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“MotoGP Unlimited” batte “Drive To Survive”. E, onestamente, non mi aspettavo nulla di diverso

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 24 Marzo 2022 - 13:30
Tempo di lettura: 8 minuti
ARTICOLO DI ARCHIVIO
“MotoGP Unlimited” batte “Drive To Survive”. E, onestamente, non mi aspettavo nulla di diverso
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Da qualche settimana a questa parte ho modo più del solito di approfittare del divano: così, nelle ultime due, ho visto in rapida sequenza tutta la quarta stagione di Drive To Survive e la prima di MotoGP Unlimited, la neonata serie sulla MotoGP. Entrambe sono incentrate sulla stagione 2021 che ha visto da una parte Verstappen togliere lo scettro di Campione ad Hamilton e, dall’altra, consacrarsi la stella di Fabio Quartararo.

Onestamente non avevo intenzione di rivedere Drive To Survive. Mi ero fermato alla prima stagione della serie Netflix dopo averne capite le intenzioni e le modalità. Per avere un confronto ad oggi, in parallelo, ho dovuto quindi fare ricorso a tanta pazienza per guardare la prima, con molta curiosità invece per la seconda, portata in streaming da Amazon Prima. Sia ben chiaro: questa non vuole essere una vera e propria recensione, ma più una serie di considerazioni personali sulla visione di queste due serie. Non a caso vengono pubblicate in forma di blog.

Partiamo da un presupposto: entrambi i prodotti hanno il fine di portare nuovi spettatori allo sport che viene rappresentato. Il loro target, pertanto, è l’utente che non conosce l’argomento e l’obiettivo è farlo appassionare al punto tale da convincerlo a vedere almeno una gara, con la speranza di conquistarlo definitivamente. Sotto questo punto di vista, è stato riconosciuto a più riprese che Drive To Survive ha centrato pienamente l’obiettivo e sono assolutamente convinto che MotoGP Unlimited farà altrettanto, con una differenza sostanziale che capirete più avanti.

Altra premessa: chi segue F1 o MotoGP regolarmente deve tenere presente in ogni momento che il prodotto è dedicato all’utenza “ignorante” (rigorosamente tra virgolette a sottolineare il senso buono del termine, sia chiaro). Pertanto è assolutamente normale assistere, da entrambe le parti, a contenuti che possono essere definiti noiosi semplicemente perché già a nostra conoscenza. Nel mio caso è stato fondamentale ascoltare le voci originali con i sottotitoli in italiano che, a volte, non rappresentano alla perfezione quanto detto. Alcuni termini, infatti, non sono tradotti correttamente. Il doppiaggio in italiano può essere utile solo a chi non conosce le voci dei protagonisti e si affaccia per la prima volta a questi mondi. Per chi come me è abituato a sentire “live” piloti e addetti ai lavori, è impossibile sentirli con un’altra voce che si sovrappone.

Un plus della serie Amazon è rappresentato dai momenti in cui a parlare non sono solo gli addetti ai lavori ma le persone più vicine ai piloti, genitori o meccanici che vivono da vicino la tensione di ogni singolo appuntamento: la paura, l’esaltazione, il dramma, la vittoria. Un’altra differenza sostanziale che deriva dallo sport in sé, in questo caso la MotoGP, è data dagli infortuni che si susseguono nel corso della stagione, permettendo alle telecamere di entrare in un dietro le quinte fatto di sforzi, cicatrici, sofferenze, operazioni, punti sulla pelle e recuperi lampo. In questo l’odissea di Marc Márquez, non ancora terminata, è illuminante. Il tutto con un messaggio molto chiaro: i piloti sono comunque esseri umani, con le loro paure e debolezze. Ognuno con un proprio carattere, una propria storia, un modo differente di reagire alle difficoltà. I rientri ai box furenti, i momenti d’ira per una modifica che non va, un motore che non spinge quanto necessario, sono piccole perle; questo fa sì che anche un appassionato di questo ambiente di lunga data risulti interessato a guardare questa serie, anche se ne conosce già gli avvenimenti, i risultati e parte delle dinamiche. Il solo racconto del 2021 di Maverick Viñales vale la visione, con una produzione che ha dovuto adattarsi all’improvvisa rottura con Yamaha e al passaggio in Aprilia con, in mezzo, la nascita della figlia. Inoltre, l’arrivo di questa serie nell’anno del ritiro di Valentino Rossi ha dato modo di vedere anche qualche retroscena sulla maturazione della decisione del campionissimo, nel corso dell’anno, di appendere il casco al chiodo, per lo meno quello da moto.

MotoGP Unlimited, insomma, entra più nel profondo nella vita dei protagonisti di quanto faccia Drive To Survive, il quale si limita a piccoli momenti di vita quotidiana di alcuni personaggi ma sempre con un focus sulle corse, sulla lotta, sulle polemiche e (in questa serie) sul rapporto poco amichevole tra Chris Horner e Toto Wolff, fatto di battute incrociate anche poco gentili. Qui non troverete la storia di un Jack Miller che ospita un giovane connazionale a casa sua (Billy Van Eerde, pilota CEV), sottolineando quanto sia difficile la vita di chi abbandona casa per inseguire il suo sogno di pilota da corsa; non troverete le riflessioni di padri e madri sui rischi corsi in pista dai figli, così come non troverete le disquisizioni tra piloti sul prossimo motorhome da acquistare; scene anche semplici, per carità, che sanno però di normalità. Drive To Survive lambisce superficialmente le vite fuori dalla pista, anche per l’assenza di momenti difficili come gli infortuni, che fanno purtroppo parte in misura maggiore nella controparte a due ruote; preferendo, poi, la zizzania tra piloti o team principal e cercando con questa di catturare l’interesse dell’utente. Il massimo a cui si arriva è Chris Horner che chiede a sua figlia chi vincerà il titolo mondiale, con risposta ovviamente scontata.

Per il resto, nella serie Netflix non è cambiato nulla tra la prima e la quarta stagione in termini di modalità di rappresentazione del mondiale di Formula 1, votata prettamente allo show più che allo sport, con un’elevata attenzione alle polemiche, agli screzi e a tutto quel “drama” che fa audience, non necessariamente puro. Sotto questo aspetto le critiche ricevute da alcuni piloti sulle forzate rivalità tra compagni di squadra ed il rifiuto di Verstappen ad essere intervistato per la serie dicono già molto da sé. Far passare Norris per il pilota che quasi gode delle difficoltà del compagno di squadra (Ricciardo) nella prima parte del 2021 non è onestamente il massimo (e lo stesso era successo al tempo di Carlos Sainz in McLaren), così come la cronologia degli eventi viene spesso sacrificata sull’altare del focus sulla squadra nel tale episodio.

MotoGP Unlimited, infatti, può essere definito cronologicamente più fedele all’andamento del mondiale 2021 della MotoGP. La serie porta avanti in parallelo quello che succede gara dopo gara con quelle che sono le esperienze dei protagonisti. Anche qui, bisogna tenere conto che diverse immagini sono conosciute a chi segue la categoria, che non rappresenta però il target della serie. Drive To Survive, invece, si focalizza sui team seguiti nel corso della stagione quasi come se fossero delle “mini serie” a sé, intervallate man mano dall’andamento del campionato.

Nella serie Netflix non mancano errori di montaggio, non so quanto voluti. Ad un occhio relativamente sveglio (non di certo quello di chi non conosce l’argomento, avranno pensato) non scappano gli spezzoni di un tracciato diverso rispetto a quello di cui si parla. Se la pista gira in senso antiorario è difficile che una monoposto sterzi a destra uscendo dal garage. Tremendi poi i momenti in cui, negli onboard, l’audio non è sincronizzato con l’immagine (capita che le cambiate si vedano sul volante per poi sentirsi dopo) oppure è relativo ad un altro tratto di pista, mandando in confusione chi vede una frenata ma sente il motore che continua a spingere. Un pasticcio, insomma.

Concludendo, al termine della visione di entrambe le serie posso dire una cosa: una seconda stagione di MotoGP Unlimited avrebbe sicuramente (tempo permettendo) la mia attenzione anche se conosco già l’argomento; un’eventuale quinta di Drive To Survive no, se non per necessità di altro tipo. In entrambi i casi mi lascia perplesso il fatto che sia necessaria una Serie TV per venire a conoscenza di sport esistenti da decenni e ormai presentissimi sui Social. Sebbene ci siano delle piccole similitudini tra i due prodotti in termini di realizzazione (come le singole interviste ai protagonisti) chi si avvicina alla Formula 1 dopo la visione di Drive To Survive ha, secondo me, una percezione inconsapevolmente distorta dello sport, legata prettamente al fattore show/drama/polemiche e via dicendo. Se per acquisire spettatori è necessario strumentalizzare parte della realtà c’è qualcosa che non va. E, per quanto mi riguarda, non è il massimo che una nuova fetta di fan venga raccolta così. Chi, invece, seguirà per la prima volta una gara di MotoGP dopo essersi interessato a MotoGP Unlimited avrà un background più vero, sincero, trasparente del mondo a due ruote rispetto alla sua controparte a quattro, perché mostra in modo molto più marcato il lato umano del personaggi che vengono raccontati ed offre un qualcosa in più che ne giustifica a prescindere la visione.

MotoGP Unlimited, insomma, batte Drive To Survive. E, onestamente, non mi aspettavo nulla di diverso.


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