Libri | “Pilota senza ali. Quella non era la mia F1”

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Francesco Ferrandino
25 Aprile 2017 - 15:00
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Pilota, psicologo, istruttore di guida, Siegfried Stohr non è mai stato un pilota qualsiasi, bensì uno dei pochi che ha saputo riflettere su sé stesso oltre che sulle curve che ha dovuto affrontare, in pista e nella vita. L’ultimo suo libro, “Pilota senza ali” edito da Fucina, è difficile quindi da raccontare, perché non c’è tutto, ma di tutto: la sua carriera, i retroscena inediti delle gare nelle formule minori e dei Gran Premi da lui disputati, con la varia umanità incontrata.

Ma lo sguardo di Stohr come sempre va ben oltre: le riflessioni sugli avvenimenti che hanno avuto influenza decisiva nella vita e il modo di reagire verso di essi, l’impossibilità di fare paragoni tra i piloti delle varie epoche, e poi quel sottotitolo – Quella non era la “mia” Formula 1 – che per una eccezionale coincidenza getta luce su una considerazione che negli ultimi tempi io stesso mi ero frequentemente posto. Sì, ciascuno di noi “matti dalle gare”, piloti, addetti ai lavori e semplici appassionati, si trova ad amare il mondo delle corse in un determinato periodo, attraverso personaggi più o meno significativi di quel momento storico, eppure quel mondo cambia continuamente, e con tutta probabilità quando un pilota raggiunge la vetta agognata, cioè la F1, come fece Stohr nel 1981, il contesto non è più quello di quando abbiamo cominciato ad amare e sognare le corse automobilistiche.

L’autore racconta delle corse vissute da spettatore, a Monza negli anni ’60, fino all’approdo nel Grande Circus già saldamente in mano ad Ecclestone e alle squadre inglesi: dai sigari dove giganteggiava Jim Clark, alle monoposto ad effetto suolo e gomme larghe, per vari aspetti molto simili concettualmente alla F1 attuale. Un quindicennio decisivo nell’evoluzione dello sport automobilistico.

Stohr non si limita a raccontare fatti e personaggi: il libro è coinvolgente anche per i continui riferimenti al mondo interiore nel quale vive un pilota, riferimenti che possono applicarsi anche alla vita personale di ciascuno, e che si incrociano con un’altra delle passioni di Siegfried: la montagna. Non a caso, oltre alla corrida spagnola, lo stesso Ernest Hemingway diceva che esistono solo altri due sport: l’alpinismo e l’automobilismo. Discipline in cui l’uomo mette in gioco tutto sé stesso. Comunque ogni pagina del libro scatena una serie di potenziali spunti di riflessione che, come detto, è impossibile sintetizzare. Ecco perché lo consiglio a tutti gli appassionati: è una grande occasione di crescita personale per chi ama le corse.

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