Pochi minuti fa è andato in scena il primo ePrix a Santiago del Cile, il primo evento motoristico a ruote scoperte a oltre sessant’anni di distanza dall’ultimo svoltosi nel paese sudamericano. La gara è terminata con una doppietta del team Techeetah con Vergne (nuovo leader della classifica iridata) davanti a Lotterer, seguiti a ruota da Buemi, Rosenqvist e Bird. Le posizioni in cui i cinque protagonisti hanno terminato sono state le stesse dalla quale erano ripartiti dopo il cambio vettura obbligatorio, fatta eccezione per Nelson Piquet jr. (sesto al traguardo) che ha perso tempo a causa di un tentativo di sorpasso non ben riuscito sullo svizzero Buemi.
A leggere quest’ultima frase si può rimanere facilmente ingannati, credendo che la quarta corsa elettrica della stagione sia stata un flop a livello qualitativo, magari noiosa, scontata o barbosa. O almeno, probabilmente qualche esponente di Liberty Media e compagnia bella la penserebbe così. Niente di più lontano dal vero. Gli ultimi dieci giri sono stati da pelle d’oca, con i peli delle braccia pronti a riaddrizzarsi a ogni curva e tornante affrontato dai sei protagonisti giunti davanti. Tentativi di sorpasso, speronate tra Buemi e Piquet, agganci tra anteriore e posteriore di due vetture in pieno rettilineo (che frittata ha rischiato Lotterer!), scontri tra compagni di squadra e persino risvolti critici nella lotta per il mondiale, già infuocata al quarto round di stagione con almeno tre possibili pretendenti: Vergne, Bird e Rosenqvist, a cui si aggiungono poi gli altri volti di punta della F.E.
Era probabilmente dal GP di Valencia classe MotoGP dello scorso anno, con il celebre “Final Showdown” tra il fenomeno Marquez e la sorpresa Dovizioso, che non rimanevo col fiato sospeso per così a lungo. Una gara stupenda dei sei, ma che anche nella sua prima parte non ha lasciato a bocca asciutta nessuno con sorpassi, contatti, incidenti e persino ritiri pesantissimi per Case come Audi (che a questo punto, per logica, deve aver firmato un contratto con Honda prima della Stagione 4, altrimenti non vedo altre spiegazioni per giustificare una tale mancanza d’affidabilità).
Aggiungo qualche dettaglio personale per quanto concerne la mia conoscenza della Formula E: io ho cominciato a seguirla proprio dall’ePrix di Hong Kong di dicembre scorso, e quella è stata la mia prima corsa del campionato elettrico vista completamente. E ne sono rimasto piacevolmente sorpreso, non rimanendo affatto deluso della mia scelta di guardarla. Però, il giorno dopo, durante la seconda manche a Hong Kong che stavo guardando con occhi attenti, ho effettuato questa conversazione con Alberto, un mio amico:
Alberto: -Ma che piloti corrono in questa classe?-
Io: -Buemi, Di Grassi, Piquet jr. … fino a qualche stagione fa ci correva anche Bruno Senna.-
Alberto: -Ahn… capisco. Gli scarti della Formula 1.-
Questa concezione che si ha, almeno qui in Italia dove il massimo che si mastica in generale è Formula 1 e MotoGP, è a dir poco frustrante e inconcepibile. Proprio quest’anno, in cui avremo il nostro primo ePrix a Roma, dove avremo la possibilità di osservare i bolidi Spark-Dallara motorizzati dalle Case più importanti al mondo, c’è ancora gente che vede le classi che non si chiamano “Formula 1” come le varie “serie” inferiori. Serie B, C, Lega Pro, e via dicendo. E’ vero, la Formula 1 viene tutt’oggi, nonostante i profondi (e a volte terribili) cambiamenti, vista come la massima categoria del motorsport, ma questa visione così dispregiativa di tutto ciò che non è Formula 1 e/o che non ha a che fare con la Scuderia Ferrari lascia con molti rimpianti.
Gare come quelle viste stasera a Santiago del Cile sono la prova inconfutabile di come le corse dovrebbero essere: emozioni, lotte quasi psicologiche sul filo dei centesimi tra i vari duellanti pur di trovare lo spiraglio giusto al momento giusto per il sorpasso decisivo. Un qualcosa che si è perso in Formula 1 oramai, in maniera drammatica aggiungo. Forse un giorno lo si ritroverà… ma essendo un pessimista per natura, la vedo grigia. Sembra paradossale che la soluzione per rendere la Formula 1 ai fasti di un tempo disti così poco e che, invece, si persista sulla strada sbagliata. L’arma migliore nelle corse rimane sempre e solo una: la semplicità.
Nell’attesa, però, ho scoperto, anche se in ritardo, questa competizione la cui “morale”, passatemi il termine, è anch’essa molto nobile: portare il mondo emozionante ma maledettamente competitivo delle corse anche in luoghi e città che non hanno mai visto una vettura da corsa manco col binocolo, e farlo attraverso l’elettrico, il futuro a cui tutti dobbiamo ambire se vogliamo salvare le sorti di questo pianeta. La Formula E è la prova vivente che, anche senza il consumo e il caratteristico odore di benzina presente nell’aria, le corse sopravvivereranno, e possono farlo ben in salute aggiungo.
Per chi ancora si ostina a non guardare questa serie, v’invito anch’io a seguirla, soprattutto ora che è possibile farlo sulle reti digitali Mediaset, che quantomeno ci sta mettendo una gran buona volontà a pubblicizzare e a mostrare il futuro del motorsport. E v’invito a recuperare subito anche la gara appena svoltasi: preparate i pop corn nel caso, perché passerete 37 giri di vera tensione e goduria.
Fonte immagine: fia.com
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