NASCAR 1979: cronaca di un passaggio di consegne

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Tempo di lettura: 24 minuti
di Gabriele Dri @NascarLiveITA
13 Novembre 2019 - 18:00
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C’è sempre un momento in cui uno sport passa dalla fase in bianco e nero a quella a colori. Certe volte corrisponde anche al passaggio fisico dalla bi- alla policromia sugli schermi televisivi e delle volte no. Di sicuro questo non corrisponde a quanto successo negli USA con la Nascar, nello specifico con la Cup Series perché al tempo c’era solo una categoria nazionale e non tre come ora, dato che la TV a colori oltreoceano è arrivata addirittura nel 1954 e non nel 1979, l’anno in cui le stock car entrarono davvero nell’era moderna.

40 anni fa andò in scena infatti l’ultima battaglia di un’era e la prima di una nuova, il penultimo passaggio di una fase di cambiamenti iniziata nel 1971 quando la Nascar ottenne il suo primo grande sponsor, la marca di sigarette Winston che divenne sinonimo di Cup Series fino al 2003 quando il mondo era decisamente cambiato, passata per il 1972, quando il calendario venne ridotto dalle 48 gare dell’anno precedente a sole 31 e senza più dirt track, e conclusa nel 1981 in occasione dell’introduzione delle vetture della (poi rinominata) “Generation 3″, dotate di passo ridotto (110″ anziché 115”, ovvero 279 cm al posto di 292) dato che l’era dei transatlantici iconici “Made in Detroit” era finita in seguito alla crisi petrolifera del 1973 e quella energetica del 1979 scatenatasi in seguito alla rivoluzione iraniana.

E così, due giorni prima della partenza per l’esilio dell’ultimo Scià di Persia Reza Pahlavi, il 14 gennaio 1979 inizia a Riverside (California) l’edizione del trentennale della Cup Series. Rispetto all’anno precedente il calendario è sostanzialmente confermato (31 gare al posto di 30) e c’è solo il ritorno al Texas World Speedway dopo sei anni di lontananza nella speranza di rivitalizzare l’ovale di College Station ma sarà un tentativo inutile. Tutti gli occhi sono su Cale Yarborough alla caccia del quarto titolo consecutivo. Già tre di fila erano un record (Petty non ne ha mai vinti più di due di seguito e per stracciare Cale bisognerà aspettare i cinque di Jimmie Johnson nel 2006-10) e quindi il ruolo di favorito è suo. Anche perché nulla è cambiato, il team è lo stesso, quello di Junior Johnson, e la vettura, una Oldsmobile Cutlass, pure. Gli avversari non sono cambiati neppure loro: c’è Richard Petty sulla #43 di famiglia, c’è Bobby Allison sulle Ford di Bud Moore, il giovane Darrell Waltrip sulle Chevy del DiGard Motorsports,  poi Benny Parsons, Buddy Arrington e infine tanti altri big degli anni ’70 che corrono part-time come David Pearson e Buddy Baker.

Come detto si comincia a Riverside con la prima delle due tappe sullo stradale californiano in una gara lunga 500 km erede di quella che una volta era una estenuante maratona lunga 500 miglia. A conquistare la vittoria è Darrell Waltrip, al primo dei suoi cinque successi qui. Ma questa è solo l’introduzione ad una lunga stagione e il successivo appuntamento è previsto per metà febbraio a Daytona. E sarà “one for the ages”.

La leggenda di quella gara nasce dall’intraprendenza di Ken Squier, giornalista della CBS, fondatore di MRN ed ora membro della Hall of Fame della Nascar. Ken convince i dirigenti della rete televisiva a trasmettere la Daytona500 in diretta ed integralmente. Già negli anni ’70 la Nascar era arrivata in TV, specialmente grazie alla ABC ed al suo “Wide World of Sports”, una sorta di “Domenica Sport” con collegamenti da varie discipline, ma le stock car (con anche Jackie Stewart in veste di commentatore) venivano mostrate solo a spezzoni, o in differita, oppure in sintesi. Qui invece si cambia passo e il dispiegamento di mezzi è incredibile. C’è pure la on-board camera, ma sul momento nessuno vuole montarla dato che è ancora primitiva e pesa moltissimo (circa 16 kg), tuttavia alla fine Benny Parsons accetta.

Tutto è pronto per lo show dell’anno, in ballo per tutti c’è moltissimo, il palcoscenico è di quelli irripetibili… e invece piove. Ma non è solo pioggia, è un enorme fronte depressionario che parte dalla Florida e arriva fino al New England. Qualcuno la definirà “The Perfect Storm”, ma solo a posteriori. Infatti lo spazio per il satellite e in palinsesto non è eterno, e se la gara non parte in tempo, beh allora addio show e addio a gran parte del montepremi! C’è bisogno di due interventi, uno fisico ed uno spirituale. Per il primo ci pensano i piloti che iniziano la gara sotto caution per asciugare la pista ancora umida e per il secondo lo stesso Bill France, grande capo della Nascar, che dalla terrazza delle tribune ad un certo punto apre le braccia al cielo… e la pioggia da lì in poi non cade più. Dopo 15 giri disputati dietro la pace car la vera corsa può cominciare e milioni di spettatori della costa Est, bloccati in casa dalla pioggia oppure da una bufera di neve, si sintonizzano sulla Daytona500.

E lo spettacolo non manca: al giro 30 in curva2 Bobby Allison è affiancato al fratello Donnie quando da dietro arriva Yarborough (e i tre non si sopportano già da tempo) e sembra che Cale tocchi Bobby mandandolo contro Donnie. I tre finiscono in quella che sembra erba ma che in realtà è fango, una palude persino più umida del lago Lloyd che è nell’infield a pochi metri da loro. La gara prosegue poi con i consueti scambi di posizione fra tutti i big magicamente commentati da Ken Squier e David Hobbs, poi il gruppo inizia a spezzarsi. A 30 giri dalla fine chi c’è di nuovo in testa a sorpresa? Donnie Allison e Cale Yarborough! 2 ore prima erano impantanati e staccati di almeno un giro, ora si contendono il premio più importante. Tutto si risolve all’ultimo giro: sul rettilineo opposto Cale attacca all’interno, ma Donnie lo blocca mandandolo con due ruote sull’erba e Yarborough perde il controllo finendo contro Allison. I due finiscono contro il muro all’ingresso di curva3 a un miglio dal traguardo e per loro la Daytona500 è finita lì. Già, ma ora chi vince?

A oltre 15″ di distacco c’è un terzetto composto da Richard Petty, Darrell Waltrip e AJ Foyt. Nessuno di loro sa ancora quello che è successo, ma appena passano sul luogo del misfatto sanno che ora sono loro a contendersi la vittoria e – secondo le regole dell’epoca (racing back to the caution in gergo) – anche se la bandiera gialla è stata tecnicamente esposta insieme a quella a scacchi, ci si può sorpassare fin sul traguardo. Waltrip esce da curva4 in scia a Petty ma Richard rimane in mezzo alla pista e impedisce una manovra decisiva, Darrell prova a mettere pure due ruote sull’apron ma è troppo tardi. Richard Petty ha vinto la sua sesta (di sette) Daytona500. E la vittoria è significativa per molti aspetti. Ha passato già i 40 anni e non vinceva addirittura dal 4 luglio 1977, ma soprattutto è la prima dopo l’intervento chirurgico subito nel dicembre dell’anno precedente (appena tre mesi prima dunque) in cui i medici hanno dovuto asportargli addirittura il 40% dello stomaco reso inutilizzabile dalle ulcere. Intanto in curva3 Donnie, con l’aiuto di Bobby, sta facendo a pugni con Cale e questo aiuterà ulteriormente a mettere la Nascar in prima pagina il giorno dopo.

Una vittoria a testa per i due contendenti principali dunque, ma dovranno digiunare per un po’. A inizio marzo si va a Rockingham e a regalare titoli sui giornali ci pensa ancora un incidente e i protagonisti dopo appena 10 giri sono ovviamente sempre loro, Cale Yarborough e Donnie Allison, e la vittoria del fratello Bobby passa in secondo piano. La tappa successiva è Richmond, finalmente oserei dire dato che è stata posticipata di due settimane per la pioggia; qui non ci sono problemi e Yarborough ottiene il successo. La prima parte del calendario non ha pause e si passa ad Atlanta (Buddy Baker vince grazie ad un’ultima ripartenza fulminante e fa il bis dopo aver conquistato l’edizione inaugurale di “The Clash” a Daytona, la classica gara di esibizione che tutt’oggi apre la stagione) e North Wilkesboro, dove Bobby Allison ottiene la seconda vittoria stagionale e si candida fortemente per il titolo.

1° aprile, Bristol. Leggendo i giornali della sera si potrebbe pensare ad un pesce d’aprile e invece è tutto vero. Un pilota alla 18esima gara in Cup Series (disputate nel corso di tre anni) e solo alla prima stagione completa ottiene la sua prima vittoria. E’ – allora – un record assoluto nell’era moderna della Nascar e in molti cominciano a capire che quel 28enne di Kannapolis ci sa fare malgrado i problemi del passato a trovare una vettura ed i soldi per correre. Il suo nome è Dale Earnhardt. A Daytona era talmente sconosciuto che, quando la sua Buick #2 gialla e blu del Rod Osterlund Racing andò in testa, Ken Squier e gli altri commentatori credevano si stesse sdoppiando. Diciamo che avrebbe fatto parlare di sé un po’ di più in futuro.

Bristol, 1/4/1979: Dale Earnhardt vince a Bristol la sua prima gara in Cup Series. E’ nata una stella

Altro weekend e altra gara, questa volta a Darlington e va in scena uno dei duelli più belli della storia, forse ancora più bello di quello del 2003. Richard Petty e Darrell Waltrip si scambiano la prima posizione otto volte negli ultimi cinque giri, tre nell’ultimo passaggio. A prevalere è il giovane di Owensboro che, grazie a questo successo, ottiene la settima top5 nelle prime otto gare (farà nove su dieci) e vola sempre di più in testa al campionato. Ma la notizia più incredibile è quella che succede in pit lane. In una delle ultime soste, dopo un fraintendimento con la pit crew (una delle migliori della storia della Nascar), David Pearson riparte con due ruote non fissate che, dunque, si staccano poco dopo. Al ritorno ai box ne nasce una discussione animata con i fratelli Wood il cui esito finale è la separazione fra pilota e team, se consensuale non si saprà mai ma di sicuro non è pacifica, dopo quasi un decennio di successi insieme.

Dopo due mesi senza pause finalmente arriva la Pasqua a mandare tutti a casa e la classifica parla chiaro: dopo 8 gare su 31 in programma Darrell Waltrip è in testa alla generale con 1317 punti, 81 in più di Bobby Allison mentre tutti gli altri (Cale Yarborough, Donnie Allison, Benny Parsons, Richard Petty, i rookie Joe Millikan e Dale Earnhardt) hanno già un distacco in tripla cifra.

Al ritorno si fa tappa a Martinsville e a sorpresa Richard Petty porta a casa una vittoria, la prima su uno short track in ben quattro anni e la prima nella sua carriera al volante di una Chevrolet, ma i principali rivali gli arrivano alle spalle e quindi non guadagna su di loro tanti punti. Il mese di maggio inizia a Talladega con il terzo successo stagionale di Bobby Allison, ma la notizia principale è l’incidente che avviene al quarto giro, innescato quando il leader Buddy Baker fora e si scatena il classico big one. Fra le 17 vetture coinvolte ci sono anche Harry Gant, Dale Earnhardt, Benny Parsons e Cale Yarborough il quale, appena la sua Oldsmobile si ferma, scende dalla vettura ma non si avvede che la carambola non è ancora finita e viene travolto dalla Chevrolet di Dave Marcis che è stata tamponata da D.K. Ulrich il quale sta viaggiando con tutti e quattro i pneumatici forati. Il timore è tanto perché Cale sul momento perde la sensibilità agli arti inferiori, ma a fine giornata la paura passa e Yarborough tornerà subito al volante.

Sei giorni dopo si corre a Nashville al vecchio Fairgrounds Speedway, ovale che tanto vorrebbe una gara Nascar anche oggi ma che in vista del 2021 deve affrontare ancora tanti ostacoli. E Yarborough non solo torna ma pure vince, seppur dopo una notevole polemica. Richard Petty (secondo al traguardo staccato di 2.8″) e Bobby Allison (terzo a un giro) giurano che Cale non solo non ha vinto, ma gli sono stati conteggiati addirittura due giri in più rispetto a quelli realmente percorsi dalla #11, uno in seguito ad un incidente con J.D. McDuffie ed un altro durante una sosta durata ben 22″. Ma i commissari non vogliono sentire ragioni e confermano la classifica. Intanto Waltrip è arrivato solo 21° ed ora ha un vantaggio in classifica di soli 21 punti su Allison e 128 su Petty.

Dover è sempre stata una delle tappe più massacranti della Cup Series e lo era ancora di più quando le gare erano da 500 miglia e non da 400 come oggi. E domenica 20 maggio rappresenta una svolta nel campionato, ma non nel senso che ci si aspetta, dato che non prefigura come andranno le cose a fine stagione: Richard Petty è costretto a fare le valigie dopo soli due giri in seguito ad un incidente con Jimmy Means, Richard Childress e Ricky Rudd; Darrell Waltrip invece dopo l’inizio di gara in testa accusa dei problemi meccanici e conclude solo 18° staccato di 38 giri. A vincere è Neil Bonnett, chiamato al Wood Brothers per sostituire Pearson, dopo aver sorpassato a tre giri dalla fine Yarborough e grazie al 4° posto Bobby Allison si porta in testa alla classifica generale con 30 punti su Waltrip, 174 su Yarborough e 199 su Petty, dunque staccato di più di quanto valga una vittoria.

Dover, 20/5/1979: Neil Bonnett vince a Dover. E’ la prima vittoria per il Wood Brothers Racing senza David Pearson dal 1972 (AJ Foyt all’Ontario Motor Speedway)

Le cose cambiano però, perché mentre tutti si aspettano Allison e Yarborough, salgono in cattedra invece Waltrip e Petty. Darrell nelle ultime 19 gare conquisterà cinque vittorie, Richard invece non uscirà più dalla top10. Pian piano inizia il loro recupero prima ed il loro duello poi. E si inizia subito alla tradizionale 600 miglia di Charlotte, con 59 cambi di leader (ancora record della pista) tutti in pratica nei primi tre quarti di gara, l’ultimo infatti arriva a 92 giri dalla fine quando Waltrip sorpassa Earnhardt e va a vincere davanti a Petty e lo stesso Dale, allora non ancora “Intimidator” ma soltanto “Ironhead”.

Charlotte, 27/5/1979: il duello è spettacolare fra Earnhardt e Waltrip, ma alla fine è Darrell a vincere la World 600

Il mese di giugno inizia al Texas World Speedway, ovale da due miglia su cui non si correva come detto da sei anni e che in poco tempo verrà chiuso alle gare, e Waltrip concede il bis dominando la 400 miglia rifilando un giro a tutti. La trasferta verso Ovest prosegue con la seconda tappa di Riverside che inaugura in pratica il girone di ritorno. A conquistare la pole è a sorpresa il giovane Dale Earnhardt. Il fatto sorprendente non è questo in sé, né che in questa stagione di pole ne conquisterà ben quattro (Richmond, Dover e North Wilkesboro le altre), ma che in tutta la carriera terminata tragicamente a Daytona nel 2001 di partenze al palo Dale ne conquisterà soltanto 22, pochissime in confronto alle 76 vittorie e ai sette titoli conquistati. La vittoria invece va a Bobby Allison davanti a Waltrip.

In Michigan la vittoria di Baker non fa notizia, mentre lo fanno i 47 cambi di leader e le prime polemiche che genera Earnhardt, accusato da Waltrip e Petty di essere quasi finito in testacoda davanti a loro in un avventato tentativo di superare Bonnett nel finale di gara. Dopo questa gara – con 16 corse su 31 in archivio – Waltrip è ancora in testa alla generale con 41 punti su Allison, ma la parte competitiva della stagione di Bobby è già alle spalle e Darrell si invola da solo davanti a tutti.

Il mese di luglio scorre via tranquillo, tranne per l’appendice finale. Nella tradizionale gara del 4 luglio a Daytona Neil Bonnett conquista un’altra vittoria per la storica #21 mentre a Nashville ancora una volta Waltrip ridicolizza gli avversari conquistando pole, 409 giri in testa su 420 (e gli altri 11 sono del giovane del posto Sterling Marlin, appena alla quarta gara in carriera) e vittoria staccando di un giro Yarborough, di tre Earnhardt e Parsons, di 14 (!) Petty quinto. Una gara d’altri tempi.

Il 30 luglio si corre a Pocono dopo un tradizionale rinvio di 24 ore per la pioggia. Dopo Dover questo è il secondo momento fondamentale nella stagione. Prima di tutto a metà gara, dopo essere stato a lungo in testa, Dale Earnhardt finisce a muro a causa di una foratura in uscita di curva2 e l’impatto è tremendo. Per lui c’è la rottura delle clavicole e dello sterno; riesce ad uscire dalla vettura ma subito dopo perde conoscenza. Sarà costretto a saltare ben quattro gare e il quinto posto in generale gli scivola via così. Davanti intanto la gara prosegue e la battaglia è furiosa, ben 55 cambi di leader con protagonisti Baker, Waltrip, Petty e Yarborough. A pochi giri dalla fine arriva una caution e Darrell, in quel momento secondo, decide di fermarsi e cambiare gomme in vista della ripartenza visto che a pieni giri ci sono solo otto vetture, ma succede un imprevisto e la gara non viene ripresa. Yarborough vince davanti a Petty mentre Waltrip è solo settimo. Avrebbe potuto guadagnare 10 punti su “The King” e invece ne perde 19. Uno swing di 29 punti che non sembra importante visto che ora Darrell ha definitivamente staccato Allison ed ha un margine di poco più di 200 punti su Petty, Yarborough e lo stesso Allison, a loro volta racchiusi in appena sette lunghezze.

Mancano 12 gare alla fine della stagione e Waltrip ha oltre una corsa di vantaggio su tutti i principali rivali, ma la contesa non è finita e infatti pure Darrell lo sa bene e conquista subito un’altra vittoria a Talladega davanti al sostituto di Dale Earnhardt che è quel David Pearson che non aveva più gareggiato dalla separazione col Wood Brothers; da notare anche il debutto in Cup Series per Kyle Petty, appena 19enne figlio di Richard che a Daytona a febbraio aveva vinto la gara della ARCA Series. E’ passato Ferragosto e da questo momento in poi la stagione di Waltrip sarà un’altalena.

In Michigan, dove Wangerin vola letteralmente fuori dalla pista senza troppe conseguenze e Petty torna alla vittoria sorpassando all’ultimo giro Baker, Waltrip è solo 19° e perde 74 punti nel confronto diretto. A Bristol Darrell conquista la prima delle sue 12 vittorie sull’ovale del Tennessee ma “The King”, alla 123esima e ultima pole in carriera (anche questo un record ancora imbattuto seppur meno notevole delle 200 vittorie), è secondo dietro di lui. Alla “Southern 500” di Darlington arriva la seconda picconata: Waltrip è in testa alla gara con oltre un giro di vantaggio ma ai -72 finisce a muro in curva1 e da lì la sua gara sarà in picchiata. Dopo un’ulteriore testacoda alla ripartenza concluderà soltanto 11° mentre in victory lane ci finisce il re di Darlington ovvero David Pearson che, all’ultima gara da sostituto di Earnhardt, si toglie la soddisfazione di dominare l’ultima fase di gara battendo di due giri e quattro secondi un giovane pilota della Georgia di nome Bill Elliott, un altro giovane pilota che poi dominerà gli anni ’80. Questa gara è da ricordare anche perché è l’ultima nella storia con ben otto costruttori impegnati (Buick, Chevrolet, Chrysler, Dodge, Ford, Mercury, Oldsmobile e Pontiac).

Dopo la gara di Richmond, dove Earnhardt torna ed è subito in pole ma a vincere è un Allison ormai fuori dai giochi seppur sia in terza posizione in classifica generale, a Dover Waltrip ha un incidente dopo appena 58 giri e la sua gara è praticamente finita. Riesce sì a concludere 29° ma a 193 giri di distanza dal vincitore che – purtroppo per lui – è il suo principale avversario, quel Richard Petty che ora è distante in classifica soli 83 punti. E non è finita qui.

Dover, 16/9/1979: Richard Petty batte Donnie Allison per mezza lunghezza e dimezza il ritardo in classifica da Darrell Waltrip

Una settimana più tardi si va a a Martinsville e Darrell ha trascorso in testa – in maniera simile a quella di Darlington – 184 dei primi 274 giri. Sta dominando quando all’improvviso gli si rompe il motore. Gara finita? No, i meccanici del team #88 del DiGard Racing gli sostituiscono il propulsore nel tempo record di 11 minuti (la Nascar vieterà questa pratica dalla stagione successiva proprio come conseguenza di questo episodio) e Waltrip torna in corsa, seppur staccato. Riesce a salvare un incredibile 11° posto a 29 giri dal vincitore Baker, ma Petty è secondo ed ora è solo a -48.

E’ ormai ottobre e mancano soltanto cinque gare alla fine del campionato, l’inerzia è totalmente dalla parte di Petty mentre Waltrip non indovina più due gare di fila anche se la vettura è ancora veloce. Dopo la tregua di Charlotte (Bonnett conquista la 13esima pole consecutiva a Concord per il Wood Brothers e poi vince Yarborough) in cui Darrell è terzo e Richard quarto si va a North Wilkesboro dopo un altro rinvio per pioggia, questa volta addirittura di due settimane, e la situazione esplode.

In testa – come sempre – c’è Waltrip e ormai mancano meno di 100 giri alla fine ma Allison sta rimontando ed inizia un duello molto ravvicinato. Al giro 308 Bobby passa Darrell che risponde al giro successivo in maniera decisa. Allison non ci sta e lo manda direttamente a muro. Mentre Benny Parsons ringrazia, passa in testa e andrà a vincere, il team di Waltrip rimanda la #88 in pista dopo le riparazioni e cerca la vendetta stringendo Allison al muro, prima e anche dopo l’esposizione della bandiera nera, che in Nascar indica solo l’assegnazione di una penalità. Solo dopo che il direttore di gara Bill Gazaway scende direttamente in pista a sventolargli una seconda bandiera nera allora Waltrip si calma. In tutto questo anche Petty ringrazia e col terzo posto ha praticamente completato la rimonta ed è a soli 17 punti di distacco dal rivale. Ormai il favorito è “The King”: a Rockingham Richard non manca l’appuntamento e vince dopo un duello con Parsons durato almeno 150 giri. Questo risultato combinato col sesto posto di Waltrip lo manda in testa alla classifica generale per la prima volta in oltre due anni con appena otto punti di margine.

Due gare, 1000 miglia totali divise fra Atlanta e Ontario (che a differenza di quanto possa suggerire il nome si trova in California ed è un ovale inaugurato nel 1970 e modellato come copia fedele di Indianapolis per poi essere demolito nel 1981) decideranno il campione dell’edizione del trentennale della Cup Series. La prima corsa, quella in Georgia, è molto lineare visto che se la contendono Earnhardt, Bonnett e Yarborough mentre i duellanti badano più che altro a non commettere errori fatali. Entrambi concludono staccati di un giro, ma Waltrip è quinto e Petty sesto e c’è il controsorpasso.

18 novembre 1979, Ontario Motor Speedway, periferia di Los Angeles. Siamo ad appena 10 km di distanza in linea d’aria dal luogo in cui 15 anni più tardi Roger Penske costruirà l’ovale di Fontana ma quella è un’era completamente diversa da questa. Tutti sanno che questa è la fine di un periodo storico. I transatlantici sono fuori moda e ormai fuori produzione ma si sfidano ancora in pista. Al volante della storica #43 colorata di blu e rosso sponsorizzata STP c’è Richard “The King” Petty, sei titoli e 190 vittorie in bacheca. Ha 42 anni, tante battaglie alle spalle, altrettante cicatrici sul corpo ed è conscio che questa potrebbe essere l’ultima chance di portare a casa un titolo. Il problema per lui è che è costretto ad inseguire seppur di soli due punti un avversario che è completamente opposto al suo modo di vivere e correre. Se Petty è sempre stato mite e pacato, Darrell Waltrip è estroverso, non ha paura di usare il paraurti e con la sua lingua taglierebbe anche la carrozzeria delle vetture. Con la sua #88 del DiGard Racing ha conquistato 19 vittorie negli ultimi tre anni, ma soltanto un quarto e un terzo posto in campionato. A 32 anni Waltrip è pronto per conquistare il suo primo titolo. Comunque vada però vincerà una Chevrolet Monte Carlo e di questo la casa madre non può che essere felice.

Il duello finale: Darrell Waltrip contro Richard Petty

Due punti di distacco, praticamente partono alla pari visti i 185 punti in palio, 175 per il vincitore, 5 per chiunque passi un giro in testa e ulteriori 5 per chi ne trascorre di più. La pole va a Yarborough davanti a Parsons, Allison (in lotta con Cale per il terzo posto in campionato), Baker e Petty mentre Waltrip è solo 10°. L’atteggiamento in pista dei due è esattamente l’opposto del loro carattere, Waltrip è prudente e conservativo, Petty invece parte all’attacco. Al giro numero 6 Richard passa in testa, conquista i cinque punti e torna virtualmente in testa a +3, ma Waltrip reagisce e tre tornate più tardi, lavorando di strategia durante la prima caution, compie la stessa manovra e fa pari e patta, poi i due lasciano il palcoscenico – e i rischi – agli altri piloti. La disfida però si risolve poco più tardi: al giro 41 Darrell finisce in testacoda per evitare il doppiato Rezek che ha perso il controllo davanti a lui e va in pit lane troppo precipitosamente perdendo un giro dai leader. Probabilmente ancora una volta la sua impulsività lo ha fregato, ma in ogni caso si è trovato in una situazione sfortunata. Waltrip infatti non riuscirà più a recuperare il giro perso malgrado manchino ancora tre quarti di gara. Petty invece può gestire le 500 miglia al meglio: escluso il fatto che entrambi possano portare a casa gli ulteriori cinque punti di bonus, a questo punto a Richard basta concludere la gara davanti a Waltrip, anche fosse solo di una posizione, per recuperare i due punti di distacco.

A tagliare il traguardo per primo è Benny Parsons davanti ad Allison, Yarborough e Baker. A pieni giri in quinta posizione c’è Richard Petty che conquista così il suo settimo titolo in Cup Series. Waltrip è solo ottavo e alla fine battuto per appena 11 punti, il distacco più esiguo nella storia fino al 1992 quando Alan Kulwicki sconfisse Bill Elliott di sole 10 lunghezze. Ma da quel giorno ci siamo già passati. Waltrip mastica amaro perché, malgrado una stagione con sette vittorie, i punti persi a Pocono, Darlington, Martinsville, North Wilkesboro e persino nel gran finale sono davvero tanti.

La classifica finale della Winston Cup Series 1979

La rimonta vincente di Richard Petty nelle ultime 12 gare del campionato da Talladega a Ontario

La carriera di “The King” durerà fino al giorno appena citato del 1992, ma nei 13 anni successivi non sarà mai in lotta per il titolo, specialmente dopo il 4/7/1984 quando conquista la 200esima vittoria in carriera. Ma non è l’unico all’inizio del viale del tramonto. Al termine del 1980 Cale Yarborough smette di correre a tempo pieno (ma non di vincere) e a prendere il suo posto nel team di Junior Johnson sarà addirittura Waltrip! E’ un vero e proprio passaggio del testimone e finalmente Darrell corona la carriera con tre titoli (1981-82-85) e 40 successi – 12 in ciascuna delle prime due stagioni – in cinque anni.

Ci si aspetterebbe che anche Bobby Allison (alla fine terzo in classifica generale per soli 29 punti davanti a Yarborough), ceda di fronte ai giovani visto che ha già passato i 40 anni. Ma Bobby resiste alla grande: nel 1981 e ’82 è vicecampione dietro a Waltrip e nel 1983 diventa a quasi 46 anni il più anziano vincitore di un titolo. Il testimone lo passerà soltanto direttamente a suo figlio Davey alla Daytona500 del 1988, quando Bobby vince (a 50 anni!) davanti al suo erede che però vedrà morire prematuramente cinque anni più tardi. Anche Benny Parsons avrà ancora un paio di stagioni competitive e basta, poi otterrà un enorme successo in qualità di commentatore TV; Baker correva già part-time mentre Pearson lo ha sempre fatto, dunque bisogna cercare nuovi contendenti destinati a scrivere la storia degli anni ’80.

Ho nominato tutti tranne uno se avete notato bene. E’ un giovane di 28 anni che – malgrado un infortunio pesante – ha vinto il titolo di “Rookie of the Year” anche se tecnicamente Joe Millikan gli è finito davanti in classifica a causa delle quattro gare saltate. Le quattro pole e soprattutto la vittoria di Bristol hanno regalato il palcoscenico a Dale Earnhardt. Certo, deve smussare ancora degli spigoli (rimane il dubbio che non l’abbia mai fatto) e limitare l’impulsività, ma il futuro sembra essere dalla sua. Tuttavia nessuno si immagina quel 18/11/1979 che 363 giorni più tardi a sollevare il trofeo di campione della Cup Series non sarà Waltrip, né Petty, né Allison, né Parsons, né Yarborough (battuto per soli 19 punti in un altro finale al cardiopalma) bensì proprio Dale Earnhardt. Da Petty a Earnhardt in appena un anno, da un sette volte campione ad un altro (futuro) sette volte campione. Sì, quel 1979 fu proprio la fine di un’era e l’inizio di un’altra.

1994: al banchetto di fine stagione Richard Petty si congratula con Dale Earnhardt che ha appena vinto – anch’egli – il settimo titolo in Cup Series. Bisognerà aspettare il 2016 per vedere un altro 7 volte campione, Jimmie Johnson

Immagini: twitter.com/Basso488; twitter.com/NASCARMemories; pinterest.com; GettyImages per thedrive.com

Fonti: en.wikipedia.org; reddit.com/r/NASCAR; racing-reference.info; si.com; popularspeed.com; auto.howstuffworks.com; stockcarracinghistory.com; richardpettyfans.proboards.com

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