Connor Zilisch in forma straordinaria contro il format dei playoff e 11 avversari desiderosi di impedire un clamoroso “one and done” per il giovane più promettente del motorsport
Tutti contro uno ed uno contro tutti. Un po’ come nella NASCAR Truck Series, un dominatore si è portato a casa la regular season ed ora tocca agli altri 11 qualificarsi cercare un modo di frenarlo. Connor Zilisch ha stupito tutti, soprattutto in una estate da record con numerose vittorie in sequenza (quante dipende da come la pensiate sul regolamento sportivo) e una striscia aperta straordinaria di top5. Il principale avversario sembra il compagno di squadra Justin Allgaier, ma mai sottovalutare Martinsville e Phoenix per ribaltare ogni pronostico.
I 12 piloti
Come sempre in apertura di analisi dei playoff della Xfinity Series è d’obbligo ricordare quale era il numero della stagione in corso, ovvero quante vetture dei top team si erano presentate a Daytona in confronto ai 12 posti previsti per i playoff. Il numero magico del 2025 era 14. Dunque, sulla carta, a dover rimanere fuori dovevano essere due piloti di punta. E invece a rimanere “a casa” sono rimasti in quattro a fronte della vittoria di Nick Sanchez e dell’ottima stagione di Harrison Burton.
Storico, ma non inaspettato, il tonfo di Kaulig Racing che ha fatto 0/3 mancando la qualificazione con i debuttanti Christian Eckes e Daniel Dye e che ha visto svanire (qualora ci sia mai stato) l’hype nato per Josh Williams in seguito ai fatti (una squalifica per protesta nei confronti dei commissari!) di Atlanta e culminata con una separazione consensuale nel corso dell’estate. Fuori dai playoff anche William Sawalich, il rookie di Joe Gibbs Racing che ha pagato un disastroso inizio di stagione (28° in classifica generale dopo Talladega) e il cui recupero si è fermato al 17° posto e a due secondi posti a Portland e Gateway. E, in tutto questo, il primo escluso è stato nessuno di questi, bensì Jeb Burton (clamorosa battaglia col cugino Harrison) per 45 punti.
Clamorosa anche la lotta per la vittoria della regular season, con Justin Allgaier in testa alla generale da Las Vegas in primavera fino a Indianapolis, poi però ha dovuto cedere il passo alla storica rimonta di Connor Zilisch che a fine maggio era staccato di addirittura 188 punti. Poi, l’infortunio del giovane pilota al Glen e il mezzo passo indietro di Daytona (che ha comunque fruttato 40 punti grazie a Kligerman) hanno riaperto i giochi, ma fra Portland e Gateway Zilisch ha ottenuto altri due successi e si è portato a casa ulteriori 15 playoff point grazie al +53 su Allgaier.
Già, sui playoff point c’è molto da discutere perché la tabella ha parecchi asterischi. Primo fra tutti, quello riguardante Connor Zilisch che secondo gli almanacchi ha nove vittorie, ma per questo conteggio solo otto in quanto a Daytona, in seguito alla clavicola fratturata in victory lane al Watkins Glen, ha iniziato la corsa poi scendendo dalla vettura cedendo il volante a Parker Kligerman. Il regolamento, ancora molto old style su questo tema, è chiaro: chi inizia la gara si porta a casa ogni risultato conseguente dalla bandiera a scacchi, ma (appendice recente) nessun benefit in materia di playoff point o playoff in generale. Dunque, col capolavoro di Kligerman all’overtime, Zilisch ha portato sì a casa i 40 punti e la vittoria da almanacco, ma non i cinque playoff point conseguenti.
Discorso simile per quanto riguarda quanto successo a Città del Messico: in quella gara, infatti, la #9 di Daniel Suárez, a causa di un incidente in qualifica, era l’unica DNQ per la corsa, tuttavia la norma per la trasferta messicana prevedeva l’uso di due provisional per non rimandare a casa qualcuno in anticipo dopo il lungo viaggio, a patto però di non ricevere punti o benefici lungo la corsa. Ovviamente Suárez ha vinto la corsa, perché il destino va così, e dunque la sua auto non ha ricevuto playoff point (non li avrebbe ricevuti comunque in quanto Daniel è un pilota Cup Series), ma tutti i punteggi sono scalati e Taylor Gray si è portato a casa dal traguardo messicano 40 punti anziché i 35 del secondo posto, ma zero playoff point.
Ultimo caso straordinario, quello di Austin Hill. La gara di squalifica in seguito all’incidente, ritenuto intenzionale, con Almirola ad Indianapolis gli è costato una gara di squalifica. Dunque, avendo saltato una corsa non per motivi di salute (come successo da Zilisch in Texas in seguito all’infortunio di Talladega), è scattata la cosiddetta “Larson rule”, ovvero la privazione di ogni punto addizionale conquistato prima e dopo la squalifica fino al momento del taglio. Hill, dunque, in un attimo di impeto ha lasciato sul tavolo addirittura 27 playoff point (15 per le tre vittorie, sei per le stage vinte, altrettanti per il bonus della classifica generale), mentre da ora in poi potrà accumularne nuovamente, anche se potrà sfruttare solo eventuali bonus conquistati nelle tre gare del Round of 12.

Di seguito verranno presentati uno per uno i piloti qualificati in ordine di classifica dopo il reset del punteggio. Le monografie sono a cura di Gabriele Dri e Francesco Gritti.
Connor Zilisch (2064)
Cosa non ha fatto Connor Zilisch nella prima parte della stagione? Un rookie così non si è davvero mai visto nella storia della NASCAR. Il diciannovenne di Charlotte, North Carolina, alla prima stagione completa nelle massime serie della stock car, ha saputo massimizzare il proprio risultato praticamente in ogni occasione, portando moltissime volte la Chevrolet #88 di JR Motorsports.
Basti pensare che Connor ha conquistato il titolo della regular season (saltando Texas) con 9 vittorie (COTA, Pocono, Sonoma, Dover, Indianapolis, Watkins Glen, Daytona, Portland e Gateway, queste ultime 4 consecutive), 15 top 5 (di cui le ultime 14 consecutive) e 17 top 10. Un dominio del genere non si è mai visto, e forse è per questo che il giovanissimo, che ha già confermato il salto in Cup Series con Trackhouse Racing, avrà il compito di continuare a splendere nelle ultime 7 gare dell’anno.

Justin Allgaier (2035)
La stagione di Allgaier era iniziata col piede giusto, da favorito (quasi unico) per il titolo e rispettando le premesse con la doppia vittoria a Las Vegas e Miami. Poi però è arrivato come un uragano il compagno di squadra Zilisch e lo stesso Allgaier ne è rimasto travolto. Di vere e proprie controprestazioni non ce ne sono state e la #7 ha sempre recuperato quanto perso soprattutto in qualifica. Tuttavia, dopo il cappotto di Nashville Justin era a +188 su Connor in classifica generale; settimana dopo settimana la #88 ha recuperato il ritardo e, grazie a 14 top5 consecutive, ha vinto la regular season con 53 lunghezze di vantaggio. Dunque, sono 241 punti di differenza in appena 12 gare.
Cosa può fare ora Allgaier? Sfruttare al massimo l’esperienza del titolo conquistato l’anno scorso e di tutte le stagioni precedenti. Per Zilisch questo è l’anno da rookie e non ha mai affrontato i playoff. La #88 può gestire il primo turno, ma bisognerà essere incisivi nel Round of 8 e poi a Phoenix dove, malgrado tutto, Allgaier potrebbe essere ancora il favorito per fare il bis.

Sam Mayer (2016)
Sulla stagione del nuovo (in parte) Haas Factory Team c’erano parecchi dubbi, ma alla fine tutto è cambiato per poco o nulla: Sheldon Creed non ha vinto, Sam Mayer si è portato a casa il trofeo in Iowa, entrambe le auto ai playoff. Una stagione gattopardesca (“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”) in sintesi. Sì, Mayer ha confermato ancora di essere un buon talento che merita sia la categoria, sia una buona auto, tuttavia manca ancora la costanza nel lottare ogni settimana per la vittoria.
Tante le top5 di inizio stagione però non concretizzate. Tante anche le prestazioni convincenti su ogni tipo di pista (Sam è sempre uno dei più sottovalutati sugli stradali), ma poi la vittoria ha faticato ad arrivare una volta che i playoff erano stati comunque messi al sicuro. Negli ultimi due mesi l’unico nome in victory lane che non sia quello di Connor Zilisch è il suo grazie ad un nuovo successo in Iowa, anche se pure qui la #88 era in zona primo posto. Ora a Sam serve usare la sua aggressività nei momenti giusti (alcune volte si lascia un po’ andare) per puntare a Phoenix. Martinsville potrebbe essere il suo trampolino di lancio verso la Championship 4.

Jesse Love (2013)
Jesse Love, nato 20 anni fa a Menlo Park, California, è stato autore di una stagione corposa, con pochi picchi, ma comunque di pregevole fattura. Il pilota della Chevrolet #2 di Richard Childress Racing, difatti, è cresciuto soprattutto per quanto riguarda la costanza, caratteristica importante in Xfinity Series. Le statistiche parlano chiaro: nonostante abbia ottenuto solo una vittoria (a Daytona), il giovanissimo ha terminato ben 8 gare in top 5 e 18 in top 10, risultati che non si ottengono solo volendoli.
Jesse Love è una mina vagante, uno di quei piloti che può “colorare fuori dalle righe” in ogni momento. Nonostante ciò, l’obiettivo del californiano è continuare a crescere, cosa che potrebbe essergli utile in vista di un possibile salto di categoria. Insomma, un paio di vittorie ai playoff gli sarebbero decisamente comode, anche se sono poche le chance che possa conquistare il titolo. Va detto, però, che siamo in NASCAR, quindi mai dire mai.

Brandon Jones (2013)
Che dire di Brandon Jones? Alla decima stagione a tempo pieno in Xfinity Series, e tutte su vetture di primo o primissimo livello, ha conquistato a Darlington (una delle sue piste preferite) la sesta vittoria in carriera con annessa qualificazione ai playoff che aveva mancato nelle ultime due stagioni con JR Motorsports (entrambi gli anni 14°, quindi nemmeno “primo degli altri”)
Pur di sfruttare il munifico sponsor e avere un’altra auto di un top team si è dovuto persino rimangiare le parole di fine 2022 quando se ne andò da JGR per i fatti di Martinsville con Ty Gibbs. Tornato alla corte di “The Coach”, Brandon ha avuto un ottimo inizio di stagione per i suoi standard che, purtroppo, sono tornati subito dopo il successo primaverile a Darlington. Da allora due top5 e cinque top10 in 17 gare. Decisamente poco anche se sono arrivate tre vittorie di stage per aumentare il bottino. La sua fortuna è che fra i 12 ci sono auto potenzialmente battibili ogni settimana per passare il primo turno e giocarsi, come nel 2022, tutto di nuovo fra Talladega e Martinsville.

Sammy Smith (2009)
Anno nuovo, solito Sammy Smith. Si fatica ancora a capire quanto talentuoso sia il pilota di JR Motorsports riconfermato da pochi giorni anche per il 2026. Tante buone prestazioni, ancora parecchie gare di vuoto, alcuni weekend sfortunati, mancanza di costanza ad alto livello. Ha vinto sì una gara a Rockingham (grazie alla squalifica di Jesse Love) e pure di prestigio, ma bisogna notare che in quella gara finirono fuori dalla top10 per vari motivi Zilisch, Allgaier, Mayer, Jones, Sanchez, Kvapil e Creed. Quindi, qualora Sammy non avesse battuto H.Burton, Gray ed Hill sarebbe una stagione ancora più deludente.
Si fatica a trovare una traccia nella sua stagione, l’estate sembrava averlo riportato ai piani alti, poi invece ancora alti e bassi come le due top5 fra Glen e Daytona, ma anche l’incidente ad una delle ripartenze finali a Portland e i problemi ai freni a Gateway che hanno esposto un po’ del nervosismo che Sammy sta forse vivendo. Obiettivo minimo Round of 8, nella speranza forse che in casa JR Motorsports nel 2026 non venga oscurato da Kvapil come successo quest’anno con Zilisch.

Nick Sanchez (2006)
Nick Sanchez sa il fatto suo. La prima stagione in Xfinity Series del classe 2001 di Miami, Florida, è stata finora all’insegna dell’apprendimento. Certo, l’incostanza non ha aiutato il rookie alla guida della Chevrolet #48 di Big Machine Racing a fare punti, però va detto che, oltre alla vittoria ad Atlanta, ha conquistato risultati importanti, tra cui figurano 6 top 5 e 9 top 10.
La squadra è cresciuta molto, permettendo al suo nuovo pilota di conquistare al primo tentativo l’accesso ai playoff. Le possibilità di avanzare al Round of 8 (e di conseguenza al Championship 4) restano, però, molto basse. Nick dovrà impegnarsi molto nelle prossime tre gare se vorrà puntare a diventare una vera e propria minaccia per i suoi avversari diretti.

Carson Kvapil (2005)
La regular season di Kvapil, guardando i freddi numeri, mente parecchio. Soprattutto a inizio anno il rookie di JR Motorsports, infatti, ha perso moltissimi punti nei finali di gara, per sfortuna o problemi meccanici, quando veleggiava già ai piani alti. Quello probabilmente è stato il miglior Kvapil della stagione, poi nella fase centrale di stagione ha pagato – lì sì – qualche controprestazione che lo hanno allontanato dalla top5 (appena due dalla primavera, ben più numerose le top10).
Ora Carson dovrà affrontare i playoff con lo svantaggio di una situazione di classifica poco favorevole, tuttavia qualora dovesse tornare quello di inizio anno, allora potrebbe essere la vera sorpresa di questo finale di stagione. Phoenix appare ancora lontana, ma per un debuttante come lui questa prima qualificazione sarà sicuramente un’esperienza importante in vista delle prossime stagioni.

Taylor Gray (2005)
Taylor Gray è una piacevole sorpresa in questi playoff. Nonostante corra su una delle auto più forti della griglia, la Toyota #54 di Joe Gibbs Racing, il classe 2005 originario di Artesia, New Mexico, non sembra aver ancora trovato il proprio posto all’interno di una Xfinity Series estremamente combattuta. A riprova di ciò ci pensano i risultati, buoni ma non eccellenti, che consistono in 6 top 5 e 11 top 10.
Taylor è un pilota dal talento smisurato, su questo non ci piove, però è necessario ribadire quanto, allo stato attuale, il giovane protetto di TRD stia ancora trovando la quadra in un campionato difficile come la Xfinity Series Per Gray è prematuro pensare al titolo: deve solo pensare a divertirsi e a sfruttare l’esperienza per crescere. Per il resto, il tempo farà il suo corso: non serve accelerare dei processi inevitabili.

Sheldon Creed (2003)
Sheldon Creed, l’eterno secondo, arriva ai playoff di Xfinity Series per la terza volta consecutiva. Il passaggio da Joe Gibbs Racing ad Haas Factory Racing non spaventa il classe 1997 di Alpine, California, in grado, nonostante si trovi su una nuova macchina, di terminare per 5 volte in top 5 e per 12 in top 10.
A questo punto vale la pena chiedersi se arriverà prima la vittoria o il titolo per Creed, che, nonostante sia al quarto anno nella classe intermedia, non è mai riuscito a portare la sua vettura in victory lane. Anche se, a detta sua, una vittoria è necessaria per passare al Championship 4, Sheldon ha tutte le carte in tavola per guadagnare con nonchalance l’accesso alle ultimissime fasi di campionato. Un trionfo rappresenterebbe il miglior canto del cigno possibile per la collaborazione tra Ford e Haas, che finirà a fine stagione.

Harrison Burton (2002)
Tre anni di Cup Series hanno fatto molto bene a Harrison Burton, che, al ritorno in Xfinity Series, ha permesso a un piccolo team di vivere un sogno enorme. Il classe 2000 di Huntersville, North Carolina ha piazzato la Ford #25 di AM Racing ai playoff grazie alla sua costanza, che gli ha permesso di eliminare il cugino Jeb dai playoff.
I piazzamenti di Burton non sono i migliori mai visti: solo 2 top 5 e 9 top 10 sono piazzamenti quasi irrisori per un pilota in grado di vincere una gara in Cup Series. Va anche detto, però, che Harrison ha saputo piazzarsi nei primi 12 su una vettura gestita da un team piccolo, anzi microscopico, elemento da non sottovalutare. L’impresa gli è già riuscita, ma un passaggio improvviso al Round of 8 potrebbe rendere ancora più epica questa storia.

Austin Hill (2000)
“È proprio vero che non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere e peggior sordo di chi non vuol sentire”. E con questa citazione biblica, caro Austin, forse sarebbe stato meglio essere onesti fino in fondo e dire i fatti come stavano, che ad Indianapolis avevi perso la testa mandando a muro Almirola e che accettavi la squalifica di una gara chiedendo scusa a tutti. Invece no, ancora oggi ti professi innocente, a Watkins Glen – appena tornato in pista – hai provocato (non intenzionalmente) un big one e ti sei attirato ancora più antipatie.
D’altronde, in un team come Richard Childress Racing questo sembra essere il leitmotiv e un certo atteggiamento un po’ spocchioso (e non supportato dai risultati) fin dai vertici ha provocato un declino della squadra anche in Xfinity Series. Il calo visto già l’anno scorso si è confermato se non aggravato. Dopo un inizio di stagione a sfruttare ogni chance, incluse le canoniche vittorie sugli superspeedway, sono arrivati risultati sporadici uniti a profonde crisi di prestazioni.
Il fattaccio di Indianapolis non gli è costato la qualificazione ai playoff come da – discusso – regolamento, tuttavia è stato proprio Austin la prima vittima della “Larson rule” introdotta dopo quanto successo col Double Duty 2024: una gara saltata per motivi che non fossero di salute o di età ha provocato la cancellazione dei playoff point di tutta la regular season, dunque Hill parte da quota 2000. Il taglio non è lontano e il recupero fino al Round of 8 è possibile, ma non sembra questo l’aspetto più preoccupante, come detto, per la #21 al momento.

Cosa può succedere
Fin dove potrà arrivare Connor Zilisch? E, soprattutto, fin dove oseranno i suoi avversari? Il pilota della #88 parte nel Round of 12 con un ampio margine sul taglio con addirittura 64 playoff point che, in caso di qualificazione al Round of 8, saranno di nuovo al loro posto e lì torneranno decisamente utili in un campo minato. Per Zilisch, tuttavia, il punto cruciale dei playoff rischia di essere l’inizio, ovvero le tappe di Bristol e Kansas dove non dovrà perdere troppi punti per evitare di correre al Roval di Charlotte (dove ovviamente, come successo a Portland, è l’unico favorito) con un bersaglio posizionato sul paraurti della sua Chevy.

Già, perché il primo round dei playoff della NASCAR Xfinity Series è decisamente variegato e abbina uno short track insidioso come Bristol al Roval di Charlotte ed in mezzo l’ovale del Kansas che nelle edizioni precedenti ha sempre creato parecchi guai, soprattutto in curva2 con anche dei big finiti a muro senza chance di recupero. Per chi è nella zona a rischio fin dal via, allora sarà fondamentale evitare ogni tipo di incidente o errore per non perdere punti preziosi, soprattutto considerando il fattore Hill che parte di rincorsa.
Il Round of 8 rischia di essere infuocato, anche qui con molta varietà: al posto di Bristol c’è Martinsville come taglio prima di Phoenix, al posto del Kansas c’è Las Vegas mentre la variabile impazzita non sarà uno stradale bensì il superspeedway di Talladega in cui i primi cuori potrebbero venire infranti ancora prima di Martinsville. Poi la tappa in Arizona dove si assegnerà il titolo su un ovale piatto da un miglio; in primavera ci vinse Aric Almirola, tuttavia l’ultimo potenziale test è stato quello di Gateway e lì ha vinto (ancora) Zilisch, quindi il potenziale pronostico con Allgaier trionfatore potrebbe essere ribaltato.
Qualora Zilisch ed Allgaier dovessero arrivare a Phoenix, anche dall’alto dei playoff point già acquisiti, chi li sfiderà però per il titolo? Talladega potrebbe essere l’unica vera chance per la coppia Love-Hill che sugli superspeedway si scatena, mentre a Martinsville potrebbe emergere il Joe Gibbs Racing con Jones e Gray, oppure un Mayer bello aggressivo. Tutto molto aperto dunque, meno – almeno sulla carta – per Sanchez o Burton mentre gli altri per ora sono nel limbo.
Un campionato decisamente diverso sarà quello dedicato agli owner. Gli asterischi citati in apertura, infatti, riguardano solo il titolo piloti. La #88 di Zilisch ovviamente parte davanti a tutti anche qua, ma da quota 2069 (qui il successo di Kligerman conta, non quello di Larson in Texas quando sostituì su questa vettura l’infortunato Connor) davanti alla #7 (2035), alla #21 (che si è tenuta i suoi 27 playoff point) e alla #41 con 2016. A seguire #2 (2013), #20 (2013), #8 (2011), la #19 di Joe Gibbs Racing che ha sfruttato la vittoria del citato Almirola ed i punti dei piloti a rotazione per qualificarsi a quota 2006 al posto della #25 di Harrison Burton, la #48 (2006), la #1 (2005), la #54 (2004) e la #00 (2002).
In sintesi, i due scenari potrebbero essere differenziati fino a Phoenix e la mina vagante potrebbe essere proprio la #19 che vedrà, al momento, Almirola impegnato solo a Bristol, Bonsignore per due corse (Kansas e proprio Phoenix), mentre per le altre quattro non è stato annunciato chi sarà al volante. Ora è tempo però di mettersi il casco in testa e capire se la Zilisch-mania avrà un clamoroso epilogo il 1° novembre in Arizona.
Il programma del weekend a Bristol
Giovedì 11 settembre:
19:00 Prove libere ARCA Series (-)
20:00 Qualifiche ARCA Series (-)
21:05 Prove libere Truck Series (FS2)
22:10 Qualifiche Truck Series (FS2)
23:30 Gara ARCA Series (FS1)
Notte fra giovedì 11 e venerdì 12 settembre:
2:00 Gara Truck Series (diretta su p300.it e FS1)
Venerdì 12 settembre:
20:00 Prove libere Xfinity Series (CW App)
21:05 Qualifiche Xfinity Series (CW App)
22:30 Prove libere Cup Series (TruTV)
23:40 Qualifiche Cup Series (TruTV)
Notte fra venerdì 12 e sabato 13 settembre:
1:30 Gara Xfinity Series (diretta su p300.it e CW)
Notte fra sabato 13 e domenica 14 settembre:
1:30 Gara Cup Series (diretta su p300.it e USA)
Immagini: Media NASCAR
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