NASCAR | Anteprima playoff Cup Series 2020

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di Gabriele Dri @NascarLiveITA
2 Settembre 2020 - 17:00
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10 gare da Darlington a Phoenix per decidere il campione di questa stagione anomala. Harvick ed Hamlin favoriti per alzare la “Bill France Cup”


La folle corsa per recuperare il tempo perso in primavera nelle otto settimane di stop a causa della pandemia si è fermata, ed ora con la Cup Series di nuovo nei binari la Nascar può pensare ai playoff che decideranno il campione della stagione 2020. 16 come sempre i piloti in lotta e che man mano verranno ridotti fino ai quattro che a Phoenix (e non più a Homestead) si contenderanno il titolo. Dopo le prime 26 gare due su tutti hanno dominato il campionato finora, Kevin Harvick e Denny Hamlin, 13 successi insieme che hanno lasciato alla concorrenza le briciole, ma ovviamente in Arizona ci saranno (almeno) altri due avversari a sfidarli.

I 16 piloti

Rispetto all’anno scorso si sono confermati in 13 dei 16 piloti che avevano conquistato un posto per i playoff. Mancano all’appello Erik Jones, secondo degli eliminati dietro a Jimmie Johnson, rimasto a secco dopo una stagione non esaltante culminata con l’essere stato scaricato dal JGR, Ryan Newman, il quale dopo l’incidente di Daytona e le tre gare saltate poi non è riuscito a vincere per annullare il distacco accumulato, e ovviamente Kyle Larson, licenziato durante la pandemia per l’epiteto razzista in diretta su iRacing. Al loro posto ci sono Austin Dillon, di ritorno dopo un anno a vuoto grazie alla vittoria in Texas, il rookie dell’anno (premio già suo visto che è l’unico qualificato per i playoff) Cole Custer dopo il successo in Kentucky, ed infine Matt DiBenedetto, qualificatosi per la prima ai playoff battendo Johnson per soli sei punti, il quale riporta il Wood Brothers Racing fra la top16 dopo tre anni, quando Blaney si qualificò con il successo di Pocono.

Il dettaglio di come i 16 piloti hanno ottenuto i playoff point. Tutti insieme hanno conquistato 241 dei 244 playoff point disponibili. I tre punti che mancano all’appello sono tre stage vinte rispettivamente da Johnson (Martinsville), Reddick e Stenhouse (Talladega)

Per quanto riguarda i costruttori ed i team, la Ford ha portato ai playoff il 50% dei qualificati, ovvero in sintesi tutto lo Stewart-Haas Racing (in ordine Harvick, Custer, Almirola e Bowyer) e tutto il Team Penske (Keselowski, Logano e Blaney) con la sua squadra satellite del Wood Brothers (DiBenedetto). Cinque invece le vetture Chevy, tre dell’Hendrick Motorsports (Elliott, Bowman e Byron), una del Richard Childress Racing (Austin Dillon) ed una del Chip Ganassi Racing (Kurt Busch). In minoranza – come sempre – le Toyota, quest’anno solo tre e tutte del Joe Gibbs Racing (Hamlin, Truex e Kyle Busch).

Di seguito verranno presentati uno per uno i piloti qualificati in ordine di classifica dopo il reset del punteggio.

Kevin Harvick (2057)

Nei tre anni precedenti con questo format nessuno aveva iniziato i playoff con 57 punti in più rispetto al punteggio base (Truex nel 2017 partì da 2053) e solo lo stesso nel 2018 Kevin Harvick era arrivato al taglio con già sette vittorie. Tuttavia il pilota dello Stewart-Haas Racing di sicuro non potrà dormire sogni tranquilli. Il posto fino al gran finale di Phoenix sembra quasi al sicuro, ma la presenza di un rivale alla pari come Hamlin lo obbliga a vincere sempre e comunque per far capire all’avversario chi comanda. Per il 44enne di Bakersville la strada verso il secondo titolo sembra ben tracciata visti anche i buoni precedenti a Phoenix (nove vittorie, ma l’ultima è di due anni e mezzo fa) e su ogni pista da qui a novembre può fare bene (17 top5 e 21 top10 nelle 26 gare del 2020), ma c’è sempre un ultimo ma: nel 2018 i sette successi risultarono inutili, poi nei playoff vinse solo in Texas e il titolo se lo portò a casa Logano.

Denny Hamlin (2047)

Chi due anni fa, al termine della prima stagione a secco in carriera, avrebbe immaginato che Denny Hamlin sarebbe stato il pilota più vincente (12 vittorie, contro le 11 di Harvick) dalla Daytona500 del 2019 in poi alzi la mano. Anche se non vedo voi lettori scommetto che di mani levate ce ne siano ben poche. E invece il 39enne del Joe Gibbs Racing ha un’altra chance di vincere il sospirato primo titolo in carriera, quello che gli toglierebbe la nomea di eterno secondo. Di campionati buttati ora ce ne sono due, uno con l’implosione del 2010 contro Johnson e poi l’anno scorso quando un errore di un meccanico al pit stop trasformò la Toyota #11 in un treno a vapore. Le sei vittorie ottenute finora, terza Daytona500 inclusa, sono un segno che Denny si è adattato bene a questa vettura dal discusso pacchetto aerodinamico, tuttavia nel 2020 manca la vittoria su uno short track e a Phoenix ha commesso forse l’unico errore della stagione, quindi se in Arizona ci fosse un duello con Harvick, al momento Hamlin partirebbe indietro ma solo di un muso.

Brad Keselowski (2029)

Gli americani amano il concetto di underdog, il Davide che batte i Golia, e dunque nel contesto nella Nascar con i playoff a eliminazione nel 2018 nacquero i “Big3” che per la felicità (se si può definire così) dei giornalisti-storyteller vennero battuti da Logano. E dunque da allora c’è la ricerca sfrenata ai nuovi Big3 ad ogni occasione buona. Dopo il successo di Brad Keselowski in New Hampshire sembrava che il pilota del Team Penske potesse unirsi ad Harvick ed Hamlin e invece poi gli altri due hanno premuto di nuovo il piede sull’acceleratore e sono rimasti soli. Partire da quota 2029 (con 10 punti gentilmente regalatigli da Elliott fra Charlotte e Bristol) sicuramente è un buon punto di partenza, ma la strada verso Phoenix non sarà semplice per Brad. A suo favore certamente c’è sicuramente l’esperienza sua – il titolo del 2012 è in bacheca – e del team, ma Keselowski non ha mai digerito questo format dato che è arrivato fino in fondo solo una volta (2017) in sei edizioni.

Joey Logano (2022)

Probabilmente il campione del 2018 è stato il pilota più colpito dalla pausa per la pandemia. Delle prime quattro gare infatti Joey Logano ne aveva vinte la metà e sembrava lanciatissimo verso un duello con Harvick. E invece da maggio in poi non è più tornato in victory lane raccogliendo appena 4 top5. Tra alti e bassi comunque Joey ha raccolto sempre punti e soprattutto playoff point che hanno portato la #22 del Team Penske per una coincidenza matematica ad un bonus di 22 punti. E alla scaramanzia probabilmente Logano si aggrapperà abbastanza da qui fino a Phoenix, dato che per prima cosa in Arizona in primavera ci ha vinto lui l’ultima gara prima del break e poi negli anni pari (2014 quarto, 2016 secondo, 2018 primo) è sempre arrivato fino in fondo a lottare per il titolo, anche se quest’anno sembra dura ripetersi.

Chase Elliott (2020)

Le speranze di vittoria finale della Chevrolet sono tutte riposte nel figlio d’arte che, dopo papà “Million Dollar Bill”, con la vittoria nella All-Star Race è diventato anche lui “Million Dollar Chase”. Per Elliott finora è stato un 2020 caratterizzato dai soliti successi di peso (Charlotte/2 prima e Daytona Road Course poi) ma anche dai soliti dubbi sulle sue prestazioni che delle volte lasciano qualche dubbio, perché ancora non si capisce se i limiti siano della vettura oppure della sua giovane età, anche se alla quinta stagione completa questa scusa è sempre meno spendibile. Gli errori suoi e del team commessi in primavera non sono sostenibili in questo tipo di playoff, anche perché i punti di bonus sono 20 e attorno a lui ci sono tanti piloti in grado di spedirlo indietro in classifica. Lo snodo dei suoi playoff sarà sicuramente il Roval di Charlotte, dove ci ha vinto l’anno scorso, visto che Chase è ormai diventato il re degli stradali. I playoff point aggiuntivi presi in tale occasione potrebbero lanciarlo verso Phoenix.

Martin Truex Jr. (2014)

Dopo un inizio difficile con il nuovo crew chief australiano James Small dopo l’addio del canadese Cole Pearn che lo aveva portato al titolo nel 2017, ora Truex è – dopo ovviamente Harvick ed Hamlin – il pilota più in forma. La vittoria di Martinsville finora è l’unica della stagione, ma il modo con cui è arrivata lo mette fra i favoriti per Phoenix, anche perché dall’ovale della Virginia ci si dovrà ripassare appena una settimana prima del gran finale. Come detto il pilota della #19 del Joe Gibbs Racing arriva sulle ali dell’entusiasmo dato che nelle ultime 10 gare ha ottenuto nove top4 di cui le ultime otto consecutive, inclusi cinque terzi posti di fila. Manca ancora la seconda vittoria ma non c’è dubbio che arriverà presto e così Truex risalirà in classifica visto il distacco che lo separa dalla coppia di testa. E date le prestazioni deficitarie – per ora – di Kyle Busch, la seconda punta della Toyota dietro ad Hamlin è proprio Martin.

Ryan Blaney (2013)

Il 2020 di Ryan Blaney segue il destino dei suoi compagni di squadra al Team Penske, ovvero un inizio sfavillante (ma sfortunato nel suo caso) seguito da una fase di calo fisiologico a cui però deve seguire una ripresa in vista dei playoff. Per il più giovane pilota della squadra a Talladega è arrivata la finora consueta unica vittoria stagionale ed ora ci si aspetta il salto di qualità che lo possa mettere in lotta anche per qualche trofeo più importante. Il suo futuro non è in dubbio dunque non ha nemmeno preoccupazioni per la testa, ora deve dimostrare a tutti che Roger Penske può affidare affidamento su di lui per diventare un altro campione nel team dopo Keselowski e Logano. Come per l’anno scorso l’anno lo snodo dei suoi playoff sarà Richmond, pista non ancora digerita del tutto, poi passato questo scoglio potrà giocarsela alla pari con gli altri.

Alex Bowman (2009)

Insieme a Logano il pilota che ha visto di più calare il rendimento fra prima e dopo la pausa è stato Alex Bowman. Il successo dominante di Fontana non è stato più replicato e gli ultimi sprazzi in cima alla classifica della #88 del Team Hendrick risalgono a maggio a Charlotte quando Alex conquistò tre delle cinque stage ma il piazzamento migliore nelle due tappe fu un 19° posto nella 600 miglia. La lenta discesa in classifica lo ha escluso dalla top10 in classifica generale e dunque i nove playoff point ottenuti sono tutti appunto conquistati fra Fontana e Charlotte. Il risveglio suo e della squadra nelle ultime due settimane devono essere consolidati altrimenti verrà invischiato subito nella lotta per non essere eliminato. Non dovrebbe avere problemi a passare il primo turno ma ogni intoppo rischia di chiudere in anticipo la sua stagione.

William Byron (2007)

In appena 400 miglia William Byron è passato dal 16° posto nella griglia playoff con appena quattro punti sulla zona eliminazione al 9° all’inizio della post season grazie ai cinque playoff point derivanti dalla vittoria di Daytona, la prima in Cup Series per il giovane del Team Hendrick, a cui vanno aggiunti i due derivanti dalle stage vinte a Darlington (per questa deve ringraziare Johnson che si autoeliminò all’ultimo giro) e Indianapolis. Appena due settimane fa nella prima gara di Dover Byron sembrava sotto un treno, in crisi tecnica e in preda ad un nervosismo generale che coinvolgeva anche il crew chief Chad Knaus. Il peso del riportare alla vittoria la storica #24 (Elliott non ce la fece) ora è sparito e dunque la seconda qualificazione ai playoff per Byron può essere affrontata con una mente decisamente più libera.

Austin Dillon (2005)

Ancora una volta Austin Dillon ha sfruttato la chance buona, stavolta di strategia, e il successo in Texas lo ha riportato ai playoff dopo un anno di pausa. Buon per lui perché l’inizio di stagione non sembrava far presagire nulla di eccezionale. Buon per lui anche che la positività al coronavirus – che gli ha fatto saltare la gara sul Road Course di Daytona – sia arrivata a qualificazione già ottenuta, altrimenti l’accesso ai playoff sarebbe stato impossibile visti i 93 punti di ritardo dall’ultimo qualificato DiBenedetto. A meno di sorprese ulteriori il sogno di riportare il titolo in casa RCR durerà lo spazio di tre gare ma in ogni caso lui ci proverà. La risalita della squadra dopo aver toccato il fondo negli scorsi anni (per la cronaca a lungo il rookie Reddick è stato più convincente dello stesso Dillon) passa anche da queste gare che arriveranno nelle prossime settimane.

Cole Custer (2005)

La vittoria che ha ribaltato di più la griglia playoff è stata sicuramente quella in Kentucky di Cole Custer, figlia di una serie di ripartenze incredibili e culminata in un sorpasso mentre era 4-wide all’esterno. Fino a quel momento la comprensibile stagione difficile da rookie per il pilota dello Stewart-Haas Racing, penalizzata ulteriormente dalla mancanza di prove libere, era tutt’altro che da bocciare e dopo le prime gare di assestamento stava ottenendo i primi risultati importanti. Due top5 (l’altra ottenuta a Indianapolis la settimana prima di vincere) e sei top10 sono numeri tutt’altro che da buttare per il Rookie of the Year del 2020 – premio già vinto perché unico debuttante qualificato ai playoff – tuttavia per andare avanti anche al primo taglio servirebbe un piccolo miracolo, in ogni caso sarà una grande esperienza formativa in vista delle prossime stagioni.

Aric Almirola (2005)

Nella stagione 2020 finora ci sono stati 11 vincitori diversi ed Aric Almirola è il primo dei 16 ad essersi qualificato solo grazie ai punti ottenuti. Per il pilota dello Stewart-Haas Racing, appena riconfermato in squadra per un altro anno, il campionato è stata una sorta di regressione verso la media dopo un 2018 che lo aveva rilanciato fino a chiudere il campionato al quinto posto (ovvero il migliore di tutti i playoff fra coloro che non si erano qualificati per Homestead) ed un 2019 invece a secco di successi. L’inizio di estate di Almirola è stato superlativo con cinque top5 e nove top10 consecutive che sembravano far presagire un ritorno in victory lane. Così non è stato ma è risultato sufficiente per avere tre playoff point aggiuntivi, oltre alle due stage vinte (migliore prova complessiva a Pocono/1), grazie all’ottavo posto in classifica generale. Però fin dove sarà sufficiente questo per avanzare? Quasi certamente Talladega, dove ha già vinto, dirà se la sua stagione finirà o proseguirà.

Clint Bowyer (2004)

Bene o male degli altri 15 piloti si è parlato per qualche motivo, Clint Bowyer invece si è fatto vedere ben poco e la sua stagione rispecchia molto quella del 2019 in cui non riuscì – come il compagno di squadra Almirola – a replicare il 2018 in cui si rilanciò alla grande. Gli unici due spunti degni di nota sono stati Darlington/2 quando vinse le prime due stage per poi buttare via tutto e poi Michigan/2 quando grazie all’inversione della griglia si prese il primo traguardo intermedio prima di finire nel traffico. Ha conquistato appena due top5 e sette top10, lo stesso dato esatto di Austin Dillon e DiBenedetto, un risultato che batte soltanto il 2+6 del ben più giovane e inesperto compagno di squadra Custer. Se non ci saranno sorprese nel primo Round loro quattro rischiano di essere eliminati subito.

Kyle Busch (2003)

Chi l’avrebbe mai detto che il pilota a soffrire di più l’assenza delle prove libere sarebbe stato il grandissimo e campione in carica Kyle Busch. Evidentemente Rowdy non ama ancora questo pacchetto aerodinamico e lo soffre tanto. L’anno scorso riuscì a esorcizzarlo vincendo a Homestead ma da allora non è più andato in victory lane. 26 gare di digiuno, il più lungo da inizio carriera, ma il dato più preoccupante per il prossimo futuro è un altro: nel 2017 iniziò la post season con 29 playoff point, nel 2018 con addirittura 50, nel 2019 con 45, quest’anno soltanto tre, frutto dell’unica stage vinta in Kansas e del nono posto in classifica generale, segno che complessivamente qualcosa non va. Serve un guizzo decisivo per evitare una precoce e clamorosa eliminazione dopo il “Round of 12”.

Kurt Busch (2001)

Se il fratello Kyle non se la spassa nemmeno Kurt può festeggiare. In una stagione complicata per il Chip Ganassi Racing, arrivata dopo una delle migliori in assoluto, dato che Busch si è dovuto caricare la squadra sulle spalle dopo il caso Larson. Quasi sempre nella top10, in qualche caso (quattro volte) nella top5 ma mai veramente in lotta per il successo, una sola stage vinta a Pocono/2 e così la ormai tradizionale unica vittoria stagionale non è ancora arrivata. E onestamente non si capisce dove potrebbe arrivare con una concorrenza così forte davanti. Allo stesso tempo con degli outsider di livello non eccezionale dietro paradossalmente potrebbe non avere difficoltà a passare il primo Round, ma comunque dovrà impegnarsi molto.

Matt DiBenedetto (2000)

Come 16° e ultimo qualificato ai playoff quest’anno c’è la sorpresa Matt DiBenedetto. Sorpresa perché è stato in grado di eliminare piloti come Jimmie Johnson, che ha saltato una gara a Indy per il coronavirus e poi ha mancato la post season per sei punti, ed Erik Jones. Sorpresa perché al primo anno con il Wood Brothers Racing Matt si è trovato subito a suo agio arrivando secondo a Las Vegas e poi mettendo da parte un bottino di punti importante che è stato poi eroso prima dalle vittorie di Dillon e Custer e infine dal recupero del Team Hendrick fra Dover e Daytona. Non voglio mettere in dubbio il talento di Matt, ma qualificarsi per il “Round of 12” sarà una vera impresa, però nulla è perduto: il 50% dei piloti che sono arrivati ai playoff con nessun bonus poi sono riusciti lo stesso a passare il primo turno (Bowman nel 2018 e Bowyer nel 2019), dunque DiBenedetto ci deve credere fino in fondo.

Cosa può succedere

Il calendario dei playoff del 2020 della Nascar Cup Series non è stato modificato dalla pandemia quindi date e luoghi sono quelli già previsti dalla grande rivoluzione annunciata lo scorso anno e che ha come punto focale il gran finale a Phoenix, dove i quattro piloti qualificatisi come sempre partiranno alla pari e chi taglierà per primo il traguardo si porterà a casa la “Bill France Cup”, nuovo nome dato al trofeo destinato al campione. Le gare che decideranno chi avanza e chi no al Round successivo si preannunciano come le più accese di sempre e saranno nell’ordine Bristol, Roval di Charlotte e Martinsville. Se a questo ci aggiungiamo che Darlington ritorna nei playoff per la prima volta dal 2004 e la consueta Talladega allora nella post season ci saranno ben sei gare da non perdersi assolutamente. Le altre quattro sono Richmond (comunque da non sottovalutare) e i tre ovali da 1.5 miglia di Las Vegas, Kansas e Texas.

A complicare il percorso dei piloti verso il gran finale ci sarà l’assenza di prove libere e qualifiche fino alla fine della stagione. Le griglie di partenza verranno decise dunque dall’algoritmo che pesa per il 35% la posizione della vettura (che coincide quasi sempre con quella del pilota) in classifica generale, per il 50% il risultato della gara precedente (diviso in 25% per quanto riguarda quello della vettura e per il 25% quello del pilota in caso di sostituzioni al volante, e anche in questo caso i due dati coincidono quasi sempre) e infine per il 15% la classifica dei giri più veloci della corsa appena trascorsa. Inoltre i piloti ancora in corsa per il titolo partiranno sempre davanti agli altri, con i due “blocchi” ordinati sempre dall’algoritmo.

Da ricordare inoltre che i playoff point acquisiti finora non andranno persi, anzi verranno sommati a quelli conquistati nelle gare di ciascun Round e torneranno nel totale ad ogni reset del punteggio fra un Round e l’altro. Dunque Kevin Harvick (a meno di cataclismi) partirà dal “Round of 12” con almeno 3057 punti e dal “Round of 8” con 4057 o più, per gli altri invece ci sarà invece una folle rincorsa per cercare di ripianare un distacco che per molti all’inizio di un nuovo turno rischia di essere anche di 30 punti abbondanti, cioè come partire indietro di mezza gara quando nel Round ce ne sono solo tre.

Detto di Harvick ed Hamlin che possono dominare anche i playoff, la coppia Ha-Ha difficilmente farà ridere gli avversari che avranno vita difficile contro la #4 e la #11. Truex ed Elliott possono giocare le loro carte così come i soliti Keselowski e Logano, mentre per gli altri ci sarà da sgomitare. Un ribaltone di Kyle Busch più diventa improbabile e più viene temuto da tutti, così come già successo in parte l’anno scorso, e poi quest’anno infine c’è la variabile Phoenix dove – a differenza di Homestead – si è già fatto tappa in primavera e dunque non si andrà completamente alla cieca. Forse in un anno con tutte queste limitazioni è meglio così, ma in ogni caso il brivido dell’incognito che Miami rappresentava era molto più avvincente.

Il programma del weekend a Darlington

Immagini: espn.com; GettyImages per nascar.com e nascarmedia.com

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