L’importanza della consapevolezza

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
12 Maggio 2019 - 22:30
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Mentre la Mercedes raggiunge il punto più alto del suo dominio con cinque doppiette consecutive, punta di un iceberg datato 2014, la Formula 1 tocca il fondo di quella che è la sua offerta. Dopo cinque weekend su ventuno pare non esserci già più interesse in questo 2019: la tribuna principale di Barcellona non era piena come al solito e, tra l’altro, si rincorre la voce sempre più forte che questo sia stato l’ultimo Gran Premio di Spagna, magari in favore di qualche altro esperimento in chissà quale luogo sperduto nel mondo non sportivamente motorizzato.

Consapevolezza: è questo il termine che credo sia giusto citare dopo una domenica del genere, legato sia a questo appuntamento specifico che a ciò che la Formula 1 ha prodotto negli ultimi quindici anni almeno. 

Consapevolezza è mettersi l’anima in pace e prepararsi ad una nuova doppietta mondiale Mercedes. Il giro di Hamilton dopo il rientro della Safety Car a Barcellona è stato illuminante sullo stato di forma della Freccia d’Argento. L’unico motivo di interesse, a questo punto, resta la lotta interna tra Lewis e Valtteri. Già, perché se questi sono i valori in campo solo una specie di 2016 bis potrebbe tenere alta l’asticella dell’attenzione nello spettatore medio, così com’è stato tre anni fa. Non è detto però che il finlandese sia in grado di resistere mentalmente come fece Rosberg, voglioso di riscatto dopo un’intera carriera vissuta da “inferiore” nei confronti del suo ex-amico.

Consapevolezza è ammettere che la Mercedes è superiore non da oggi, non dai test 2019, ma dall’inizio dell’era ibrida. Mi viene da ridere quando leggo o sento che nei test di Barcellona di febbraio la squadra campione del mondo ha portato una sorta di versione “B” della W10 per rispondere alla prima settimana esaltante – per molti – della Ferrari. No, non si chiama paura arrivare pronti ai test con due pacchetti aero diversi: si chiama pianificazione, concretezza, quello che volete. La Mercedes ha un vantaggio tale da potersi permettere, come svelato da James Allison, di iniziare il lavoro su una nuova monoposto addirittura un anno e mezzo prima. Ed è questo che deve preoccupare davvero.

Consapevolezza è metabolizzare che non si può fare nulla, allo stato attuale delle cose, per contrastare un dominio simile. La Ferrari ora finirà sotto processo per due settimane ma, quando c’è un vantaggio così ampio e le mani sono legate da limitazioni assurde, è impossibile recuperare al 100%, soprattutto se poi ci si perde in cambi al comando e con i team order tra piloti. Negli ultimi quindici anni le restrizioni sui regolamenti sportivi e tecnici, la standardizzazione, i tentativi di rendere la Formula 1 più spettacolare ed equa hanno prodotto l’effetto contrario. L’abolizione dei test ha avuto un effetto devastante sulla possibilità di recuperare uno svantaggio nel corso dell’anno. L’introduzione del Parco Chiuso e l’abolizione del warm up alla domenica mattina hanno limitato le possibilità di ribaltare anche nel singolo evento una qualifica infelice con un colpo di genio, un cambio di setup all’ultimo, un’invenzione data dall’istinto. Ora si vive di calcoli al pc. Limitatamente agli ultimi due lustri, escluso il 2009 con la parentesi BrawnGP stiamo assistendo al secondo ciclo vincente nato da un cambio epocale di regolamento. La rivoluzione del 2009 ha permesso alla Red Bull di salire in cattedra per cinque stagioni, l’introduzione dell’era ibrida sta portando la Mercedes al sesto anno di un dominio mai visto nella storia della Formula 1 per percentuali di vittorie e record conquistati. Chi “indovina” la prima macchina di un cambio regolamentare totale si porta dietro il vantaggio fino alla fine del suo ciclo. Non bastassero gli errori commessi fino ad ora si parla di ulteriori standardizzazioni per il 2021. Cerchi (che diventeranno da 18″), cambio, freni, sterzo, volante sono alcune delle parti che la FIA vorrebbe rendere comuni a tutti i team. Una pazzia se pensiamo ai budget dei top team che, presumo, resteranno comunque tali e permetteranno di dirigere le risorse sui dettagli restanti, quelli sui quali si potrà ancora lavorare in proprio, consentendo per assurdo ai top team di scavare un solco ancora più profondo con chi ha risorse limitate. Un controsenso, la standardizzazione, se pensiamo che la Formula 1 è sempre stato uno sport all’insegna della ricerca. Ammesso che lo sia ancora.

Consapevolezza è capire che è inutile prendere in giro Indycar o Formula E (dai costi decisamente più bassi) quando anche la Formula 1 si sta snaturando da anni con limitazioni varie e con la prospettiva addirittura di pezzi in comune, all’insegna di un contenimento dei costi completamente finto. Chiedere a chi ha speso e spende decine di milioni di euro in simulatori che, comunque, non saranno mai affidabili come la pista, o a chi investe come Red Bull in condomini viaggianti come la nuova hospitality. 

Consapevolezza è, personalmente, capire che il futuro della Formula 1 potrebbe essere davvero in bilico se non si affronterà seriamente la questione. Le linee guida per il 2021 lasciano presupporre che il tutto potrebbe ancora peggiorare, perché parlare di parti in comune nel Circus è una bestemmia per lo Sport, lo svilisce molto più dell’Halo ed allontana chi ha memoria di una categoria opposta alla direzione intrapresa. E gli ascolti, al netto della sciagurata migrazione verso la pay tv, lo dimostrano. L’attuale F1 vive di rendita ma non potrà essere così all’infinito, perché le nuove generazioni di tifosi arrivano e scegliere altro potrebbe non essere difficile. Ed è ora che qualcuno se ne renda conto.

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