NASCAR | Cup Series: Reddick conquista Talladega sfuggendo al big one

NASCAR
Tempo di lettura: 25 minuti
di Gabriele Dri @NascarLiveITA
23 Aprile 2024 - 10:00
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Talladega a corrente alternata fra fuel saving e le consuete emozioni. Duello fra Reddick e McDowell nel finale ma, quando quest’ultimo sembra averla vinta, la #34 sbaglia un blocco e regala la vittoria a Tyler e Michael Jordan


72 lead change, record ritoccato per la Next Gen a Talladega (era 70 registrato lo scorso autunno). Ma non è tutto oro quello che luccica. In molti, piloti inclusi, sono critici della prima fase di gara al risparmio di benzina in cui il gruppo compatto 3-wide è anche andato 6″ più lento al giro rispetto al passaggio più veloce. Una gara di ciclismo che può piacere o no, con fasi di gestione e attacchi, incidenti e momenti di rifornimento fino alla volata finale che, anche in questo caso, non è andata a buon fine con i due blocchi (il secondo completamente sbagliato) da McDowell su Keselowski che hanno privato Brad e la Ford della prima vittoria stagionale consegnandola a Tyler Reddick, al 23XI Racing e a Michael Jordan che ha festeggiato per la prima volta in presenza un successo del team di cui è comproprietario con Denny Hamlin.

La gara

La stagione entra nel suo secondo quarto con un po’ di nuvole che girano attorno. E non sono solo quelle in cielo. Infatti il weekend di Talladega, primo superspeedway dal debutto di Daytona se si esclude l’anomalia di Atlanta, a lungo è a rischio posticipo per la pioggia, poi però il meteo di giorno in giorno migliora e torna l’ottimismo torna.

Venerdì è giornata di controlli tecnici ma anche di ulteriori temporali. Sembra incredibile, ma la discussione del weekend non è il rilancio, dopo oltre un mese di silenzi, nella trattativa del rinnovo sull’accordo dei charter (una sorta di Patto della Concordia in stile NASCAR) in scadenza, con l’intervista di Steve O’Donnell al rispettato SBJ e ad Adam Stern in cui si riferisce di “progressi” e “intesa vicina”, fatti prontamente smentiti da Hamlin e Keselowski in veste di piloti e, soprattutto, team owner.

No, il tema di discussione di tutto il weekend è la sparizione dello scoring pylon, la torre su cui sono mostrati i risultati in diretta. Il problema è che, dopo quello in Texas la scorsa settimana, anche a Talladega nelle settimane precedenti alla corsa il pylon è stato abbattuto perché, secondo la NASCAR proprietaria della pista, “anziana e obsoleta” e in quanto “ci sono anche i maxi schermi a fornire le stesse informazioni”.

E scatta la rivolta generale di moltissimi piloti, capolista sempre Hamlin, che riferiscono invece quanto la torre sia loro utile durante le caution, ma anche per i piloti che confutano soprattutto alla domenica la tesi della NASCAR dimostrando quanto i maxischermi non forniscano le stesse informazioni e quanto per i tifosi consultare invece la app in pista, con wi-fi sovrasaturato e spesso inutilizzabile, è ulteriore fonte di distrazione dalla corsa. In sintesi la NASCAR si è data nei fatti e con la comunicazione la classica inutile zappa sui piedi pensando anche come ad Indianapolis e North Wilkesboro lo scoring pylon sia stato ristrutturato e reso funzionale anche nel 2024.

Sabato, giornata di qualifiche e altre turbolenze. Sembra tutto ok fino a quando si notano movimenti strani. La #5 sta per arrivare in pit lane e poi torna nel garage. Dopo pochi minuti Kyle Larson è già in borghese. Il comunicato arriva dopo poco: i commissari hanno notato a loro dire che i meccanici nello spingere la vettura hanno manipolato i roof rail, i profili che scorrono lungo il tettuccio e che inevitabilmente sono un elemento che condiziona l’aerodinamica.

Nell’immediato a Larson viene impedito di svolgere le qualifiche per modifiche non autorizzate, poi il giorno successivo arrivano le penalità: drive through da scontare al primo giro (come Logano ad Atlanta) ed espulsione del car chief. Kyle ci scherza su postando su Twitter la foto del famigerato pit stop di Morgan Shepherd nella Truck Series a Fort Worth nel 2001, quando scese dalla vettura e si cambiò da solo le quattro gomme, dicendo “questo sarò io oggi”, facendo memoria anche dei due meccanici squalificati per la ruota persa proprio in Texas. Non ci sono ulteriori penalità a differenza di Gragson/Preece a inizio anno in quanto i roof rail non sono stati trovati irregolari, solo manipolati irregolarmente.

La pole intanto, la seconda in carriera, è andata a Michael McDowell che precede Cindric (infortunato poi al naso poco dopo in una partita a golf con Gilliland e Burton), proprio Gilliland, Busch, Dillon, Truex, Logano, Buescher, Elliott e Bell. Da notare anche la doppia defezione per Blaney, sia dai piani alti (21°), sia del crew chief Hassler a casa in pausa paternità.

Si arriva così al momento della gara, in orario clamorosamente dato che la pioggia ha smesso di cadere un’oretta prima della green e le ultimissime gocce scendono sui parabrezza proprio all’accensione dei motori ma non destano preoccupazione. Desta preoccupazione l’eco dell’anatema di Kyle Busch a Daytona il quale aveva esplicitamente odiato la corsa fuel mileage nella 500 miglia. Beh, per Rowdy purtroppo a Talladega la situazione sarà ancora peggiore.

Alla bandiera verde McDowell e Cindric (spinto forte da Busch all’inizio) rimangono appaiati e lo rimarranno per parecchi giri alternandosi al comando sulla linea; sono i primi di tanti lead change. In coda qualcuno accenna già un 3-wide con Chastain, Gragson e Stenhouse, ma è timido. Nel frattempo Kyle Larson ha scontato il drive through ed esce dai box staccato di 27.5″ dalla vetta con un doppiaggio che pare inevitabile.

Il 3-wide però col passare dei giri prende forma, saltano su prima Hemric e poi Wallace che guida il recupero. A dare l’ultima svolta è Truex che prima va a fare la locomotiva e poi al sesto giro ha preso il comando. La fila centrale perde velocità e Cindric perde terreno. Inizia così il primo grande shuffle: Truex e Wallace si spostano al centro davanti alla #2 lasciando così l’inerzia ad Hemric che passa al comando seguito da Chastain, poi i due imitano le Toyota facendo strada a LaJoie.

Dietro alla #7 c’è una sorpresa, non Hamlin come terzo vagone bensì BJ McLeod che sulla sua nera #78 è alla terza presenza stagionale (seconda effettiva dopo la DNQ a Daytona) come auto Open dopo aver venduto durante l’inverno il charter del suo team. Partito 37° e penultimo davanti al solo Larson, BJ si è trovato nella corsia giusta e non si è tirato indietro. Quando LaJoie si sposta come i suoi predecessori, al giro 10 McLeod è al comando di una gara della Cup Series, e non durante un giro di soste come già avvenuto in passato, in maniera competitiva. And the crowd goes wild. Meno un po’ quella davanti alle TV americane perché la FOX ha iniziato la sua prima di tante pubblicità in una produzione televisiva che viene giudicata dai più pessima.

https://twitter.com/VincentJBruins/status/1782130351252328752

Il movimento circolatorio però prosegue e McLeod non ha la forza di arrestarlo e BJ porta con sé anche Hamlin dall’esterno all’interno davanti ad Hemric e Chastain, Daniel però si smarca, si riporta al centro e torna lui al comando. Mentre Larson viene doppiato e si mette in coda al plotone compatto con un Blaney che non vuole rischiare, l’inerzia dell’esterno si ferma con Zane Smith e Suárez.

Dopo 15 giri (sui 60 della prima stage) c’è un po’ rimescolamento in vetta alle corsie. Truex si trova di nuovo all’esterno con McLeod, Hemric è di nuovo basso mentre al centro è avanzato Briscoe seguito da Hamlin. Una nuova spinta alla fila lungo il muro arriva da Haley, Chase la copre ma Justin attacca e scende lungo la linea gialla andando al comando.

Questa fase dinamica ha un po’ distratto dal cronometraggio in cui ci sono 37+1 auto 3-wide in poco meno di 2″, ma appena si guarda alla colonna dei tempi sul giro si nota subito qualcosa. All’apertura della finestra per il pit stop tutti hanno rallentato di 1-1.5″ rispetto al miglior giro, da 50″ basso (anche se qualcuno di slancio aveva fatto 49″ alto) a 51″ alto. E l’umore di Busch, ma non solo, comincia già a peggiorare.

Il rallentamento rimette di nuovo alla pari Truex, Briscoe ed Haley, poi però riprende l’inerzia di una fila sulle altre. Riparte così l’esterno con Truex, ma Haley resiste, poi però dopo una manciata di giri è proprio la #19 ad avanzare. Mentre tutti hanno rallentato di un altro secondo nell’arco di dieci tornate, c’è il giro di boa di metà stage.

Truex ha deciso di scendere al centro ma lì non c’è più Briscoe, sceso su Haley prima ed Hemric poi, quindi Martin al centro ha trovato il compagno di squadra Gibbs per il primo vero tandem della corsa. Nel passaggio di consegne McLeod è tornato brevemente al comando, ma al giro 34 Truex è di nuovo primo. Sembra il definitivo via per un nuovo tipo di gara, invece uno Suárez – all’inizio restio – decide di spingere pure lui e così sostiene il sogno di McLeod.

Il pieno sta per finire, almeno in teoria, e quindi inizia la lotta per prendere la corsia interna, ma in un 3-wide è molto molto complicato. Suárez molla McLeod trovando un varco al centro dietro a Gibbs e davanti ad Hamlin. McLeod non molla, poi però la sua gara praticamente finisce: la pressione della benzina crolla a zero e rallenta di colpo. BJ sacrifica la sua gara appoggiandosi al muro per non innescare il big one e a lui vanno solo gli applausi. McLeod va a i box perdendo praticamente un giro.

Ai -19 si apre il giro di soste, ma ci vanno solo Briscoe ed Haley. Poi nel corso dei giri successivi ci sono altri pit stop, però sempre di piccoli gruppi in controtendenza con gli accordi fra case costruttrici. Da notare in questo momento due fatti, il primo è che Elliott viene sospinto al comando da un Larson che annusa aria di incidente e di lucky dog, il secondo è il fatto che Suárez e Zane Smith si tirano la volata all’ingresso dei box, entrambi commettono speeding ma il pilota della #71 manca anche il proprio stallo e tira dritto. Giro successivo e Zane torna ai box, dovrebbe scontare la penalità e invece effettua la sosta abortita; anche questa è una penalità e fanno due. Smith perderà due giri.

Al giro 43 altro gruppetto ed Hamlin frena su una piccola chiazza di acqua non ancora asciugatasi, finisce in testacoda e tocca leggermente Nemechek, ma riescono a proseguire. Al giro 44 va ai box il gruppo più numeroso, ma non è monocolore, infine al giro 45 il giro di soste si conclude con il leader virtuale (non effettivo perché non è passato sul traguardo) Shane van Gisbergen, al debutto in Cup Series su uno superspeedway. Logano commette pure lui uno speeding mentre c’è la doppia sosta per Briscoe che aveva una gomma troppo usurata mentre quasi tutti hanno fatto solo il pieno.

https://twitter.com/NASCARONFOX/status/1782138242264895862

Alla fine della tornata ad emergere al comando è Chase Elliott. Anzi, al comando della fila c’è Kyle Larson che dunque ha recuperato il giro perso seppur di solo una lunghezza. Di rincorsa però stanno arrivando le Ford e la coppia Cindric-Burton che vuole rompere il gioco di squadra in casa Hendrick.

L’elastico fa le due corsie dura per tutti gli ultimi 12 giri, con Cindric che a giri alterni mette Larson fra i doppiati oppure no. Per Kyle comunque cambierebbe relativamente poco fra essere a pieni giri o lucky dog, ma lo stesso combatte. A scombinare la strategia ci pensano solo Alfredo (a pieni giri) e Suárez che vanno ai box ai -2 anticipando la sosta con Daniel conscio che potrà puntare solo ad una intelligente wave around.

La stage si decide all’ultimo giro: Elliott spinge troppo davanti Larson che prova a difendere le due corsie, ma non ce la fa e viene mangiato dai leader con un brivido perché giusto in quel momento Cody Ware, al rientro dopo una lunga assenza causa problemi – risolti – con la giustizia, è andato ai box. Cindric riesce a vincere la prima stage davanti ad Elliott, staccato di appena 0.004″; in top10 seguono Byron, Blaney, Busch, Burton, Bell, Keselowski, Reddick e Bowman; Larson è il lucky dog costringendo Briscoe, McLeod, Suárez e Zane Smith alla wave around.

https://twitter.com/NASCARONFOX/status/1782141375305101619

Mentre McLeod perde un secondo giro, ancora con la pressione della benzina a zero, si riapre la pit lane e, dopo un giro di soste frammentato fra rabbocchi multipli o solo all’ultimo, si riparte con 36 auto a pieni giri e la coppia McLeod-Smith a -2. A guidarle è Busch che è uscito dai box davanti ad Elliott, Blaney, Cindric e Burton. Gragson invece ha perso posizioni rimanendo bloccato in uscita dallo stallo e dovendo fare manovra, Hamlin e JHN invece sono in coda per le piccole riparazioni necessarie dopo il loro contatto.

Le Ford ripartono bene in blocco ai -54, ma Busch arriva in rimonta al giro successivo e si torna 2-wide. Fra tutti i piloti in griglia, tuttavia, quello che ci si aspetta di meno a lanciare la terza corsia è ovviamente van Gisbergen. E invece è proprio il neozelandese a buttarsi di slancio e andare al comando sostenuto dalle auto che segue al giro 69. Poi ricomincia lo shuffle, SVG e Austin Dillon scendono lasciando spazio ad Alfredo al volante della #62 del Beard Motorsports. Sia van Gisbergen che Alfredo, dunque, hanno passato dei giri al comando sia il giorno prima in Xfinity Series che in Cup Series.

L’americana in stile ciclistico però prosegue e dal fondo della griglia sono arrivati davanti sia Gragson che Nemechek mentre Larson si è piazzato in top10.

E qui il fuel mileage diventa imperante. Con una stage effettivamente leggermente più corta della prima, tutti puntano ad andare lunghissimi col pieno, non per tentare di non fermarsi ma per rendere il pit stop il più breve possibile, un rabbocco di appena un paio di secondi per guadagnare posizioni. Il giro più veloce in questo momento è il 48.553″ di Hemric registrato al giro 49 mentre altri sub-49″ sono arrivati nella volata della prima stage. Nemechek al comando del gruppo 3-wide al giro 75 (dunque -45 al break) viaggia in 53.938″, siamo 3.5″ più lenti del suo GPV e 5.4″ più lenti del GPV della corsa.

E non è finita qui perché nei giri successivi si vedono anche dei 54.3-54.5″ in vetta al gruppo. Si sta girando 6″ (sì, sei secondi) più lenti dello stint precedente. È come assistere ad una corsa ciclistica a 150 km dalla fine con la fuga a distanza controllata. Solo che qui non c’è la fuga, c’è solo il risparmio prima della volata finale. E c’è anche un fantozziano “Vadi lei?” da parte di tutti nei confronti di JHN, lasciato al vento a consumare più benzina di tutti mentre gli altri viaggiano usando appena il 40% dell’acceleratore.

Per oltre dieci giri succede ben poco, solo qualche scambio di corsia alle spalle di Nemechek, un accenno col muso al comando di Alfredo. Al giro 85 l’apice del rallentamento con JHN che stampa un 55.202″ (ad appena 173.472 mi/h di media) che fa ribollire molti nella pancia del gruppo.

Al giro 90 (dunque ai -30) una piccola miccia: Briscoe va ai box perché fuori sequenza. Nello stesso momento la corsia interna di Alfredo si sta svuotando e perdendo velocità, al punto che Dillon lo molla trovando un buco al centro dietro a Larson. Briscoe intanto da solo uscito dai box gira più veloce dei leader di 1″ e quindi i crew chief danno la sveglia, il ritmo si alza e, rispetto al 53.0″ della #14, si passa al 53.4″. L’allarme però lo suona Hamlin che, all’improvviso da un interno lasciato completamente vuoto anche da Alfredo, lancia l’attacco e in nemmeno due giri, tornando a girare in 52.0″, vola al comando seguito da Haley.

Il gruppo si scuote e ricomincia la vera lotta con Buescher che sbuca fuori e si mette a duellare con Hamlin. Pure Nemechek riesce a reagire non venendo preso di sorpresa e così copre la #11 lasciando Gragson al suo fianco. Ricomincia anche lo shuffle dall’esterno con Buescher che lascia strada a Preece, poi di nuovo a SVG e ormai si torna a girare in 50.1″. Van Gisbergen riesce addirittura a far riallungare il gruppo, poi però a farlo saltare sul trioval è sempre Buescher.

Si forma così un quintetto Ford al centro della pista, dietro a Chris ci sono Gilliland, Preece, Logano e Gragson, l’interno è sparito di nuovo, all’esterno però ci sono altre due corsie strette strette con Wallace e Gibbs.

E all’improvviso arrivano le soste ai -18 con quasi tutte le Ford, ma non quelle di Penske e nemmeno Berry ed Haley, poi è la volta delle Chevy (con LaJoie che finisce in testacoda in uscita su un’altra chiazza d’acqua mentre Elliott ha solo sbandato e si rimane sotto green), dunque della coppia Kaulig con van Gisbergen ed Hemric. Tirano avanti cinque Ford e sette Toyota (Jones si è fermato con le Chevy) e queste 12 vetture sono 2-wide e dunque probabilmente si rallentano un po’ troppo con Logano ed Hamlin in vetta, però si stanno tirando a vicenda e si gira in 49.5″, lo stesso tempo di Byron, ostacolato dall’attacco di Buescher, che guida chi ha già pittato.

Nemechek si ferma da solo ai -10, ai -9 lo fanno le altre Toyota (speeding di Bell mentre Hamlin finisce lungo nello stallo e deve mettere la retro) insieme ad Haley. Rimangono dunque davanti solo Logano, Cindric, Blaney e Berry. Mica vorranno sbancare andando in fondo approfittando del fuel saving estremo fatto in precedenza? No, c’è troppa distanza e quindi le Ford si arrendono ai -8 con speeding di Blaney che comunque era uscito staccato leggermente dai compagni di marca.

In questi casi il ricongiungimento dei vari gruppi è sempre un momento critico. Logano e Cindric provano a piazzarsi nel mezzo, Byron tenta a passarli, ma il tandem Buescher-Keselowski (con slalom della #17) aiuta le amiche Ford e quindi la coppia Penske non solo si salva con un altro slalom stavolta però della #2, ma nasce un 2-wide con Joey e Chris a guidare le file mentre in coda Suárez e McDowell tentano un timido 3-wide.

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Siamo al finale con le Ford di Penske che dall’interno avanzano inesorabilmente su quelle di RFK e questo apre varchi per eventuali attacchi. All’ultimo giro ci prova la coppia Larson-Reddick ad uscire dalla loro scia, ma la difesa di Joey è efficace e senza patemi perché Kyle rimbalza in uscita di curva4. Logano vince la seconda stage davanti a Cindric, Larson, Dillon, Chastain, Reddick, Buescher, Elliott, Preece e Gibbs; Zane Smith è il lucky dog e torna a -1. Keselowski ha provato un clamoroso recupero dal fondo, ma chiude appena 23° malgrado un giro finale in 48.520″, nuovo record sul giro per le Next Gen a 197.362 mi/h di media, un passo ben diverso da quello visto pochi minuti prima.

Dopo un altro giro di soste spezzettato (anticipato per Alfredo, prolungato per Berry che per un attimo ha il cofano alzato) da infiniti rabbocchi fino all’orlo, alla ripartenza dei -62 c’è una situazione stranissima dato che sulla corsia esterna si presentano solamente le auto di Logano, Cindric, Dillon, Burton e Ware. Le altre 33 sono tutte all’interno e ci si mette un attimo a capire il motivo. C’è stato infatti un rabbocco di massa al one to go, quindi le auto che sono passate ai box hanno saltato il choose cone e, a norma di regolamento, si sono dovute mettere tutte all’interno.

Da questa fila Chastain prova e riesce a mettere il muso davanti sulla spinta di Busch. Ross copre la Ford di Logano insieme alla #8 lasciando al vento Gragson e Berry che sono facili da confondere per la livrea quasi identica. Chastain vede la coppia SHR rimontare e quindi scende lasciando di nuovo brevemente Joey davanti. Prosegue lo scambio di corsie e di leadership fra i due, poi arriva una caution.

La dinamica è poco chiara, ma succede tutto in coda ad una ricca corsia centrale dove si innesca un tamponamento a catena in cui il bump decisivo è quello di Elliott su Haley che scarta e travolge Bell coinvolgendo in maniera lieve Briscoe, Blaney e Zane Smith che, con un grande controsenso, pur se incluso nella lista degli incidentati (fatto molto discutibile visto che tocca leggermente la #12) riceve il lucky dog che lo riporta a pieni giri. Bell è costretto al ritiro, Haley sembra spacciato ma riesce miracolosamente a proseguire.

Siamo a 54 giri dalla fine e quindi si assiste ad una nuova lunghissima serie di rabbocchi fino all’orlo che crea una nuova classifica con Berry al comando su Gragson, Hemric, Burton, van Gisbergen, LaJoie, Logano, Byron, Larson ed Elliott. Si ripete ancora più estrema la composizione del gruppo alla ripartenza dei -49 con i soli Gragson (Berry è al suo fianco per una piccola parata SHR), Hemric e van Gisbergen all’esterno e 34 vetture lungo la linea gialla.

Stavolta le corsie si riequilibrano molto in fretta e ad approfittarne negli scambi è Hemric che passa al comando; dal fondo Chastain prova il 3-wide con McDowell e Dillon e Ross recupera al punto che Daniel è costretto a coprire. E ricomincia così lo shuffle dalla corsia esterna: Hemric e Chastain si spostano e lasciano avanzare McDowell. E Michael diventa la vittima innocente del nuovo “vadi lei?” della stage finale riuscendo a controllare le tre corsie alle sue spalle guidate rispettivamente da Hemric, Dillon e Suárez.

I tempi si impennano fino al 53.4″, però le corsie non viaggiano parallele, l’esterno ha sempre più inerzia e Daniel scende al centro lasciando Bowman all’esterno e poi Alex fa lo stesso cedendo il posto a Gilliland. La mossa della #48 va storta perché così permette a Todd ripetere quanto fatto dai suoi predecessori e mettere la coppia del Front Row Motorsports a comporre un tandem pericoloso. Si forma così un allungo al centro composto da McDowell, Gilliland, Keselowski, Busch e Ware e a seguire un 3-wide con Hemric, Larson e Gragson. Poi il quintetto si sposta all’esterno a coprire Noah, Chastain e van Gisbergen, protagonista via radio con lo spotter di un siparietto curioso in cui SVG chiede di convertigli le misure dategli in dati a lui più comprensibili (ovvero dei civilissimi metri) rispetto a piedi e pollici.

https://twitter.com/NASCAR/status/1782525317212438787

Si è aperta la finestra per l’ultima sosta e l’aria è quella classica della calma prima della tempesta, infatti la coppia FRM ha allungato leggermente il gruppo e arriva la transizione verso la fila indiana. Ma il capobanda via radio non è la #34, né la #38, bensì Keselowski che dal terzo posto che incita a tirare per “far rimanere a secco tutte le Chevy.”

Brad bada alle Chevrolet dunque, ma le Toyota hanno qualcosa che bolle in pentola. Tutte e sette le vetture rimaste, infatti, si sono sfilate in coda e a 36 giri dalla fine, a sorpresa, decidono di andare in blocco ai box per l’ultimo pieno e ripartire tutte insieme. Sembra una mossa geniale e incute curiosità, soprattutto perché non si perdono vagoncini uscendo dalla pit lane e quindi possono viaggiare compatte in attesa delle soste altrui. Ford e Chevy proseguono anche loro in fila indiana in questo particolare inseguimento a squadre.

La tregua però si rompe in vetta dopo un paio di giri infatti arriva l’attacco di Berry e le altre tre Ford in controllo devono coprire e poi riallargarsi, però Busch rimane interno. Poi però la caution. Ed è clamorosa.

Cosa è successo? Quello che non doveva assolutamente succedere. A forza di tirarsi a vicenda e spingersi, in curva3 ai -32 il trenino Toyota è deragliato. A dare il bump decisivo è Nemechek, troppo spesso protagonista di momenti in cui il cervello si spegne, che travolge Wallace (decisamente contrariato da tutta la situazione) e Jones che finisce violentemente a muro mentre Hamlin viene centrato nella carambola. Delle sette Toyota si salvano praticamente solo Reddick, Truex e Gibbs.

Intanto però non si pensa all’harakiri compiuto, bensì a Jones, dolorante alla schiena in macchina e i team radio portano alla memoria un’altra #43 finita duramente a muro, Almirola nel 2017 in Kansas, ma per fortuna dopo qualche secondo Erik riesce a scendere da solo dalla vettura. Jones passa dal centro medico e poi ne esce andando subito alle interviste, un po’ ammaccato ma in piedi. A fine corsa preferirà comunque tornare al centro medico e da lì andare in ospedale per accertamenti; verrà dimesso poche ore più tardi senza ulteriori annotazioni nel comunicato stampa.

Ai box, dopo il lucky dog di McLeod, vanno Ford e Chevy per la loro sosta. Stavolta non ci sono rabbocchi in extremis perché la track position diventa fondamentale e quindi la nuova classifica vede Reddick al comando su Truex, Gibbs, McDowell, Keselowski, Gragson, Berry, Busch (prima Chevy solo ottava), LaJoie e Chastain con Gilliland e il Team Penske che sembrano aver perso il treno buono. Si riparte dunque a 27 giri dalla fine con 31 auto a pieni giri, McLeod a -1, Nemechek a -3 ed Haley a -4.

Al choose cone Reddick sceglie l’interno con le altre due Toyota, McDowell all’esterno con le altre tre Ford. E inizia così una clamorosa battaglia fra le due corsie che vedrà numerosi passaggi di leadership, ben otto che porteranno il totale a 72 (fra 23 piloti diversi), nuovo record della Next Gen e ampiamente nella top10 all time della storia della NASCAR.

Reddick, McDowell, Reddick, McDowell, Reddick… Non c’è spazio per altro e a giri alterni sembra che l’una o l’altra corsia possa avere la meglio, spesso più la Ford dato che Truex dice via radio che non riesce a spingere al meglio la #45. Timidi 3-wide in coda con Burton, Blaney (Penske non riesce a riunirsi) e poi LaJoie non hanno nemmeno la speranza di recuperare terreno. Ai -16 il momento clou, con McDowell al comando con 0.000″ di margine su Reddick.

In certi momenti McDowell (o Reddick) riescono a conquistare una lunghezza di margine sull’avversario, ma preferiscono la lealtà del compagno di marca rispetto al cambio di corsia per rompere un equilibrio duraturo. Ai -11 le Ford sembrano avere il meglio con addirittura Gragson a livello Reddick, ma le Toyota reagiscono nuovamente.

È una battaglia di nervi che va fino al gran finale. Ai -5 Reddick è davanti di 0.022″, ai -4 di 0.009″, ai -3 (con Elliott che cerca l’ultimo slancio all’esterno mentre Logano e Cindric non osano mollare la corsia esterna saltando sulla #9) di 0.007″, ai -2 (quando ci prova invece SVG) di 0.014″, all’ultimo giro (quando l’esterno è rimbalzato sul blocco di Busch e quello decisamente fuori tempo di Gibbs) di 0.028″.

Reddick sembra dunque aver allungato in progressione di quel tanto che basta per poter controllare, e invece Gibbs saltato fuori ha fatto sballare il trenino Toyota. Keselowski riesce a spingere McDowell sempre più avanti, tanto più avanti. Le due Ford sono sole e a mezzo giro dalla fine sembrano potersi giocare la vittoria e rompere la striscia negativa dell’ovale blu, a secco in tutta la NASCAR nel 2024 e l’ultimo successo distante ormai sei mesi.

Keselowski in curva4 si allarga e McDowell blocca verso il muro, allora Brad vira proprio in stile Coppa America di vela e cambia lato del campo di regata puntando all’interno. È la stessa identica manovra dell’ultimo giro del 2009. Sono passati 15 anni dalla prima vittoria di Brad e tre stagioni ormai dall’ultima, tutti sanno precisamente cosa farà Keselowski, la stessa manovra che subì suo malgrado Carl Edwards, da lì fino al traguardo, Brad rimetterà la vettura dritta parallela alla linea gialla, volante saldo in mano qualsiasi cosa accada attorno a lui.

Il problema per Brad è che McDowell prende la decisione sbagliata e va per il secondo blocco, ma quando arriva sulla #6 lo fa troppo di slancio e nel virare bruscamente di nuovo per non finire sull’apron sbanda e finisce in testacoda. Brad stavolta sì deve rallentare e spostarsi per non tamponarlo ulteriormente. Lo tocca ma viene sfilato allo stesso tempo da Reddick arrivato indisturbato di rincorsa. Loro due passano, pochi altri dietro, poi alle loro spalle il big one che travolge tutto e tutti. La conta di chi si salva sarebbe stucchevole, infatti all’esposizione della bandiera gialla è avvenuta già quella a scacchi.

Reddick vince così sopravvivendo a due incidenti, l’harakiri delle Toyota (forse uscito indenne perché il marchio sul cofano ricorda più un costruttore tedesco che uno giapponese) e quello sul traguardo, precedendo un Keselowski ancora secondo e beffato. Poi deve intervenire la moviola: in top10 ci finiscono Gragson, Stenhouse, Bowman, Alfredo, Byron, Gilliland, Hemric e Burton. Truex 11°, LaJoie 18° dopo aver tagliato la linea sulla fiancata, Logano 19° non notato dal fotofinish attaccato al muro interno 100 metri più a sinistra, Larson 21°, Busch 27° e arrabbiatissimo, van Gisbergen 28°, McDowell 31° e unico degli incidentati che non riesce ad arrivare d’inerzia oltre al traguardo.

Tyler festeggia, ma chi esulta di più sicuramente è un signore di 61 anni alto 1.98 metri che si scatena al muretto prendendo in braccio il figlio di Reddick. Il suo nome è Michael Jordan, il marchio sul cofano è il suo, il team è (anche) il suo. È il comproprietario del 23XI Racing con Hamlin, è un appassionato di NASCAR fin dalla giovane età essendo cresciuto in terra di stock car oltre che di basket, ha assistito negli ultimi anni a diverse gare della sua squadra mancando anche ad altri appuntamenti istituzionali della NBA, tuttavia è la prima volta che il team (al sesto successo complessivo) vince in sua presenza.

E così, per una sera, le discussioni su incidenti e fuel mileage possono andare in soffitta. Di questo si riparlerà a mente fredda, ora conta solo il sorrisone di Michael Jordan (e ovviamente Tyler Reddick).

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Il mese di aprile si chiuderà per la NASCAR a Dover dove sabato sera correrà la Xfinity Series e domenica (h 20:00, diretta su Mola) la Cup Series; in pista anche la ARCA Series che gareggerà venerdì. I Truck torneranno il weekend successivo in Kansas.


Immagine: Media NASCAR

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