Hamilton minimizza il valore dei compagni di squadra di Verstappen. Un giochino che può diventare, però, un boomerang
Sta facendo scalpore l’estratto di un’intervista rilasciata da Lewis Hamilton a Sky Italia, nella quale l’inglese si lascia andare ad una considerazione sulla quale il dibattito potrebbe essere infinito. Per completezza questa è la trascrizione dell’estratto.
“Pensavo alla narrativa che passa attraverso i media. Quando in qualifica davo cinque o sei decimi a Valtteri non hanno detto le stesse cose che dicono ora quando Max si qualifica sei decimi davanti a Pérez. È tutto molto gonfiato. Personalmente credo che tutti i miei compagni siano stati più forti di quelli che ha avuto Max. Jenson, Fernando, George, Valtteri, Nico (anche se lo stava dimenticando, ndr). Questi ragazzi sono stati tutti molto costanti e Max non corre contro nessuno così”.
C’è molto da dire su questo argomento. Parto dalla considerazione in sé, se vogliamo un po’ imboccata. Mi sento di dire, ed è una riflessione personale, che non è un passaggio carino nei confronti dei compagni passati o attuale di Verstappen, bollati diplomaticamente come degli scarsi per sminuire un po’ quello che l’olandese sta facendo per conto suo. Nei quattro anni in cui Sebastian Vettel ha vinto il titolo in Red Bull non si è sentito Alonso dire che Webber fosse meglio o peggio di Massa, ad esempio.
La realtà è che confrontare i compagni di Hamilton con quelli di Verstappen vira sul complicato più di quanto la considerazione di Lewis voglia far intendere. Certo, sulla carta hai tre campioni del mondo contro zero e solo così la storia si dovrebbe chiudere se si vogliono guardare solo i numeri. Chi segue però questo sport da più anni dell’avvento di Liberty e ricorda tutta la carriera di Hamilton (e non solo il periodo Mercedes) sa che il suo discorso regge fino ad un certo punto e che, suona un po’ come una difesa del territorio dal nuovo che avanza.
Iniziamo dal dato temporale: Hamilton è in F1 dal 2007, Verstappen dal 2015. Uno è a fine carriera, l’altro nella parte centrale: ammesso che non scappi prima del tempo. Se Russell sarà molto probabilmente l’ultimo compagno di Hamilton, non sappiamo quanti ce ne saranno dopo Pérez. Già così si dovrebbe attendere il fine carriera dell’olandese per intavolare questo tipo di discorso, ma evidentemente questa considerazione doveva essere esternata quanto prima, nel mezzo di un periodo in cui i record sono difficili da ritoccare.
Ricapitolando, Hamilton ha avuto come compagni, in ordine: Fernando Alonso (1 anno), Heikki Kovalainen (2 anni), Jenson Button (3 anni), Nico Rosberg (4 anni), Valtteri Bottas (5 anni) e ora è affiancato da due stagioni da George Russell.
Max Verstappen ha avuto Carlos Sainz (1 anno e poco più), Daniel Ricciardo (quasi 3 stagioni), Pierre Gasly, (due terzi di stagione nel 2019), Alex Albon (parte del 2019 e 2020) ed ora è affiancato da tre anni da Sergio Pérez.
È evidente che se parliamo di Fernando Alonso, attualmente uno dei 4/5 più forti in griglia ancora a 42 anni, si devono solo alzare le mani in segno di resa. L’asturiano non solo è più forte di tutti i compagni di Verstappen, lo è anche di quelli di Hamilton e, a pari macchina, darebbe ancora filo da torcere allo stesso Lewis e a Max. Chi ricorda il 2007 sa bene come a Woking, al di là della Spy Story, si siano rovinati la stagione da soli sbolognando il due volte campione in carica una volta capito che il rookie Lewis era fortissimo.
Con “tutti i miei compagni” Hamilton include ovviamente (anche se non lo cita) Heikki Kovalainen, suo scudiero in McLaren tra 2008 e 2009. Affermare che il finlandese sia stato più forte di Sainz, Ricciardo, Gasly, Albon e Pérez è al limite del paranormale e sfido chiunque a dimostrare il contrario.
Arriviamo a Jenson Button. Ricordate cosa si diceva del suo titolo nel 2009 (quello vinto “solo grazie al doppio diffusore”) e di come alcuni addetti ai lavori lo etichettavano, da Paracarro in giù? Ecco, il suo arrivo in McLaren fu sicuramente scenico, con il team di Woking che poteva fregiarsi di avere in squadra gli ultimi due campioni del mondo. Ma, unanimemente parlando, in pochi pensavano che potesse essere al livello di Lewis. Invece dimostrò di esserlo eccome, con un 2011 spaziale mentre il compagno era impegnato a compilare continuamente i CID con Felipe Massa o lamentarsi di telemetrie e quant’altro. Jenson è stato migliore di Gasly, Albon, Pérez? Sicuro. Di Sainz? Sì, per me. Del miglior Ricciardo in Red Bull? Sì, ma di quanto?
Veniamo a Nico Rosberg. Nico aveva battuto lo Schumacher versione ultraquarantenne dei primi tre anni Mercedes. Nettamente nel 2010 con Schumi spaesato, di pochi punti nel 2011, con margine nel 2012 ma approfittando di 5 ritiri nelle prime 7 gare di Michael per fare punti buoni (con una vittoria in Cina), quando la W03 andava. Insomma, aveva fatto molto bene ma, a conti fatti, meno di quanto si possa pensare. Hamilton in arrivo dalla McLaren sembrava dovesse fare da prima guida nonostante i dubbi sul suo passaggio a Brackley. Eppure Nico si dimostrò un osso parecchio duro. Dietro di quasi 20 punti nel 2013 (ma con due ritiri in più), contendente fino all’ultima gara del titolo 2014, battuto bene da Lewis nel 2015 e capace di rovesciare i pronostici prendendosi il 2016.
Aver battuto Hamilton pone Rosberg (capace di 29 vittorie e 22 Pole in coppia con Lewis) nei piani alti nella storia dei compagni di squadra, evidentemente. E quindi: più forte di Gasly, Albon, Pérez? Sì. Di Sainz? Anche, seppur io ritenga lo spagnolo leggermente sopra gli altri tre. Quanto, però, più forte del miglior Ricciardo, quello che vinceva tre gare nel 2014 contro la corazzata Mercedes e che teneva comunque testa ad un giovane Verstappen tra 2016 e 2018? Perché poi, alla fine, il pilota devi saperlo valutare quando NON ha la macchina per vincere, non quando fa incetta. E, infatti, le recenti giravolte su Verstappen (che ora passeggia) di chi non si era accorto del suo valore sono ammirabili.
Dopo la parentesi fratricida con Rosberg ed il ritiro del tedesco appena dopo la conquista del titolo, Mercedes ha scelto Valtteri Bottas, fedelissimo di Toto Wolff in arrivo da Williams, per calmare l’ambiente e lasciare Hamilton tranquillo. Bottas è arrivato a Brackley con un’esperienza di quattro anni e 93 gare sulle spalle. Ha conquistato delle buone pole (20) e, specialmente nelle occasioni in cui Hamilton non era nelle possibilità, anche 10 vittorie.
Nei primi due anni non è riuscito ad arrivare alle spalle di Lewis in campionato (nel 2018 è arrivato addirittura 5°), rifacendosi nel 2019 e 2020 con una Mercedes in stile Red Bull attuale. Che il finlandese venga definito migliore di tutti i compagni di Verstappen è una forzatura che contribuisce, in questo caso, alla narrativa pro Lewis, ma la realtà è ben diversa. Ricciardo gli è stato superiore, Pérez anche, basti ricordare le performance globali in carriera del messicano (periodo pre Red Bull soprattutto) e non solo questa stagione, nella quale deve convivere con un ambiente ostile da parte di Marko. Sainz gli è superiore senza molti dubbi, Gasly ed Albon? Certo, se parliamo del Gasly arrivato in Red Bull dopo 6 gare in Toro Rosso e dell’Albon accasato dopo 12, potrebbe avere senso. Ma dire che gli attuali Gasly e Albon (soprattutto) sono piloti inferiori a Bottas è parecchio forzato, suvvia.
Chi resta? George Russell. Talento cristallino che però, dopo un 2022 fantastico al netto delle difficoltà Mercedes, in questa stagione sta deludendo tantissimo. Anche qui: meglio di tutti quelli che ha avuto Verstappen? Personalmente mi tengo il dubbio con Ricciardo.
Nel discorso di Hamilton ci sono quelle che si possono definire delle mezze verità, perché se da un lato è vero che si è confrontato con gente tosta, dall’altro ha avuto al suo fianco almeno per sette anni compagni accomodanti e due che, sulla carta per l’opinione pubblica, non avrebbero dovuto impensierirlo come poi è successo.
Ma al di là di tutto questo discorso sui compagni e sui valori, che ho affrontato in termini di blog perché basato sì su dati alla mano ma anche su impressioni personali, mi chiedo quale sia la necessità di una considerazione simile. Se è per sottolineare o ricordare di essere più forte di Verstappen, purtroppo, ci siamo fino ad un certo punto. L’unico anno di confronto vero, il 2021, l’ha visto globalmente sotto il livello dell’olandese in termini di performance ed anche più falloso (Imola, Baku, Silverstone), con Max che senza essere centrato in almeno due occasioni e senza un paio di decisioni particolari (andate a rivedere il caso della penalità in Qatar, comminata un’ora prima della gara senza possibilità di cambiare motore) avrebbe chiuso la pratica mondiale prima di Yas Marina e guidando meglio.
È giusto, quindi, ricordare che nella sua lunga carriera ha avuto momenti ad alta tensione con alcuni compagni (e alcuni sono stati davvero epici, specie con Fernando e Nico), ma viene da sorridere sentire parlare di narrativa quando, da quindici anni, tutta la carriera di Lewis è stata avvolta da un’aurea di maestosità mediatica che mai si era vista in Formula 1, anche grazie al fatto di essere un campionissimo inglese in uno sport prettamente britannico (ed ora americano). Immaginate avere un Piero Rossi campione del mondo in Italia. Che poi, l’abbiamo visto con Rossi Valentino, cosa vuol dire.
Infine, il discorso di Lewis potrebbe tornare indietro come un boomerang. Perché, in un’ipotetica televisione olandese, Verstappen potrebbe ricordare che a nessuno dei grandi piloti del passato è stato concesso di esordire con una vettura al livello di competitività della McLaren-Mercedes del 2007, che potesse garantire subito vittorie a grappolo e possibilità di titolo in un’era di concreta affidabilità e quasi 20 gare. Non è successo a Senna (Toleman ’84), a Schumacher (Jordan ’91), a Prost (McLaren, ma nell’80 era un’altra cosa), ad Alonso (Minardi 2001), a Vettel (Toro Rosso 2008) e, per citare i suoi compagni campioni, neanche a Button (Williams 2000) e Rosberg (Williams 2006). Lo stesso Verstappen ha esordito in Toro Rosso nel 2015 e ha dovuto aspettare 6 anni per lottare per un titolo. Immaginate Senna o Schumacher esordire subito su McLaren e Williams, per dirne un paio.
La conclusione qual è? Che, alla fine, ognuno cerca di tirare acqua al suo mulino. A volte, però, si esagera e con Hamilton la “narrativa”, come la chiama lui, spesso ci sguazza. E, siccome siamo in democrazia, mi sembra giusto farlo notare una volta ogni tanto.
Immagine: ANSA
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