C’è qualcosa che non mi torna. Ma mi intriga. Mi spiego. Il Gran Premio della Malesia 2013 mi è piaciuto parecchio. Perché spettacolare, combattuto, in bilico -e anche oltre, se vogliamo- fino all’ultimo. Ma, soprattutto, perché infarcito di paradossi, di cui sono perversamente innamorato. Ve ne cito alcuni, in ordine sparso.
LH, una vita alla McLaren, si stufa della sua monoposto che si rompe sembre [okay, aveva bisogno di nuove sfide, nuovi stimoli… vabbè] e cambia squadra nonostante gli estremi tentativi di trattenerlo da parte degli uomini di Woking. Che bella la Mercedes, quant’è bello sentirsi più liberi qui, meno imbalsamati, e compagnia bella. Poi, appena alla seconda gara, rientra ai box e infila la piazzola della sua ex squadra. Ma non avevi detto, come in un ben noto spot… “meglio cambiare??”. Ma vabbè, andiamo avanti.
JB, maestro indiscusso nella gestione delle gomme, equilibrista in bilico tra usura, consumo, aderenza, graining e trucioli, viene appiedato proprio da una gomma. Nel senso che la sua auto diventa un triciclo, e così non può più andare avanti. Fine dei giochi.
E poi il più grande, quello che preferisco. Quello che forse ci fa capire che l’ultimo passo che abbiam fatto è più lungo della gamba. Ci arrivo, ma la prendo larga. Seguitemi bene. Abbiamo abolito i test perché troppo costosi. Quindi spendiamo milioni e milioni di euro per costruire simulatori sempre più complessi e gallerie del vento sempre più mastodontiche. Che poi ogni tanto risultano starate, come quella della Ferrari. Spendiamo quindi di più per risparmiare. Il tutto, beninteso, per avere un grammo di carico aerodinamico in più. E il sistema funziona: ne tiriam fuori così tanto, di carico aerodinamico, che per vedere qualche sorpasso dobbiamo toglierlo con un sistema da due lire che si chiama DRS. Quindi, se non vado errato, per risparmiare spendiamo di più al fine di trovare un qualcosa che per lo spettacolo è meglio togliere.
Ma non basta, la gente vuole spettacolo, sangue, come nelle arene romane con i gladiatori: quindi costruiamo -sempre per risparmiare, of course- gomme che durano 60 km, che cedono di schianto e che ti costringono a fare 4 soste ogni gara. Non so, ma non credo che fare una gomma che dura 180 km costi tre volte che farne una da 60 km. Anche se costasse il doppio, comunque ci si rimetterebbe. Ricapitoliamo, autocitandoci: per risparmiare spendiamo di più al fine di trovare un qualcosa che per lo spettacolo è meglio togliere, e nonostante questo per portare a casa la pagnotta ci tocca cacciar fuori più soldi scarpe più spettacolari. Insomma, un caos. Aristotele e Socrate, Kant e Hegel, Schopenahuer ed Eraclito stanno ancora dibattendo sul tema. Tema che si sublima -e qui torno all’inizio del pezzo- al Gran Premio della Malesia: fai gomme usa e getta, crei un traffico indecente ai box e cosa ottieni? Nell’ordine:
* pit stop secolare per la Force India di Sutil
* Hamilton che sbaglia piazzola [ne avevamo già parlato, ma fa bene ribadirlo]
* botto grottesco tra la Toro Rosso di Vergne [che esce] e la Caterham di Pic [che rientra]
* pit stop secolare per la Force India di di Resta
* pit stop secolare per la Force India di Sutil
* conseguente ritiro per di Resta
* conseguente ritiro per Sutil
* pit stop corretto solo per 3/4 per la Mclaren di Button
* conseguente ritiro per JB
Dunque, ricapitolando [e ribadendo]: per risparmiare spendiamo di più al fine di trovare un qualcosa che per lo spettacolo è meglio togliere, e nonostante questo per portare a casa la pagnotta ci tocca cacciar fuori più soldi scarpe più spettacolari con i risultati sopra elencati. Okay, quello Malese è un caso limite, ma mi chiedo lo stesso: ne vale la pena?
La mia risposta -e non può essere diversamente- è sì. Certo che sì. Ovviamente sì. Logicamente sì. O, forse, paradossalmente sì. Pensateci, a questo Corto Circuito.
Manuel Codignoni
www.passionea300allora.it
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