Moto2, Guevara: un “Comandante” alla deriva

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 8 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
19 Giugno 2023 - 20:42

Colui che era stato adocchiato come un nuovo potenziale fenomeno della Moto3 sta sprofondando negli abissi delle ultime file in Moto2, tra infortuni, risultati che non arrivano e tempi anche più lenti di quelli fatti in classe leggera per Guevara.


Il Gran Premio di Germania di ieri ha messo in evidenza molti temi per quanto riguarda la MotoGP. A partire dalle difficoltà di Marc Márquez e dal suo forfait nel GP a lui più favorevole, passando per quelle di Yamaha e di Fabio Quartararo per poi arrivare al dominio Ducati, che vede Pecco Bagnaia scontrarsi a turno con gli altri ducatisti (ieri era Jorge Martín, l’altro ieri Marco Bezzecchi, domani potrebbe essere Enea Bastianini) per una sfida iridata che è solo al primo terzo di campionato.

Tuttavia, questi temi sono stati ampiamente sviscerati sia da noi in passato che da altri, perciò vorrei accantonarli momentaneamente per mettere in evidenza una discussione che sta passando colpevolmente sottotraccia, almeno in rapporto al teorico talento di cui il pilota oggetto della discussione dispone.

Izan Guevara è arrivato nel Motomondiale da appena tre anni, ma è stato già capace di raggiungere sia picchi altissimi, come nel 2022, sia bassi profondissimi, quelli che sta patendo attualmente sin dal debutto in Moto2. Da possibile outsider per la corsa iridata, come si è definito lui stesso durante l’inverno successivo al titolo conquistato in Moto3, Guevara è diventato senza timore di smentita la più grande delusione di inizio stagione del Motomondiale.

Dopo sette gare, di cui le prime due saltate per infortunio, il tabellino segna un tondo zero in termini di punti, con quattro arrivi oltre i primi quindici, una caduta ieri al Sachsenring ed un 18° posto al Mugello come miglior piazzamento. Numeri che sconvolgono a dir poco e che probabilmente non stanno mandando in confusione solo Izan, ma anche gli stessi membri del paddock che nutrivano grandi speranze in lui: com’è possibile che un giovane così promettente, proveniente dall’ormai sempre fiorente fucina spagnola di talenti, possa patire così tanto il passaggio su una moto più potente?

Partiamo con una premessa: Izan Guevara non è il primo campione della Moto3 che non brilla al passaggio nella categoria successiva. Da quanto le 250cc quattro tempi hanno soppiantato le 125cc a due, diversi campioni del mondo si sono persi nei meandri di metà classifica (o peggio) senza mai raggiungere le vette prefissate inizialmente.

Già Sandro Cortese, primo campione della categoria nata nel 2012, fornisce l’esempio perfetto: l’italo-tedesco non è mai andato oltre ad un nono posto nella generale e a tre terzi posti in gara nei successivi cinque anni. Si passa poi a Danny Kent, autore di un’annata 2015 sorprendente a bordo della Honda Leopard con la quale ha battuto molti degli attuali protagonisti in MotoGP (Oliveira, Bagnaia e Bastianini, per citarne alcuni) per poi ottenere un 22° posto come miglior risultato di classifica nel quadriennio successivo nella serie monomotore.

Il penultimo esempio davvero eclatante di fallimento in Moto2 per un campione Moto3 è, duole dirlo, quello di Lorenzo Dalla Porta, ultimo italiano a vincere nella classe leggera. Dopo il titolo ben più che convincente del 2019, ancora oggi il pilota di Prato fatica non solo a tenere il passo dei piloti di metà classifica, ma addirittura a tenersi stretta la sella di qualsivoglia team; è da poco iniziata la sua avventura come sostituto in Forward Racing, ma si prospetta di una durata brevissima.

Di contro, solo un pilota finora è stato capace di fare doppietta di titoli nelle due propedeutiche attuali (nell’attesa di vedere come finirà la sfida tra Tony Arbolino e Pedro Acosta quest’anno), ovvero Álex Márquez. Il fratello di Marc sia nel 2014 che nel 2019 è riuscito a scalzare avversari probabilmente più talentuosi e veloci di lui fino a centrare il bersaglio grosso, ma non si può non sottolineare la lunga permanenza di cinque anni del #73 nella classe di mezzo, permanenza che all’inizio l’ha visto faticare oltremodo con un 14° ed un 13° posto nei campionati 2015 e 2016. Solo dal 2017, nell’anno del mondiale del compagno Franco Morbidelli, il Márquez più giovane ha saputo districarsi verso il top della categoria.

Un discorso, questo, che rimette in discussione le capacità della categoria Moto2 di far maturare degnamente i talenti arrivanti dalle serie nazionali e dalle categorie più leggere, o anche solo di mettere in risalto chi è realmente più forte. Nonostante i progressi tecnici della categoria avvenuti nel 2019 col passaggio al motore Triumph da 765cc o all’aggiunta di alcuni controlli elettronici per avvicinarla alla MotoGP, pensare che solo un pilota dalla Moto3 e due piloti arrivati in MotoGP (Bagnaia e Marc Márquez) siano stati capaci di aggiungere alla propria bacheca altri titoli oltre quello in Moto2 è piuttosto preoccupante.

Torniamo al discorso piloti però. Per quanto curiosi, i casi di Cortese, Kent e Dalla Porta non sembrano prettamente adatti per fare una vera comparativa con quello di Guevara: tutt’e tre hanno avuto una lunga permanenza nelle classi leggere prima di azzeccare l’annata giusta, vuoi per gli avversari affrontati, l’esperienza maturata o il mezzo tecnico usufruito.

Il #28, di contro, ha passato una sola stagione di svezzamento, quella del 2021 conclusa con un buon ottavo posto finale (come secondo miglior rookie, oscurato dal solo debutto storico di Acosta) prima di lanciarsi verso il dominio del 2022, concluso con sette vittorie all’attivo ed il titolo in tasca già a Phillip Island.

Un altro elemento che è stato messo sotto la lente d’ingrandimento è l’infortunio patito da Guevara ad inizio stagione, prima dell’apertura in Portogallo. I dolori al polso ed al braccio destro, causati da una lesione alla cartilagine e ad una sospetta sindrome compartimentale, hanno lasciato in panchina il “Comandante” fino al Gran Premio delle Americhe, ma anche in occasione della gara in Texas lo spagnolo è rimasto nelle retrovie costantemente durante il weekend.

Se inizialmente si pensava ad un percorso di recupero naturale (non dimentichiamo che stiamo parlando comunque di esseri umani con limiti fisici, cosa che FIM e Dorna sembrerebbero aver scordato), i quasi tre mesi senza uno straccio di risultato fanno sospettare che le condizioni fisiche di Guevara non siano ancora per nulla ottimali. In fondo, pensando alla MotoGP, non sarebbe il primo caso di pilota che forza i tempi finendo per causare danni ancora peggiori al proprio corpo (come Marc Márquez nel 2020 a Jerez 2 o Enea Bastianini dopo la frattura della scapola ed il tentato rientro sempre in Andalusia quest’anno, poi abortito).

Questa storia, però, lascia qualche dubbio: se la situazione fisica di Guevara fosse così problematica, avergli fatto disputare cinque GP in maniera completa sarebbe stato illogico da parte della squadra, anche considerando che, visto lo stop forzato dei primi due round, pensare effettivamente al titolo partendo pure ad handicap nell’anno di debutto sarebbe stato piuttosto irrealistico.

A screditare ulteriormente questa ipotesi sono i dati forniti dai risultati nei test di Portimão della preseason Moto2: nelle cinque sessioni disputate antecedenti all’operazione al braccio, Guevara non è mai stato sotto i tre secondi e mezzo di ritardo nei confronti dei big davanti, con addirittura distacchi di cinque secondi rimediati nella primissima giornata.

Pur parlando di un debuttante, sembrano gap eccessivi per un pilota che guida una moto con motore e telaio identici rispetto alla concorrenza, soprattutto ripensando al fatto che, ricordiamo, stiamo parlando di un campione del mondo. Le cose sono andate decisamente meglio a Jerez con distacchi di “solo” 1″ dai primi, anche se la giornata finale non è stata alla fine completata da Guevara proprio in vista dell’operazione chirurgica.

Un ulteriore elemento che è sorto durante gli ultimi weekend pare essere il rapporto diventato teso col team Aspar, la stessa squadra i cui membri, quali ad esempio Gino Borsoi, non si sono mai nascosti nel definire Izan uno dei più grandi talenti passati tra le loro fila, paragonandolo a piloti quali Marco Simoncelli. Invece, dopo nemmeno metà della stagione attuale, la partnership pare già alla frutta in Moto2 (come specificato dallo stesso Rosario Triolo durante la cronaca della gara di ieri).

Pensare che cinque gare deludenti siano sufficienti per deteriorare a tal punto un rapporto pare incredibile, ma forse c’è qualcosa di più arrivante da dietro le quinte. Secondo alcune indiscrezioni, pare che Guevara abbia sottovalutato, durante l’inverno, l’impegno della nuova categoria e che sia stato persino definito “poco professionale” da parte della squadra di Jorge Martínez. Tutte voci di corridoio e nulla più, ma altamente preoccupanti pensando al rischio che Guevara corre, ovvero di passare da nuovo potenziale fenomeno (al pari del solito Acosta) a stella cadente.

E’ chiaro che si tratta di una visione molto pessimistica e di un parere affrettato, ma è anche vero che una tale discordanza di risultati, in rapporto alle aspettative sorte per un pilota, è difficile ricordarla per quanto riguarda il Motomondiale. Il rischio che la luce della ribalta su Izan Guevara si spenga così presto è concreta, un po’ come un comandante di una nave alla deriva che perde di vista Polaris.

Fonte immagine: teamaspar.com

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