1998 Daytona 500: Finally, Dale!

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Tempo di lettura: 8 minuti
di Gabriele Dri @NascarLiveITA
15 Febbraio 2018 - 10:00
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Ogni pilota ha la sua gara “stregata”: per Jim Clark il GP di Monaco, per Sandro Munari il Safari, per Mario Andretti la 24 ore di Le Mans. Dopo 19 anni molti pensavano che, nonostante sette campionati vinti e 30 vittorie a Daytona in altre gare, Dale Earnhardt non avrebbe mai vinto la corsa più ricca e prestigiosa, la Daytona500. Per troppe volte la sfortuna era intervenuta, spesso nel finale di gara, ma quel 15 febbraio 1998 invece andò tutto bene, dal primo all’ultimo giro e Dale trionfò a suo modo, dando una lezione di guida sugli superspeedway.

1998: “The 20-year quest is over”

Domenica 15 febbraio, il cielo è grigio sopra Daytona e c’è il timore che la pioggia possa rovinare lo spettacolo. In prima fila ci sono i fratelli Labonte, con Bobby davanti a Terry, che hanno ottenuto i tempi più veloci nelle qualifiche. In seconda fila ci sono Sterling Marlin, già due volte vincitore, e Dale Earnhardt. Per “The Intimidator” nel giovedì c’è stata la nona vittoria consecutiva nelle tradizionali gare di qualificazione; l’anno successivo Dale chiuderà la striscia a 10 successi di fila, monopolizzando così gli anni ’90 a Daytona. Più indietro nel gruppo ci sono Jeff Gordon, vincitore l’anno precedente, e Ken Schrader, vittima di un’incidente tre giorni prima in cui ha riportato la frattura dello sterno.

C’è aria di festeggiamenti a Daytona dato che è la 40esima edizione della 500 miglia nel 50° anniversario della fondazione della Nascar. Dale Earnhardt, alla sua 20esima Daytona500, è rilassato: ha rotto un motore nelle ultime libere, segnale che – forse – quest’anno il conto con la sfortuna è stato saldato in anticipo.

Al via le prime prime posizioni rimangono immutate mentre più dietro il gruppo si riorganizza secondo i valori in campo, non senza qualche momento di tensione. Al 10° giro il tandem Marlin – Earnhardt riesce a sorpassare Terry Labonte e poi la situazione ritorna serena. Dale compie il primo blitz tra 15° e il 18° giro: alla prima pausa pubblicitaria è terzo, al rientro in diretta è passato in testa e manterrà il comando per una ventina di giri. Il gruppo di testa man mano si seleziona e fra di essi ci sono anche i rimontanti Gordon e Schrader.

Dopo una breve parentesi con Bobby Labonte di nuovo in testa, Earnhardt ritorna al comando in vista del primo giro di soste. E’ in questa occasione che i cosiddetti “Rainbow Warriors” di Ray Evernham compiono un piccolo miracolo: la prima sosta di Jeff Gordon è 4″ più veloce rispetto a quella di Earnhardt e la #24 passa in testa. Earnhardt esce dalla pit lane solo in nona posizione, ma mentre tutti si aspettano una sfuriata, Dale invece ne approfitta per studiare gli avversari. Nei 40 giri che portano il gruppo a metà gara, Dale ritorna in terza posizione. Poco dopo, in occasione della seconda sosta, un contatto multiplo in pit lane elimina di colpo favoriti e outsider del calibro di Dale Jarrett, Geoff Bodine, Derrike Cope e Jeff Burton. 

Dal giro di soste emerge una fuga a 4 con Jeff Gordon, Rusty Wallace (anche lui a caccia della prima Daytona500 dopo 15 passaggi a vuoto), Dale Earnhardt e Jeremy Mayfield, compagno di squadra di Wallace al team Penske, ma pochi giri dopo, dopo ben 125 tornate, Ward Burton causa la prima caution.

Altro pit stop per tutti e Wallace prende la testa della gara, ma per poco dato che il tandem di compagni di squadra al Richard Childress Racing formato da Earnhardt e Mike Skinner passa in testa. Mancano 70 giri alla fine e pian piano si seleziona il gruppo di sette che si contenderà la Daytona500: Earnhardt, Mayfield, Wallace, Gordon, Ernie Irvan, Skinner e Schrader. La tensione sale in vista dell’ultima sosta ma John Andretti, sulla #43 che fu di Richard Petty, causa la seconda caution che riporta tutti ai box. Dalla pit lane esce davanti la doppia coppia RCR-Penske, con Dale sempre al comando. 

Alla ripartenza il contributo di Skinner è trascurabile, dato che perde subito la seconda posizione a favore di Mayfield: il finale sarà dunque Dale da solo contro tutti. Solo Jeremy ci prova a infilare il muso, ma Dale vola. I giri passano e tutti temono il peggio: troppe volte Earnhardt era stato in testa a questo punto della gara ma non aveva vinto. Bobby Labonte tenta la rimonta ma emerge troppo tardi da una lotta acerrima con gli altri. Poco più avanti la Chevy Monte Carlo nera #3 prosegue indisturbata. 

Due giri al termine, Labonte finalmente ha superato Mayfield e può pensare solo a Dale. Mentre sono a metà del rettilineo opposto sempre John Andretti entra in contatto con Jimmy Spencer e finisce in testacoda con Lake Speed. Esce la bandiera gialla, ma la regola dell’epoca permette il cosiddetto “racing back to the caution”, ovvero le posizioni vengono congelate solo sulla linea del traguardo. Manca mezzo giro, all’interno in curva 3 c’è Rick Mast da doppiare, Dale Earnhardt si allarga di quel tanto che impedisce a Bobby Labonte di completare il sorpasso all’esterno; la rimonta di Mayfield che si infila tra Labonte e Mast disturba entrambi e permette a Dale di guadagnare quei metri preziosi che consentono a Mike Joy di pronunciare le parole che passeranno alla storia:

“20 years of trying, 20 years of frustration, Dale Earnhardt will come to the caution flag to win the Daytona 500! Finally. The most anticipated moment in racing.”

C’è un ultimo giro da completare dietro la pace car, ma i festeggiamenti già sono iniziati. Al rientro in pit lane ci sono i meccanici di tutti i team in fila per dargli in cinque in segno di rispetto. Per Dale è la fine di una striscia negativa lunga 59 gare (non vinceva in campionato da marzo 1996), è la fine della striscia negativa lunga 20 anni. In victory lane non ci sono parole profonde, ma un semplice:

“The Daytona 500 is ours. We won it, we won it, we won it!”

e ci sono ringraziamenti per tutti, per Richard Childress, per il crew chief Larry McReynolds, per i figli, compreso Dale Jr., che il giorno prima ha iniziato il percorso che lo porterà a vincere per due anni consecutivi la Busch (ora Xfinity) Series, e per la famiglia. E’ una vittoria che non scontenta nessuno: finalmente il figlio prediletto d’America ha trionfato a Daytona. 

2001: Il dramma e la rinascita

Michael Waltrip ha appena vinto per sé e per il team di Dale Earnhardt la Daytona500 e dietro di lui ha concluso Dale Jr., una doppietta storica per la squadra, ma Dale non c’è. È fermo qualche centinaia di metri più indietro nell’erba all’interno della curva 4. Dopo un contatto con Sterling Marlin è finito a muro head-on a circa 250 km/h e Ken Schrader non ha potuto evitarlo, centrandolo sulla fiancata. Lo stesso Schrader è il primo ad accorgersi che la situazione è grave, molto grave. La voce giunge in fretta in victory lane e i festeggiamenti neanche cominciano. Quando l’ambulanza lascia il circuito con le sirene spente tutti hanno capito che per “The Intimidator” non c’è più nulla da fare.

Cinque mesi dopo, nella tradizionale gara del weekend del 4 luglio, si ritorna a Daytona. Dale Jr. è sesto a sei giri dalla fine ma, come dirà Allan Bestwick alla bandiera a scacchi:

“…using lessons learned from his father to go from 6th to 1st and score the victory in the Pepsi 400!”

vincerà nel tempio che suo padre aveva conquistato tante volte. Dietro di lui conclude Michael Waltrip che può festeggiare così sia Junior, sia la Daytona500 di qualche mese prima. Inutile dire che questa scena diventa una delle più commoventi della storia della Nascar. Ma manca ancora nel palmares la gara più importante.

2004-2014: Questione di famiglia

Sono passati esattamente sei anni da quel giorno felice del 1998 e Junior non si lascia scappare l’occasione. Per gli ultimi 20 giri Tony Stewart prova a passarlo, ma non ci riuscirà. In cabina di commento c’è sempre Bestwick che dice una frase semplice, ma che segna il definitivo passaggio di consegne fra padre e figlio:

“The legacy continues. Dale Earnhardt Jr. wins the 46th Daytona 500.”

Dopo dieci anni e un doloroso divorzio dal team fondato da suo padre, Dale Jr. rivincerà la Daytona500 nel 2014, un successo che gli permette di interrompere una striscia negativa, molto simile a quella di suo padre nel 1998, di 55 gare senza vittorie. Stavolta in cabina di commento c’è Mike Joy, come con “The Intimidator” 16 anni prima.

E il cerchio si chiude, anzi no.

2017: Un ultimo tributo

Dale Earnhardt Jr. ha annunciato il ritiro da qualche mese e quella di Homestead sarà la sua ultima gara in Cup Series. Ha passato i 40 anni, si è (finalmente) sposato ed ha da poco scoperto che diventerà padre, ma soprattutto negli ultimi anni ha subito due commozioni cerebrali che hanno lasciato il segno. Prima della partenza dell’ultima gara l’attenzione è ovviamente tutta su di lui e non sui quattro che di lì a poco si contenderanno il titolo. In programma c’è un giro d’onore davanti al gruppo ma deve partire dal fondo, infatti come suo padre 19 anni prima ha rotto un motore nelle libere. E come per suo padre si trova davanti a sé tutta la pit lane pronta ad omaggiarlo dandogli il cinque.

L’istantanea è la stessa e la mente di tutti ritorna a quel giorno di febbraio del 1998, quando il pilota più forte dopo Richard Petty aveva finalmente vinto la gara regina della Cup Series.

finally il cerchio si chiude.

Immagini: Getty Images per Nascar.com e altre fonti (per segnalare copyright: info@passionea300allora.it)

Fonte risultati 1979-1997: Rick Houston – “Dale Vs Daytona: The Intimidator’s Quest to Win the Great American Race” – CarTech 2017

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