Monza a porte chiuse è da baciarsi i gomiti

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 5 Giugno 2020 - 01:13
Tempo di lettura: 3 minuti
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Monza a porte chiuse è da baciarsi i gomiti

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Sono passati pochi giorni dall’annuncio del calendario europeo che aprirà il mondiale di F1 e ancor meno da quando l’Italia ha iniziato il suo percorso per tornare alla normalità. Un percorso che sarà lungo, faticoso e avrà i suoi strascichi dei quali, probabilmente, ignoriamo ancora gli effetti.

Insomma, tecnicamente siamo ancora in emergenza sebbene la parvenza sia quella di una specie di “liberi tutti” psicologico. In questo, il calendario pubblicato dalla Formula 1 sabato scorso ci ha regalato la notizia di una Monza che si farà. Perché questa è la notizia: la nostra gara ci sarà. Solo per questo dovremmo baciarci ripetutamente i gomiti, fino a consumarli. Perché non era assolutamente certo che, nella regione più colpita del nostro paese, a poche decine di chilometri dalla città più martoriata – Bergamo – il Circus si sarebbe fermato per il suo consueto appuntamento tra Lesmo, Ascari e Parabolica. Sinceramente sono sorpreso dal fatto che si sia deciso di correre in Brianza, nonostante si parli di un appuntamento che si svolgerà tra tre mesi.

L’imperativo è porte chiuse. E ci mancherebbe. È già un miracolo che si corra, pretendere la botte piena e la moglie ubriaca è decisamente troppo; anche perché non sappiamo quale sarà la situazione tra novanta giorni. La speranza è ovviamente che sia migliore: ma se proprio in Lombardia – la regione ancora più colpita dal Covid – si permettono piazze piene di costole di terrapiattisti complottisti, c’è da stare più che attenti.

Spiace infatti notare che non sono bastati una pandemia, scene raccapriccianti di ospedali pieni e terapie intensive mancanti, bollettini recitanti centinaia di morti al giorno da far impallidire i più tragici film di Hollywood e strade deserte come in The Walking Dead per far capire alla gente che, a volte, bisogna mettere da parte ego e manie di protagonismo e mostrare un po’ di rispetto per chi ha perso amici e cari in queste settimane.

Lo sport, qualsiasi esso sia, viene dopo qualsiasi preoccupazione per la salute. Senza salute non ci può essere sport, nemmeno davanti al giro milionario che lo governa. Personalmente sono rimasto schifato, nei momenti più concitati di questa epidemia, dalle domande sulla ripresa del campionato di calcio mischiate ai conteggi dei 600, 700, 800 morti al giorno. Un’altra dimostrazione di come qualcosa, negli ultimi 20 o 30 anni, sia andato tremendamente storto.

Se la Formula 1 lo avesse ritenuto fattibile e sostenibile, non avrei alzato ciglio all’eventuale decisione di non correre alcuna gara in questo 2020 e spostare tutto al 2021. Il fatto che tra un mese si torni in pista mi sembra già un miracolo e, sicuramente, qualche rischio si correrà comunque. Farlo a porte chiuse è necessità imprescindibile per far sì che si possa ricominciare a girare. Pensare ad un autodromo pieno in questa fase è totale follia. Si è già rischiata una bomba batteriologica in Australia e, per fortuna, ci si è fermati sul filo di lana. Riprovarci proprio ora sarebbe da folli incoscienti.

Monza e le altre gare a porte chiuse del 2020 – sette o di più, non sappiamo – saranno fondamentali per far sì che nel 2021 si possa ritornare alla normalità. Quindi, invece di lamentarsi perché non si potrà timbrare il cartellino annuale da inserire nell’album personale – cosa che comunque non tutti possono affrontare – forse è il caso di pensare al disegno generale; il sacrificio di restare attaccati alla TV adesso sarà ripagato dal fatto di poterla lasciare spenta l’anno prossimo quando si sarà in tribuna, ai box, nel paddock, in sala stampa, in terrazza, attaccati alle reti o dove si preferisce.

Ci vuole buon senso, insomma. E non è facile averne quando il copione ha preso il sopravvento sulla realtà.

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