Libri | “Benzina nel sangue”: l’autobiografia di Willi Weber tra successo e dubbio gusto

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di Alessandra Leoni @herroyalblues
21 Luglio 2022 - 12:15
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L’autobiografia di “Mister 20%” Willi Weber ripercorre l’era al fianco di Michael Schumacher, ma a fine lettura lascia quanto meno perplessi

Perché scrivere un libro su se stessi? Perché affidare le proprie memorie ad un’autobiografia? Esistono diverse risposte a questa domanda. Risposte che riguardano il portafogli, l’ego, il togliersi sassolini dalle scarpe. Ma in ogni caso, più in generale, quando si scrive un libro di questo tipo lo si fa per fornire a chi legge la “miglior versione di se stessi”, parafrasando un’espressione odiosamente stra-abusata. Lo si fa -in soldoni- per tirar fuori due lire e per promuoversi come la persona migliore del mondo.

Ecco, dopo aver letto l’autobiografia di Willi Weber, “Benzina nel Sangue”, non possiamo conoscere a priori la riuscita economica ma di sicuro abbiamo la certezza che il secondo obiettivo è fallito. Non si capisce bene perché, ma Wilhelm Friedrich Weber da Ratisbona, per tutti “Mister 20%”, ce la mette tutta per mostrarsi come il cattivo di un film di quart’ordine. Il cinismo ostentato come una qualità positiva, la durezza ma anche gli slanci improvvisi di generosità che suonano più artificiali di un bouquet di fiori di plastica. Se poi ci aggiungiamo le foto in bianco e nero che corredano il volume, i look improbabili del giovane Willi e le pose finto glamour, l’immagine che ci si porta a casa è quello di un faccendiere uscito fuori direttamente da un episodio dell’ispettore Derrick.

Nel libro si raccontano gli inizi durissimi, il difficile rapporto col padre, gli espedienti, le prime delusioni nel mondo degli affari che induriscono il giovane Willi e lo trasformano nello spietato squalo che ama descriversi. Uno squalo che si dedica alla ristorazione, con tanto di topless bar, e al commercio di auto usate. E sarà proprio l’amore per le auto -una droga, dice- che lo porterà a fondare un team che prenderà il giovane Michael Schumacher sotto la sua ala protettrice. Uno Schumacher, quello degli inizi, descritto come un ragazzo ingenuo, che arriva da una famiglia umile [i genitori raccontati come campagnoli sempliciotti dall’accento terribile] e focalizzato solo sul correre, a qualunque costo.

E proprio alla figura di Michael è dedicato gran parte del libro. Dall’esordio in F1 con la Jordan ai titoli con la Benetton al passaggio in Ferrari, propiziato -secondo il libro- proprio dallo stesso Willi.

Se da un lato si colgono sfaccettature di diversi personaggi big della F1 di quegli anni [l’altezzoso Ron Dennis, lo scaltrissimo Bernie Ecclestone, un Eddie Jordan sempre pronto a pugnalarti alla schiena al contrario di un Briatore leale e fedele] dall’altro lato alcune ricostruzioni lasciano un po’ il tempo che trovano. Come quella che vedrebbe Schumacher tirchio come uno scozzese e che viaggerebbe in economy se non fosse lo stesso Weber a prendergli i biglietti di Business class. Oppure dello stesso Schumacher rozzo ragazzo di Kerpen a cui Weber deve spiegare anche come si mangiano i carciofi.

E poi, come detto, il cinismo di cui quasi ossessivamente Weber cerca di ammantarsi nei racconti e negli aneddoti. Da come vorrebbe tener lontana Corinna dal marito per limitare le sue ingerenze su questioni di pista [per tacer degli invadenti suoceri] alle discussioni con Luca di Montezemolo, definito spocchioso e irascibile, il cui racconto in alcuni tratti lascia un po’ il tempo che trova.

E poi le colorite allusioni sessuali in un mondo, quello della Formula 1, a cui lui non si sottrae [in quanto “essere umano”] all’assalto delle grid girls di ogni nazione [con menzione d’onore per le brasiliane, quelle che bevono di più, le ungheresi, le più belle, e le giapponesi, quelle che fanno più rumore. Notevolissima la descrizione della più celebre, Katie Price. “Due tette così sode che in ogni uomo si risveglia un benzinaio. Pressione, scoppio, scarico. Avete presente?”. Si commenta da solo.

L’ultima parte è dedicata al disaccordo sul rientro alle corse, all’amara chiusura del rapporto con Michael, con parole al veleno per Sabine Kehm, addetta stampa e futura manager, e alla dolorosa ferita dell’allontanamento da Michael dopo l’incidente di Meribel.

Un libro che si legge rapidamente, da cui esce fuori una figura tutt’altro che amabile, determinata quanto serve [forse troppo], di sicuro non elegante né raffinata o modesta – anche nella memoria di certi episodi che suonano un po’ bislacchi. In una parola, appunto, antipatica. Non si capisce bene se sia voluto, oppure se il concetto di simpatia che Wilhelm Friedrich Weber ha non coincide con quello di chi il libro l’ha letto e ve lo sta raccontando.

È innegabile che “Mister 20%” sia stato una figura fondamentale, per la carriera di Michael. Quello che il libro lascia intuire è che, in certi momenti, il confine tra fondamentale e ingombrante sia stato superato diverse volte. In conclusione, se prima Willi non vi stava simpatico, leggendo il libro… non cambierete idea.

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