C’è un dettaglio, nel carattere di Lewis Hamilton, che non ho mai visto di buon occhio. Negli ultimi due anni, soprattutto lo scorso, è emerso più volte per poi assopirsi nel momento in cui tutto è andato per il verso giusto, vale a dire in quasi tutta la stagione 2015.
Parlo della sindrome del piangina, che lo colpisce non appena una virgola va fuori posto. Credo sia abbastanza palese che da Spa 2014 il rapporto amichevole tra Hamilton e Rosberg si è ‘diplomaticamente’ chiuso, e che se i due potessero trovarsi da soli in uno stanzino forse un paio di ceffoni se li tirerebbero anche, altro che cappellini.
Lewis, però, quando qualcosa ‘non torna’, non aspetta mezzo secondo per mettere in dubbio l’operato di chi lavora intorno a lui. Ieri si è visto chiaramente quando la squadra l’ha chiamato per la seconda sosta ai box, dopo che Nico aveva già effettuato il suo cambio per ragioni di sicurezza (o almeno così ha detto il team). Ha chiesto due volte di verificare perché per lui le gomme erano in piena salute, mettendo in discussione quello che il team gli stava comunicando. Per carità, è un diritto del pilota chiedere un’ulteriore conferma, ma è stata l’insistenza che mi ha lasciato un po’ così, stranito. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se non avesse dato ascolto alle richieste per trovarsi poi nei guai.
Non è la prima volta che il campione in carica si comporta così. Ovviamente molti l’hanno dimenticato, ma se portiamo la memoria indietro di poco più di un anno, ad un certo punto della stagione a sentire parlare Hamilton sembrava quasi che ci fosse un complotto pro Rosberg, e i più carichi addirittura parlavano di futuro in Mercedes incerto per lui (soprattutto se Nico avesse vinto il titolo). Tutto terminato con lo Spa-Gate, dopo il quale ogni fuoco tra i due polletti si è incredibilmente spento, secondo me dopo catechizzazione di Wolff e Lauda. In questa stagione non ci sono stati limiti per Lewis, più veloce in pista e senza alcun problema tecnico rispetto a Nico. E l’episodio di Monaco, alla fine, è ben più imputabile a Lewis che al team.
Però ecco, appena c’è un qualcosa che non gira come intende l’inglese, la sensazione che ho è che lui subito si senta ‘poco protetto’ o che tenda a cercare per forza qualcosa di poco limpido nei suoi confronti. Comportamento mai piaciuto, per quanto mi riguarda.
Così come non è sicuramente signorile il commento del dopo gara quando Lewis, parlando di Rosberg, ha detto “Nico ha guidato veramente bene: nessun errore, nessun colpo di vento”. Sinceramente evitabile, anche perché è stato lo stesso Nico a chiarire che, vento o meno, ad Austin si è trattato di un suo errore.
E se fossi nel tedesco, ad un certo punto, penserei di seguire il consiglio di Massa (uno che se ne intende), cioè quello di cambiare squadra. Il rapporto, ormai già logoro, può solo peggiorare.
Però Lewis, dal canto suo, deve darsi una calmata. Perché i cicli finiscono, e se alla prima titubanza salta sulla sedia così, il giorno che non vincerà più ci sarà da ridere.
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