NASCAR | Cup Series 2019: analisi di metà stagione

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di Gabriele Dri @NascarLiveITA
18 Giugno 2019 - 11:00
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La Pasqua tardiva ha creato una seconda parte di campionato relativamente breve, soltanto sei gare più la All-Star Race, e cosa è cambiato rispetto alla scorsa analisi? Tutto e nulla. Joe Gibbs e Roger Penske continuano a dominare la stagione e oltre a loro sono entrati in victory lane solo Rick Hendrick e Chip Ganassi, e pure con l’asterisco. Tutti gli altri soffrono questo duopolio che dura ormai da Daytona. Si cercano avversari nelle prossime undici gare che saranno decisive in vista dei playoff.

I piloti al sicuro e il duello in vetta

Sembra strano ma in queste sei gare Kyle Busch ha vinto solo una volta, tuttavia questo gli basta per essere ancora in vetta alla griglia playoff a quota quattro successi. Gli avversari non sono stati a guardare. Keselowski ha vinto a sorpresa – viste le premesse – in Kansas mentre Truex ha fatto l’accoppiata Dover-Charlotte ed entrambi hanno portato a casa dunque tre successi totali affiancando momentaneamente Rowdy, il quale poi però ha reagito allungando di una lunghezza a Pocono. Rimangono poi la vittoria di Chase Elliott a Talladega (e sappiamo quanto contano gli superspeedway in relazione agli altri ovali) ed il secondo successo nel 2019 di Logano in Michigan.

Ma, escluso il discorso playoff point che arriverà fra poco, riguardo la #22 e la #18 è meglio analizzare la classifica generale. I due stanno disputando un campionato stellare e sono in lotta punto a punto.

Il grafico del distacco progressivo fra Logano e Ky.Busch nelle 48 occasioni in cui sono stati distribuiti punti finora, ovvero i Duel di Daytona, le stage e ovviamente le gare.

Joey ha iniziato bene, poi Kyle ha avuto una primavera incredibile grazie alle tre vittorie e infine ci sono stati un maggio ed un inizio di giugno alla pari con cinque cambi al vertice nelle ultime quattro corse. Nelle scorse cinque gare, dalla prima stage di Dover in poi, il distacco fra i due non è mai stato maggiore di 10 punti. Grazie alla vittoria in Michigan ad oggi Logano ha 614 punti in classifica mentre Kyle Busch ne ha 605, appena nove in meno. In ballo ci sono i 15 playoff point (e 10 al secondo) per chi vincerà la regular season. Sarebbe uno swing di 10 punti che potrebbe risultare decisivo man mano che passano i round. Anche l’anno scorso i due iniziarono così, poi Logano dopo il Kansas lasciò fare entrando in mentalità playoff, quest’anno invece tiene ancora il passo, ma alla lunga in teoria Busch dovrebbe prevalere di nuovo. Il loro passo però non è da record: i 614 e 605 punti ottenuti dai due sono infatti inferiori – e di molto – rispetto ai 664 dello stesso Kyle del 2018 o i 640 di Larson e 635 di Truex del 2017 allo stesso punto della stagione, ma potrebbe essere lo stesso sufficiente per valicare la fatidica quota 1000 alla fine della regular season.

Dunque dopo 15 gare di campionato ben nove di queste sono andate al Joe Gibbs Racing (quattro per Kyle Busch, tre per Martin Truex Jr. e due per Denny Hamlin che dopo l’exploit iniziale è un po’ sparito dal palcoscenico), cinque al Team Penske (tre per Brad Keselowski e due per Joey Logano) e una sola per il Team Hendrick con Elliott a Talladega. Ganassi invece ha vinto la All-Star Race con Kyle Larson e si è portato a casa “solo” un milione di dollari e una botta di fiducia che ha permesso al californiano di riprendersi dopo un inizio difficile. Ancora incredibilmente a secco lo Stewart-Haas Racing, che vive uno dei periodi più difficili dall’inizio della sua storia nel 2009.

Guardando già ai playoff, Kyle Busch ha al momento in cassaforte 25 playoff point contro i 19 di Keselowski, i 17 di Truex ed i 16 di Logano. Facendo una proporzione e aggiungendo il bonus, ad oggi Rowdy inizierebbe i playoff a quota 2053, un valore in linea con il 2017 di Truex (stesso dato) e il 2018 di Harvick e dello stesso Busch (2050), ma Kyle può ancora aumentare il bottino dato che davanti a sé ha molte gare a suo favore.

Gli scontenti

Con questo format chiunque non vince è scontento – questo è ovvio – ma quest’anno la lista è bella lunga ed ha dei nomi di rilievo. Il primo è sicuramente Kevin Harvick, alla peggior stagione con il team di Tony Stewart, ma solo all’apparenza. Infatti basta tornare indietro a due anni fa e anche allora come oggi rimase a secco da Daytona al Michigan e poi vinse a Sonoma e gli bastò solo una vittoria in Texas durante i playoff per andare fino a Homestead. Dunque mai sottovalutare Kevin, ma sembra che quest’anno lo Stewart-Haas sia un livello sotto a Penske in casa Ford. Anche Clint Bowyer e Aric Almirola – che l’anno scorso hanno entrambi vinto almeno una gara – non sembrano in grado di replicare il 2018 ed ora inseguono in classifica. Harvick sicuramente non è a rischio (ha quasi tre gare piene di vantaggio sul taglio), mentre Almirola e Bowyer devono limitare i colpi a vuoto come quello di Clint in Michigan.

In casa Chevy si viaggia invece a corrente alternata. Dopo un inizio di stagione traumatico, trainato dal solo Kurt Busch, il team Hendrick ha iniziato ad essere la forza che era in passato. A Charlotte sono tornati a piazzare tutte e quattro le vetture nella top10 dopo anni, ma dietro l’angolo c’è ancora la prestazione negativa in blocco, così come successo in Michigan. E – malgrado la ripresa – il fatto che quando vanno piano, vanno tutte piano uguale è il segnale più brutto a cui devono rimediare. Chase Elliott a causa del 20° posto della gara scorsa è sceso da un incredibile terzo posto in generale al quinto, ma prevedere dove possa vincere è dura, così come per i suoi compagni Alex Bowman (che grazie a tre secondi posti consecutivi è passato dalla 21esima alla decima posizione!), William Byron, sempre ben guidato da Chad Knaus, ed un Jimmie Johnson che in più di una occasione pare abbia fatto da tester in gara per delle soluzioni nuove, d’altronde è lui l’unico veterano rimasto in squadra. Attenzione soprattutto al sette volte campione che viaggia attorno alla linea pericolosa dopo essersi qualificato ai playoff in tutte le edizioni dalla loro creazione nel 2004 fino ad oggi. La sua sarebbe un’esclusione eccellente ed anche incredibile.

I punti di domanda non mancano neppure in casa Ganassi, dove – come detto – Kurt Busch ha guidato il team, malgrado fosse al debutto, nelle prime gare ma poi ha avuto un momento di flessione. Kyle Larson, forse il pilota che ha lo stile di guida che si adatta di meno al nuovo pacchetto aero, ha faticato all’inizio ed ha ingranato solo da maggio in poi. Ora il team è stabilmente nelle prime posizioni con entrambi i piloti, ma Larson ha ancora un po’ l’acqua alla gola per troppi zeri (anche a causa della sfortuna) di inizio stagione. Purtroppo Kyle non è un pilota che si accontenta e dà sempre il massimo e – forse – in una situazione di classifica ancora da consolidare sarebbe meglio agire diversamente.

Vincere la All-Star Race e portare a casa un milione di dollari fa sempre bene, ma purtroppo per Kyle Larson questa vittoria non conta per il campionato e quindi la qualificazione ai playoff è ancora tutta da conquistare

Altri giovani piloti sono ancora in lotta. Ryan Blaney dopo i tre zeri iniziali ha pagato la botta psicologica delle vittorie immediate dei suoi due compagni di squadra al Team Penske, poi ha iniziato a carburare, ma al momento di piazzare la stoccata decisiva è mancato all’appello. Ha ancora delle lacune da colmare (Richmond è una pista che non digerisce e per sua sfortuna ci si corre due volte) e quindi ha bisogno di una vittoria per sbloccarsi definitivamente. Dalla sua ha anche il fatto di non essere sulla graticola, né di essere mai stato in discussione dal team e quindi ha la mente sgombra da tanti pensieri.

Chi invece deve pensare anche al futuro – ma è un discorso da affrontare separatamente fra poco – sono Daniel Suarez ed Erik Jones. Il messicano dello Stewart-Haas è ancora troppo incostante e alterna ottime prestazioni a gare opache, ma almeno arriva sempre al traguardo, problema che invece riguarda Erik Jones, finito ko in pratica già in cinque occasioni. Di ritiri ufficiali ce n’è stato solo uno ma è stato pesantissimo a Charlotte quando di punti in palio ce n’erano 70 (10 in più del solito) ed Erik ne ha portati a casa uno solo, dato che a causa di una foratura probabilmente si è guardato almeno due stage dal divano di casa. Dopo l’ennesimo guaio in Michigan è escluso di nuovo dai virtualmente qualificati ed ora è necessaria una consistente serie di risultati positivi per tornare nelle posizioni che gli competono.

Ora però è necessario prendere la calcolatrice in mano e applicare un semplice principio matematico. I team di primo livello sono Gibbs (4 vetture), Penske (3), Hendrick (4), Stewart-Haas (4) e Ganassi (2). La somma fa 17. I posti ai playoff sono 16 e applicando il principio della piccionaia (sì, è un termine matematico) uno dei big resterà sicuramente escluso dai playoff. O – per dirla meglio – almeno uno.

Obbligati a vincere per sbancare

Tutti gli altri piloti sono praticamente obbligati a vincere per potersi qualificare ai playoff. E facendo ciò eliminerebbero un big in più, un fatto che movimenterebbe ancora di più la fine della regular season. Qualcuno come Austin Dillon ha provato a rimanerci attaccato con le unghie, ma le ultime tre gare (25 punti totali) hanno rappresentato il colpo di grazia. E pure Ryan Newman che è lì a soli tre punti dalla qualificazione vive della sua tradizionale costanza di rendimento ma – soprattutto – dei guai altrui che arrivano a rotazione. E le gare in cui il colpo a sorpresa può arrivare si sa quali sono. Prima del prossimo break ci sono Sonoma, Daytona e il Glen. Darlington e Indy lo sono ugualmente, ma lì lo scenario sarà completamente diverso e prima di quelle due gare che chiuderanno la regular season sarà necessario un altro approfondimento.

La lista completa delle top5 non ottenute dai 17 big citati in precedenza: 4 eventi su 75 possibilità

Come si può vedere sono stati ben pochi gli exploit degli “altri” piloti e tre di questi sono arrivati sugli superspeedway. L’unico che ha ottenuto un buon risultato è stato Stenhouse alla CocaCola600; Ricky e Austin hanno dimostrato di adattarsi bene al nuovo pacchetto aero, però solo in qualifica e a inizio gara, poi col passare delle miglia pian piano sono tornati nelle posizioni che avevano anche l’anno scorso. A questi due piloti mancano le vittorie che avevano permesso loro di qualificarsi ai playoff e in assenza di un colpo a sorpresa per la #3 e la #17 sarà quasi impossibile replicare i successi del passato.

Diverso il discorso di Paul Menard, che non si fa notare con la #21 del Wood Brothers ma c’è sempre, e quello di Chris Buescher, il quale ha già portato a casa tre top10 (e potevano essere anche un paio di più) grazie ad un’ottima condotta di gara e alla sua #37 del JTG Daugherty. Per tutti gli altri si va in caccia del classico miracolo nelle gare citate in precedenza, infatti anche durante le gare hanno raccolto le briciole. Delle 31 stage finora disputate soltanto Ty (due) e Austin Dillon (una) hanno raccolto dei successi parziali al di fuori del gruppo dei 17 big. Per questi piloti l’unica clausola ulteriore – oltre a vincere – sarebbe quella di essere nella top30 in classifica generale, ma essendoci solo 31 piloti a tempo pieno ed essendo il 31° Matt Tifft (due top20 finora e sono esattamente due 20esimi posti), spuntare questa casella sarà decisamente più facile. A meno di essere lo stesso Matt Tifft.

Mercato

A complicare la situazione c’è ovviamente anche il mercato in vista del prossimo anno. I nomi e le situazioni sono – come al SuperEnalotto – 5+1. I contratti che scadono a fine anno, almeno per i team più grandi, sono quelli di Clint Bowyer, Aric Almirola e Daniel Suarez dello Stewart-Haas, Kurt Busch del Team Ganassi ed Erik Jones al JGR. Di questioni veramente spinose ce ne sono poche, infatti Suarez ha un contratto per il 2019 con opzione per il 2020 e le trattative sono sicuramente già iniziate e Daniel finora si è comportato bene, a sufficienza per la riconferma. A penalizzare Bowyer e Almirola è sicuramente l’anagrafe (40 e 35 anni rispettivamente), ma entrambi i piloti hanno degli ottimi rapporti con gli sponsor e questi lo hanno con il team, né i due interessati hanno espresso l’intenzione di ritirarsi. Dunque cosa impedisce la riconferma immediata dei tre piloti in casa SHR? Il primo motivo è Cole Custer, che dopo tre anni in Xfinity Series ora pare maturo per il grande salto ma il problema è trovargli il posto e il secondo è quel “+1” citato all’inizio.

Lo ammetto, questa è una pura speculazione da fantamercato, ma la questione Larson diventa sempre più grande. Il salto di qualità definitivo con Ganassi sembrava essere arrivato e ora invece manca la conferma. E se quindi la strada giusta fosse un cambio d’aria? Che sia un pezzo ambitissimo del mercato è ovvio, ma se finora la destinazione più ovvia sembrava il Team Hendrick, magari come erede di Johnson al suo ritiro, ora il matrimonio più naturale sembra quello con Tony Stewart, l’unico forse in grado di capire il suo amore per le gare con le sprint car anche durante la settimana nel mezzo della stagione. E quindi perché no? Certo se Kyle dovesse aspettare il ritiro di Harvick (che ha un contratto fino al 2021) così come attende quello di Johnson ne passeranno di anni… Infine, sinceramente però vedo più Custer, che oltre ad essere un ottimo pilota è bene ricordare che è figlio di Joe, presidente di Stewart-Haas e CEO di Haas F1, impiegato – così come lo fu l’anno scorso per qualche gara – full time sulla #51 del Rick Ware Racing in versione “quinta vettura SHR non ufficiale” dato che i team non possono iscrivere (neanche part time) più di quattro auto per regolamento.

Cole Custer e Christopher Bell, due dei nomi più chiacchierati del mercato 2019/20. Per Tyler Reddick, il terzo dei big3 della Xfinity Series, Richard Childress sta cercando gli sponsor per ricreare la terza vettura full time del RCR

Anche la situazione relativa a Kurt Busch è tranquilla. Il pilota di Las Vegas ha firmato volontariamente un contratto annuale per il 2019 con Ganassi, lasciandosi così terreno libero per il 2020. E visto che finora la stagione è andata bene, Kurt ha parlato del desiderio di restare ancora, ma una decina di giorni fa ha lasciato intendere anche cosa vorrebbe fare in futuro e Chip è la chiave di tutto. Busch era spettatore nello scorso weekend della 24 ore di Le Mans e ha espresso la volontà di disputarla in futuro (anche grazie al Team Ganassi) dato che il buco in calendario nella Cup Series ci sarà anche nel 2020. Ma il discorso di Kurt sembrava anche preannunciare un percorso lontano dalla Nascar, magari a partire dal 2021, d’altronde il pilota della #1 compirà 41 anni ad agosto.

L’ultimo pilota che freme è Erik Jones e il problema per lui è ancora più grande e si chiama Christopher Bell. Il pilota del JGR in Xfinity Series poteva fare il grande salto già quest’anno, ma la questione Truex è stata decisiva e il problema si ripropone anche quest’anno. Jones sta rendendo meno dell’anno scorso, non per colpa sua bensì per diversi ritiri. Qualcuno ha insinuato – sbagliando – dei dubbi sulla sua riconferma ed Erik ha smentito dicendo che i colloqui per il rinnovo del contratto sono già a buon punto. E quindi dove va Bell? A rompere le uova nel paniere ci ha pensato pure Hamlin il quale – dopo il 2018 a secco di vittorie – si è riscattato subito con la conquista della Daytona500. Tutto è nelle mani e nei dollari di Joe Gibbs e della Toyota. Arriverà la tanto nominata seconda vettura del Leavine Family Racing, la #59 per Bell da affiancare alla #95 di DiBenedetto, un po’ come il costruttore giapponese aiutò nel 2017 il Furniture Row nell’aggiungere alla #78 di Truex la #77 proprio per Jones?

L’estate è ancora lunga e sarà di fuoco non solo per quello che accadrà in pista.

Le prossime gare

Mancano 11 gare all’inizio dei playoff, di queste solo due sono su ovali da 1.5 miglia. Ci sono poi il rinnovato Sonoma, da quest’anno di nuovo sul circuito completo dopo 20 anni su quello corto, e il Glen in cui ogni anno si spera che arrivi la pioggia per una gara da fuochi d’artificio. E poi Daytona e la sua lista di 40 favoriti – ovvero tutti – Bristol, il New Hampshire che si corre come uno short track, le storiche Darlington e Indy, l’anomala Pocono e la seconda tappa in Michigan. Ce n’è come sempre per tutti i gusti, anche se Kyle Busch ne ha parecchie a suo favore per incrementare il vantaggio in vetta alla griglia playoff.

E qual è la cosa più bella? Che, oltre a seguirle con me in diretta sul live blog di P300, potrete anche guardare le gare su DAZN dato che hanno comprato i diritti per il 2019, anche se solo a stagione iniziata. Malgrado il pacchetto aero che fa discutere, ci sarà sicuramente da divertirsi.

Immagini: GettyImages per mrn.com; Getty18Images per fantasycpr.com

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