Brembo

L’uscita di Honda certifica il fallimento di questo ibrido in F1

di Alessandro Secchi
alexsecchi83 alexsecchi83
Pubblicato il 3 Ottobre 2020 - 15:00
Tempo di lettura: 5 minuti
ARTICOLO DI ARCHIVIO
L’uscita di Honda certifica il fallimento di questo ibrido in F1
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Un solo vincitore, ascolti in calo, futuro incerto. L’ibrido, fino ad ora, è stato una catastrofe

Da quando la Formula 1 è entrata nell’era ibrida, all’inizio del 2014, i risultati sono stati tutto tranne che quelli attesi. Anzi: ad essere onesti, la preoccupazione per il futuro c’è eccome.

Parto appunto dai numeri. Nelle ultime sette stagioni (conto già il 2020, mi pare palese come finirà) c’è stato un solo team vincitore di entrambi i campionati. Mercedes ha avuto sul piatto d’argento la possibilità di fare piazza pulita di tutti i record di questo sport, approfittando di una conoscenza pregressa del mondo ibrido e portando a casa, ad oggi, il 74% delle gare disputate, 97 su 131. Praticamente un monomarca.

I tedeschi (o gli anglo-tedeschi, vedete voi) erano avanti a tutti gli altri per quanto riguarda questa tecnologia e non si sono lasciati scappare l’opportunità di far pesare la “competenza” sul tavolo. Questo, unito a regolamenti che congelano un vantaggio tecnico per tutta la durata di un ciclo regolamentare, ha portato ad un dominio irripetibile nella storia di questo sport; simile a quello Red Bull per la possibilità di prolungare il vantaggio sugli avversari (ma non per l’assist tecnologico, con gli austriaci vittoriosi nel 57% dei GP in 4 anni), diversissimo da quello Ferrari con il quale viene paragonato (67% di vittorie in cinque anni). Ai tempi, a Maranello, lo sviluppo si faceva in pista – o su più piste contemporaneamente – e non al simulatore. C’era più contributo umano e meno tecnologico. Soprattutto, non c’è mai stato un cambio regolamentare che ha stravolto lo sport e sul quale la Rossa fosse più pronta rispetto agli altri.

In questi sette anni, per un team che ha fatto il suo ingresso nel Circus, la Haas, due se ne sono andati, Caterham e Marussia/Manor. Due macchine in meno in griglia senza dimenticare che Williams è stata più volte sull’orlo di non farcela più; ricordiamo i test del 2019 a Barcellona, quando il team di Grove è arrivato in ritardo per poi correre una stagione con pezzi contati.

Dopo Cosworth, che ha terminato la sua avventura nel 2014, lo stesso motorista entrato nel 2015 con McLaren, Honda, ora ha deciso di abbandonare la Formula 1 senza partecipare alla rivoluzione del 2022 che prevede comunque le stesse Power Unit, lasciando in braghe di tela il team su cui aveva puntato per rifarsi l’immagine da una prima parte di rientro disastrosa con Woking; tra l’altro tornando alla vittoria e raggiungendo il suo obiettivo.

Si tratta di un problema non da poco per due motivi. Prima di tutto il supporto a Red Bull e AlphaTauri potrebbe non essere più lo stesso che si garantirebbe ad un team impegnato per il campionato del mondo. Il che, ovviamente, spalanca ancora di più la strada a Mercedes verso l’ottavo titolo piloti e costruttori consecutivo. Secondo motivo: con chi si accorderà Red Bull per il 2022? Il rapporto con Renault non è terminato nel migliore dei modi e gli altri due motoristi, Mercedes e Ferrari, difficilmente vorranno fornire una potenziale diretta rivale per il campionato. Insomma, la questione è spinosa e la notizia è una di quelle che fanno traballare l’ambiente.

L’era ibrida, ad oggi, è stata un fallimento. Ha messo in mano ad un team la Formula 1 per sette (otto) anni. Ha aumentato spropositatamente costi che si è cercato di contenere con limitazioni assurde come i tre motori per stagione; una bestemmia che ha trasformato una categoria di velocità in uno pseudo endurance tra motore e gomme, con monoposto più lunghe di un metro e più pesanti di 150 kg.

Il tutto in un contesto in cui i diritti sono stati venduti alle PayTV in giro per il mondo con il risultato di un crollo di ascolti progressivo anno per anno.

La FIA ha spinto sull’elettrico in Formula 1 tra batterie, MGU-K, MGU-H ed ERS quando ha già una serie elettrica sulla quale spingere, la Formula E, ed un mondiale, il WEC, che dovrebbe fungere da casa dell’ibrido in ottica consumi e gestione su gare da 6 o 24 ore. Rendere ibrida la Formula 1 in questo modo è stato un passo falso del quale ora si pagano le conseguenze, con la fuga di alcuni ed altri che non ne voglio sapere di entrare.

E le alternative non sono poi molte. Se si vuole continuare così il futuro non può che essere quello dell’unificazione con la Formula E, dal 2026 o poco più in là. Altrimenti bisogna avere il coraggio di fare un passo indietro e ridare più importanza al motore termico, quello dal sound che tutti rimpiangono dall’inizio di questo ciclo, riallineandosi con tutta la trafila delle categorie inferiori che l’elettrico lo vedeno col binocolo (giustamente, per quanto costa).

La soluzione era stata trovata nel 2009 con il semplice Kers. Si potrebbe riprendere, prolungare nell’uso a discrezione del pilota, usare per i pitstop in pitlane. Non necessariamente bisogna togliere tutto l’ibrido: basterebbe ripensarci, ripensarlo, renderlo meno preponderante. Altrimenti, appunto, il futuro è già scritto, è elettrico e corre già ora in parallelo.


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