Michael 1993 vs Max 2020: l’evoluzione del fenomeno che sarebbe diventato campione

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di Andrea Ettori @AndreaEttori
21 Agosto 2023 - 09:10
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Max Verstappen e Michael Schumacher. A distanza di quasi trent’anni, un parallelo che ne delinea una linea comune

I confronti nello sport sono sempre complicati, soprattutto tra personaggi che hanno vissuto in epoche differenti. Anche in F1 quando si prova mettere a confronto un pilota con un altro si rischia di entrare in un campo pieno di mine che portano a critiche più che a condivisioni.

Scritto questo si può però provare a valutare con estrema oggettività annate differenti, riportando numeri e dati senza aggiungere troppo alla storia. È il caso del 1993 di Michael Schumacher e del 2020 di Max Verstappen, due campionissimi di questo sport che soprattutto negli ultimi anni sono stati messi spesso a confronto per la cattiveria e il focus molto simile durante un weekend di gara.

30 anni fa Michael era un ragazzo di 24 anni con un esperienza in F1 piuttosto precoce, ma già lanciato come possibile campione di questo sport alla guida della sua Benetton-Ford numero 5. Max nel 2020 aveva 23 anni ma più esperienza in F1 rispetto al campionissimo tedesco e già diverse vittorie in più ottenute dal 2016, suo primo anno in Red Bull. I due paradossalmente si sono ritrovati, a 27 anni di differenza, in un contesto tecnico molto simile.

La vettura dominante del 1993 era la ipertecnologica Williams FW15C portata al titolo mondiale da Alain Prost, mentre nel 2020 Verstappen si è scontrato contro le micidiali Mercedes W11 del campione del mondo Lewis Hamilton e di Valtteri Bottas. Anche Ferrari, paradossalmente, si è ritrovata in crisi sia nel 1993 che nel 2020, non rappresentando mai una minaccia per entrambi.

L’unica ma enorme differenza nella valutazione delle due stagioni l’ha fatta un pilota, Ayrton Senna. Michael 30 anni fa si è dovuto scontrare in pista contro la versione migliore di sempre del pilota brasiliano, oltre ad una McLaren che per buona parte della stagione si è rivelata più competitiva della B193. Inoltre il 1993 è anche l’anno dello scontro politico riguardante il motore Ford ultima evoluzione, inizialmente in esclusiva sulla Benetton ma che dall’estate venne messo a disposizione anche del team di Woking, oltre che delle monoposto più tecnologiche di sempre tra sospensioni attive, traction control e ABS.

Nel 2020 Max, oltre allo strapotere della W11, non ha avuto tra lui e Hamilton un altro pilota di altissimo livello con cui confrontarsi, ma ha dovuto metterci molto del suo per restare attaccato alle Mercedes e colmare un gap tecnico figlio di una RB16 nata con qualche problema di aerodinamica non previsto in galleria del vento. Tra l’altro il 1993 e 2020 sono simili anche come numero di gare, 16 contro 17 a causa della pandemia Covid che tre anni fa ha messo in ginocchio il mondo intero stravolgendo ogni avvenimento e non soltanto.

Partiamo con le qualifiche e con le posizioni ottenute da Schumacher nel 1993. Michael è partito una volta in prima fila, a Monaco, in una gara che avrebbe probabilmente vinto senza un guasto al circuito idraulico delle sospensioni della sua B193. È poi partito in seconda fila ben 12 volte e in altre tre occasioni oltre la terza fila. Paradossalmente la sua unica vittoria del 1993, arrivata a Estoril, Michael l’ha ottenuta partendo dalla sesta posizione.

Max nel 2020 è partito in prima fila cinque volte, con la pole ottenuta nell’ultima gara ad Abu Dhabi. Ha conquistato la seconda fila ben dieci volte ed è andato oltre a questa due volte, con il settimo posto di Budapest rimediato alla grandissima e dopo un grave errore nel giro di schieramento con un secondo posto sul podio.

I due hanno in comune un dato piuttosto sorprendente se si va a guardare la classifica finale del mondiale, che però li vede con la differenza di una posizione con Michael quarto e Max terzo a nove punti dalla W11 di Bottas: ogni volta che hanno visto la bandiera a scacchi sono saliti sul podio con l’unica eccezione del Gran Premio della Turchia 2020, vera occasione persa da Max che chiuse in sesta posizione. Michael, oltre alla vittoria del Portogallo, ha conquistato cinque secondi posti e tre piazzamenti sul gradino più basso del podio, Max due vittorie oltre a sei secondi posti e anche per lui tre piazzamenti in terza posizione.

Numeri piuttosto clamorosi, se si pensa che i due hanno quasi sbagliato in pista allo stesso modo: Michael a Donington, con un testacoda che lo ha estromesso da una gara in cui poteva essere (forse) unico antagonista serio di un Senna sostanzialmente imbattibile e Max in Turchia sotto la pioggia. Anche in questo caso, oltre ad una partenza disastrosa, un testacoda aveva compromesso la gara di Verstappen che senza quell’errore avrebbe potuto conquistare il successo.

Oltre alle vittorie, ci sono state gare in cui sia Michael che Max hanno fatto davvero la differenza. Schumacher con il secondo posto di Montreal, dopo un duello rusticano con Ayrton e una rimonta eccezionale arrivata dopo una brutta partenza. Per Max anche Imola oltre a Budapest, nonostante il ritiro a causa dell’esplosione della posteriore destra mentre si trovava in seconda posizione e dopo aver umiliato Bottas. In quella gara, ma non solo, la differenza tra i due della Mercedes e Max rispetto al resto del gruppo è stata qualcosa di incredibile, a sottolineare quanto il manico al volante della vettura #33 fosse esagerato.

Nel 1993 il compagno di squadra di Schumacher era Riccardo Patrese, all’ultima stagione della carriera dopo essere stato vice campione del mondo nel 1992 con la Williams. Il padovano chiuse a 32 punti di distacco da Michael con due podi a referto. Il teammate di Max era Alexander Albon, anche lui con due podi all’attivo e a -109 punti da Verstappen in classifica di campionato. Con il sistema di punteggio attuale Michael avrebbe totalizzato 160 punti mentre Max ne avrebbe segnati 69 con quello di 30 anni fa, gli stessi che garantirono a Damon Hill il terzo posto nel mondiale. La differenza fatta rispetto ai due compagni di squadra è impressionante e comunque molto simile.

Altra analogia che li riguarda è quella sulla stagione successiva, per entrambi mondiale. Annate che hanno dimostrato come il “warm-up” di quella precedente abbia preparato entrambi a vincere, anche se in condizioni di gara totalmente differenti se si pensa a quello che è successo nel 1994, e soprattutto ad alzare ulteriormente l’asticella della loro qualità di guida e dell’aggressività. Grazie ad annate come il 1993 e il 2020 abbiamo ammirato, e stiamo oggi ammirando, piloti che sono entrati di diritto nella storia di questo meraviglioso sport.

Immagini: Ansafoto, Martin Lee, Red Bull

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