Lewis, Rosberg, Senna, l’egocentrismo

Autore: Alessandro Secchi
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Pubblicato il 15 Novembre 2015 - 13:30
Tempo di lettura: 3 minuti
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Lewis, Rosberg, Senna, l’egocentrismo
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Da un lato, rimarcare ogni cinque secondi l’incidente avuto a Monaco, è prassi di chi ha voglia di speculare su un fatto privato e che può capitare a tutti, piloti compresi. Quindi, continuare dopo una settimana con questa storia è stancante. Così come rimarcare le presunte dichiarazioni offensive nei confronti di Schumacher. Mi sono già espresso in merito.

Dall’altro, fatico veramente a capire gli atteggiamenti di Lewis Hamilton delle ultime settimane. Come ho già avuto modo di dire nel dopo Messico, se le cose non vanno al 100% come dice lui inizia a sbottare con chiunque. Poco importa che il campionato sia già in tasca. Ieri ne abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione, quando ha saltato la foto di rito del post qualifica, lasciando da soli Rosberg e Vettel. Credo sia ormai chiaro a tutti che i due non si possano più vedere, ma il rispetto ‘professionale’ e basilare per il tuo compagno dovrebbe esserci a prescindere. Non mi risulta che Rosberg, in questi due anni, abbia mancato clamorosamente di rispetto a Hamilton. Anzi, tra i due quello più sincero nell’esternare il proprio malessere è proprio Nico. Che sa di essere più lento di Lewis (condizione già poco ideale), ma quanto meno non gli manca di rispetto ogni volta in cui ne ha la possibilità. Il cappellino di Austin, per dire, io a Lewis l’avrei fatto digerire, fossi stato al posto di Nico.

Questa continua escalation di egocentrismo, con il passare del tempo, può diventare pericolosa. Lewis non può pretendere che Nico arrivi sempre dietro di lui in qualsiasi condizione. Potrebbe chiederlo per contratto, eventualmente. Ma fosse per lui, per come si comporta, la Mercedes dovrebbe girare con una sola vettura. A questo punto non avrebbe problemi. Ovvio, si tratta di un’esagerazione, ma è esagerato anche il comportamento di un pilota appena diventato tricampione del mondo e vittima di manie di protagonismo. E questo va a supporto del mio pensiero che, dietro la maschera dell’uomo alla moda, sempre sulle copertine e in cerca di visibilità, si nasconda un ragazzo dalla fragilità interiore molto accentuata.

Capitolo Ayrton: siamo i primi a dire che i confronti tra piloti di generazioni diverse sono nulli, perché sono troppi gli elementi diversi per poter valutare dei semplici numeri. Però è stancante anche questo continuo parallelo, sia da parte dei media (che ci marciano come al solito) che da parte dello stesso Lewis. Ci può stare l’omaggio, per carità, ma continuare a parlare di Ayrton autoparagonandosi implicitamente a lui alla lunga annoia. Prima il numero di vittorie, poi il numero dei titoli. Voglio augurarmi, quanto meno, che il casco utilizzato in Brasile sia destinato ad opere di beneficenza, perché altrimenti si tratterebbe dell’ennesimo autoaccostamento. Per dire, nemmeno Bruno continua a fare riferimento a suo zio, e ne avrebbe molti più motivi di Hamilton solo per la parentela.

Di sicuro, non ricordo a memoria un tricampione del mondo così tormentato. Il giorno in cui la Mercedes non sarà più la dominatrice della scena, sarò proprio curioso di vederlo. Magari avrà finalmente qualcosa di concreto a cui pensare.

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