La fame vince sempre

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 4 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
27 Marzo 2017 - 19:38

Andrea Dovizioso, 31 anni. Pilota Ducati oramai da quattro stagioni e all’inizio della quinta con la moto di Borgo Panigale. Questa stagione sarà la sua decima nella massima cilindrata del Motomondiale, un’avventura iniziata nel 2002 nella cara e vecchia classe 125cc col team Honda Scot Racing. Il legame con questo team proseguirà fino al suo approdo in MotoGP nel 2008.

Il suo palmares non è di certo dei più ricchi, con 11 vittorie ed il titolo mondiale del 2004, sempre nella categoria a due tempi.
Nelle tre classi in cui ha gareggiato il Dovi si è dovuto confrontare con avversari ben più blasonati di lui, e che con il passare delle stagioni sarebbero stati poi riconosciuti come i volti per eccellenza della classe regina: Lorenzo, Pedrosa, Stoner. Nomi su cui tutti si sarebbero basati come sinonimi di “futuri campioni”.

Ma tra questi nomi il suo non ha mai spiccato, e forse mai spiccherà. E credo che in fondo sia giusto così: le sue uniche due vittorie ottenute in MotoGP (Donington 2009 e Malesia 2016), a distanza di sette anni l’una dall’altra, giustificano come il forlivese non sia mai stato il “talento innato”.

Questo mio articolo non è tanto per porre su un piedistallo un pilota che, con tutta l’onestà del mondo, un titolo in MotoGP non credo lo vincerà mai, ma per farvi pensare anche a una cosa: come si potrebbe sentire un pilota costantemente posto come “il gregario”, come “la seconda guida”, come “il babbeo di turno”? E come potrebbe reagire?

Perché è di questo che si parla: è questa l’etichetta che Dovi si porta addosso un po’ ingiustamente. E se pensate che ciò sia da ricondurre al suo attuale compagno di squadra, al buon “Por Fuera” Jorge Lorenzo, vi consiglio vivamente di pensarci meglio. Che il nome del compagno di team sia Iannone, Crutchlow, Pedrosa o Stoner, lui quell’etichetta ce l’ha sempre appioppata in fronte.

Torniamo alle due domande: le possibili risposte alla prima per una qualsiasi persona comune potrebbero essere rabbia, angoscia, delusione. Ma non per Andrea. Nemmeno il mio pilota preferito attualmente in gara, Dani Pedrosa, un “signore” nel mondo delle motociclette, può essere equiparato a livello di autocontrollo e tranquillità ad Andrea, che dopo cambi di casacca continui, vittorie mancate, trattamenti dai media al limite del ridicolo e persino risultati persi per colpa della sconsideratezza di qualche compagno di team e moto (chi ha detto Iannone?) non si è mai visto mentre mostrava un segno di rabbia. Ma uno eh.

E questa è sia la sua più grande dote, che il suo limite più problematico. E qui scatta il collegamento con la seconda domanda. Le parole di Loris Reggiani, suo amico e tifoso, a parer mio sono sacrosante: “E’ tempo di pensare a vincere.” L’attitudine di Dovizioso, per quanto costi ammetterlo, non è quella di chi “ha fame”, non è quella del mattatore, ed è ciò che forse non lo fa stare in maniera convincente e costante là davanti con i Rossi, i Marquez e adesso anche i Vinales. E quindi ho il timore che la risposta alla domanda “come potrebbe reagire” sarà sempre un quieto e pacato silenzio.

Forse però una luce di speranza si potrebbe accendere proprio quest’anno. Passi infatti l’esser trattato da seconda guida, passi anche la concentrazione dei media perennemente nel lato opposto dei box, passi persino l’avere uno stipendio (di molto) inferiore a chi condivide la tua stessa moto… ma tutti arrivano a un limite. Lorenzo potrebbe avere il record di riuscire a sfondare questo limite del Dovi, una cosa che ai noi fan potrebbe solo far piacere: più sono a combattersi, più ci si diverte.

La gara del Qatar e la lotta furiosa con Vinales e Marquez mi hanno dato l’impressione che nel pilota numero 4 ci fosse qualcosa di… diverso: non tanto nella velocità pura o nella guida della moto, ma in alcune staccate vedevo una sorta di sicurezza maggiore. Una confidenza nei propri mezzi che non tutti riescono ad avere, e una voglia di vincere per davvero quel GP.
Forse la voglia di dire a distanza a Lorenzo che “questa Ducati sa andare bene già con me”.

Si parla di poco o niente per ora, sia chiaro (anche perché in Qatar Dovizioso è sempre andato molto forte), e definire Dovizioso da mondiale in un campionato con Vinales in Yamaha, Marquez e Rossi sembrerebbe quasi una bestemmia. Come mi hanno insegnato i film di Blade però, “ alla fine la fame vince sempre”. E sarebbe anche ora che vincesse su Dovizioso.

Fonte immagine: andreadovizioso.com

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