MotoGP | Suzuka ’98: Max Biaggi, un inizio da sogno per un finale da incubo

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Tempo di lettura: 9 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
5 Aprile 2020 - 22:00
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Ai giorni nostri la visione dei fan e degli appassionati di Motomondiale è molto “MotoGP centrica”. Nonostante la presenza di Moto2 e Moto3 come categorie propedeutiche e nonostante in alcuni weekend queste offrano gare a volte anche migliori della classe regina, alla fine si considerano come un mero antipasto prima della “grande abbuffata” con i prototipi da 1000cc.

È un’idea che, almeno da fuori, pare condivisa anche dagli stessi piloti, quantomeno quelli più forti e per cui è possibile il passaggio da una categoria all’altra. Si preferisce molto spesso bruciare le tappe, limitarsi a un mondiale in una delle due categorie e, appena possibile, raccogliere la prima opportunità (qualunque essa sia) per arrivare al sogno della MotoGP il più in fretta possibile.

I cosiddetti “specialisti di categoria” non esistono praticamente più, ovvero quei piloti che, pur tra i più vincenti della propria serie, preferivano non cambiare classe ma perseverare alla conquista di altri successi, seppur sempre contro gli stessi avversari. A oggi, un pilota che rimane a lungo nelle stesse fila di una categoria è quasi esclusivamente per i suoi risultati non sufficienti a giustificare un passaggio, com’è stato per Tom Lüthi tra 250cc e Moto2 fino al suo disastroso passaggio in MotoGP nel 2018 o com’è stato per Álex Márquez fino alla fine dello scorso anno, dopo ben cinque stagioni in cui è stato sfilato da altri contendenti per il passaggio in MotoGP, fino al suo secondo titolo Moto2. Ci sono anche casi paradossali alla Fenati, ma non entrerei granché nel dettaglio.

Difficile dire cosa spingesse i protagonisti delle vecchie 125cc e 250cc nel rimanere più a lungo in una categoria. Forse una minor fretta da parte di manager e squadre nel far salire i talenti più interessanti, forse la volontà stessa dei piloti di scolpire il proprio nome nella storia della categoria scelta, magari le decisioni prese dalle Case per cui si correva e su cui si preferiva puntare, o magari anche un’insicurezza del pilota stesso e la consapevolezza che un passaggio alla categoria successiva sarebbe stato difficile. Le tesi sono molte e sta a ognuno di noi capire quale sia la più accreditata e logica per ogni caso.

Uno degli specialisti indiscussi della 250cc è stato Massimiliano “Max” Biaggi. Romano di classe 1971, ha cominciato a gareggiare a un’età molto avanzata sia per gli standard di allora ma soprattutto per quelli attuali. Passato dalla Sport Production anziché dalla 125cc, il futuro “Corsaro” venne subito adocchiato dall’Aprilia, Casa con cui sarebbe stato legato a doppio filo per quasi tutta la sua carriera. Nel 1991 arrivano i primi allori importanti, con la vittoria del campionato europeo della 250cc.

L’ultima gara stagionale del 1992 va proprio al ventunenne di Roma, qui davanti a Reggiani a Kyalami. (Fonte immagine: max-biaggi.com)

Il ragazzo (anche se anagraficamente si parla già di un ventenne) ha stoffa da vendere e lo dimostrerà molto presto, quando nel 1992 ottiene la sua prima vittoria nella quarto di litro, a Kyalami e sempre sull’Aprilia. Dopo un anno non proprio esaltante con la Honda Rothmans, contraddistinto anche da alcune polemiche contrattuali col suo allora manager Carlo Pernat, ritorna all’ovile Aprilia dove la sua stella si concretizzerà. Dal 1994 al 1996 il binomio italiano conquista tre titoli su tre, in quello che lo stesso Max ricorda probabilmente come il suo miglior periodo nelle corse. E’ anche grazie a lui che l’Italia torna a risplendere nelle due ruote, dopo la doppietta titolata di Cadalora ’91-’92 e il buon momento degli azzurri anche nella 125cc, con i titoli di Loris Capirossi e Alessandro Gramigni e le stelle nascenti di Marco Melandri e, soprattutto, Valentino Rossi.

Il legame tra Biaggi e l’Aprilia è sempre stato molto forte, tanto da proseguire anche in Superbike e fino ai giorni nostri, con l’ex-pilota ora ambasciatore del marchio. Questa è una foto del 1995, con Biaggi che sfoggia il #1 del campione del mondo (Fonte immagine: pinterest.com)

Le strade di Biaggi e Aprilia si separano a fine ’96, quando la Casa veneta decide di puntare, un po’ a sorpresa, sul giapponese Harada. Biaggi parla addirittura di un team che l’ha letteralmente appiedato senza preavviso e così il romano rimbocca la strada della Honda, percorsa brevemente nel 1993. Il team è sempre quello giapponese di Kanemoto ma stavolta la Honda RS 250 R ha i colori della Marlboro, sponsor di tabacco che accompagnerà il campione italiano per ben sei stagioni, in un periodo in cui le sponsorizzazioni delle marche di sigarette erano onnipresenti e che rendevano le moto parecchio suggestive con delle livree iconiche. Quello del 1997 è il mondiale più difficile e la lotta sarà sia col suo sostituto Harada che col compagno di marca Ralf Waldmann, pilota tedesco scomparso nel 2018 e suo principale avversario nella vecchia 250cc. In Australia, a Phillip Island, è nuovamente Biaggi a uscire vincitore da questa sfida a tre, per appena due punti sul tedesco. La frecciatina finale è proprio all’Aprilia, battuta nonostante avesse scaricato il proprio pilota dodici mesi prima.

A Max basta il secondo posto in Australia per eguagliare i quattro titoli di Phil Read nella 250cc. (Fonte immagine: motogp.com)

Dopo aver fatto il record di mondiali consecutivi nella categoria col suo poker iridato, per Biaggi arriva la sfida della classe regina, la 500cc; faceva parte del contratto firmato con Erv Kanemoto, ovvero il poter debuttare nella massima categoria sempre con la Honda, il modello NSR 500 stavolta. Categoria il cui passaggio non sarebbe stato affatto facile, poiché si era in piena era Doohan e riuscirsi a ritagliare uno spazietto, anche minimo, in una serie così competitiva e con una moto non proprio ufficiale sembrava un’impresa al limite dell’impossibile, anche per un quattro volte campione.

Il primo test avviene su un’anonima NSR 500 totalmente nera, dotata di cerchi arancioni e con un “500” stampato sul davanti, di certo non il numero che Biaggi avrebbe usato in gara. Poco sopra, il nome “Max” di colore nero e con bordi gialli, a identificare il pilota che si sarebbe messo in sella. La prima sessione con la 500cc avviene proprio sul luogo dell’ultimo alloro iridato, Phillip Island. Passeranno pochi mesi e Biaggi testerà anche a Barcellona, Jerez e soprattutto a Suzuka per una sessione della IRTA. In tutti e tre i casi è il pilota più veloce al cronometro.

Biaggi al suo primo test con la Honda 500, a Phillip Island. (Fonte immagine: pinterest.it)

Nonostante la bella prova, i dubbi non vengono certo cancellati in vista della prima prova in campionato, proprio sull’otto volante giapponese. Anche se primo in dei “banali” test, il weekend di gara è sempre un’altra cosa, un altro paio di maniche. Cosa potrà fare Max contro lo squadrone HRC al completo formato da Okada, Crivillé, Gibernau e soprattutto l’imbattibile Doohan?

Il primo responso lo si ha nella FP1 del venerdì mattina: Biaggi, alla guida della moto #6, è secondo, dietro all’australiano di soli tre decimi. E’ un ottimo inizio, confermato durante la prima sessione di qualifica del venerdì (bei tempi quando ce n’erano due da un’ora addirittura) e in cui Biaggi si piazza virtualmente in seconda fila, in sesta posizione.

Il secondo responso arriva al sabato: Doohan rimane primo nella seconda FP2 ma Biaggi gli si avvicina pericolosamente a quattro centesimi di secondo, un’inezia. Ma il bello deve ancora arrivare: durante la QP2 l’italiano migliora di due secondi e mezzo il tempo fatto il giorno prima e conquista la pole position, al debutto. Il verdetto del cronometro è impietoso: 2:05.772 il tempo finale, sei decimi più veloce di Kyoji Nanba su Yamaha e nove rispetto al campione Doohan, in prima fila. Distacchi che, anche per quel periodo, lasciano di stucco.

Biaggi alle prese con la chicane Triangolo. Il 5 aprile si scrive la storia a Suzuka. (Fonte immagine: motogp.com)

Il terzo e ultimo verdetto, quello più clamoroso, arriva al giorno della gara, di cui oggi, il 5 aprile, si festeggia l’anniversario. E’ hat trick per il debuttante, con pole, giro veloce e soprattutto la vittoria, al primo tentativo nella classe regina tanto temuta e dopo una gara di fuga in solitaria. A Max manca solo il completare tutti i giri in testa a causa di una partenza non felicissima e della Yamaha di Norick Abe che conclude il primo giro al comando, ma è solo una minima virgola sbagliata di una giornata da sogno, con Tadayuki Okada e Noriyuki Haga a festeggiare sul podio con lui. Anzi, per Biaggi, i suoi tifosi e gli italiani in generale sembrava il preludio a un sogno, quello di poter riavere un pilota nostrano sul tetto delle corse a due ruote, a sedici anni dal mondiale conquistato da Franco Uncini nell’82.

Da sinistra Tadayuki Okada, Max Biaggi e Noryuki Haga, mentre festeggiano sul podio del Gran Premio del Giappone. E’ la prima di tredici vittorie in top class per il “Corsaro”. (Fonte immagine: daidegas.it)

Come scritto nel titolo, quel sogno non si concretizzerà per Biaggi in quel 1998, e a dire il vero non avverrà mai neanche in futuro. La corsa all’iride del tetracampione della 250cc avrà le gambe corte e si fermerà del tutto a Barcellona, quando Biaggi verrà squalificato a seguito di una penalizzazione ignorata per un sorpasso effettuato in regime di bandiera gialla. Ciò gli toglierà il successo, quello che sarebbe stato il terzo della stagione, regalando a Doohan i 25 punti decisivi al sorpasso in campionato. A onor del vero, pur senza il fattaccio di Barcellona, lo slancio che Doohan aveva in campionato lo stava riportando già su Biaggi da prima e il mondiale, punti alla mano, sarebbe comunque andato appannaggio del fenomeno australiano.

Questo comunque non cancella l’impresa di Max del 5 aprile 1998, in cui fu capace, da subito, a mettere in riga i migliori e ben più esperti motociclisti della classe regina al suo primo tentativo, cosa che non accadeva dai tempi di Jarno Saarinen, dal Gran Premio di Francia a Paul Ricard del 1973. Impresa che, a oggi, non è più stata replicata.

Fonte immagine copertina: Internet (per segnalare il copyright info@passionea300allora.com o info@p300.it)


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