La prima Ferrari marchiata da Barnard, guidata da Alboreto e Berger: una stagione difficile, conclusa però nel migliore dei modi
Alle 17:15 di domenica 22 marzo 1987, in una Fiorano crepuscolare e ancora piuttosto rigida nonostante l’arrivo della primavera, Michele Alboreto scese in pista per la prima volta con la nuovissima Ferrari F1-87. Una vettura che rompeva totalmente gli schemi con la disastrosa F1-86 della stagione precedente, andando a stravolgere completamente quello che la Ferrari aveva realizzato durante i primi anni ’80.
La F1-87, a firma Gustav Brunner ma con la supervisione del nuovo arrivato John Barnard, arrivato dalla McLaren esattamente dal 1° novembre del 1986 dopo avere vinto tutto nelle precedenti tre stagioni. Una vera e propria rivoluzione, quella impostata dal mago inglese, con l’obiettivo di ridurre le masse rispetto alle vetture precedenti.
Anche il motore venne rivoluzionato, con il passaggio al 6 cilindri a V di 90° dal V6 di 120° del 1986. La F1-87 è stata anche la prima Ferrari a cambio longitudinale dalla B3 del 1974, prima monoposto in F1 portata al successo dal compianto Niki Lauda e progettata da Mauro Forghieri.
Le aspettative erano altissime anche grazie all’arrivo dalla Benetton di Gerhard Berger e al rinnovato entusiasmo per una macchina che almeno da fuori si presentava bellissima, con forme ridotte e sinuose. I problemi però iniziarono quasi subito, appena la nuova nata scese in pista per i primi giri a Imola e successivamente Rio in Brasile. Appena 600 chilometri totali vennero percorsi da Alboreto e Berger, a causa di due problemi piuttosto importanti: il tardivo arrivo della seconda monoposto, a causa di un rallentamento dei lavori in fabbrica, e un problema alle colonnette di fissaggio delle flange di attacco dei freni.
Un guaio che costrinse i tecnici di Maranello a rivolgersi prima ad un’azienda di Rio e successivamente in California per ricevere i componenti che di fatto non consentirono a Berger e Alboreto di girare in pista con continuità. Altra sfida per la Rossa, ma sostanzialmente per tutte le squadre in quel 1987, era quella di adattare i nuovi turbo alla valvola pop-off che ne limitava la pressione a quattro bar.
Trovare il compromesso corretto per sfruttare i motori al meglio non era affatto semplice soprattutto in qualifica, con potenze ritornate su livelli umani (nell’ordine degli 800 cavalli) rispetto a quelle mostruose di oltre 1000 cavalli del 1986. L’esordio a Jacarepaguà della Rossa mise subito in evidenza, rispetto alle altre competitor che si chiamavano McLaren, Lotus, Williams e anche in parte Benetton, anche una certa difficoltà a livello telaistico. I quasi quattro secondi dalle Williams presi in qualifica sia da Berger che Alboreto, rispettivamente settimo e nono, furono piuttosto indicativi sulla clamorosa quantità di lavoro da fare per la squadra capeggiata da John Barnard.
La gara, vinta con grande intelligenza tattica da Alain Prost davanti a Nelson Piquet e all’ex Stefan Johansson, andò leggermente meglio per la Ferrari. Berger colse un quarto posto a oltre un minuto dal vincitore davanti a Thierry Boutsen e Nigel Mansell, protagonista di una sciagurata scelta di gomme. Alboreto, al contrario, dovette accontentarsi dell’ottavo posto con diversi problemi alla sua F1-87. Per chi aveva sognato da subito una Rossa vincente o almeno competitiva in stile 1983, la realtà presentò subito un conto piuttosto duro nonostante un risultato in gara accolto con tiepida soddisfazione dai tecnici di Maranello.
RIO DE JANEIRO
F1-87/96 ALBORETO (8°)
F1-87/97 BERGER (4°)
F1-87/95 MULETTO
I test di Imola successivi alla trasferta brasiliana sollevarono qualche dubbio anche sulla bontà del motore, progettato dall’ingegner Jean-Jacques His, che al contrario a Rio era risultato veloce e soprattutto affidabile. Cinque motori rotti in tre giorni da Berger e Alboreto fecero scattare l’allarme in casa Ferrari, anche se i propulsori utilizzati a Imola erano differenti rispetto a quelli usati in Brasile. Il motivo di queste rotture fu causato da regolazioni della carburazione, resa piuttosto magra, volte a limitare i consumi in una pista così severa con il carburante come Imola.
Il confronto velocistico con il turbo Honda fu un’altra causa di rotture. Per “stare dietro” alle prestazioni, soprattutto in modalità da qualifica, del turbo giapponese i tecnici di Maranello alzarono i giri motore causando qualche difficoltà di troppo a Berger e Alboreto. Il weekend del Gran Premio di San Marino, seconda prova del mondiale 1987, visse di tre argomenti principali: L’incidente al Tamburello durante le prove del sabato di Nelson Piquet, costretto a saltare la gara dai medici nonostante la voglia di rientrare in pista; il dominio dei motori Honda, prima in qualifica con Ayrton Senna e poi in gara con Mansell davanti allo stesso pilota brasiliano; il ritorno sul podio della Ferrari grazie a Michele Alboreto, autore di una gara strepitosa che lo aveva portato anche in testa per tre giri davanti alla Williams di Mansell.
Un terzo posto che avrebbe potuto essere anche qualcosa di più se a pochi giri dal termine un calo di prestazioni non avesse invitato il pilota italiano ad accontentarsi di un prezioso podio. Anche in qualifica le Ferrari erano risultate piuttosto veloci, con la terza fila composta da Berger e dal pilota italiano. Per l’austriaco poca fortuna durante la gara, con un problema alla valvola wastegate che lo costrinse al ritiro. Per la successiva trasferta di Spa, in Belgio, la Ferrari si presentava quindi con rinnovate ambizioni anche se le prestazioni non erano ancora in grado di garantire la possibilità di vittoria.
IMOLA
F1-87/96 ALBORETO (3°)
F1-87/97 BERGER (RIT)
F1-87/95 MULETTO
A Spa (insolitamente scelta come terza prova del calendario) la Ferrari si presentava con rinnovate ambizioni dopo il podio di Alboreto a Imola. Le voci interne alla squadra sul rapporto tra lo stesso Michele e Barnard però iniziarono a uscire a mezzo stampa dopo la scelta di fornire soltanto Berger di turbine speciali rispetto ad Alboreto. Una scelta che non lascerà indifferente Alboreto, che mesi dopo userà parole non proprio benevole nei confronti di Barnard per un rapporto mai sbocciato sin dal primo giorno del “Mago” a Maranello.
La Ferrari confermò le buone prestazioni di Imola sia sull’asfalto bagnato che su quello asciutto con il quarto tempo di Berger e il quinto di Alboreto in qualifica. La gara delle Rosse durò soltanto nove giri, con l’italiano costretto al ritiro mentre si trovava nelle prime posizioni a causa di un semiasse e Berger KO per la rottura del motore. Una vera occasione persa per la Ferrari, che avrebbe potuto ripetere almeno il podio di Imola anche all luce dei ritiri di Mansell, Senna e Piquet.
SPA
F1-87/96 ALBORETO (RIT)
F1-87/97 BERGER (RIT)
F1-87/95 MULETTO
Il weekend di Monaco iniziò nel peggiore dei modi per la Ferrari. Berger sbatté alla Piscina distruggendo la propria vettura numero 28 ma è quello che successe a Alboreto a fare temere per il peggio. Una manovra sconsiderata di Christian Danner causò il tamponamento del pilota italiano, che volò letteralmente sopra la Zakspeed in un incidente gravissimo che avrebbe potuto avere conseguenze tragiche. Passato lo spavento i tecnici si misero al lavoro per riparare le due vetture incidentate, sistemando i telai danneggiati con pezzi fatti arrivare in fretta e furia da Maranello. Inoltre venne portato un ulteriore muletto, numerato 98.
Durante il sabato venne provato un nuovo alettone posteriore biplano e uno scivolo posteriore di nuova generazione. Alboreto quinto e Berger, più in difficoltà, ottavo si qualificarono a oltre tre secondi dalla Williams di Mansell. La gara, entrata nella storia per il primo successo di una monoposto con le sospensioni attive grazie ad Ayrton Senna con la Lotus-Honda, regalò diverse soddisfazioni alla Rossa. Alboreto salì per la seconda volta in quattro gare sul podio con il terzo posto, precedendo proprio il compagno di team Berger. Sette punti totali che rimpolparono la classifica costruttori del Cavallino, che dopo quattro gare poteva vantare 14 punti a -4 dalla Lotus.
MONTECARLO
F1-87/96 ALBORETO (3°)
F1-87/97 BERGER (4°)
F1-87/98 MULETTO
F1-87/95 MULETTO DI SCORTA
I test del Paul Ricard in preparazione delle gare superveloci estive, con l’intermezzo del cittadino di Detroit, dimostrarono ancora una volta la bontà del turbo Honda rispetto a quello Ferrari. Alboreto e Berger non riuscirono mai ad avvicinare le prestazioni di Williams e Lotus, restando distanti circa un secondo. Inoltre l’austriaco fu protagonista di uno spettacolare testacoda all’ingresso della curva Signes a causa del cedimento del pneumatico sinistro della sua Ferrari numero 28. La trasferta USA della rossa trovò conforto nel quarto posto piuttosto anonimo di Berger, dopo il ritiro per la rottura del cambio di Alboreto.
La F1-87 soffriva di una mancanza cronica di inserimento curva tra i muretti del tracciato di Detroit. Il settimo posto di Michele e il 12° di Gerhard in qualifica mostrarono i limiti della Ferrari rispetto alle sue “solite” contender, compresa l’Arrows in grande forma con Eddie Cheever. Novità assoluta per i dischi della frizione in carbonio montati sulle Rosse, così come un piccolo aggiornamento sul motore per migliorare la potenza ai bassi regimi.
DETROIT
F1-87/98 ALBORETO (RIT)
F1-87/97 BERGER (4°)
F1-87/95 MULETTO
Nonostante i rapporti non totalmente sereni interni alla squadra tra Barnard e Alboreto, Enzo Ferrari decise di rinnovare il contratto del pilota italiano per un’altra stagione provando a dare una certa stabilità alla squadra anche per il futuro. Inoltre la base di Guilford, in Inghilterra, divenne la sede centrale dello sviluppo della F1-87 seguita direttamente da Barnard con i suoi tecnici. Una scelta storica che fece diventare la Rossa più “inglese” e meno italiana.
Al Paul Ricard, dove i motori Honda continuarono il loro dominio spingendo le Williams a limiti inarrivabili per tutti, la Ferrari andò incontro ad un doppio ritiro amaro. Dopo il sesto e l’ottavo tempo in prova, le due Rosse di Berger e Alboreto alzarono bandiera bianca a causa di problemi a sospensioni e motore. I due podi e le buone prestazioni delle gare precedenti vennero subito dimenticati da stampa e tifosi, con i tecnici impegnati nella settimana successiva al Gran Premio di Francia in una serie di test a Imola.
PAUL RICARD
F1-87/98 ALBORETO (RIT)
F1-87/99 BERGER (RIT)
F1-87/97 MULETTO
A Silverstone la Ferrari affondò letteralmente sotto i colpi dei motori Honda, di un’affidabilità scellerata e di qualche scelta tecnica arrivata direttamente da Barnard e non proprio corretta. Soltanto un eroico Michele Alboreto, che non aveva accettato le scelte di set-up programmate da Barnard sulla vettura di Berger, che la resero tanto inguidabile da costringere l’austriaco all’errore, fece sognare i tifosi nelle prime battute di gara. L’ennesimo problema tecnico privò l’italiano di un buon risultato e la Ferrari dovette fare la conta dei problemi della F1-87. Curioso l’episodio capitato a Berger, ritrovatosi con un martello in macchina dimenticato da un meccanico durante le libere. L’immagine di Gerhard che rientra impugnandolo verso i meccanici scatenò le polemiche dei giornalisti più maliziosi.
SILVERSTONE
F1/87/98 ALBORETO (RIT)
F1/87/99 BERGER (RIT)
F1/87/97 MULETTO
A Hockenheim il team portò diversi nuovi componenti aerodinamici, tra cui due alettoni completamente nuovi e un profilo estrattore rinnovato. Modifiche che consentirono ad Alboreto di conquistare il quinto posto in griglia in qualifica, grazie anche ad una ritrovata potenza del turbo Ferrari. Tanta paura invece per Berger, che finì a muro a causa dell’ennesima sospensione KO della F1-87. L’austriaco non andò oltre il decimo tempo ma la gara sarebbe andata ancora peggio. Il terzo doppio ritiro delle Rosse ebbe lo stesso denominatore comune, cioè le turbine. Un vero e proprio disastro per un team che fino a quel momento aveva raccolto soltanto 17 punti in otto gare.
HOCKENHEIM
F1-87/98 ALBORETO (RIT)
F1-87/99 BERGER (RIT)
F1-87/97 MULETTO
Fiorano divenne quindi un passaggio fondamentale per preparare la gara in Ungheria, con Alboreto talmente al limite (per essere un test) da portare un’altra turbina alla rottura. La pressione del turbo in quel test venne portata a 2.5 atmosfere, raggiungendo una buona velocità nella curva di rendimento. La presenza ai box di Harvey Postlethwaite in sostituzione di un Barnard, rimasto in Inghilterra per preparare la macchina versione 1988, portò un beneficio inaspettato alla Rossa.
Irrobustita nelle sospensioni che tanto avevano fatto penare nelle ultime gare, Berger riportò in prima fila la Ferrari dopo due anni di assenza. Una prestazione fantastica del pilota austriaco, condizionato anche da un virus gastrointestinale. A completare il sabato ruggente della Rossa il quinto posto di Alboreto. Su di una pista da telaio, la F1-87 aveva (quasi) misteriosamente ritrovato competitività. In gara però le delusioni non tardarono ad arrivare nonostante le Rosse fossero le uniche in grado di tenere il ritmo delle super Williams, vincente sotto la bandiera a scacchi con Piquet. Un giunto (rottura senza precedenti) e il motore mandarono KO rispettivamente Berger e un affranto Alboreto, lasciando la Ferrari a bocca asciutta per la quarta volta consecutiva.
HUNGARORING
F1-87/100 ALBORETO (RIT)
F1-87/98 BERGER (RIT)
F1-87/97 MULETTO
A Spielberg, dove l’anno prima la Rossa aveva conquistato un doppio podio con Alboreto e Johansson, la F1-87 si mostrò competitiva ancora un volta in prova grazie anche all’arrivo dell’overboost, che permetteva per qualche secondo di immettere qualcosa di più delle solite quattro atmosfere nel turbo. Un terzo e un sesto posto che però non trovarono ancora una volta conforto in gara, a causa dell’ennesimo doppio ritiro della stagione. Se da una parte le prestazioni della Rossa erano buone, dall’altra l’affidabilità continuava a essere una chimera.
SPIELBERG
F1-87/100 ALBORETO (RIT)
F1-87/98 BERGER (RIT)
F1-87/97 MULETTO
Come ogni settembre la Ferrari segna sul calendario la gara di Monza per provare a regalare ai tifosi, soprattutto in un periodo così difficile, una gioia in casa. La potenza della F1-87 era piuttosto buona e Berger riuscì a piazzare la #28 in terza posizione sulla griglia, con Alboreto ottavo. La gara però fu piuttosto deludente, con l’austriaco quarto al traguardo in una gara condotta con l’obiettivo di vedere la bandiera a scacchi mentre Alboreto alzò bandiera bianca per un guasto alla turbina, dovuto al distacco della pancia laterale della sua Ferrari. Un inconveniente, l’ennesimo, a cui la Ferrari sembrava essere particolarmente abituata.
MONZA
F1-87/100 ALBORETO (RIT)
F1-87/98 BERGER (4°)
F1-87/97 MULETTO
Prima del Gran Premio del Portogallo era comunque evidente come la Ferrari avesse recuperato, rispetto ai quattro secondi del Brasile, il gap nei confronti delle Williams come mostrato in questa tabella:
BRASILE + 4”229
IMOLA + 1”334
BELGIO + 1”425
MONACO + 3”063
DETROIT + 3”420
FRANCIA + 1”744
SILVERSTONE + 2”164
GERMANIA + 1”305
UNGHERIA + 0”502
AUSTRIA + 0”856
MONZA + 0”374
Estoril diventò per la Ferrari la nuova terra promessa grazie alla pole position di Gerhard Berger. Dopo Rio 1985, l’austriaco conquistò la partenza al palo per la Rossa a due anni di distanza dall’ultima volta. Un risultato straordinario, frutto di un lavoro di fino a livello telaistico e dei nuovi aggiornamenti di motore portati specificatamente per la trasferta lusitana. In gara, quando tutto sembrava pronto per la grande festa, Berger finì in testacoda a tre giri dal termine regalando la vittoria ad un rimontante Prost. Una disdetta per l’austriaco, protagonista di un weekend perfetto fino a pochi chilometri dal termine. Il secondo posto lasciò l’amaro in bocca ma anche la consapevolezza di poter vivere un finale di stagione finalmente al top.
ESTORIL
F1-87/100 ALBORETO (RIT)
F1-87/98 BERGER (2°)
F1-87/97 MULETTO
Jerez confermò la competitività delle due Rosse con la seconda fila conquistata alle spalle delle Williams. Nonostante un venerdì difficile a causa di un motore KO e di Alboreto fuori strada, la F1-87 mostrò i netti miglioramenti arrivati nelle ultime gare del campionato. La gara però venne condizionata dal ritmo piuttosto lento di Senna e dall’incapacità delle Rosse di superare la Lotus in una pista senza possibilità di sorpassi. Il risultato fu ancora più deludente, con un doppio ritiro causato da un problema al motore per entrambi i piloti.
JEREZ
F1-87/100 ALBORETO (RIT)
F1-87/98 BERGER (RIT)
F1-87/97 MULETTO
L’altura del Messico e la pista sconnessa non misero in difficoltà la F1-87, che già dalle prove filò come un orologio cogliendo una strepitosa prima fila con Berger mentre Alboreto, dopo un ottimo venerdì, non riuscì a trovare il giro buono. La gara, dopo un avvio clamoroso di Thierry Boutsen ma anche di Berger, durò soltanto 20 giri per le Rosse con un doppio KO causato dalle turbine Garrett. Una vera disdetta perché i tecnici americani avevano lavorato per aumentarne la portata in relazione all’aria rarefatta di Città del Messico.
CITTÀ DEL MESSICO
F1-87/101 ALBORETO (RIT)
F1-87/98 BERGER (RIT)
F1-87/97 MULETTO
Nel weekend che consacrò Piquet campione del mondo, Berger vinse la gara di Suzuka riportando la Ferrari al successo dopo 37 gare di agonia totale. Una vittoria significativa, ottenuta in casa della Honda e partendo anche dalla pole position. Il quarto posto in rimonta di Alboreto, fermo al via e costretto ad un furioso recupero dalle retrovie, consegnò alla Ferrari un weekend praticamente perfetto.
SUZUKA
F1-87/101 ALBORETO (4°)
F1-87/98 BERGER (1°)
F1-87/97 MULETTO
Adelaide, oltre a essere l’ultima gara del mondiale, diventò ancora terra di conquista per la Rossa. Pole e vittoria di Berger, sesto posto in qualifica e secondo (ereditato per la squalifica di Senna) in gara per Alboreto. Doppietta Rossa che mancava dal 1985 e F1-87 che si confermò come migliore monoposto delle ultime gare del 1987. Due vittorie consecutive che salvarono una stagione che durante l’estate divenne quasi drammatica per la serie di ritiri causati da una scarsa affidabilità.
ADELAIDE
F1-87/101 ALBORETO (2°)
F1-87/98 BERGER (1°)
F1-87/97 MULETTO
CLASSIFICA PILOTI
BERGER 5° con 36 punti
ALBORETO 7° con 17 punti
FERRARI 4° posto nel mondiale costruttori con 53 punti
MOTORE: F1-87
Il motore 6 cilindri a 90° era in grado di erogare una potenza di 880 cavalli, che diventavano 900 nella “versione da qualifica” usata durante le prove del sabato. La pressione del turbo arrivò a sfiorare i quattro bar permessi dal regolamento di quella stagione.
La F187 fu la Rossa del ritorno al successo e ancora oggi è ricordata per le grandi gioie di Suzuka e Adelaide.
Immagini: Ferrari.com, Wikimedia Commons
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