Una settimana trascorsa con la data del 3 luglio, oggi (a proposito, auguri Sebastian), indicata a calendario come giorno nel quale la FIA avrebbe potuto decidere se riaprire il caso Vettel e rimandarlo a giudizio ulteriore dopo quanto successo a Baku.
Quello che ne resta è decisamente dell’amaro in bocca da tutte le parti. Effettivamente c’è stato tanto casino per nulla: una questione che poteva essere risolta con una tirata d’orecchi al telefono, per email o comunque subito, subitissimo, si è trasformata in una di quelle pantomime imbarazzanti che la nuova gestione della F1 dovrà imparare a gestire. Sono tre i punti che mi lasciano abbastanza dubbioso.
1 | Le finte scuse politiche di Vettel: se ho inquadrato leggeremente il personaggio, si tratta delle più finte degli ultimi anni, atte unicamente a calmare le acque e non rischiare altre mazzate sul coppino. Voglio dire, uno che reagisce così si può scusare solo se obbligato, ed infatti nell’immediato dopo gara Seb non aveva cambiato posizione di una virgola. Sotto un certo aspetto avrei preferito che tenesse la sua linea, per quanto poco condivisibile o sbagliata, ma è anche chiaro che si sarebbe trattato di un mezzo suicidio. Di certo sono convinto che la questione non finirà qui in pista e insomma, ne vedremo delle belle. Spero, anche, che nonostante le telemetrie sportivamente scagionanti d’ora in poi si inizi a vedere gli episodi a 360°.
2 | La questione, appunto, poteva essere gestita in tempi ben più rapidi e ben meno mediatici. Il grosso del lavoro era stato fatto direttamente in gara, con 10 secondi di stop and go che nella piramide delle sanzioni resta sotto solo alla bandiera nera. I tre punti di patente erano stati il secondo provvedimento. Mettere in dubbio quanto deciso domenica scorsa sa anche di mal fiducia in quello che gli ufficiali di gara hanno deciso a Baku. Pubblicizzare l’evento di oggi per poi non fare nulla è stato alquanto patetico. E, opinione mia, capirai che buffetto obbligare il pilota ad attività extra pista in favore della sicurezza. Una cosa del genere poteva essere comunicata in modi molto più rapidi che non tenendo in sospeso tutti per giorni.
3 | Ah, la sicurezza. Proprio lei. Sono favorevolissimo alla promozione di attività indirizzate alla sensibilizzazione sulla sicurezza nelle strade di tutti i giorni, ma occhio a non confondere la sicurezza in strada con quella in pista, perché parliamo di due cose completamente diverse. Stigmatizzare una reazione come quella di Sebastian ci sta, ma non vorrei che si pretendesse dai piloti di monoposto di diventare gentili ed educati come dovrebbero essere gli utenti della strada, perché così si va nella direzione sbagliata. Come ho già avuto modo di scrivere, il motorsport ed in particolare la Formula 1 sono colmi di episodi controversi che, volenti o meno, ne hanno aumentato la popolarità perché contenenti picchi di adrenalina, sfida, competizione e anche cattiveria agonistica assoluti. Questo non deve essere mai limitato con la scusa del dover dare l’esempio, perché altrimenti bisogna cercare degli scolaretti col grembiule e non dei piloti e bisogna iniziare a mettere le frecce sulle ali, gli stop, gli abbaglianti etc etc. La sicurezza in pista non ha nulla a che fare con quella in autostrada, perché in pista per definizione si rischia mentre in strada per definizione bisogna, bisognerebbe, porre la massima attenzione. Quindi occhio a non fare confusione con due aspetti dal nome comune ma dal significato opposto.
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