L’inossidabile Iceman. Auguri, Kimi!

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
17 Ottobre 2019 - 09:45
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A Kimi Raikkonen, tutto sommato, devo un ringraziamento. Orfano di Schumi dopo il primo ritiro con la Ferrari, quando ancora scrivere non era nei meandri della mia mente, è stato lui a tenere a galla la mia passione per la Formula 1. Quando ho sentito il pavimento crollare sotto i piedi ci ha pensato lui, con quel mondiale ancora oggi incredibile, a tenermi su. Se sono qui adesso è anche grazie a questo finlandese che non ha mai cambiato il suo modo di essere se stesso, la cosa più difficile nella vita.

Non avrei pensato, in quell’ormai sempre più lontano 2007, che Kimi si sarebbe trovato a 40 anni a guidare ancora, in mezzo a ragazzini che potrebbero essere agilmente suoi figli. Già dopo il suo ritiro a fine 2009 consideravo – lo pensavamo forse tutti – finita la sua carriera in monoposto. Ecco, se devo trovare un primo momento in cui mi ha spiazzato è stato quando ha deciso di rientrare in questo mondo. Credevo ne avesse abbastanza ed invece è tornato in abitacolo con la Lotus – a tratti stupendo tutti – prima di legarsi di nuovo alla Ferrari a cinque anni di distanza dalla fine della prima esperienza.

Eppure ho un’impressione che non so argomentare pienamente, forse perché è proprio un qualcosa che sento e non so provare. Ovvero che il Kimi della McLaren sia stato di un altro livello rispetto a quello della Ferrari. Ricordo di aver pensato e creduto fortemente (lo credo ancora, sia chiaro) che il Raikkonen del periodo 2002-2005 sia stato secondo solo a Schumi in termini di velocità pura. Infatti in due occasioni, nel 2003 e nel 2005 appunto, ha rischiato di portarsi a casa il titolo. Certo, se avesse vinto il primo con una vittoria contro sei di Michael sarebbe stata una beffa per la Ferrari nell’anno, tra l’altro, del cambio di punteggio ed il passaggio al 10-8-6. D’altronde, in quella stagione, Kimi fu straordinario e soprattutto costante, con una monoposto oltretutto vecchia di un anno dato che la Mp4-18 (l’innominabile di Adrian Newey) fu accantonata in fretta e furia. Il mondiale perso contro Alonso, invece, è più da imputare ai guasti della Mp4-20. Ritiri in gara quando era in testa, guai in qualifica che lo costringevano a partire più indietro e chi più ne ha più ne metta. Sarebbero bastati un paio di episodi a favore e la storia di quel campionato sarebbe stata diversa.

Ci ha pensato poi il 2007 a ripianare tutto, con quel recupero clamoroso nel finale, la Spy Story e la lotta interna in McLaren tra lo stesso Alonso ed il nuovo arrivato Hamilton. Ed anche qui la percezione della vecchiaia si fa sentire. Alla fine Kimi avrebbe potuto vincere tre mondiali come avrebbe potuto non vincerne nemmeno uno. Fa riflettere: come sarebbe considerato oggi con tre titoli in tasca o con nessuno? 

Ciò che è incredibile oggi, dopo così tanto tempo, è l’affetto che gli appassionati provano per lui indipendentemente dai risultati. Mentre i media spesso e volentieri si sono accaniti nei suoi confronti, ad esempio piazzando al suo posto chiunque manco si fosse nel bel mezzo del calciomercato, il pubblico ha sempre mostrato sostegno per il suo modo di fare totalmente originale e per il suo non essere “diva”. Inorridisco quando sento parlare di flessione per un paio di gare storte dopo aver portato a casa 31 dei 35 punti totali dell’Alfa Romeo. Capisco che dobbiamo (per contratto? Convenzione? Opportunismo?) appoggiare un pilota italiano in Formula 1, ma onestamente credo che Kimi quest’anno abbia ampiamente legittimato il suo punteggio in classifica, nonostante aver raggiunto gli “anta”.

Ed ora veniamo alla seconda volta in cui mi ha stupito, ovvero il giorno in cui ha aperto le porte di Instagram. Totalmente inatteso ma, evidentemente, l’aver trovato l’affetto di una donna meravigliosa ed aver messo su famiglia l’ha non dico sghiacciato ma quanto meno addolcito. E Kimi vince anche sui social mostrandosi esattamente per quello che è, uno di poche parole. Niente social media manager, strategie, promozioni, scelte interminabili di location e robe simili, ma semplici frammenti di vita di tutti i giorni.

Kimi arriva quindi a quarant’anni: dopo le uscite di Button ed Alonso è rimasto ormai l’unico superstite di una generazione che mi ha accompagnato dall’adolescenza fino ad ora. Alla fine dell’anno prossimo, tra l’altro, andrà a prendersi il record di presenze in F1. E poi, magari, potrà dedicarsi anima e corpo al suo Robin che, da qualche settimana, già scorrazza in Kart. Il tutto è ovviamente documentato via Instagram. Ripensando a com’era giovane il Kimi che si presentava al via del mondiale 2001 sembra davvero passata una vita, ora che ci si chiede se avremo un nuovo Raikkonen in pista tra qualche lustro. Quale miglior risposta, allora, di “Wait and see”. Magari gustandosi un gelato. Idolo.

Auguri, Kimi.

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