L’ultimo weekend di marzo è quello di inizio del Motomondiale 2006, che per la classe regina MotoGP pare iniziare con un’aura di scontatezza non indifferente. Dopo un mostruoso 2005, il pronostico per la conquista del titolo mondiale è tutto per Valentino Rossi, che dopo l’impresa del 2004 non ha semplicemente avuto rivali l’anno successivo, avviandosi quindi verso la conquista dell’ottavo titolo mondiale. Nessuno ancora sa che, in quel 2006, il mondiale prenderà una piega totalmente diversa e con una conclusione ancor più inaspettata.
Non che la griglia del campionato 2006 mostrasse piloti mediocri, anzi. Nonostante l’anno sabatico preso dal suo rivale Max Biaggi (caldamente “appoggiato” da Honda HRC), i rivali che il pilota di Tavullia deve affrontare sono molteplici: si va dallo squadrone HRC con un Nicky Hayden in grande crescita dal suo debutto e soprattutto dal nuovo arrivato Daniel Pedrosa, campione del mondo nelle ultime tre stagioni tra 125cc e 250cc e etichettato come il nuovo “Anti-Rossi”; si passa poi alla Ducati, che mette in campo il solito Loris Capirossi e un altro dei principali rivali del #46, ovvero Sete Gibernau; infine, non bisogna scordarsi dei piloti satellite Honda presenti nei team italiani di Fausto Gresini e Lucio Cecchinello, ovvero Marco Melandri e Casey Stoner (altro rookie), in teoria ben più di semplici “carte matte” del mazzo dei piloti in campo.
Il primo passo del campione del mondo in carica nella stagione 2006 non è propriamente dei migliori: a Jerez, pista amica di Rossi e luogo della famosa spallata con Gibernau l’anno prima, l’italiano rimedia oltre un secondo di distacco nelle prove ufficiali del Gran Premio, che invece premiano Loris Capirossi e Sete Gibernau sulle Ducati Desmosedici GP6. Il mondo sembra essersi totalmente capovolto: la “Rossa” di Borgo Panigale domina in una pista praticamente priva di lunghi rettilinei, la Yamaha invece arranca.
Difficile trovare delle spiegazioni semplici a questo calo della moto, che ovviamente coinvolge anche gli altri piloti della M1: Edwards si qualifica decimo alle spalle del caposquadra, Checa ed Ellison sono 14° e 18° sulle Yamaha Tech3 gommate Dunlop.
Quella di Rossi non è però l’unica sorpresa, perché in prima fila, insieme alle due moto italiane, si piazza anche Shin’ya Nakano sulla Kawasaki, davanti a una seconda fila tutta Honda formata da Hayden, Pedrosa e Toni Elias, secondo pilota del team Gresini. Solo settimo Melandri, addirittura 15° Stoner.
Arriva il giorno della gara, e praticamente tutti si aspettano la classica rimonta del #46 giallo, come tante se ne sono viste negli anni precedenti. Allo spegnimento dei semafori la partenza fa ben sperare, perché dopo i primi metri del rettilineo di Jerez Valentino è già terzo, alle spalle delle Ducati ufficiali partite bene. L’imprevisto, il nuovo colpo di scena, è però dietro l’angolo: Elias, partito non benissimo, prova a mettersi all’interno e a recuperare posizioni con una staccata molto profonda, ma davanti a sé Rossi, nettamente avanti, sta già chiudendo la traiettoria proprio a ridosso del cordolo, totalmente ignaro dell’attacco dello spagnolo. Il contatto è inevitabile e a farne maggiormente le spese è proprio il campione del mondo, per lo stupore generale. Anche ad Elias va male, poiché riparte terzultimo e inseguito solo dalla Yamaha di Edwards (attardata dall’incidente).
Con il favorito fuori dai giochi, gli altri ne approfittano e si mettono nelle prime posizioni. Capirossi mantiene indisturbato la testa della corsa senza mai lasciarla, inseguito alla fine del primo giro da Melandri e dal compagno Gibernau. Un secondo colpo di scena arriva però al secondo giro, quando la moto del catalano si ammutolisce e lo costringe a un ingiusto ritiro. Con la seconda Ducati fuori dai giochi, sono le Honda a dare spettacolo nella lotta per la seconda posizione, con Hayden, Melandri, Stoner (rimontante dalla 15a casella) e Pedrosa a giocarsi il podio. Sono proprio i due novellini dalla 250cc a stupire maggiormente, con Pedrosa che, in soli sette giri, si mette in seconda posizione passando in sequenza i suoi avversari.
Nonostante l’incredibile prestazione del “Camomillo”, egli non riuscirà a riprendere la Ducati in fuga: Pedrosa rosicchia il vantaggio del leader fino a portarlo sui due decimi, con in sottofondo l’incitamento della folla iberica, per poi risalire prepotentemente negli ultimi giri, magari per la differenza delle gomme tra Bridgestone e Michelin o magari per i limiti del fisico minuto dell’hondista. In ogni caso è una prestazione spaziale della Desmosedici, mai nata così bene nelle stagioni precedenti (e forse anche in quelle future).
Chi invece scala la classifica durante il resto della gara è, incredibile ma vero, la Honda Gresini di Elias: all’ottavo giro lo spagnolo è già ottavo, e a metà gara si trova addirittura quinto alle spalle del compagno di squadra Melandri. Nemmeno il “Porcospino”, futuro contendente al campionato, riesce a frenare la rincorsa del compagno, quasi indemoniato e voglioso di riscattarsi dopo il fattaccio della prima curva. Alla fine Elias sfiorerà anche il podio, arrivando a soli due decimi da Hayden sul traguardo; guardando poi le analisi di fine gara, si scoprirà che Elias aveva un ritmo gara pari a quello dei primi due classificati, e c’è da chiedersi quale sarebbe stato l’esito del GP senza lo scontro iniziale tra il giovane spagnolo e Rossi.
Capirossi porta quindi alla vittoria la Ducati, la prima al debutto in un campionato per questo marchio e la quarta assoluta in MotoGP, sia personale che per la Casa di Borgo Panigale. Quell’inizio così dirompente e quella prova di forza sulle Honda avrebbero fatto sperare a lungo per la corsa iridata di “Capirex”, ma sarebbe arrivata Barcellona a infrangere i sogni iridati del duo italiano.
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