La seconda (e finora ultima) vittoria azzurra coincide con il disastro organizzativo di FIM e Dorna
Il Motocross delle Nazioni 2021 che si terrà a Mantova in questo weekend non verrà di certo ricordato come l’evento più riuscito di sempre, ormai è chiaro. Certo, il Nazioni è sempre il Nazioni e non è altro che la corsa di motocross più prestigiosa al mondo. Potremmo dire che chi c’è c’è e chi vince ha sempre ragione ma è inutile nascondersi: a parte Olanda e Italia, la line-up del Nazioni 2021 vedrà mancare una miriade di grandi protagonisti proprio in un periodo in cui il motocross sta dando il meglio di sé sia ad est che ad ovest dell’Atlantico.
Il Covid-19 e tutto ciò che ne è conseguito (e purtroppo ne sta tuttora conseguendo) ci ha già privato di due edizioni che altrimenti sarebbero state infuocate. Il calendario mondiale 2021 è stato riscritto più volte a causa della pandemia, purtroppo il Nazioni si è ritrovato nel bel mezzo della stagione e se gli statunitensi potevano beneficiare invece di una situazione favorevole, essendo Mantova dopo la conclusione del National, sono state le restrizioni sugli spostamenti internazionali a costringere il team USA a restare a casa. La speranza è naturalmente che dal 2022 si possa tornare alla normalità.
La griglia del Nazioni 2021 ricorderà in parte quella del 2002, anche se per motivi differenti. Nessuna pandemia di mezzo, nessun calendario (incolpevolmente) strampalato a spingere i top riders a prendersi una settimana di pausa. Chissà che l’esito, invece, non possa essere il medesimo.
Il Nazioni numero 56 è inizialmente in programma per il weekend del 29 settembre 2002 a Spa-Francorchamps. Il tracciato belga ha già ospitato il mondiale nelle stagioni precedenti e piace molto ai piloti, quindi il successo sembra assicurato. Ad accordi già siglati, tuttavia, i proprietari si tirano indietro e la location torna ad essere un punto di domanda. FIM e Dorna non riescono a trovare altre piste, tra quelle più famose e preparate di Europa e Stati Uniti, desiderose di ospitare la kermesse (d’altronde il tempo a disposizione scarseggia…), quindi si decide per una mossa rischiosa e azzardata: la scelta ricade sul nuovo Competition Park di San Jacinto, California, Stati Uniti. La corsa più importante del motocross mondiale torna negli States a 15 anni da Unadilla 1987, l’ennesimo trionfo del “Dream Team” che dopo la leggendaria Maggiora 1986 cambia due elementi (Bob Hannah al posto di Johnny O’Mara in 125cc, Jeff Ward al posto dello sfortunato David Bailey in 500cc) ma non certo il risultato finale.
La entry list è leggendaria. La Francia campionessa in carica con Mickaël Pichon, Sébastien Tortelli e Yves Demaria, il Belgio desideroso di rifarsi dallo “schiaffo” dell’anno prima a Namur con il magico trio composto da Stefan Everts, Joël Smets e Marnicq Bervoets, la Nuova Zelanda dei giovani Joshua Coppins e Ben Townley affiancati dalla leggenda sul viale del tramonto Shayne King. Poi ovviamente gli americani, che a Namur nel 2001 non si erano nemmeno presentati ma che in casa ovviamente vogliono fare la voce grossa: Ricky Carmichael, imbattuto nell’ultima stagione del National, Mike LaRocco e Tim Ferry. Oltre a questi squadroni, un sacco di individualità di altissimo livello come James Dobb, Peter Beirer, Chad Reed, Andrew McFarlane, Grant Langston, Tyla Rattray, Gordon Crockard e Javier García Vico. Anche l’Italia schiera una squadra molto ben assortita: nonostante il 2001 di Andrea Bartolini, “Chicco” Chiodi e Alessandro Puzar sia stato tutt’altro che indimenticabile, il trio nel complesso vale sicuramente una possibile top 5 tra i giganti del motocross mondiale.
Le uniche perplessità della vigilia arrivano dal nuovo format, progettato da Dorna che nel 2001 ha rilevato l’organizzazione del mondiale motocross nonché del Nazioni. Dopo il successo (soprattutto televisivo, ed è qui che la questione si fonda) avuto con il rilancio del Motomondiale a partire dal 1992, nella mente di Carmelo Ezpeleta e soci si palesa un’idea meravigliosa… solo per chi non ha la minima idea di cosa sia il motocross: trasformare il mondiale delle ruote tassellate in un Motomondiale del fuoristrada. Già nel 2001, il mondiale motocross si è evoluto in qualcosa di molto lontano dalla storia della specialità stessa: le tre categorie sono state riunite in un unico calendario e per permettere a tutte di gareggiare nella stessa giornata e in un lasso di tempo accettabile per le televisioni a cui Dorna (e solo Dorna) punta, è stato imposto il formato della manche unica. Il tutto a costi piuttosto elevati. Tutto ciò che il motocross non era mai stato e non avrebbe mai dovuto essere. L’abolizione dei premi in denaro attribuiti in base ai risultati di gara ha diminuito ulteriormente l’appetibilità del format, che ha tra gli effetti anche quello di vedere piloti impegnati anche in più classi (cosa che agli albori era addirittura vietata, almeno ai fini delle classifiche mondiali).
Così, nelle intenzioni di Dorna, deve essere anche il Nazioni: un Gran Premio nella accezione più stretta del termine, un evento in gara unica al posto delle tre che lo hanno caratterizzato sin dal 1985, anno della nascita del Nazioni “moderno” con tutte e tre le cilindrate incluse. La regola peggiore, però, riguarda proprio l’abolizione delle tre categorie, peraltro insensata alla luce della finale unica: il modo migliore per tagliare fuori le 125cc, che chiaramente non hanno alcuna chance contro le scattanti e agili 250cc e le mastodontiche e potenti 500cc. I piloti restano divisi in tre “categorie” ma è un frazionamento del tutto simbolico, volto solo a definire chi svolge una sessione (e la relativa gara) di qualifica piuttosto che un’altra. Cervellotico è anche il sistema delle semifinali, brevi gare in stile Supercross con le Nazioni divise tra posizioni pari e dispari in base alla somma dei piazzamenti nelle gare di qualifica: tramite un’ulteriore somma di piazzamenti delle due semifinali si decidono le 12 squadre ammesse alla finale.
Il format è tutt’altro che entusiasmante ma la location e i piloti impegnati saranno incaricati di far dimenticare al pubblico l’inutile trambusto organizzato da Dorna. Già, la location: la pista di San Jacinto può risultare favorevole agli americani solo sulla carta perché è completamente nuova, il National non ci ha mai corso (il tracciato non è nemmeno affiliato con l’AMA!) e pertanto nemmeno i piloti di casa possono godere di un vero vantaggio conoscitivo sul resto del mondo. Situazione che rende il tutto ancora più interessante.
Questo, almeno, nelle intenzioni. Nella prima metà di settembre si scopre, con una desolazione e uno stupore senza precedenti, che nonostante i controlli (positivi!) effettuati in precedenza dalla FIM la pista di San Jacinto non dispone di una licenza adeguata ad ospitare un evento come il Nazioni e nemmeno dei soldi adeguati, tant’è che Dorna ha accettato di incassare circa un quinto dell’importo solitamente richiesto per l’organizzazione del Nazioni, pur di disputarlo. C’è poi il problema della tribù indiana dei Luiseno, indigeni a capo del terreno ove sorge la pista, i quali continuano a fare opposizione in seguito all’incidente mortale di un membro della tribù, avvenuto proprio mentre stava girando sulla pista pochi giorni dopo la sua apertura. Il termine “apertura” è comunque molto relativo, perché il tracciato è stato ultimato (nel mese di agosto…) ma non ci sono nemmeno le infrastrutture necessarie ad ospitare piloti e squadre.
Nessuno sostiene il progetto dell’ente organizzatore e l’evento salta ad una settimana dalla sua disputa, con piloti e squadre già negli Stati Uniti pronti a gareggiare. La pista di Glen Helen si offre come location di riserva ma non vuole pagare a sua volta i diritti (tra i 600.000 e i 650.000 dollari) a Dorna, il promoter fa finta di non avere nemmeno sentito l’offerta e probabilmente si fa anche una sonora risata. Tutti a casa, senza rimborso delle spese di viaggio (e nemmeno di quelle organizzative, per la pista di San Jacinto) e guai a partecipare alla Coppa del Mondo organizzata proprio a Glen Helen dagli americani nel giorno in cui si sarebbe dovuto disputare il Nazioni.
Dorna riorganizza l’evento e naturalmente lo fa a casa propria, a Bellpuig in Spagna, promettendo i rimborsi alle squadre che si sarebbero presentate con i piloti già convocati. Delle 32 Nazioni inizialmente previste ne restano 17 e le defezioni maggiori arrivano da quelle che hanno già partecipato alla Coppa del Mondo (Stati Uniti, Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica). Le principali squadre europee partecipano ma con piloti di seconda e terza fascia. Solo Italia e Repubblica Ceca si ripresentano esattamente con le stesse formazioni di San Jacinto.
L’evento si svolge nel weekend del 21 ottobre, con il format voluto da Dorna ma in un’atmosfera quasi desolante. Un Nazioni a tutti gli effetti boicottato come quello del 1968, quando a Chișinău si presentarono solo Stati del blocco comunista oltre a Francia, Finlandia e Svizzera, in segno di protesta per l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Ovviamente e fortunatamente qui le ragioni sono solo “sportivamente politiche”, ma per il motocross è una giornata disastrosa.
García Vico conquista la finale unica davanti al pubblico di casa, l’Italia porta a casa una vittoria assoluta che ha valore solo perché, come detto all’inizio, chi vince (o, in questo caso, chi corre) ha sempre ragione. Bartolini, Chiodi e Puzar sollevano il Chamberlain Trophy più insignificante della storia del Nazioni, il secondo e finora ultimo per la nostra squadra.
Proprio a Bellpuig, Dorna capisce che il progetto di trasformazione del mondiale del tassello in un mondiale di velocità su sterrato è del tutto inattuabile. Dalla fine del mondiale 2003, tutto questo sarà solo un lontano ricordo.
Immagini e video: Crash.net, Javier García Vico Instagram, mxofnations.blogspot.com, MXGP Facebook, riderplanet-usa.com
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