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Le ombre che sovrastano Álex Márquez

di Alyoska Costantino
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Pubblicato il 30 Novembre 2019 - 22:30
Tempo di lettura: 6 minuti
ARTICOLO DI ARCHIVIO
Le ombre che sovrastano Álex Márquez

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A pochi giorni dalla conclusione dei test di Jerez de la Frontera della MotoGP, gli ultimi di questo 2019 prima della lunga pausa invernale (che è poi relativa per team e piloti), credo sia giunto il momento di parlare della situazione relativa ad Álex Márquez e al suo passaggio al team Honda Repsol HRC. Inaspettato, curioso, strano, forse addirittura facilitato e la possibilità di aggiungere altri aggettivi piuttosto scomodi c’è.

Márquez è stato uno dei temi principali, se non il principale, del weekend di Valencia e dei successivi test svolti quarantotto ore dopo sempre sulla pista del Ricardo Tormo, ma curiosamente stavolta si tratta di Álex e non di Marc. In un mondo in continuo movimento e per cui si guarda sempre al futuro, il ritiro di un campionissimo come Jorge Lorenzo e la sorpresa generale in merito ha fatto subito spazio alle speculazioni su chi avrebbe ereditato la prestigiosa, quanto scomoda, sella del team Repsol, tra l’altro nell’anno del 25° anniversario del debutto del team nella 500cc. Sembrava essere pronto il tappeto rosso per accogliere Johann Zarco (uno che doveva salire nel 2018 su quella moto, col senno di poi) e invece qualcosa, o qualcuno, ha voluto scombussolare le carte.

Partendo dal fatto che le tante voci in merito al peso politico di Marc Márquez nel team Honda le considero come tali, voci e speculazioni appunto, pare difficile che una squadra come quella guidata da Alberto Puig abbia scelto, da sé, Álex Márquez come sostituto di Jorge Lorenzo. Appare quasi evidente come la scelta sia per fare contento l’attuale fenomeno della MotoGP: i dodici successi ottenuti quest’anno, i tre titoli vinti quasi esclusivamente col suo contributo e un contratto che, alla fine del prossimo anno, sarebbe in scadenza sono tutti indizi di come, molto probabilmente, Marc abbia messo anche più di una buona parola per il fratello. Se dovessi usare termini prettamente bocconiani, il Márquez più anziano sta probabilmente tenendo per gli zebedei il box Repsol HRC, essendo attualmente l’unico realmente in grado di portare costantemente davanti la RC213V.

Qualcuno potrebbe controbattere dicendo che il titolo della Moto2 sia il giusto pretesto per promuovere il #73 dalla classe di mezzo fino a un team ufficiale MotoGP, ma bisognerebbe distinguere le due cose. Álex Márquez merita sì la MotoGP, ma non credo sia meritevole di guidare la sella più prestigiosa in assoluto della massima categoria del motorsport a due ruote. Basti vedere anche il suo andamento nella Moto2: un titolo conquistato sì con merito, ma dopo ben cinque anni passati da comprimario nella categoria, dopo un 2018 pessimo e dopo aver battuto avversari non proprio eccezionali, come Lüthi (zero punti lo scorso anno in MotoGP) o Fernández (al suo primo anno completo nella categoria); salvo giusto Brad Binder, ma anche il sudafricano ha dovuto combattere, a inizio anno, con un telaio tutt’altro che competitivo. In sostanza, siamo lontani anni luce dall’impatto devastante che ebbe Marc sulla classe di mezzo, col titolo del 2011 perso per l’infortunio all’occhio e quello del 2012 vinto di prepotenza.

Dall’altra parte, provo anche a mettermi nei panni di Álex e comprendo la sua scelta di accettare questa opportunità più unica che rara. Salire sulla RC213V ufficiale, una moto coi colori di un team che al suo interno ha visto campioni e fenomeni susseguirsi come Doohan, Crivillé, Rossi, Biaggi, Pedrosa, Stoner e lo stesso Marc Márquez, avere come compagno proprio il fratello sia come punto di riferimento in termini d’esperienza, sia come aiuto in termini umani e anche tecnici (mi viene difficile credere che Marc non condividerà qualche “segreto” della Honda con lui), sono tutti motivi per cui era difficile, quasi impossibile, dire di no a quest’offerta.

Forse però Álex Márquez avrebbe dovuto pensare un po’ più a lungo termine: per quanto nel 2019 la seconda Honda Repsol non si sia praticamente vista nelle prime posizioni, essere nel team più forte in assoluto comporta tante attese e, di conseguenza, tanta pressione addosso, un po’ come guidare la Ferrari in Formula 1. Non oso immaginare ciò che direbbe il grande pubblico se dovesse consumarsi il massacro di Marc, nei confronti del fratello, che tanti prevedono (e alcuni, stupidamente, auspicano). Il nuovo arrivato si ritroverebbe addosso un’etichetta gigantesca con su scritto “Raccomandato” che non riuscirebbe più a togliersi di dosso per il resto della sua carriera motociclistica.

In fondo, il più grande problema di Álex, una volta arrivato a questi livelli, è la parola che inizia per “M” e che completa il suo nome. Essere fratello di Marc Márquez, in termini sportivi, dev’essere qualcosa di avvilente; avere così tante aspettative su di sé per il cognome che si porta e non riuscire a rispettarle totalmente. “Non voglio più essere considerato ‘il fratello di Marc’, ma Álex Márquez”, è questo l’obiettivo che il campione della Moto2 si è imposto, ma più passano gli anni, più aumentano i successi del #93 e più quel cono d’ombra in cui Álex si trova aumenta di dimensioni. Lo dimostra anche Honda stessa che la fiducia nei suoi confronti non è ai massimi storici, avendo offerto un solo anno di contratto al nuovo arrivato. Mi sa tanto di “contentino” dato a Marc e Álex ma con riserva, una sorta di avvertenza di come il più giovane dei due debba, da subito, stupire.  E’ anche per questo che l’idea migliore sarebbe stata farsi una sudata gavetta in qualche team più piccolo, in modo da crescere adeguatamente e dimostrare di cosa si è capaci in una situazione più svantaggiosa, nel quale però mettersi in mostra in maniera paradossalmente migliore, rispetto che a passare subito su una delle moto da mondiale e rischiare di fallire in maniera catastrofica.

I risultati ottenuti nei test non meritano così tanta attenzione: due volte 17° nelle due sessioni di Jerez non sono di certo un risultato entusiasmante, ma non so nemmeno quanto esso sia attendibile considerando che questi sono comunque solo test. Un risultato che quindi potrebbe valere tutto o niente in vista del 2020, perciò solo le gare potranno darci un effettivo verdetto sui meriti di Álex Márquez. E vi dirò la verità: io spero che il Márquez giovane riesca a stupirmi.

Chiariamoci, io sono tra i più convinti di come le chance che Álex stia al passo col fratello siano davvero infinitesimali, ma allo stesso tempo ho la speranza che possa dimostrare qualcosa. Sono uno che adora quando si concretizzano le storie da “underdog”, degli sfavoriti, e anche Álex non farebbe eccezione. Inoltre, avere una Honda ufficiale nelle retrovie non è comunque una bella pubblicità per la MotoGP e avere un ulteriore protagonista nelle prime posizioni sarebbe un ulteriore elemento di interesse per questo campionato, che molti ritengono noioso per la dittatura di Marc Márquez. Ci vogliono volti nuovi per spodestare l’attuale re della MotoGP e chissà che, contro ogni pronostico, tra questi ci sia proprio Álex.

Ed è per questo che gli auguro il meglio per il 2020 e per il resto della sua carriera.

Fonte immagine: motogp.com

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