Marc in Ducati Gresini, più che allo storico salto di Valentino alla Yamaha, dovrebbe far venire in mente altri esempi interessanti.
Il tanto atteso primo Gran Premio della stagione 2024 della MotoGP, il GP del Qatar in quel di Lusail, si è svolto ormai quattro giorni fa confermando, in buona parte, l’andamento dei test visto prima a Sepang e poi proprio nel deserto di Doha. Francesco Bagnaia, indicato dal 100% del resto della griglia come l’uomo da battere, si è aggiudicato il primo appuntamento sulla lunga distanza, mentre ancora una volta la Sprint Race ha sorriso a Jorge Martín, ricandidatosi al ruolo di primo sfidante alla corona del torinese.
Tuttavia, molte delle attenzioni per il Qatar erano riservate a due novità in particolare. La prima riguardava il debutto (ottimo) di Pedro Acosta in sella alla GasGas RC16, terminato con due arrivi in top ten (ed il giro veloce della domenica) ma che ha messo soprattutto in risalto la fame del campione Moto2, il quale non ha mostrato timori reverenziali rispetto ai suoi colleghi più esperti. Sentiremo ancora parlare del #31, stiamone più che certi.
La seconda novità l’ho scelta come tema per la bloggata di oggi. L’arrivo di Marc Márquez alla Ducati è stato ampiamente atteso dopo la separazione anticipata da Honda e, tutto sommato, il primo riscontro è stato positivo. Un quinto posto nella manche corta ed un quarto nel Gran Premio effettivo sono comunque un buon modo per cominciare la propria avventura nel team Gresini, specie se consideriamo come Lusail non sia una delle piste più amate dal “Cabroncito”.
Tuttavia, i piazzamenti ottenuti cozzano un po’ con le aspettative roboanti che i più, giustamente per certi versi, si erano fatti. Lo scenario di un otto volte campione del mondo subito in testa al primo appuntamento con la “Rossa” (anche se la moto è turchese, chiedo venia), a sentire la maggioranza della gente, non sembrava così irrealistico da immaginare e una prova di ciò lo dimostra il parere della massa dato tramite i social, che era propensa a credere che Márquez si fosse nascosto durante tutti i test svolti in inverno.
Se la guardiamo da un altro punto di vista, aspettative comuni del genere potrebbero anche far pensare ad un pubblico di massa che crede ancora in maniera ottusa come i piloti dell’attuale generazione non siano avversari degni per il pilota di Cervera. In tutta risposta, Márquez al termine del Gran Premio ha mostrato degno rispetto verso l’attuale uomo da battere e vincitore del GP, Bagnaia appunto.
Un altro motivo che ha indotto a credere che Márquez potesse da subito fare man bassa su una nuova moto è il paragone, forse non troppo azzeccato, che è stato fatto con Valentino Rossi in riferimento al debutto in Yamaha nel 2004, storica annata conquistata dal pesarese a bordo della M1 al debutto e partita subito da sogno con l’iconica vittoria di Welkom, condita dal “bacio” dato alla moto giapponese a bordo pista nel giro di rientro.
Ci sono molteplici ragioni per cui io non trovavo, e non trovo tuttora azzeccato, confrontare il passaggio di Márquez da Honda a Ducati a quello compiuto da Rossi, sempre dalla Honda ma verso la Yamaha. Cercherò di elencarle qui di seguito:
- il mezzo | inutile girarci troppo attorno. Pure nella versione 2023 la Desmosedici, in questo momento, rappresenta la miglior moto del lotto. Salirci sopra, per un talento dello spessore di Marc Márquez, significa davvero un biglietto dorato per il ritorno alla lotta iridata, se tutto andrà secondo le previsioni. Quando Valentino, di contro, andò in Yamaha, si trattò di un salto nel buio, perché la M1 aveva iniziato malissimo il proprio percorso all’interno della neonata MotoGP, agguantando un solo podio in tutto il 2003 e appena due vittorie l’anno precedente;
- la squadra | far parte di un team clienti o di una squadra factory comporta delle differenze, nei primi anni 2000 come nel presente. Nonostante la bontà del team Gresini, far parte della squadra Lenovo (o anche quella Pramac), a oggi, è tutta un’altra cosa in termini di sapienza dei tecnici, guida allo sviluppo e anche aspettative. Il materiale di cui disporrà lo spagnolo sarà valido ma non identico o pari a quello di cui godranno Bagnaia o Martín, cosa che porrà Marc in una condizione di leggero svantaggio (specie sulla lunga distanza di campionato). Rossi, dal canto suo, era il fulcro del team ufficiale e della crescita del progetto Yamaha M1, e a tal proposito…
- il ruolo | l’arrivo della “Formica Atomica” in Ducati, per quanto mediaticamente e sportivamente sensazionale, non ha per nulla il peso specifico che ebbe quello di Rossi alla Yamaha. Márquez, difatti, va ad aggiungersi ad una line-up di ducatisti già di tutto rispetto comprendente i soliti Pecco e Jorge, ma anche Enea Bastianini nel team ufficiale e le possibili sorprese come Marco Bezzecchi nel box VR46. In confronto, proprio il #46 era stato scelto come punta di diamante (nonché la sola, a essere onesti) della Casa di Iwata, come il prescelto per far tornare in vetta i Tre Diapason nel Motomondiale. Senza poi contare la squadra di tecnici e meccanici creata ad hoc per Valentino in Yamaha, nella speranza di accorciare il gap dalla Honda;
- l’età | anche il fattore anagrafico gioca un ruolo determinante e le fasi di carriera in cui i due fenomeni hanno effettuato i rispettivi passaggi ai nuovi marchi sono totalmente diverse. Da una parte Vale passò alla concorrente giapponese a 25 anni e al top della forma fisica, mentre Marc ha abbracciato la nuova avventura a 31 anni, superando già quella soglia della terza decade che, solitamente, corrisponde ad un calo fisico e, di conseguenza, prestazionale. Sottolineo il “solitamente”;
- le motivazioni | e si arriva così alla differenza probabilmente più importante. Quando Rossi decise di lasciare l’asfissiante ambiente HRC, lo fece alla ricerca di nuovi stimoli e con l’obiettivo di zittire prontamente tutti i suoi detrattori più accaniti, convinti che stesse vincendo solo grazie al mezzo superiore. Il passaggio alla Yamaha nacque quindi dalla voglia di una nuova sfida di un pilota al suo massimo splendore e in una fase dominante, per dimostrare di poter rimanere in vetta anche non guidando la moto migliore di tutte. Marc, di contro, sale sulla Ducati proprio per il motivo contrario, ovvero per ritrovare la competitività e la vetta dopo anni difficili in Honda, contraddistinti da cadute, infortuni e da un mezzo sempre più lontano dalla concorrente bolognese.
Per tutte queste ragioni, il paragone tra ciò che scelse di fare il #46 e ciò che ha attuato il #93 tra fine 2023 ed inizio 2024 risulta molto tirato per i capelli. In tutta franchezza, l’unica ragione per il quale si può voler confrontare questi due cambi di casacca è da ricercare nella storica rivalità di cui sono stati protagonisti Márquez e Rossi sin dall’arrivo dello spagnolo in top class, culminata con lo scontro a Sepang nel 2015.
Che lo si voglia ammettere o meno, la tifoseria di massa continuerà a paragonare il pilota di Cervera alla leggenda di Tavullia, anche quando il paragone sarebbe fuori luogo o semplicemente non necessario. E’ lo scotto delle azioni che Marc e lo stesso Valentino hanno compiuto al termine di quel nefasto 2015; un dazio che soprattutto lo spagnolo, ora che l’italiano si è ritirato dalle due ruote, continuerà a pagare probabilmente fino al termine della sua carriera.
Ma quindi, se si dovesse individuare un cambio di casacca con cui fare davvero un paragone sensato, da parte di un altro pilota di spessore, a chi si potrebbe pensare? Rendendo onore al nome di questo blog, il mio primo pensiero quando è avvenuto l’annuncio è andato all’altro pilota italiano di riferimento negli anni 2000 della MotoGP, ovvero Max Biaggi.
Il “Corsaro”, infatti, nel 2003 fece il passaggio inverso rispetto a quello di Rossi dell’anno dopo, lasciando la Yamaha dopo un sodalizio di quattro anni e salendo sulla Honda RC211V, seppur quella clienti sponsorizzata Camel. La mitica cinque cilindri di Tokyo valeva il costo di mollare un posto in un team factory su una moto ufficiale, ma soprattutto il ruolo di pilota leader che Biaggi ricoprì per il marchio di Iwata fino al 2002.
Oltre alle motivazioni, anche gli altri fattori citati in precedenza corrispondono alla casistica del fratello di Álex: il romano passò al team di Sito Pons a 31 anni (gli stessi di Marc) e non lo fece in qualità di nuovo asso del gruppo Honda, quanto più come nuovo innesto da affiancare al già dominante Rossi e agli altri piloti del team factory o di quelli satelliti quali Nicky Hayden, Makoto Tamada, Sete Gibernau ed anche il compianto Daijirō Katō, il quale sarebbe morto dopo l’orrendo incidente avvenuto durante il primo Gran Premio della stagione 2003, corso a Suzuka.
A questo punto, è difficile ipotizzare se l’avventura di Marc procederà come quella di Max o meno, il quale non si avvicinò mai concretamente alla conquista del titolo iridato (se non a metà del 2004, prima di perdere terreno da metà stagione in poi). La MotoGP moderna, fatta di distacchi risicati e di molti outsider capaci di vincere o d’inserirsi tra i contendenti, potrebbe dare qualche speranza in più al “Cabroncito”, il quale però dovrà mostrare un rinnovato vigore già a partire dal Gran Premio del Portogallo, in programma tra due settimane circa.
Fonti immagini: gresiniracing.com, max-biaggi.com
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