March 881: la rivoluzione F1 firmata Adrian Newey

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di Andrea Ettori @AndreaEttori
23 Marzo 2020 - 21:33
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Il colore azzurro acquamarina, le forme affusolate e un’aerodinamica totale. Queste erano le caratteristiche principali della March 881 uscita dalla matita di Adrian Newey.

A distanza di 32 anni quella vettura è considerata ancora come uno dei progetti più riusciti e rivoluzionari del genio inglese. Dopo il debutto con la 871 nel 1987, sostanzialmente una Formula 3000 spinta da un Cosworth “fiacco”, il 1988 avrebbe rappresentato per la March l’anno della svolta. L’impatto visivo della 881 nel primo test stagionale a Silverstone fu “scioccante” per tutti gli addetti ai lavori.

Adrian Newey si era spinto oltre quello che nessuno aveva mai osato fare prima. La 881 era strettissima, con un abitacolo che a malapena riusciva ad accogliere Ivan Capelli e Mauricio Gugelmin. Il progettista inglese aveva risparmiato ogni millimetro che il regolamento dell’epoca gli consentiva, lavorando in modo maniacale sull’aerodinamica della vettura.

“Il telaio della 881 – racconta Newey in un intervista dell’epoca – è nettamente più rigido rispetto a quello della monoposto della scorsa stagione, la compattezza e la leggerezza del motore 8 cilindri Judd ci hanno consentito di adottare soluzioni largamente favorevoli”.

La zona frontale era quella più stretta di tutta la F1 di quell’anno, con il pilota che aveva le gambe sollevate verso la pedaliera. Novità che da subito, oltre ad un grande interesse, aveva sollevato diversi dubbi sulla sicurezza di una macchina sostanzialmente “claustrofobica”.

Impressionante anche il lavoro nella zona posteriore, con un diffusore ad “archi” mai visto in precedenza su una monoposto di F1 e gli scarichi che fuoriuscivano dalla carrozzeria inferiore in una zona molto avanzata rispetto alle altre vetture.

Sempre Newey disse: “Sotto i piedi del pilota c’è una sorta di scalino. Il muso della 881 ha il fondo leggermente più alto del resto del pianale. In galleria del vento (quella di Southampton) questa caratteristica ci ha confermato dei valori eccezionali di effetto suolo”.

Insomma la nuovissima e bellissima 881 prometteva bene ed i test successivi ad Imola, antecedenti alla prima gara del mondiale in Brasile, lo confermarono. Nonostante diversi problemi d’affidabilità ed un leggero sottosterzo in uscita dalle curve lente la vettura, nei tratti veloci del circuito del Santerno, mostrava un effetto suolo eccezionale.

Questo era talmente marcato da portare il fondo vettura praticamente attaccato a terra, distruggendo il bordo inferiore delle bandelle anteriori. Il debutto a Jacarepaguá fu piuttosto deludente però, con un ritiro sia per Gugelmin (frizione) che Capelli (motore). La veste aerodinamica della 881 per la gara brasiliana venne modificata, con l’assenza del cofano posteriore per permettere alle parti meccaniche della monoposto di “respirare” maggiormente. Fecero particolarmente scalpore le dichiarazioni di Mauricio Gugelmin sulle dimensioni dell’abitacolo della sua 881.

“Questa vettura è un autentico tormento, non posso proteggermi nemmeno con delle imbottiture perché non avrei nemmeno lo spazio per muovermi. I sobbalzi del circuito fanno sì che le pareti interne della scocca fatte in Kevlar si comportino come carta vetrata”.

Il telaio della March era largo, davanti, solamente 25 centimetri ma al suo interno le centine ne limitavano le dimensioni a circa 16-18 di larghezza. L’estremizzazione aveva riguardato tutto: cambio, sospensioni e sistema di raffreddamento. Il serbatoio dell’olio, piccolissimo, aveva richiesto l’installazione di un altro serbatoio di dimensioni ancora inferiori all’interno dell’abitacolo che il pilota azionava solo in caso di bisogno.

A Imola, nonostante una buona prestazione in qualifica di Capelli (9°), la 881 andò incontro ad una gara anonima con il pilota italiano costretto subito al ritiro e il compagno Gugelmin solo quindicesimo al traguardo. La gara di San Marino fu davvero devastante in termini cronometrici per gli avversari delle “astronavi biancorosse” guidate da Senna e Prost. Le McLaren Mp4/4, spinte dal turbo Honda, doppiarono tutti in gara ed anche in qualifica i distacchi furono incredibili. 1’27”148 la pole di Senna, 1’31”519 il 9° posto di Ivan Capelli.

Nonostante l’aerodinamica della 881 continuasse ad essere oggetto di curiosità da parte di diversi team, anche a Montecarlo il week-end risultò essere disastroso sia per Capelli che per Gugelmin. L’affidabilità ed un assetto troppo spesso rigido non permettevano alla 881 di esprimersi al meglio, complice anche un V8 Judd non sempre all’altezza.

In Messico, nonostante un nuovo doppio ritiro, le March si mostrarono discretamente competitive soprattutto con Ivan Capelli. L’aria rarefatta del circuito messicano mise ulteriormente in difficoltà i motori aspirati rispetto a quelli sovralimentati. Il V8 Judd pagava ai più competitivi turbo anche 30 km/h di velocità ma, nonostante questo dato incredibile, Ivan Capelli ottenne il 10° posto in qualifica (secondo tra gli aspirati).

Il post qualifiche di Montreal, con Capelli 14° e Gugelmin 16°, causò uno sfogo da parte di entrambi i piloti. “La macchina ha un sottosterzo pauroso e il motore Judd, appena la temperatura atmosferica si alza, cala paurosamente”. In gara le cose migliorarono, dopo un warm-up sfruttato per cambiare radicalmente l’assetto. Capelli conquistò un 5° posto fenomenale, utile a togliere la casella zero in classifica costruttori. Il tutto nonostante l’italiano abbia sofferto fisicamente le condizioni all’interno dell’abitacolo. Le zone più sconnesse unite ad un assetto rigidissimo, racconterà poi Capelli, gli facevano letteralmente perdere la vista per alcuni secondi. Il cambio invece tradì il suo compagno di squadra. Dopo lo splendido risultato in terra canadese la sfortuna si palesò in quel di Detroit, sul team ma soprattutto su Capelli. Durante le prove libere un incidente contro un muretto del tracciato americano causò la frattura di un osso del piede all’italiano, costringendolo quindi a saltare il GP. Un vero peccato perché le nuove modifiche all’impianto dell’acqua avevano permesso alla 881 di avere più potenza dal Judd. Nonostante questa soluzione, il motore tradì comunque Gugelmin durante la gara.

Al Paul Ricard, nonostante un piede ingessato, Ivan Capelli riuscì ad ottenere un incredibile 10° tempo in prova. In gara sia lui che Gugelmin chiusero ai margini della zona punti con il brasiliano 8° e l’italiano 9°. Il problema continuava ad essere il V8 Judd, che con le alte temperature andava in crisi perdendo potenza o, nel peggiore dei casi, rompendosi.

Si arrivò quindi a Silverstone, sul meraviglioso e velocissimo “pentagono” inglese. La 881, che proprio su questo circuito aveva mosso i primi passi qualche mese prima, visse un week-end fantastico. Per la prima volta in stagione sia Gugelmin che Capelli non andarono incontro a nessun problema con il Judd V8 che, aiutato dalle basse temperature inglesi, si mostrò al meglio delle proprie qualità. In qualifica le due 881 monopolizzarono la terza fila mentre sotto il diluvio della gara Maurico Gugelmin colse uno strepitoso 4° posto finale. Solo un problema all’alternatore non permise a Capelli di lottare per una posizione a punti. In quella gara Adrian Newey usò un “trucco” che abitualmente si vedeva solo ad Indianapolis: siccome le curve del circuito inglese erano tutte a destra, chicane esclusa, decise di dare più carico aerodinamico solo ad un lato della monoposto.

Anche a Hockenheim la 881 si confermò, insieme alla Benetton, come la miglior vettura aspirata del mondiale, con Capelli ancora 5° in gara e Gugelmin 8°. La monoposto, con le modifiche apportate a Silverstone, aveva decisamente svoltato ed i 7 punti conquistati (tanti quanti la Williams campione del mondo in carica) fino a quel momento della stagione ne erano la prova.

Sul tortuoso e caldissimo tracciato dell’Hungaroring le 881 dimostrarono di non essere “nate solo per i circuiti veloci”. Afflitte dai soliti problemi di potenza al V8 Judd, le prestazioni delle due monoposto furono all’altezza della situazione. Capelli ottenne il quarto tempo in prova ma in gara la centralina lo abbandonò dopo cinque giri. Gugelmin, 8° in qualifica, tagliò il traguardo in quinta posizione portando a casa altri due punti mondiali. Il nuovo alettone anteriore e un muso allungato avevano aiutato la 881 ad ottenere ancora una volta una buona prestazione.

Il podio divenne quindi un possibile obiettivo e, nella splendida cornice di Spa, Ivan Capelli conquistò il 3° posto. In un week-end dove la 881 non si era mostrata competitiva come nelle gare precedenti il pilota milanese, 5° al traguardo, complice la squalifica delle due Benetton che lo precedevano (irregolarità della benzina) ottenne il primo podio della carriera. Una gioia “strozzata”, perché la squalifica della due vetture anglo-italiane arrivò solo successivamente; la coppa del 3° posto è ancora nelle mani di Boutsen a distanza di 32 anni.

Nel GP di casa a Monza, Ivan Capelli continuò il suo personale ruolino di marcia con un altro 5° posto finale. Rispetto al compagno di squadra Gugelmin, vittima di due rotture del Judd durante le prove, la 881 dell’italiano si mostrò affidabile e piuttosto veloce.

“Il vero Re”: così titolava Autosprint l’indomani del GP del Portogallo, dove una 881 velocissima ed un Ivan Capelli monumentale conquistarono il 2° posto alle spalle di Alain Prost. Già dalle qualifiche era chiaro che le due monoposto inglesi avessero tutte le carte in regola per recitare il ruolo da protagonista. A testimoniarlo un incredulo Prost durante le qualifiche:

“Mi sono ritrovato dietro a Capelli prima del curvone finale, la velocità di percorrenza della March mi ha spaventato, tanto che ho dovuto rallentare perché pensavo andasse a sbattere”.

Il bottino sarebbe potuto essere anche più ricco se il “solito” Judd non avesse tradito Mauricio Gugelmin in gara. Ormai era chiaro a tutti: la 881, dopo Mclaren e Ferrari, era la vettura più competitiva del lotto. A Jerez, in una pista con un solo curvone da “effetto suolo”, la 881 non concluse a punti per la prima volta dopo sei GP e due podi. Nonostante un Capelli ottimo in qualifica (6°), in gara l’italiano ruppe il motore mentre Gugelmin non andò oltre il 7° posto finale.

Interessante come una delle due prese d’aria del motore che montava la 881 fosse una copia di quella della Lotus 72 progettata dal grande Colin Chapman.

“Sono felicissimo di questa stagione e spero che il 1989 possa essere ancora migliore”. Cosi parlò, a margine delle qualifiche di Suzuka con Capelli in quarta piazza, mister Akagi, proprietario della Leyton House. Una gara strepitosa quella del pilota italiano che, anche se per un solo rettilineo, si ritrovò per la prima volta in testa ad un GP. Un podio perso a causa della centralina mentre si trovava saldamente in terza posizione. Per Gugelmin ancora un week-end sfortunato, con qualche problema di troppo alla sua March.

Ad Adelaide la stagione si chiuse con il 6° posto di Capelli, a coronamento di un’annata davvero positiva per la meravigliosa 881. Una stagione “svoltata” a Le Castellet, quando la 881 venne testata con due vesti aerodinamiche differenti che permisero a Newey di raccogliere i dati sufficienti per portare al limite la vettura.

Il V8 Judd, nonostante le tante problematiche dovute alle alte temperature in diversi circuiti, raggiunse una potenza non del tutto trascurabile per un motore di questo tipo. 610 cavalli e 11.000 giri, a volte anche qualcosa di più (nelle gare più calde veniva leggermente depotenziato). Un propulsore “artigianale” ma comunque competitivo, con buoni valori di coppia ma con qualche problema di troppo con la lubrificazione e l’emulsione dell’olio.

La March 881 chiuse la stagione al 6° posto nel mondiale costruttori, grazie anche a tre podi, davanti alla Williams motorizzata Judd e campione del mondo in carica.

Immagine di copertina: Pinterest
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