MXGP | Intervista a Giacomo Gariboldi: bilancio del 2018 e un’idea meravigliosa per il futuro

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
3 Ottobre 2018 - 11:30
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A poco più di un anno di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, P300 ha avuto il piacere di intervistare nuovamente Giacomo Gariboldi, team principal della squadra ufficiale Honda MXGP. Lo abbiamo raggiunto in occasione dell’ultima prova del mondiale 2018 a Imola, che ha visto Tim Gajser concludere per due volte al secondo posto per la quarta posizione finale in campionato. Un’intervista riguardante soprattutto il campionato appena concluso, con risultati al disotto delle aspettative anche a causa degli infortuni che hanno colpito tutti e tre i piloti passati sotto la tenda di Gariboldi: sia Gajser che Brian Bogers sono finiti in infermeria a campionato non ancora iniziato, tanto da costringere il team Honda a saltare il primo round in Argentina, ma anche Todd Waters, chiamato a sostituire l’olandese dal Gran Premio della Lettonia, è stato costretto subitamente ad uno stop. Bogers, rientrato per gli ultimi due appuntamenti, ha preferito non gareggiare nemmeno a Imola dopo avere raccolto cinque punti ad Assen.

Anche l’argomento futuro, però, non è rimasto tabù. In ottica 2019 e non solo, Honda pensa in grande e l’obiettivo è naturalmente quello di riconquistare il titolo vinto da Gajser nel 2016. Per farlo, lo sloveno dovrà tornare sul livello a lui riconosciuto fino all’infortunio di metà 2017, ma contro Jeffrey Herlings potrebbe non bastare: il sogno, dunque, è portare sotto la tenda MXGP dell’Ala Dorata anche un nome di enorme prestigio, che ancora non vi anticipiamo, per formare un autentico dream team al livello di Herlings-Cairoli in KTM.

Ecco cosa ci ha rivelato.

La prima domanda riguarda il ritorno di Imola: da italiano, che sensazioni hai nel tornare qui? Ti piace questo ambiente, nonostante nel tempo si sia legato di più alle quattro ruote?
“L’ambiente mi piace molto. Già dopo il Nazioni a Franciacorta del 2009 avevo detto a Giuseppe Luongo (patron della Youthstream, società organizzatrice del mondiale motocross, ndr) che il futuro del motocross è su questo tipo di piste. Magari si perde un po’ il ‘sapore’ del motocross tradizionale ma c’è modo di portare più sponsor e più gente. Come in America, il futuro è su circuiti che possano raccogliere meglio gli appassionati. Il circuito mi piace, anche se i piloti hanno criticato il fatto che sia un po’ stretto e non molto tecnico”.

A tal proposito, abbiamo visto la caduta di Cairoli: l’uscita della curva che dà sul rettilineo dei box è effettivamente stretta e lo stesso Tony è stato parecchio critico a questo proposito.
“Sì, i piloti mi hanno detto che c’è una traiettoria sola, non si riesce a superare, questo è un po’ il limite. Ma anche su altre piste più tradizionali ho sentito parlare di carreggiate strette e di ‘monotraiettoria’, per cui è un difetto che con qualche miglioria si può togliere. Può diventare una bella pista”.

Parliamo di questa stagione: secondo te, quanto ha influito il fatto che Gajser si sia infortunato a Mantova?
“Tantissimo, perché è partito con un grossissimo handicap che prima era fisico e poi è diventato psicologico. Ogni pilota, anche quando recupera fisicamente al 100%, impiega più tempo a ritrovare anche la sicurezza e le proprie certezze in pista. Ci sono tante gare e gli altri corrono, stanno bene e prendono condizione, mentre tu devi recuperare sempre e inseguire gli altri. Tim ha passato una stagione ad inseguire, ora sta tornando al top ma ancora non è il Tim del 2016: non è ancora il pilota che guida sciolto, che aggredisce le curve… è tutto un insieme di cose, non ha la preparazione dell’anno scorso e che aveva prima di correre a Mantova quest’inverno. A quel livello, quando sei nei primi tre-quattro del mondiale, sono le sfumature che fanno la differenza tra vincere e arrivare terzo o quarto. A parte Herlings, che in questo momento sta facendo un altro mestiere, vedo Tim un gradino poco sotto insieme a Cairoli, davanti a tutti gli altri”.

Quindi, in una stagione di questo tipo, cosa si può salvare? In che ottica si costruisce il 2019, con il ritorno anche di Bogers dopo il lungo infortunio?
“Da salvare non c’è tantissimo. In MXGP c’è ben poco: quando vieni da una stagione in cui vinci, fare tre-quattro podi in un anno è poco, sono briciole. In MX2 invece abbiamo raccolto una bella vittoria con Vlaanderen, che non ci aspettavamo assolutamente di poter cogliere già quest’anno; ha corso delle belle gare e ha fatto dei podi, quindi qui la stagione è stata positiva, la crescita del pilota è stata costante. Il finale di stagione ci porta a preparare l’inverno, ad essere più pronti per la prossima stagione: se riusciamo a fare un inverno e un pre-stagione senza infortuni, ci possiamo presentare ad inizio 2019 con la speranza di fare meglio di quest’anno”.

In previsione futura, ti è mai passato per la mente di costruire una coppia tipo Herlings-Gajser?
“Herlings avrebbe dovuto correre nel mio team già nel 2010. KTM non sapeva se confermarlo o meno dopo l’europeo, che concluse al secondo posto alle spalle di Christophe Charlier. Mi aveva chiesto disponibilità per un accordo, io che a quel tempo ero ancora in Yamaha risposi di sì. Eravamo ad un passo dal prenderlo, ma la domenica dopo mi disse di avere firmato con KTM poiché avevano deciso di schierare tre moto. Siamo sempre rimasti in contatto, magari a fine 2020 sarebbe bello formare una coppia così. Chiaramente Honda dovrebbe fare delle scelte”.

Beh, se pensiamo a Honda anche in ottica MotoGP, con la coppia Marquez-Lorenzo…
“Si potrebbe valutare anche un’altra opzione interessante, quella di riportare Ken Roczen in Europa. Lo scenario futuro è ancora aperto, Tim ha un contratto fino al 2020, poi vedremo. Più che portare Herlings da noi, l’obiettivo potrebbe essere quello di far tornare qui Roczen, dopo una vittoria nel Supercross”.

Ringraziamo Giacomo Gariboldi per l’intervista, augurandogli un buon lavoro per l’inverno prossimo e un buon 2019.

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