L’allergia alle strategie ai box

di Alyoska Costantino
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Pubblicato il 6 Agosto 2017 - 21:39
Tempo di lettura: 7 minuti
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L’allergia alle strategie ai box

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Non è passato neanche un giorno e già si è scatenato l’inferno dopo il Gran Premio della Repubblica Ceca classe MotoGP. La vittoria di Marc Marquez non solo potrebbe essere un tassello decisivo per la lotta al titolo, ma anche l’inizio di una vera e propria discussione decisa in chiave “strategie e soste” nel mondo del motociclismo, tra fan e appassionati. Anche questa volta lo spagnolo, giocando di contropiede, ha trasformato un iniziale pasticcio in un’impresa sfavillante, vincendo con una quaresima di vantaggio sul compagno Pedrosa, dato tra l’altro come favorito.

Ovviamente i fan di uno schieramento e dell’altro non hanno risparmiato pareri e pregiudizi a riguardo del terzo successo stagionale di Marc: c’è chi dice che è stata fortuna, chi che Marc è un campione, chi che Yamaha non sa fare le strategie o che addirittura ha svantaggiato Rossi volontariamente (va beh…), chi che la Honda si adatta meglio alle condizioni miste rispetto alla principale rivale giapponese… insomma sono state poste tante, ma tante motivazioni.

Essendo un articolo del blog questo, vi dirò la mia: secondo me il successo di Marquez è dipeso da ognuno di questi fattori, ma nessuno è stato decisivo singolarmente e in maniera univoca. Per capirci, senza tutti gli altri ognuno di questi singoli elementi non sarebbe bastato al marziano per vincere una gara così complicata. Ora proverò ad analizzarli uno per uno con il massimo della precisione e della professionalità (???). Ovviamente sentitevi liberi di parlarne, sia che siate d’accordo o meno, commentando l’articolo qua sotto o su Facebook.

Bravura | Inutile nasconderlo: nemmeno il fan più cieco ed estremista contro Marquez potrebbe negare le sue capacità di guida, già straordinarie sull’asciutto ma quasi magiche sul bagnato. L’essere sempre sul filo del rasoio non gli porta sempre vantaggi, ma con tutti i rischi che si prende in condizioni normali, guidare su asfalto umido per il marziano è quasi una banalità. Parlare di fortuna quando al primo passaggio, con gomme fredde, giri 10 secondi più veloce dei tuoi avversari più forti non è molto sensato, almeno per quanto concerne Marquez. Quindi, credo che indiscutibilmente su questo genere di condizioni sia il migliore. E Brno non è stata la prima occasione in cui ce l’ha fatto capire.

Fortuna | Quando nei primi due giri Marc è scivolato in nona posizione a causa della Soft posteriore tutti pensavamo che si fosse giocato la gara, eppure è riuscito lo stesso, con quell’azzardo ai box, a vincere e con margine. E la parola “azzardo” non l’ho scelta a caso, in quanto di questo si tratta: una mossa al limite le cui probabilità di successo però, attenzione, erano alte. Già dalla tv e dai nostri bei comodi divani si poteva osservare il sole che stava riscaldando l’asfalto della pista ceca; uniamo il fatto che Brno sia una pista che si asciuga rapidamente e il gioco è fatto. Se dovessi ipotizzare, probabilmente la Honda avrebbe fatto rientrare comunque prima il “Cabroncito”, magari al terzo giro invece che al secondo se la gomma avesse funzionato, ma il risultato sarebbe stato il medesimo. Certo, dai box sanno molte più cose di quel che sappiamo noi osservando uno schermo e una grafica, ma quel che vedevano i nostri occhi era palese e al rientro di Marc io, dal canto mio, ho pensato che questa poteva essere la mossa vincente a mani basse.

Moto | Ipotizzare che la RC213V sia la moto più adatta alle condizioni miste (né bagnato al 100%, né asciutto) è sacrosanto e secondo me anche corretto: fin dai tempi del primo passaggio di Rossi alla Yamaha si credeva che la moto di Tokyo fosse un mezzo più “morbido” e facile da settare, al contrario invece della rivale prodotta a Iwata, più simile a una vera e propria moto da corsa, che quando funziona bene va su un binario ma che si dimostra parecchio altalenante quando il settaggio non è corretto. La terza moto in lotta per il titolo, la Ducati, sembra molto efficiente sull’acqua (grazie anche agli specialisti Petrucci e Dovizioso) ma non sembra ancora essere perfetta per il Dovi con le condizioni miste. Quindi sì, possiamo affermare che tra le tre moto in lizza il mezzo della Casa dell’Ala Dorata sia il più efficiente in queste situazioni.

Preparazione | Per capire come l’HRC e il team interno Honda siano più preparati rispetto a tutti gli altri team su questo piano, non c’è bisogno di osservare la gara di Marquez (che è comunque un asso su questi fondi) ma quella di Dani Pedrosa: il #26, entrato allo stesso giro di Vinales e Lorenzo, ci ha messo molto meno a trovare confidenza con il mezzo, piazzandosi nel giro di poche tornate secondo senza nessuna possibilità di risposta da parte della Yamaha di Vinales. E stiamo parlando di Dani il quale, per quanto io possa essere suo fan, ha parecchi limiti nel sfruttare le gomme fredde e la moto al primo passaggio. Direi quindi di dar fiducia ai tecnici e ai meccanici di casa Honda per questo lavoro sublime. Sul piano strategico, da quanto sto osservando negli ultimi due anni, il muretto Honda ufficiale mi sembra nettamente più preparato di tutto il resto dello schieramento MotoGP. E a proposito di ciò…

Errori altrui | E’ chiaro come un gran successo preveda anche l’approfittare degli errori altrui e direi che in questa gara l’accoppiata Honda-Marquez l’ha saputo fare molto bene, come in Germania e in Olanda l’anno scorso. Non solo le loro moto sembravano nettamente le più preparate, ma erano già a disposizione fuori dai box per il cambio rapidissimo dei loro piloti. E tengo a sottolineare come questo debba essere rapido, perché a osservare la confusione nei box Ducati e Suzuki c’è da mettersi le mani nei capelli: la moto di Jorge Lorenzo non era nemmeno accesa al suo arrivo, cosa che gli è costato una potenziale buona gara dopo tante delusioni, quella di Dovizioso era ancora tra le mani dei tecnici per modificarla nel settaggio e infine Iannone che, tralasciando un attimo la scivolata in pitlane causata dall’unsafe release di Aleix Espargaro, ha dovuto persino aspettare che l’unica moto disponibile e pronta subisse il cambio gomme in piena corsa. La coppia Yamaha-Rossi non ha di certo scusanti dal canto suo, visto che è stato ripetuto il medesimo errore dell’anno precedente al Sachsenring; le motivazioni dell’errore spiegate da Maio Meregalli secondo me sono inaccettabili, perché per osservare i tempi di Marquez con gomme d’asciutto non serviva un giro, ma anche solo un paio di settori. Due giri a vuoto per Vinales e tre addirittura per Rossi, che sono costati punti preziosi e forse carissimi verso la conclusione del campionato. Prima di scrivere quest’articolo, tra l’altro, ho letto un commento interessante sulla pagina ufficiale Facebook della MotoGP che diceva come le squadre motociclistiche a livello strategico siano lontane anni luce da quanto sono capaci di fare i team di Formula 1. Dichiarazione sacrosanta, ma se dovessi cercare almeno un team preparato su questo piano, sarebbe proprio la Honda Repsol al momento.

E con questo direi che l’analisi è completa. Credo che tutte queste motivazioni, elencate qui sopra, siano i motivi per cui Marquez, nonostante la guida al limite e il mezzo inferiore, sia l’uomo da battere: il soprannome “marziano” datogli non è a caso, perché attualmente è il pilota migliore nel paddock del Motomondiale e anche la classifica lo testimonia. Capace sia di fare il ragioniere calcolatore sia il matto da legare e, ora che il sesto titolo si fa più vicino, la preoccupazione dei rivali aumenta sempre di più.

Non sono ammessi errori per i suoi quattro avversari al titolo, perché con questo ragazzo c’è sempre stato poco da scherzare.

Fonte immagine: Internet (per segnalare il copyright info@passionea300allora.com)

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