MotoGP: Non è il momento per un sentimento timido

Blog
Tempo di lettura: 5 minuti
di Francesco Carbonara @https://twitter.com/CarboKart_
26 Agosto 2021 - 14:10
Home  »  Blog

La frescura eccessiva dell’acqua che ho appena trangugiato dalla bottiglietta – sino a pochi minuti fa residente in Largo Frigo – per combattere la prepotente calura agostana, comincia a palesarsi con dei chiari segnali localizzati nell’antro che ospita, tra le tante attività gastro-intestinali, anche quella della digestione.

Una sensazione non particolarmente piacevole che, assieme ad altre sofferenze legate al periodo, fa cadenzatamente vacillare, oltre che rendere meno credibile, lo status di “amante del caldo e dell’estate”. Qualche decina di centimetri più in su del luogo precedentemente citato vi è il cervello che, sbrigata con sufficienza qualche miliardo di attività neuronali – fra cui, molto probabilmente, anche quella relativa alla frescura – impiega la maggior parte del suo tempo nel digerire.

Gli arrovellamenti a tinte grigio-bianche – parallelamente a quelli del nucleo operativo sempre attivo, anche in caso di stand-by emotivo, sui temi che riguardano il sociale e le minacce che interessano lo stesso – sono concentrati sul weekend “appena” concluso della MotoGP.

La lentezza e la perseveranza della digestione cerebrale, però, non sono dovute ad elementi negativi (grazie anche ad un forte spirito compassionevole che taglia dal computo la pericolosità del Red Bull Ring, oltre a quella di Gabriel Rodrigo); bensì all’importante mole di roba che il gran premio in sé lascia in dono.

Quando la formula del flag-to-flag fa capolino sui cieli del motomondiale, è puntuale la rivelazione del suo fascino più intrinseco: quel pizzico (q.b.) di imprevedibilità che rivolta le carte in tavola e accentua l’estremizzazione di uno sport che già di suo è arcinoto portabandiera dell’estremo. Gli scrosci improvvisi di pioggia, in molti casi, hanno ringalluzzito gare spente o dall’esito ormai bello che decretato; in Austria, a dir la verità, la gara avrebbe anche potuto farne a meno, data l’intensità della battaglia che già animava le posizioni di testa.

All’avvicendarsi di cuore, ragione e coraggio, messi assieme spettro emotivo dei piloti in lotta per la vittoria, è subentrata, nel giro di poche tornate, una figura che ha saputo introiettare tutto ciò, facendo spalancare le bocche di una platea considerevole di persone.

Questa non è di certo la prima attestazione di stima che il sottoscritto rivolge a Brad Binder: “il Brno di ordinaria follia” dello scorso anno è ben in vista sulla mensola delle belle e rare emozioni, affiancato dall’illogica rimonta ultimo-primo perpetuata a Jerez nel 2016, nell’anno in cui il sudafricano si sarebbe poi laureato Campione del Mondo della classe Moto3.

Volente o nolente, Brad è un pilota che sa farti vibrare il cuore, sa quali corde toccare per mandare in visibilio la razionalità psico-emotiva: fregarsene della scelta di rientrare ai box di gente, davanti a lui, non propriamente capitata lì per caso; tirare dritto e sfidare – privo di scanalature – le curve del tracciato divenuto idroscalo, trionfando in barba ai limiti della fisica e della logica. La genuinità che traspare dal suo volto, dal suo modo di porsi e porre le due ruote in pista, è il primo motore (im)mobile che spinge, sempre il sottoscritto, a voler carpire da più vicino com’è che ci si sente a produrre emozioni “semplicemente” truciolando l’asfalto.

Perché da casa, sì, il pathos di una rimonta, di un sorpasso, di un’impresa, si percepiscono dignitosamente bene; ma è al di là di quelle centinaia, più spesso migliaia, di chilometri, di quei “filtri” che consentono la trasmissione planetaria, delle tribune e dei prati, dei muretti, che si cela il vero cuore pulsante del motorsport. Niente male questo parterre emotivo, vero?

E pensare che il suddetto debba sottostare, la maggior parte delle volte, ad un soffocante programma di protezione messo in atto dal padre-padrone del corpo entro il quale cervello e frescura, da un po’ di tempo, dominano la scena: nient’altro che me, non ancora padre e tutt’altro che padrone. Un’edulcorazione forzata della timidezza verso le coscienze e gli interessi altrui, che rischia di indebolire una capacità di emozionarsi già pesantemente infiacchita, denudata e stravolta da un lungo periodo che, ancora oggi, solca la psiche con la stessa delicatezza di una gomma chiodata su un manto nevoso.

Poi, però, quasi per concessione ultraterrena, giunge l’illuminazione: “ma ne vale davvero la pena?”. Lo sguardo si sposta, idealmente, su Valentino Rossi che sì – nonostante una carriera che se divenisse Costituzione di uno Stato, fonderebbe lo stesso “sulla vittoria e sul podio” – alla vista della sua momentanea terza posizione, se l’è fatta un bel po’ sotto; ma che, in ogni caso, alla veneranda età di quarantadue anni, ha rischiato la giocata, sotto un cielo in tempesta, con la spavalderia di un giovane in preda ad una tempesta, ormonale. Gli occhi del cuore tornano, poi, a focalizzarsi sulla “danza rotulea” offerta da Binder, ripromettendosi di non sprecare tutte le energie nel trattenere le lacrime all’addio del 46, poiché tredici passi più indietro quelle stesse lacrime potrebbero far crescere qualcosa di altrettanto rigoglioso.

Ultima fermata – dopo tante di passaggio che meritano riflessioni a loro esclusive – riservata a Jorge Martín e Marc Márquez, entrambi viva e presente esplicitazione della volontà a non arrendersi di fronte a bastone tra le ruote alcuno. Innanzi a cotanta energia, anima, forza, voglia di fare e non attendere che le stelle si degnino di farci un cenno, posso solo rivalutare sull’anacronistico andante lo stato che ammorba il mio sguardo sul mondo, chiarendomi che forse non è proprio il momento per un sentimento timido. Il flag-to-flag, in fin dei conti, è un po’ una metafora di vita: cambiare (moto) non è sempre possibile e non è detto che ti svolti la situazione; restare in piedi (sul bagnato) è difficile, ma c’è chi ci riesce; la soluzione più prudente è ritirarsi, privandosi però dell’opportunità di poter esclamare, fieramente, “ci ho provato!”. La prossima è a Silverstone? Riesumo il giacchetto, non si sa mai.

Immagine di copertina: KTM Media Library

Leggi anche

Tutte le ultime News di P300.it

È vietata la riproduzione, anche se parziale, dei contenuti pubblicati su P300.it senza autorizzazione scritta da richiedere a info@p300.it.

LE ULTIME DI CATEGORIA
Lascia un commento

Devi essere collegato per pubblicare un commento.

COLLABORIAMO CON

P300.it SOSTIENE

MENU UTENTE

REGISTRATI

CONDIVIDI L'ARTICOLO