Mentre sono sul treno che mi porterà a Roma per la Formula E, sto ragionando sul fatto che in Italia si sta verificando l’ennesimo ciclo di odio nazional popolare nei confronti di un pilota ritenuto pericoloso, spocchioso, infastidente e, soprattutto, sopravvalutato.
Il pilota in questione si chiama Max Verstappen ed il primo pensiero che mi frulla in testa è che, proprio per questi motivi, l’olandese sia statisticamente destinato a finire a Maranello. Pensando all’attuale alfiere del Cavallino, Vettel, e a colui che l’ha preceduto, Alonso, non si può non ricordare quanto entrambi fossero mal sopportati nelle precedenti squadre. Fino, appunto, all’approdo in rosso. Che poi nememno Schumacher era così amato ai tempi, ma non certo fino a questi livelli mi viene da dire. Principalemente perché la discriminante è quello che si combina contro la Ferrari prima di arrivarci.
Se penso ad Alonso non posso non ricordare il periodo proprio contro Schumi, nel quale le polemiche fioccarono come neve in montagna nei weekend di maggiore scontro. Da lì gran parte della tifoseria Ferrari gli mise la croce sopra ed alcuni (pochi) non gli hanno ancora perdonato quegli anni, sebbene poi lui stesso abbia riveduto certe affermazioni. In linea di massima, però, l’astio nei suoi confronti calò drasticamente all’arrivo in Rosso; per certi versi ci fu una vera e propria conversione, soprattutto da parte della stampa.
La stessa cosa è avvenuta con Sebastian Vettel. Avversario proprio dell’Alonso di rosso vestito per la lotta ai titoli mondiali, il tedesco è il pilota contro il quale i ferraristi si sono accaniti di più quando, nel 2010 e 2012, ha portato via il titolo all’asturiano. Accusato di avere in mano la monoposto più veloce (come se questa fosse una colpa, chiedere a Lewis Hamilton), si è sentito dire di tutto tra cui varie indicazioni anatomiche riguardanti il magico ditino all’insù in segno di vittoria. Nel 2015 Vettel passa alla Ferrari, ma già dallo shakedown di fine 2014 la conversione è iniziata. Bastano due gare e la prima vittoria in Malesia per lasciarsi alle spalle anni di improperi e malefatte nei confronti della stessa Rossa che ora guida per la quarta stagione.
Ed ora veniamo a Max: se penso agli altri due e poi a lui, non può che essere il degno erede del sedile rosso. Perché il livello di odio nei suoi confronti ad ogni starnuto, errore, mezza dichiarazione fuori posto non è altro che il ripetersi di quanto successo in passato. Max non ha ancora conteso un mondiale alla Rossa (per fortuna), ma sono bastati un paio di contatti e di ruotate per alzare il livello di guardia nei suoi confronti. Che poi Max sia aggressivo, a volte troppo, lo sappiamo tutti. Ma la premeditazione con cui viene contestato ad ogni azione dubbia è segno di paura, la stessa che portata dall’altra parte della barricata diventa forza, astuzia, genio.
I testacoda in Australia e Bahrain sono stati piuttosto indicativi sotto questo punto. Le motivazioni portate dalla Red Bull per spiegare quanto successo sono state considerate nulle e si è data esclusivamente la colpa all’olandese. Dopo la qualifica del Bahrain è stato quasi sbeffeggiato e a poco serve la notizia sul problema all’acceleratore della RB. Ormai l’idea è cristallizzata e non si può cambiare. L’incidente con Hamilton, nel quale ci ha rimesso, a parti invertite sarebbe stato probabilmente considerato in tutt’altro modo, non per altro ma perché quando era Lewis a portare all’esterno il Nico Rosberg di turno si è sempre parlato di sorpasso da campione.
Considerata l’ancora giovanissima età di Max, a meno che non si stufi prima della F1 la possibilità che passi in Ferrari in futuro non è da escludere. E, come al solito, sarebbe poi curioso leggere (con patatine e coca cola per citare Buffon) cosa direbbero le stesse persone a salto della staccionata avvenuto. Vediamo se sarà ancora history repeating.
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