Un posto inadeguato, una pista inadeguata, un concetto assurdo
A diminuire fortemente una già scarsa considerazione dell’evento di Jeddah dai postumi del 2021 era stato l’attacco missilistico dell’altro ieri. L’incidente di Mick di ieri, ovviamente, non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Il tremendo botto in qualifica ha materializzato le mie (e non solo) preoccupazioni riguardo questa pista, questo posto, questa voglia a tutti i costi di creare pericoli invece di mantenere una rotta coerente.
Vorrei capire quale sia la necessità di costruire da zero un impianto progettato per ospitare gare dalla pericolosità senza nessun senso, con medie da Monza ma senza gli spazi di Monza e muretti dopo le righe bianche in curve dalle velocità folli e completamente cieche, dietro le quali si può nascondere un pilota più lento. Il tutto adornato da cordoli assassini nei punti più difficili (e non sul dritto dove sono finti, pitturati!) che per grazia mandano all’ospedale un solo pilota solo per la prontezza di riflessi di Ocon, che si salva non so come dal replicare il botto della Haas.
Mi ha fatto letteralmente imbestialire la sovrimpressione mandata in onda dopo l’incidente che ricordava come le monoposto 2022 siano il 15% più sicure di quelle della precedente generazione. Percentuale calcolata non so come, tra l’altro, perché sappiamo bene che il rischio è dietro l’angolo sempre e ci vuole poco a far scomparire qualsiasi tesi sulla sicurezza. Detto questo, dando per scontato che queste vetture siano effettivamente più resistenti, non è comunque necessario metterle alla prova in mattatoi d’asfalto come questo, ora che con l’effetto suolo basta un niente per perdere carico e volare via.
Sono stati fatti paragoni con altri tracciati come Montreal, Montecarlo, Baku, Singapore. Ma è evidente che chi li ha fatti non abbia presente quale sia la differenza fondamentale di Jeddah con le altre piste. Perché né Montreal, né Monaco, né Baku, né Singapore hanno una sequenza di curve destra/sinistra da oltre 200/220 all’ora come quelle dell’Arabia Saudita. Monaco poi mi fa ridere: i 250 all’ora che a Jeddah sono la media del giro si raggiungono forse in tre o quattro punti, mentre nel Principato si gira a 170 di media e con guardrail al posto dei muri di cemento. In Canada l’unica curva (singola) dove si gira a quella velocità è la 5 e, all’esterno, è adornata da una bella SAFER barrier. Stessa cosa a Baku per le curve 13 e 14. A Singapore semplicemente non esistono curve così. Se si vuole trovare qualcosa che ricordi una sequenza del genere dobbiamo andare al T1 di Suzuka e non devo essere io a dirvi quali spazi ci sono a disposizione se un pilota sbaglia.
Quindi no, non si facciano paragoni con altri tracciati perché nessun’altra pista ha un quoziente di pericolosità ed idiozia come i tratti tra le curve 4/10 e 22/24 di Jeddah. Che poi la Formula 1 e il Motorsport siano per definizione sport pericolosi lo sappiamo e siamo tutti d’accordo. Ma un conto è andare a correre in un posto dove si ricava un tracciato da strade esistenti, un conto è inventarsi un circuito cittadino con l’intento di farlo diventare il più veloce del mondo e con tutti i rischi che ne conseguono. Tra 2021 e 2022, in attesa delle gare di oggi, ci sono state più bandiere rosse ed incidenti che altro. Davvero vogliamo difendere ancora questo obbrobrio che può solo strizzare l’occhio agli affamati di incidenti, spettacolo becero e serie TV pro-show? Per favore…
Tralascio per ora i discorsi relativi alla necessità di recarsi a correre in posti senza cultura motoristica, dove gli inesistenti diritti umani vengono dimenticati con un paio di giri dimostrativi in monoposto di due ragazze, Abbi Pulling e Aseel Al Hamad; dove, a turno, trovi una Jeep in pista (Corea), un tombino che salta e un commissario incappucciato che ci salta sopra (Baku), una gru che si schianta su un ponte (ancora Baku) ed un camion di servizio che perde liquidi in pista (Jeddah).
Anche basta, ora. Che il senso del ridicolo è ampiamente superato.
Ed incrociamo le dita per oggi.
Immagine: ANSA
È vietata la riproduzione, anche se parziale, dei contenuti pubblicati su P300.it senza autorizzazione scritta da richiedere a info@p300.it.