NASCAR | Anteprima playoff Xfinity Series 2019

di Gabriele Dri
NascarLiveITA
Pubblicato il 19 Settembre 2019 - 11:00
Tempo di lettura: 13 minuti
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NASCAR | Anteprima playoff Xfinity Series 2019

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Dopo la Truck e la Cup Series, nel prossimo weekend inizieranno i playoff anche della Xfinity Series. Come sempre in lotta per il titolo ci saranno 12 piloti, molti di questi sono giovani talenti desiderosi di conquistare un titolo prestigioso in grado di lanciarli sul palcoscenico più importante. Verosimilmente saranno dei playoff dominati dai big3 del 2019, riedizione di quelli dell’anno scorso della Cup Series, e quindi sarà interessante scoprire chi sarà – a meno di sorprese – il quarto che farà loro compagnia a Homestead e se sarà in grado di impensierirli.

I 12 piloti

Il dominio dei big3 Christopher Bell, Cole Custer e Tyler Reddick è ancora più impressionante se si guarda ai numeri: insieme hanno conquistato 17 gare su 26 e gli altri nove piloti qualificati ne hanno portate a casa appena quattro (le restanti cinque sono andate a Kyle Busch – 4 – e Chastain). E proprio Ross è stato quello che ha chiuso i giochi sulla regular season. A inizio stagione era chiaro che i piloti favoriti per qualificarsi ai playoff erano appena 13, 11 più Chastain e Sieg. L’inizio di stagione di Ross con la #4 del JD Motorsports è stato molto al di sotto delle attese e neanche le rare chance con la #10 del Kaulig Racing lo avevano portato in victory lane e così ha deciso di passare alla Truck Series. Una scelta che si è rivelata vincente, anche se a posteriori è arrivato il successo di Daytona.

Così per gli ultimi tre mesi prima Brandon Jones e poi Ryan Sieg hanno dovuto solo guardarsi alle spalle da un possibile vincitore a sorpresa, specialmente sugli stradali, ma una volta passato agosto era chiaro che i 12 piloti qualificati ai playoff erano quelli che erano nella top12 fin dalla terza gara stagionale.

Christopher Bell (2055)

Il giovane talento del Joe Gibbs Racing finalmente avrà la chance di salire in Cup Series sulla #95 del LFR (manca solo l’annuncio ufficiale) e dunque si è messo d’impegno. Dopo aver perso il titolo dell’anno scorso arrivando quarto su quattro a Homestead malgrado sette vittorie stagionali, quest’anno Bell è già a quota sei ed è conscio che questa è l’ultima possibilità di conquistare il campionato e di fare il bis dopo quello dei Truck del 2017. Ed è un particolare non indifferente perché nessuno dei giovani talenti degli ultimi anni (Jones, Reddick e Byron) ha mai portato a casa l’accoppiata Truck-Xfinity. Il dominio di Bell è ancora più incredibile di quanto realmente espresso se si guarda ai numeri: 15 le stage vinte su 52 disputate, 1449 giri in testa, più di Custer e Reddick messi insieme, totalmente a suo agio sugli short track e al top sugli ovali da 1.5 miglia, ha portato a casa pure la vittoria a Road America e dunque è quasi un pilota completo. Per sua stessa ammissione il suo punto debole rimangono i superspeedway (dove malgrado quello che pensi di sé stesso ha fatto 6°, 3° e 3° quest’anno) e per sua fortuna nei playoff non ce ne sono, quindi vedremo se quest’anno Homestead sarà finalmente sua.

Cole Custer (2044)

Il giovane di casa Stewart-Haas Racing è diventato un pilota maturo ad appena 21 anni. Dopo due stagioni di apprendistato è arrivata l’esplosione definitiva: ben sei successi e di caratura notevole, su tutti quello di Fontana, dove ha battuto sul campo e ad armi pari Kyle Busch al primo match point per la 200esima vittoria in carriera (successo poi ottenuto il giorno dopo in Cup Series). Ha vinto inoltre sugli short track (Richmond), ovali da 1.5 miglia, e circuiti anomali (Pocono e Darlington). Da non sottovalutare al riguardo il contributo del nuovo crew chief Mike Shiplett, negli anni scorsi al team Ganassi al supporto del team #42 che portò in victory lane Larson, Bowman, Chastain e Nemechek. Rimangono ancora dei passaggi a vuoto, ad esempio l’incidente in Texas con Brandon Jones oppure l’ultima gara di Las Vegas in cui non ha mai trovato l’assetto ideale, ma il fatto di essere il favorito numero uno ogni volta che si arriva a Homestead mette in guardia gli altri piloti. E il fatto che il suo approdo al gran finale è quasi garantito dall’alto di 44 playoff point non può che lasciarlo ancora più tranquillo.

Tyler Reddick (2044)

Reddick ama smentirmi platealmente e dunque non posso più sottovalutarlo. L’anno scorso non era tra i miei favoriti per il gran finale di Homestead e invece se ne tornò a casa con il trofeo del campione. Tutto questo era già arrivato dopo l’annuncio che avrebbe lasciato il JR Motorsport per il RCR. E visti i risultati del team negli anni scorsi sembrava che fosse destinato ad una vettura inferiore. Invece Tyler ha portato a casa il trofeo di vincitore della regular season staccando Bell di 49 punti, cinque vittorie, 20 top5 (un record assoluto) e un solo ritiro a Indy quando è stato travolto dallo stesso Christopher. Il fatto di correre sempre ad un millimetro dal muro e con una vettura di base sovrasterzante lo mette sempre a rischio incidente, ma a differenza dell’anno scorso ha limitato notevolmente il numero di contatti con le barriere. Anche lui, come Custer e Bell, sembra sicuro di aver già un biglietto per Miami e dunque tutti sono già pronti per la seconda edizione del triello.

Austin Cindric (2017)

Inizia ora la grande ricerca di chi farà compagnia – a meno di sorprese al “Round of 8” – a Bell, Custer e Reddick. Al momento, malgrado la posizione di partenza, il favorito numero uno non è più Cindric. E quasi dispiace perché Austin è nettamente il “most improved driver” di quest’anno. A nemmeno 21 anni ha conquistato due successi sugli stradali, suo terreno di caccia preferito, del Glen e di Mid-Ohio e, una volta ottenuta la stabilità del Team Penske (l’anno scorso corse con tre squadre diverse), si è potuto calmare ed ha ridotto in maniera drastica il numero di incidenti, al punto di ritirarsi soltanto due volte. Il suo problema è che – Roval escluso – di stradali non ce ne sono più e su tutte le altre piste ha sempre avuto una vettura da top5 ma mai vincente. E, in un format ad eliminazione come quello in vigore, vincere è obbligatorio. Dunque per Cindric servirà decisamente di più per non fare affidamento solo sui piazzamenti per arrivare fino in fondo.

Chase Briscoe (2012)

Per Briscoe si potrebbe ripetere il discorso fatto per Cindric, anche se spostato di un paio di posizioni più indietro nel gruppo. Anche Chase ha limitato gli incidenti (solo un ritiro quest’anno ed è arrivato a Daytona) e ottenuto buoni piazzamenti ovunque, ma raramente è stato in lotta per la vittoria. Certo, ha battuto in Iowa Christopher Bell, uno che sugli short track è quasi impossibile da mettersi dietro, ma lo ha fatto in una situazione tecnica vantaggiosa (aveva gomme più fresche) e dunque bisogna tenerne conto. Per riassumere la stagione di Briscoe si potrebbe dire che nella prima parte sono arrivati i risultati (sei top5) senza le prestazioni, mentre nella seconda è avvenuto il contrario. Il suo campionato è andato in crescendo, da notare la lotta alla pari con il compagno di squadra Custer a Las Vegas, e per essere soltanto la sua prima stagione a tempo pieno in Xfinity Series non si può dire nulla di male al riguardo. Dovesse ripetere la vittoria del 2018 sul Roval potrebbe anche tornare in corsa per andare lontano.

Justin Allgaier (2012)

Finalmente arriviamo a colui che è diventato il favorito assoluto per essere “il quarto di Homestead”. Dopo la stagione più vincente in carriera ci si aspettava tanto da Allgaier e invece dopo 26 gare è ancora a secco di vittorie. Nella prima parte di stagione ha pagato brutte prestazioni, incidenti e sfortune varie a livello meccanico che ora appaiono quasi del tutto risolte. Sembrava quasi che Justin avesse sofferto il fatto di essere diventato il leader del JR Motorsports dopo il ritiro di Sadler ed il passaggio di Reddick al RCR. Nelle ultime 10 gare invece non è mai uscito dalla top10 ed è diventato – dopo Bell e Custer – il pilota che ha trascorso in testa più giri di tutti. Finora ha sempre trovato qualcuno che a rotazione lo ha battuto sul traguardo, ma il ritorno al successo non sembra più così lontano. Grazie al quarto posto in regular season ha raccolto un po’ di playoff point che gli permettono di iniziare le gare decisive a sole cinque lunghezze da Cindric e alla pari con Briscoe, dunque la rincorsa al titolo non è impossibile, specialmente se proseguirà con questo trend.

Michael Annett (2009)

La sorpresa principale della stagione è stata sicuramente la vittoria, la prima in carriera, di Annett alla gara di apertura a Daytona. E l’inizio di campionato è stato promettente per il non più giovane pilota del JR Motorsports, specialmente se si pensa che l’anno scorso – da compagno di squadra di Reddick – non si qualificò nemmeno per i playoff e concluse la stagione in classifica dietro a Nemechek che disputò addirittura 15 gare in meno rispetto a lui. Le top5 dell’estate (terzo in Michigan e a Chicago, quarto in Kentucky) sembravano aver confermato questo trend positivo, poi Annett è tornato quello che conoscevamo bene, in una parola invisibile. Mai in lotta per le prime posizioni, raramente nella top10 e più spesso nella stessa zona della classifica di piloti come Gaulding e Clements. La qualificazione ai playoff era l’obiettivo minimo, la vittoria è stata un extra che sembra ormai lontano, ora sembra difficile evitare l’eliminazione immediata.

Noah Gragson (2005)

Anche se Briscoe dovesse vincere il titolo di “Rookie of the year”, questo sarebbe solo per una questione tecnica perché Chase ha ancora i requisiti necessari per il premio malgrado l’anno scorso abbia disputato ben 17 gare vincendone una. Noah invece nel 2018 di corse ne aveva disputate solo tre e questa stagione era il vero banco di prova per valutare il suo talento. E devo dire che Gragson mi ha stupito tanto, soprattutto per una caratteristica che di solito hanno solo i piloti con la stoffa: rende ancora di più con una vettura danneggiata piuttosto che con una in perfette condizioni. Lampante è l’esempio dell’Iowa quando dopo pochi giri tamponò – incolpevolmente – Cindric che aveva appena forato ed era finito a muro, e alla fine conquistò nonostante tutto un quarto posto. Gli manca la costanza di rendimento (sono ancora troppe le penalità in pit lane), ma non la si poteva pretendere subito, però i risultati che danno morale (sette top5) sono arrivati. Può candidarsi a diventare la sorpresa dei playoff, ma un primo round ostico per i giovani piloti può ostacolarlo nella caccia al secondo turno.

Brandon Jones (2004)

Non fosse stato per ben sette ritiri (non tutti per colpa sua, anzi) Brandon sarebbe sicuramente più in alto in classifica, ma almeno ha confermato i miglioramenti visti l’anno scorso dopo l’orribile 2017 in cui fece addirittura peggio (16° in classifica generale alla fine della stagione dietro a Yeley e Sieg) dell’Annett del 2018. Manca ancora la prima vittoria in carriera, le buone prestazioni non sono consistenti e quindi decifrare cosa potrebbe fare Jones in questi playoff è molto difficile. Il punto di partenza è da primo pilota che sarebbe eliminato dal “Round of 8”, ma davanti a lui c’è Annett e quindi la qualificazione al turno successivo è possibile, tuttavia deve evitare ogni guaio ed essere costantemente nella top10, poi si vedrà. Per gran parte dell’estate ha dovuto soffrire il fatto di essere il 12° in classifica, dunque il pilota a rischio eliminazione in caso di vincitore a sorpresa. Non ha dovuto sforzarsi troppo, grazie ai guai altrui, per evitare una cocente eliminazione ma ora rischia di pagare i mesi vissuti sotto pressione.

Justin Haley (2003)

Per Justin è arrivata una vittoria, ma non nella categoria giusta. L’incredibile successo di Daytona in Cup Series sicuramente ha acceso i fari sul giovane pilota dell’Indiana che l’anno scorso nella Truck Series arrivò fino a Homestead grazie ad i successi ottenuti a Mosport e in Texas. Bisogna dire però che il giorno prima della vittoria in Florida Haley arrivò secondo – masticando amaro – dietro a Chastain e quel bel risultato è stato praticamente la certezza della qualificazione ai playoff visto che era ottavo in classifica con gli altri dietro di lui staccati. Poi, dopo 12 top10, lui e il Kaulig Racing sembra abbiano tirato il fiato e da allora ha praticamente alternato una gara buona e una meno. Riprendere ad ottenere la striscia di ottimi risultati sembra difficile e dovrà lottare con le unghie e con i denti per passare il primo round. Il team non dovrebbe più schierare regolarmente una seconda vettura (così come successo in estate per Chastain, Allmendinger e A.Dillon); questo è stato sicuramente d’aiuto per avere dei punti di riferimento più esperti, ma ora l’attenzione tornerà – ed è giusto così – solo sulla #11.

Ryan Sieg (2001)

Il 12° uomo non parte da 12°. Ryan Sieg infatti, a differenza di Nemechek, ha conquistato una stage in Texas in una ripartenza a pochi giri dall’interruzione e in cui lavorò di strategia non fermandosi ai box battendo Chastain, Reddick e Kyle Busch. E quel successo parziale è stato indicativo, infatti fin da inizio anno era chiaro che la sfida per l’ultimo posto utile per i playoff sarebbe stata fra Sieg e Chastain ma, visti i risultati del 2018 sembrava che Ross partisse da favorito. E invece le due top5 e cinque top10 ottenute da Ryan col team di famiglia nelle prime otto gare hanno messo alle corde Chastain costringendolo già a giugno a gettare la spugna. Da allora Sieg ha preferito – giustamente – alzare il piede e non rischiare troppo visto che il piccolo team a conduzione familiare sicuramente non ha le finanze di JGR, SHR e JR Motorsports. Per lui ora l’obiettivo è arrendersi con onore, lottando alla pari con piloti come Annett, Nemechek e Jones portando a casa altre top10.

John Hunter Nemechek (2000)

Il pilota che arriva più in affanno a questi playoff è sicuramente Nemechek. Il talento non gli manca, e lo ha dimostrato l’anno scorso vincendo in Kansas, ma nelle ultime settimane – dopo un ottimo inizio di stagione – è stato fin troppo irruento facendo un paio di incidenti evitabili. E pensare che fino a Dover la sua stagione era ottima (era sesto in classifica generale), poi da allora sono arrivate solo cinque top10 e ben sei piazzamenti fuori dalla top20 con quattro ritiri. La maggior parte di questi risultati negativi è arrivata nel mese di agosto, periodo in cui l’unico acuto è stato il terzo posto di Bristol. Partire da quota zero, dato che non ha vinto nemmeno una stage, è sicuramente una ulteriore montagna da scalare. Ora John deve ripartire da qui visto che in palio non c’è solo un possibile posto al “Round of 8”, ma anche buona parte della sua riconferma nella categoria per il 2020. L’ottavo posto di sabato a Las Vegas è un buon viatico per la sua ripresa.

Il calendario

Di tutti i tre i playoff, quello della Xfinity Series è sicuramente quello più sbilanciato. Il primo round infatti è molto difficile da approcciare vista la presenza di uno short track come Richmond, il Roval come snodo centrale e un ovale molto impegnativo come Dover in chiusura. Il secondo round invece vedrà ben due ovali tradizionali come Kansas e Texas, anche se l’anno scorso furono proprio questi due circuiti che mandarono ko in vari incidenti Bell, Custer, Allgaier, Cindric e Jones, e infine Phoenix che rappresenterà l’ultima spiaggia per molti piloti. In chiusura ancora una volta Homestead, in cui trionferà chi sarà più abile a sfiorare il muro senza finirci contro.

Immagini: GettyImages per twitter.com/NASCAR_Xfinity e nascar.com

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