La Ducati 999, raccontata da Rubén Xaus: “Un inizio difficile, ma poi…”

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di Alyoska Costantino @AlyxF1
28 Aprile 2020 - 11:00
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Le Superbike. Un nome che identifica sia uno dei mercati delle due ruote più suggestivo (se non il più suggestivo), sia una serie di campionati, mondiali e nazionali, più amati dagli appassionati, magari quelli con qualche anno sulle spalle e che ricordano il periodo più splendente del WorldSBK, più o meno partito da metà anni ’90 fino all’inizio del nuovo millennio.

Ed è proprio nei primi anni 2000 che inizia la storia di una delle moto più iconiche di questo campionato, e forse anche in generale. Una bestia strana, un modello atipico, ma maledettamente affascinante. Si tratta della Ducati 999, motocicletta prodotta nientemeno che dalla Casa di Borgo Panigale e messa sul mercato dal luglio del 2002 fino al 2006. I geni dietro a questo modello, che si discostava notevolmente dai modelli della serie 996 che l’avevano anticipata sia sui mercati che in pista, sono Pierre Terblanche e Massimo Tamburini.

Limitandoci all’aspetto sportivo, questa moto aveva due scopi precisi: proseguire la tradizione vincente delle moto bolognesi derivate dalla produzione stradale e soprattutto riportare in Italia il titolo iridato sfuggito proprio nel 2002, dopo la cocente sconfitta patita contro Colin Edwards e la Honda VTR 1000 proprio sulla pista di casa, a Imola. Inoltre, il 2003 segnava anche l’anno del debutto del marchio nostrano in MotoGP, perciò il nuovo modello doveva anche dimostrare come Ducati non stesse abbandonando al loro destino i propri affezionati del mercato delle Superbike, ansiosi di poter vedere in pista, e soprattutto nei negozi, un modello totalmente nuovo dopo la lunga serie di modelli della famiglia 916-996.

I padri di questo progetto, come detto, furono Pierre Terblanche e Massimo Tamburini, quest’ultimo già creatore delle linee delle Ducati 851, 888 e 996. Le influenze del designer sudafricano, unite all’esperienza di Tamburini, daranno vita a un mezzo davvero originale e difficilmente confondibile. La 999R, che nasceva come moto sviluppata in pista da cui poi estrapolare la moto stradale, presentava elementi quali una fanaleria anteriore con luci tonde e disposte verticalmente, una carena meno squadrata rispetto alla 998 con le prese d’aria in posizione più rialzata, e soprattutto lo scarico al posteriore, con una camera d’espansione visivamente impressionante e che dava immediatamente una sensazione di pura potenza, poi confermata, una volta saliti in sella, dal motore Testastretta rigorosamente bicilindrico, avvantaggiato anche da un sistema di alimentazione con la pressione nell’air box sfruttata per aumentare ulteriormente la potenza. Quanta ne poteva produrre questo mostro? La risposta è: ben 189 cavalli, contro i “soli” 124 della versione base acquistabile.

Il primo test del nuovo modello avvenne al Mugello, il primo agosto del 2002. Alla guida Steve Martin, pilota australiano della squadra D.F.X. Racing del campionato Superbike; curioso come sia stato lui a effettuare il “battesimo” della 999, poiché avrebbe dovuto poi aspettare quasi due anni per poter partecipare al campionato con questo modello. Le sue prime impressioni furono da subito entusiaste: “La nuova 999 è fantastica! Anche se è al debutto in pista, sembra davvero nata bene”. Elogiò soprattutto la maneggevolezza, l’aerodinamica e il motore, decisamente più potente di quella della 998 RS clienti che guiderà fino a fine 2003.

Steve Martin è stato il primo a testare la 999R. Qui eccolo in una foto del 2004, alla guida della Ducati 999 del team D.F.X. Racing (Fonte immagine: daidegas.it)

Ovviamente, una moto efficiente ha bisogno anche di una squadra di piloti di tutto rispetto. Nel 2003, anno di debutto della 999 F03, il team ufficiale Fila Ducati schiera la coppia Rubén Xaus e Neil Hodgson, che partono con i favori del pronostico, forti del nuovo mezzo a disposizione e dopo la partenza dal campionato di nomi altisonanti quali Troy Bayliss, Colin Edwards e Noriyuki Haga.

Il 2003 si trasformerà ben presto in una cavalcata per lo squadrone Ducati: su dodici round disponibili, ventiquattro gare totali, l’accoppiata Hodgson-Xaus conquista venti vittorie, di cui nove di queste sono nelle prime nove gare stagionali per l’inglese. E’ un dominio incontrastato quello della 999, tanto da portare il campionato a livelli di scontatezza ben diversi dall’ultimo periodo di battaglie epiche. Se si volesse esagerare, questo strepitoso mezzo pare nato così bene da aver posto fine all’era d’oro delle grandi battaglie in Superbike.

Tra Xaus e Neil Hodgson non c’è stata una grande rivalità e il mondiale andò presto nelle mani dell’inglese. Difficile, per Ducati, ripetere un dominio come quello di quell’anno. (Fonte immagine: daidegas.it)

Rubén Xaus, uno dei primissimi piloti a vincere con questo mezzo, ci ha concesso un’intervista svelandoci alcuni suoi pensieri su questa moto strepitosa e anche sull’attuale mondo delle Superbike.

Qual è stata la tua prima reazione quando hai visto e provato la 999 per la prima volta?
“Tutta un’altra storia dopo aver guidato solo le moto di Tamburini. L’inizio è stato difficile perché era totalmente differente ma quando ci ho preso la mano la moto andava da Dio”.

Che differenze hai trovato tra la 998 e la 999? Inoltre, volevo chiederti un confronto con la Ducati 748 che hai guidato nel campionato Supersport un paio di anni prima.
La differenza sta che nella 998 c’era più una guida sull’avantreno, mentre nella 999 la guida era più sul posteriore. La 748 ha cominciato ad andare molto bene quando siamo riusciti a portare il motore ad alto regime… ma dopo un po’ di problemi di affidabilità sulla lunga distanza siamo stati costretti a ridurre la potenza e ciò ci ha fatto soffrire durante l’anno. Comunque abbiamo ottenuto una vittoria e sono sempre arrivati dei grandi risultati”.

Qual è stato l’avversario più ostico con cui confrontarsi in quel decennio SBK?
“Troy Bayliss”.

Con questo gioiello hai ottenuto otto vittorie in tre stagioni SBK. Qual è stata la vittoria più bella, tra queste?
“A Laguna Seca, nel 2003”.

Hai guidato questa moto per relativamente poco tempo. Pensi che saresti stato in grado di puntare al titolo se fossi rimasto in SBK col team ufficiale Ducati e se avessi avuto più tempo a sufficienza su questa moto?
“L’ho guidata per tre anni: 2003, 2006 e 2007. Sono partito male all’inizio del 2003 e lì mi sono trovato in difficoltà, ma oggi non possiamo più dire nulla del passato. Poteva andare meglio o poteva andare peggio. Non mi lamento, sono soddisfatto”.

Ci puoi dire un pensiero sull’attuale mondo delle Superbike? Come lo trovi in confronto al periodo in cui tu hai corso?
Forse la differenza sta nel carisma dei piloti e nel maggior numero di bagarre”.

Torniamo al nostro racconto. Neanche a dirlo, nel 2003 la moto vince i campionati piloti e costruttori, con Neil Hodgson al suo primo alloro da iridato mondiale con 489 punti all’attivo, frutto di tredici vittorie, sette secondi posti e solo due ritiri. Il compagno Xaus terminò secondo con sette successi e altri otto podi, concretizzando una doppietta in campionato che per la Ducati non arrivava dal 1995, con la coppia Fogarty-Corser. A completare la stagione trionfale della Casa bolognese ci pensarono James Toseland e Régis Laconi, rispettivamente terzo e quarto in classifica, che completarono il poker in testa alla generale. Nella classifica riservata alle marche, la Ducati raggiunse 600 punti tondi tondi, avendo vinto ogni gara quell’anno coi propri modelli e piloti.

Toseland e Laconi avrebbero rimpiazzato i due precedenti piloti factory l’anno successivo, che si sarebbe concluso con un’altra doppietta iridata del team Fila. Il 2004 è però un’annata molto più combattuta rispetto alla precedente e la sfida iridata si trascinerà, dopo tanti colpi di scena, fino all’ultimo round in Francia a Magny-Cours, con quattro piloti ancora in lizza per la corona lasciata vacante da Hodgson. I motivi di questo equilibrio sono da ricercare nel ritorno di alcuni piloti di prim’ordine, ad esempio Noriyuki Haga (col team Renegade ed equipaggiato di una 999), nel debutto di Chris Vermeulen sulla nuova Honda CBR1000RR e soprattutto nella sfida interna al box Ducati, ben più tosta ed equilibrata rispetto all’anno precedente. Alla fine a sorridere sarà James Toseland, pilota che proprio nell’immediato futuro avrà anche modo di sottrarre qualche soddisfazione al marchio italiano.

Nessuna gerarchia, nessun ordine di scuderia: nel 2004 Laconi e Toseland si scontrano a viso aperto. A Imola la loro sfida più bella, con l’arrivo in volata in gara-2 vinto da Laconi per 41 millesimi. (Fonte immagine: flickr.com)

Nel 2005 la 999 deve affrontare una concorrenza sempre più tosta: la Suzuki porta in pista, in forma ufficiale e col team Alstare, la nuova GSX-R1000 K5 guidata da Troy Corser, e anche la Yamaha fa lo stesso con la sua R1, ora presente in maniera ben più massiccia in campionato e guidata dal solito Haga. In questo terzo anno di vita la 999 soffrirà non poco le nuove concorrenti giapponesi: Toseland e Laconi conquistano solo quattro vittorie in totale, con l’inglese che strappa un sudatissimo quarto posto nella generale dopo aver vinto solo nella sua Silverstone, mentre il francese sarà fermato da un infortunio ad Assen. Anche nel campionato marche le cose non vanno bene, con la Ducati che scende al terzo posto dietro Suzuki e Honda.

Per il ritorno al successo basta aspettare un anno e il rientro in campionato di uno dei piloti di due ruote più forti mai visti su una Superbike. Troy Bayliss, dopo la (dis)avventura MotoGP, sale su una Ducati ben diversa dal modello 998 che aveva lasciato, ma con la nuova moto è subito amore a prima vista. Sulla pista di casa, a Phillip Island, arriva il primo successo stagionale, a cui seguiranno sette vittorie consecutive e a Imola, il luogo del misfatto di quattro anni prima, il secondo titolo mondiale nell’anno di rientro. Impressionante anche la differenza con gli avversari e soprattutto i compagni di marca, con Toseland (passato in Honda) secondo a 95 punti e Lorenzo Lanzi, secondo pilota della squadra Xerox, ottavo con meno della metà dei punti dell’australiano e due terzi posti come migliore risultato.

L’ultimo anno in cui la moto è supportata in maniera ufficiale è il 2007: la 999 F07 ha oramai raggiunto il massimo del potenziale ottenibile ed è difficile limare ancora qualcosa in termini tecnici, specie considerando che è già in cantiere la sua sostituta. Troy, col suo fedele #21 sulla carena anziché l’1 del campione, è ancora uno dei protagonisti indiscussi del campionato, ma a Donington Park, in gara-1, l’australiano s’infortuna al mignolo della mano destra e salta così gara-2, perdendo punti importanti. Stoico, Bayliss deciderà di farsi amputare la falange menomata per correre (e anche vincere) ad Assen. La rincorsa iridata del #21 terminerà a Vallelunga nonostante la vittoria in gara-2 (l’ultima della 999), quando sarà matematicamente fuori dai giochi per il titolo per lo showdown finale a Magny-Cours, contro Toseland, Haga e Biaggi.

30 settembre 2007: in gara-2 arriva l’ultima perla della straordinaria 999, firmata Troy Bayliss. (Fonte immagine: kikapress.com)

L’ultima stagione per la 999 termina così con sette vittorie firmate dal fenomeno Bayliss, a cui si aggiunge anche un’ottava da parte di Xaus per il team Sterilgarda a Valencia, pista di casa dello spagnolo. Il principale deficit della 999 era, dopo quattro anni, la potenza del motore bicilindrico, più vantaggioso in termini di bilanciamento e di pesi ma meno potente rispetto ai quattro cilindri delle giapponesi, tendenza che avrebbe segnato, arrivando ai giorni nostri, il passaggio della Ducati ai quattro cilindri a V, terminando così la tradizione delle Superbike a due. Questi otto successi finali hanno reso la 999 la moto più vincente di quell’intero decennio, con 63 affermazioni totali; tradotto, sono più del doppio delle vittorie di ogni modello partecipante nella decade dei primi anni 2000, ottenute in cinque stagioni e con piloti del calibro di Hodgson, Toseland, Bayliss e anche Xaus, che così gentilmente ci ha concesso l’intervista. Sono otto i piloti ad aver tagliato il traguardo per primi con questo mezzo.

La 999 però va oltre alla tradizione o ai numeri: pur mantenendo parte della sua anima legata al passato, si trattava di qualcosa di nuovo, di fantascientifico per l’epoca. I primi ricordi di molti affezionati al mondiale Superbike risalgono proprio a questa moto prima ancora che ai piloti che l’hanno guidata. Quelle linee, quella dominanza in pista, quel codone stupendo sono tutti elementi che rendono la 999 non una moto qualsiasi di quel periodo, ma la moto. Da avere, desiderare, ammirare.

Fonte immagine: Internet (per segnalare il copyright info@p300.it)

[Un piccolo pensiero finale: quest’articolo nasce come celebrazione del 999° articolo personale su P300.it, un traguardo sensazionale e che, tre anni fa, non avrei mai e poi mai pensato di raggiungere per quello che per me era un semplice hobby. Ringrazio immensamente l’intero staff per avermi “ospitato” e supportato.]


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