La dura vita di Kimi Raikkonen

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
31 Luglio 2017 - 14:05
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Ieri si è consumato l’ennesimo atto di un rapporto di odio amore che vede protagonisti Kimi Raikkonen ed i tifosi della Ferrari, che non necessariamente sono anche i suoi.

La gara di Budapest ci ha consegnato un Raikkonen in formissima, potenzialmente vincitore ma piegato ad una logica di squadra che, al contrario della Mercedes, può puntare classifica alla mano su un solo pilota per poter tornare a conquistare il campionato. Titolo che manca, ironia della sorte, da quel 2007 che porta il nome proprio di Kimi.

Raikkonen è stato perfetto per tutto il Gran Premio. Si è messo in coda a Vettel al via come da body guard, ha chiuso la prima curva a chi era dietro e quando sulla Ferrari #5 lo sterzo ha iniziato a fare i capricci il sacrificio richiesto al finlandese è stato di quelli pesanti da digerire. Hai la macchina per vincere, non torni sul gradino più alto del podio da oltre quattro anni, il tuo compagno è in difficoltà ma anziché involarti verso una meritata e limpida vittoria devi fare da cuscino. Non è facile, sia mentalmente che tecnicamente. Perché, al di là del morale, trovarsi in mezzo tra Vettel e Hamilton ha richiesto una concentrazione pazzesca. 

Il dover tenere a bada la Mercedes senza poter spingere troppo per non finire sotto il diffusore dell’altra Ferrari è pratica difficile, soprattutto in un circuito come Budapest tra curve lente e doppiati da passare. Ecco perché il vero vincitore di ieri, al di là di Vettel che ha condotto una gara magistrale visto il suo problema, è colui che è arrivato secondo. Perché ha dovuto sottostare ai giochi di squadra svolgendo il suo ruolo alla perfezione. Senza di lui Sebastian non andrebbe in vacanza con 14 punti di vantaggio sul diretto avversario.

Ora si griderà al rinnovo per un altro anno, ma non bisogna dimenticare che Raikkonen vive da anni una carriera di alti in bassi, a volte in pista ma spesso nel rapporto con i tifosi. Una gara perfetta non deve far dimenticare le critiche che, anche ingiustamente, Kimi riceve senza troppi complimenti. Quando corre bene è tutto un “ha fatto il suo”, come sbaglia una virgola si estrae immediatamente dalla tasca la lista dei papabili sostituti. Non so che origini abbia questa pratica, ma mi pare abbastanza irriconoscente nei suoi confronti. Lo stesso presidente Marchionne, dopo la gara in Cina, si era espresso con toni durissimi ed ingiustificati. Insomma, per farsi notare Kimi deve fare di più del normale.

A conti fatti questa dal punto di vista delle prestazioni è la migliore stagione dal suo ritorno in Ferrari, in un trend positivo che non mi sarei aspettato. Avrebbe potuto probabilmente vincere a Montecarlo e ieri sappiamo com’è andata a finire. Quindi i vari “bollito”, “pensionato” etc etc sono tutti da rispedire ai relativi mittenti.

Quanto meno, con la gara di Budapest, Kimi potrà riposarsi tranquillamente in vacanza senza sentire o leggere di chi gli piazza chiunque al posto suo sul sedile della Ferrari. Per certi versi, ha scelto il momento giusto per far capire che lui c’è ancora, anche se è nella fase calante della carriera.

E non dimentichiamoci che tra un mese c’è Spa.

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