboratori ed amici morì in un incidente aereo proprio verso Martinsville.

Secondo la tradizione, più nascosta rispetto agli anniversari più tondi, il 40° anno è rappresentato dal rubino e quindi le quattro auto dell’Hendrick Motorsports arrivano a Martinsville tutte in livrea rosso cromato, pronte a lottare per regalare a Rick Hendrick, assente dell’ultim’ora a causa di un intervento al ginocchio forse scaramantico perché anche nel 1984 non volle andare in pista quel giorno, l’ennesimo successo prestigioso.

In una settimana di discussioni, dopo che Hamlin ha dispensato ulteriore benzina sul fuoco sulla contestata ripartenza di Richmond e poi, dopo aver chiesto lui stesso ha chiesto di cambiare discorso, ne getta altra su Marcus Smith, il proprietario di praticamente metà delle piste del calendario NASCAR, accusato di aver riasfaltato Sonoma risparmiando sulle opere dopo che il nuovo strato di usura si stava staccando a poche ore dalla prima gara del GTWC America, passano in seconda o terza fila altri numeri come la storica gara numero 6000 nella storia del Team Penske o la 3300 in Cup Series del Richard Childress Racing che, anziché festeggiare, vede l’ennesimo cambio di crew chief per Austin Dillon con il ritorno al muretto del talismano Justin Alexander che proprio non vuole essere lasciato in tranquillità.

Dopo le prove libere in cui tutto fila liscio tranne il tettuccio di Berry che si apre (miglior tempo a sorpresa di Corey LaJoie che però sul passo gara non ne ha), si va dritti in qualifica. Dal Gruppo A avanzano un ottimo Wallace, Briscoe, Bowman, Truex e Blaney che elimina la coppia Chastain-Cindric per 0.005″; storia simile nel Gruppo B con Larson, Elliott, Hamlin, Berry e Logano a passare e Busch out per 0.004″.

Anche il secondo round si gioca sul filo del rasoio: Bubba sogna, ma all’ultimo giro Kyle Larson conquista la pole position per appena 0.001″; seguono Elliott, Truex, Briscoe, Logano, Berry, Hamlin, Blaney e Bowman. E Wallace, dopo la cocente delusione immediata anche dopo il finale di Richmond proprio con Kyle, scherza perché con la sua tuta rossa si infila nella foto ricordo monocromatica dei piloti Hendrick.

In una rara occasione in cui non ci sono auto da mandare in fondo (gli unici problemi sono stati ai controlli tecnici per Grala ed Haley con espulsione del car chief e perdita della scelta dello stallo in pit lane), la gara di Martinsville può partire in un pomeriggio soleggiato di timida primavera. Una gara che, anniversari statistici e non a parte, non parte sotto i migliori auspici per lo spettacolo.

Larson dall’interno mantiene il comando davanti a Wallace, seguono Elliott, Briscoe e Truex. Kyle mette mezzo secondo di vantaggio sulla #23 e la top15 dopo un paio di minuti è già in fila indiana, il primo sorpasso vero e proprio inquadrato è quello di Cindric su Gilliland nella pancia del gruppo.

E la prima stage si può dire che finisca qui o quasi. Sorpassi pochi, errori ancora meno, azione latitante, degrado delle gomme nella norma a differenza di Bristol, turbolenze incontrollabili. Sembra impossibile, ma questi sono gli short track con la Next Gen. Quasi quasi la curiosità principale nei primi cinque minuti è capire quando la #66 di Starr (in grande difficoltà ad Austin) verrà doppiata per la prima volta. E invece David reagisce alla situazione e il suo giro più veloce è migliore persino di quello di Austin Dillon. Poi si scoprirà che la #3 farà gran parte della corsa senza servosterzo.

Alla fine attorno al giro 15 la #66 crolla e al 18° viene doppiata per la prima volta. Poi diventeranno due, tre, cinque, sette, dieci. Starr alzerà bandiera bianca dopo 311 giri percorsi, anche lui con il servosterzo ko.

Mentre nel gruppo c’è qualche movimento, fra cui il sorpasso di Cindric su Byron per il 14° posto (forse il penultimo subito da William in corsa) e la lotta in casa Spire fra Hocevar e Zane Smith, Starr ha aperto la lista dei doppiati e in breve tempo l’elenco si allunga. Al giro 25 cadono in sequenza Hemric e Josh Williams, la coppia Kaulig in crisi nerissima questo weekend e che (dopo un breve recupero nella fase centrale) chiuderà rispettivamente 28° e 27° (quindi col rookie davanti) staccata di due giri.

Posizioni bloccate, anzi bloccatissime. In scia c’è sottosterzo, qualcuno ha esagerato nella compensazione e, come Logano e Blaney, ha sovrasterzo in accelerazione, ma non abbastanza affinché gli avversari ne approfittino. L’unico in grado di sorpassare sembra un quasi inosservato Byron che alla partenza era nella penalizzante corsia esterna. Ripassato Cindric, superato Keselowski, Chastain messo alle spalle e la top10 sembra più vicina. Intanto il compagno di squadra Larson ha messo fra i doppiati anche Dillon, Haley ed un McDowell in giornata no, ma poi sarà la volta anche di Burton, Grala, LaJoie e Nemechek.

Proprio Kaz è il primo, forse, a concedere una chance di sorpasso: Briscoe vede Elliott davanti a lui approcciare Grala e quindi decide di andare all’esterno, ma lo spazio lì ancora non c’è e Chase rimane dietro a Chase.

Il primo vero scoglio per Larson (che a metà stage, giro 40 di 80 e di 400 totali, ha 1.4″ su Wallace e quasi 4″ sulla coppia Elliott-Briscoe) è LaJoie, Kyle usa il muso, c’è anche il contatto con Corey e così Bubba recupera mezzo secondo, poi alla fine la #5 passa. Durante questa battaglia Byron ha superato anche il compagno di squadra Bowman, un Blaney come detto in difficoltà e anche Busch issandosi al nono posto.

Subito dopo Nemechek, ai -30 Larson avrebbe da doppiare Buescher, tuttavia la #17 (non in quanto tale) diventa il limite per il leader nel recupero del gruppo. Oltre questo punto la differenza di prestazioni fra primo e “ultimo” non è più tale da permettere un sorpasso. E così pian piano il gruppo si ricompatta.

Ci vogliono tanti e tanti bump della #5 per liberarsi di Buescher, tuttavia Chris ne ha e segue Larson nei pochi successivi doppiaggi fra cui quello di Gragson che cade ai -12. Il successivo scoglio è Zane Smith e lì Kyle non passa. Negli ultimi cinque giri c’è il forcing di Bubba che a sorpresa all’ultimo giro riesce addirittura a tentare il sorpasso su Larson in curva1 e 3 senza però riuscire a completare la manovra.

Larson vince una tranquillissima prima stage davanti a Wallace (+0.6″), Elliott (+3.3″), Briscoe (+3.6″), Truex (+6.0″), Logano (+10.6″, dunque mezzo giro), Hamlin (+10.9″ con Denny che ci ha provato col muso su Joey vedendo chi arrivava da dietro), Byron (+11.0″), Berry (+11.4″ dopo essere andato in difficoltà nel finale) e Busch (+11.8″); Blaney 12° dietro a Bowman e davanti a Chastain, 25 a pieni giri con Buescher lucky dog, Haley a -2 e Starr a -3.

Il primo giro di soste vede la prima sorpresa: Logano cambia solo due gomme e balza al comando davanti a Larson, Wallace, Elliott, Hamlin, Truex, Byron, Briscoe, Bowman e Busch; anche Gilliland avrebbe provato la stessa strategia della #22, ma il wrench per regolare l’assetto rimane incastrato e quindi arriva la penalità per Todd. Penalità per speeding per Stenhouse che però era finito già in testacoda, mandato al contrario nello stallo da un contatto con Elliott che, fortuna sua, non subisce danni. Blaney accusa un problema alla posteriore sinistra e deve fermarsi due volte scivolando in fondo.

Si riparte per una seconda stage da 87 giri netti e Logano difende la prima posizione senza nemmeno troppa fatica. Dietro a loro due un Larson scattato male si vede superato anche da Hamlin; Elliott completa la top5, seguono Byron, Briscoe, Bowman, un Truex che ha perso posizioni preziose e Busch.

All’apparenza si torna al copione della prima stage, con stavolta Logano a mettere qualche decimo di tranquillità su Wallace in attesa che arrivi un nuovo giro di doppiaggi. Larson invece, come da possibile previsione, appena si trova nell’aria sporca non è più quello della prima stage. Dietro succede ben poco se si esclude il breve scambio di fiancate fra Blaney e Dillon.

Poi però al giro 110 il primo colpo di scena. Sul momento non si capisce cosa sia successo e si vede solo Bell andare ai box. Pian piano (molto piano con la mancata collaborazione della regia della FOX) si ricavano i passaggi precedenti. Sembra una foratura che ha portato Christopher verso il muro, poi la #20 arriva ai box con la anteriore destra completamente storta e gli enigmi aumentano. Alla fine, con molta fatica, si arriverà alla soluzione: ruota mal fissata alla sosta precedente e la caution che arriva un paio di giri più tardi per detriti e per il dado che si è fermato in pista. Gragson è il lucky dog.

Con una situazione del genere in cui la track position è ancora più importante di avere una vettura che vada bene, fermarsi sarebbe deleterio e infatti lo fa solo qualcuno in coda (Jones, Suárez, Zane Smith, Blaney, Buescher e Stenhouse oltre ai doppiati con Williams e Starr che commettono speeding). Si riparte dunque ai -61 con posizioni invariate (Logano, Wallace, Hamlin, Larson, Elliott, Byron, Briscoe, Bowman, Truex e Busch) e LaJoie che alla green va ai box perché pure lui ha una ruota mal fissata; più avanti ne arriverà una anche per Zane Smith.

E la classifica dopo la ripartenza è immutata, l’unica differenza è il sorpasso di Bowman su Briscoe (con Alex che di slancio quasi passa anche Elliott) e quindi il quartetto Hendrick tutto vestito di rosso rubino è in fila in quarta, quinta, sesta e settima posizione; dietro di loro Chastain entra in top10 ai danni di Busch e Truex (per nulla felice – eufemismo – dell’assetto al punto che quasi quasi vorrebbe scendere e andarsene), quest’ultimo passato anche da Berry.

In top5 invece calma piatta e ai -30 Logano raggiunge la coda del gruppo. Wallace ed Hamlin ne approfittano ovviamente per riprendere quel po’ di margine che la #22 aveva accumulato malgrado la strategia. E qui si entra in clima Phoenix: possono due gomme sinistre durare addirittura 180 giri a Martinsville senza segni di degrado?

La risposta pare addirittura di sì, infatti ai -20 Wallace arriva larghino, Hamlin non approfitta della chance più facile, poi però usa il muso e passa al secondo posto. Logano respira un attimo, però arriva impiccato in curva1 e crea l’occasione che Denny sfrutta inevitabilmente: la strategia della #22 è riuscita per 170 dei 180 giri, poi Logano viene tenuto largo e quindi superato dai primi avversari. E nel successivo break arriva una paradossale smentita: Joey non è andato in crisi per il lato sinistro, bensì per una vibrazione alla posteriore destra.

Hamlin vince dunque la seconda stage davanti a Wallace (+0.2″), Larson (+0.7″), Elliott (+1.3″), Logano (+2.7″ che comunque ha guadagnato un paio di posizioni con la strategia complessiva), Bowman (+2.8″), Briscoe (+3.1″), Byron (+3.3″, unica fase calante della #24), Chastain (+3.5″) e Berry (3.7″); Truex è 11° davanti a Reddick e Busch, Blaney 20°, Hemric (27°) lucky dog con Haley a -2, LaJoie e Bell a -3, Starr a -5.

Al secondo break dopo la stage più lunga finora nessuno osa fra i leader ed Hamlin rimane al comando davanti ad Elliott, Wallace, Larson, Bowman, Briscoe, Logano, Blaney (l’unico a provarci con le due gomme), Byron e Chastain. Speeding per Suárez (e Starr), wave around per Grala, Williams e, in coda, Bell. Sosta lenta per Berry che scivola in fondo alla top20, contatto in pit lane con Gibbs che esce dallo stallo e tocca la fiancata di Busch mentre fra Logano e Byron l’incidente è solo sfiorato.

https://twitter.com/NASCARONFOX/status/1777073198904799458

Alla bandiera verde mancano 207 giri alla fine, dunque oltre metà gara, ma l’inizio di stage sarà simile come dinamica a quella precedente. Però sullo scatto c’è una sorpresa: Elliott parte molto meglio della #11, rimane alla pari con Denny e fra curva3 e 4 completa il sorpasso all’esterno che manda Chase al comando. Al giro di boa i due precedono Wallace, Larson, Bowman, Logano, Briscoe, Byron, Blaney e Reddick.

Poi però una caution e, come spesso succede in questi casi, Bell provoca un’altra bandiera gialla in uno stanco testacoda solitario in curva4 all’interno di Grala; McDowell è il lucky dog (il 5000° nella storia ormai ventennale di questa regola in Cup Series) e salva anche le wave around. Gibbs, di nuovo in una giornata un po’ spenta, rischia di finire nei guai quando si gioca male le energie, timido sotto green nel mezzo fra Jones e Gilliland (che poi bacia il muro), quasi rissoso appena entra la pace car come a cercare qualche vendetta a suon di fiancate.

Qualche sosta (Gibbs, Busch, Keselowski, Truex, Hemric, Suárez, Williams, Grala e Dillon), poi si riparte a posizione di vertice invariate ai -191. Elliott rimane al comando, poi calma piatta fino al sorpasso di Byron su Briscoe per il sesto posto e il grandioso scatto di Gilliland che arriva fino all’ottavo posto prima di tornare leggermente più indietro.

Questi due piloti sono i primi a sfruttare di più la corsia esterna, quella ancora da gommare e quella meno scivolosa, ma nemmeno l’allargamento delle traiettorie offrirà più chance di sorpasso. Byron si ripete poco più tardi su Logano ed entra in top5 per la prima volta dopo essere partito 18°. Poco più dietro anche Reddick avanza ed è decimo davanti a Blaney.

Elliott al comando intanto piazza la prima vera fuga della giornata, dopo lo spunto iniziale di Larson, sfruttando soprattutto l’ingresso in curva. Forse questo però gli fa usare di più le gomme e, dopo aver toccato un margine massimo di circa 2-2.5″ a 170 dalla fine, Hamlin inizia l’inseguimento. Dieci giri più tardi Chase raggiunge la coda del gruppo e Denny, prima con l’involontaria complicità di Bell, poi quella di Williams, completa l’aggancio. Hamlin attacca al giro 253 e, dopo sei giri affiancati, completa il sorpasso con cui torna al comando. Dietro di loro Wallace cerca di approfittarne, ma arriva impiccato e per poco Larson non lo frega.

Hamlin al comando a meno di 150 giri dalla fine. Può Denny davvero diventare il primo pilota a vincere tre gare di fila su uno short track dopo Rusty Wallace addirittura 31 anni fa? Sembra questa la situazione dato che la #11 allunga subito sulla #9. Sembra un’altra fuga, ma non sarà così.

Mentre la top5 appare stabile, chi va in crisi nera è Reddick che, dopo essere entrato in top10 ne esce precipitosamente facendo anche da tappo a chi lo raggiunge.

A 125 giri dalla fine Hamlin ha 1.6″ su Elliott, 2.1″ su Wallace, 2.5″ su Larson, 3.0″ su Byron, 4.3″ su Bowman, 4.5″ su Logano, 4.7″ su Gilliland, 5.0″ su Briscoe (gruppetto compatto ma zero sorpassi) e 6.6″ su Blaney. Chastain è 11° a 10″ dopo aver passato Reddick ma ha anche perso il treno buono dietro a Tyler. Chi ha cambiato gomme non ha recuperato: Suárez sembrava il più in palla, ma ha perso tempo dietro a Gragson ed ora è 16°, ma comunque davanti a Truex (20°), Gibbs (22°) e Busch (24°).

Con il passare dei giri emerge più che altro non che Hamlin sia più veloce di Elliott, ma che sia più efficace nei doppiaggi, infatti Denny comincia a rimettere auto ad un giro di distacco; più dietro ai -115 Briscoe supera Gilliland.

Quanto dura una ipotesi a Martinsville? L’arco di 10 giri e di trovare auto più arcigne da sorpassare. Gli scogli per la #11 diventano prima Haley e poi un Keselowski ancora in giornata no ed Elliott recupera qualche decimo.

La gara scorre via talmente veloce che siamo già a metà stage finale e non c’è nemmeno il tempo di entrare nella mentalità che a freddo arriva il momento decisivo della corsa: un Byron quinto a 2.6″ dalla vetta apre il giro di soste potenzialmente decisivo (e sarà così) a 103 giri dalla fine. Ovviamente William si tira dietro tutti, ai -102 Elliott, Wallace, Larson, Blaney, Reddick e Jones, ai -101 il leader Hamlin con Bowman, ai -100 Logano e Gilliland.

La prima vera sorpresa arriva in questo frangente: Hamlin ha una sosta non eccezionale e così Elliott di rincorsa lo batte in uscita di pit lane diventando leader virtuale mentre una decina di piloti (Briscoe, Cindric, Suárez, Gragson, Truex, Gibbs, Grala, Keselowski, McDowell ed Hemric) tira dritto. Dietro c’è quindi Elliott, però Hamlin a sorpresa va praticamente al tappeto subendo un 1-2-3 dal team Hendrick dato che dopo la #9 viene infilato (con l’aiutino di uno Stenhouse spaesato e che aveva appena spedito largo Nemechek) anche dalla #24 e dalla #5. Come la #24? Già, nell’undercut Byron ha superato Larson ed ora è quindi balzato al virtuale secondo posto avendo appena segnato, unico degli ex leader insieme a Reddick, il miglior giro della propria gara.

La sosta di Briscoe rimette a pieni giri parecchie auto e questo fa tirare un sospiro di sollievo a molti in caso di caution che non arriverà a breve termine. Chi ha pittato intanto rimonta e il trio Hendrick ai -90 è già a 10″ dal nuovo leader Cindric. Ed è proprio in questo momento che un Byron arrivato completamente di slancio, dopo una serie di tentativi infila Elliott e diventa leader virtuale. Un ribaltone completo, una magia di squadra completata in appena 13 giri che a Martinsville non sono nulla.

Proseguono le soste dato che la bandiera gialla (e Berry si prende una deleteria penalità per ruota mal fissata). La rimonta si completa ai -74 quando Byron supera in pista un ostinato Suárez ormai in modalità all in su ogni possibile strategia azzardata dopo la vittoria di Atlanta. Elliott ha provato ad approfittarne di questo e si rifà leggermente sotto, ma a pista libera Byron va via. E così si consolida l’1-2-3 dell’Hendrick Motorsport nella giornata perfetta.

Dai -75 potremmo balzare direttamente ai -10 perché in questa fase succede ben poco. Da raccontare in pratica c’è solo la clamorosa rimonta tardiva di un Blaney che dall’ottavo posto (settimo virtuale dato che Suárez sarà l’ultimo ad arrendersi ai -58 mentre Truex ha pittato ai -70) supera in sequenza Logano, Bowman e Wallace recuperando 3″ ad Hamlin fino a raggiungerlo ai -35. Ryan, tuttavia, esaurisce l’inerzia ed i sogni di qualcosa di più si spengono sulla #11 non riuscendo nemmeno ad attaccarla.

Elliott intanto ha alzato bandiera bianca, pian piano Byron se n’è andato toccando un margine massimo di circa 3″ sulla #9. Solo una #24 che inesorabilmente doppia auto e poi decide di non forzare su Buescher vede ridurre il divario. Quando Chase recupera 1″, allora William torna a dare il massimo, supera la #17 e si trova davanti a Chastain, l’ultimo che potrebbe dare una speranza ad Elliott. E invece ai -8 Ross cade e il 1.7″ fra la #24 e la #9 sarà il divario minimo.

Cinque giri alla fine: Byron ha 2.0″ su Elliott, 2.4″ su Larson, 4.5″ su Hamlin, 5.5″ su Blaney, 8.6″ su Wallace, 9.6″ su Bowman, 9.9″ su Logano, 10.1″ su Briscoe, 10.6″ su Gilliland, 14.9″ su Reddick, 15.7″ su Jones, 19.0″ su Preece 13° e ultimo a pieni giri. Tutto è pronto per una storica vittoria, quando il destino ai -3 sembra voler metterci lo zampino.

Qualcuno ironicamente lo ha chiamato “Fail Melon”, ma non centra Chastain. Il freno anteriore destro della vettura di Nemechek (in quel momento fuori dalla top30 e a due giri) cede verso curva3 e JHN si fa la seconda metà di pista sul muro un po’ come Ross due anni fa, ma ovviamente senza volerlo davvero (qui è più necessità di evitare guai peggiori) e con finale meno di successo.

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Si va dunque all’overtime, una lunga attesa perché la #42 ha perso parecchi fluidi al ritorno in pit lane (con la ruota a lungo in fiamme) e quindi c’è tanto tempo per ragionare su una possibile sosta. Ma mancheranno appena due giri alla fine, fermarsi sembra un suicidio, una pazzia.

E chi in queste situazioni vuole minare tutte le buone parole spese finora nel 2024? Hamlin ed il suo crew chief che decidono di fermarsi ai box lasciando sul tavolo un quarto posto; con lui pittano solo Reddick, Jones e Preece. Nessuno ci casca, tutti tirano dritto. Denny sembra quasi scommettere su un overtime multiplo; avrà quasi ragione, ma in ogni caso la #11 non riuscirà a recuperare quanto concesso agli altri, anzi.

Si va dunque al choose cone e Byron ovviamente sceglie l’interno. Elliott lo affianca mentre Larson segue la #24 lasciando Blaney nella scomodissima posizione in seconda fila all’esterno; la vittoria in casa Hendrick sembra in ghiaccio.

Alla bandiera verde Elliott scatta anche bene e sembra avere una chance su una corsia esterna sempre più veloce, ma Byron usa quel giusto equilibrio di forza e malizia allargando in accelerazione in curva2. Chase decide di non forzare e si riaccoda alla #24, in curva3 decide di non usare il muso e così Byron si invola. Elliott commetterà un piccolo errore di nuovo in curva2 all’ultimo giro e ciò permetterà a Larson di superarlo in vista del traguardo.

Il pilota del destino nella gara del 40° anniversario dell’Hendrick Motorsports sulla pista magica (nel bene e nel male) di Martinsville (29° successo qui per il team) è William Byron che è in uno stato di forma incredibile, anche migliore del 2023. Battuti sul traguardo Larson ed Elliott a completare la prima tripletta di sempre di una squadra su questa pista.

A seguire Wallace, Blaney, Logano, Reddick, Bowman, Preece, Briscoe, Hamlin (11° e che quindi perde pure una posizione dalla ripartenza), Jones, Gilliland e Chastain; doppiati tutti gli altri con un quasi incidente in curva3 al penultimo giro in cui Hocevar va 3-wide e si tocca con Grala e manda in testacoda l’incolpevole Cindric e nel mucchio ci finiscono (anche se tutti ripartono senza bandiera gialla) anche lo stesso Chastain, Keselowski, Stenhouse ed Haley. Il tutto clamorosamente mancato dalla regia americana.

Cosa lascia Martinsville? Una gara non esaltante come nelle aspettative, un copione che sembrava già scritto (non quello riguardante la vittoria di Hendrick, anche se i tifosi più maligni sono sempre convinti che la scuderia di Rick sia protetta e/o aiutata per chissà quale motivo dalla NASCAR) senza sorpassi, senza grosse emozioni, senza un auto adatta a queste piste malgrado gli (affrettati) espedienti dell’inverno. Rimane soprattutto un magico Byron a cui bastano 15 giri (13 più i due dell’overtime) per chiudere ancora davanti a tutti.

I risultati odierni

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La NASCAR non si ferma ed il prossimo weekend ci sarà un’altra tripletta. Appuntamento in Texas a Fort Worth con Truck (venerdì notte), Xfinity (sabato sera) e Cup Series (domenica alle 21:30, diretta su Mola).


Immagine: Media NASCAR

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