La commovente rivincita di Pierre Gasly

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
18 Novembre 2019 - 10:00
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L’immagine di Pierre Gasly che, stoicamente, tiene testa a Lewis Hamilton nell’ultimo allungo verso la bandiera a scacchi del Gran Premio del Brasile, al di là della penalità poi comminata all’inglese è l’immagine più bella della gara di Interlagos.

Più della combo pole+vittoria di Verstappen che manda in disaster recovery i ferraristi, più dei ferraristi (piloti) che si autoeliminano in una lotta a chi ce l’ha più duro che fa evaporare le tante belle – quanto finte – parole di questi mesi, più di tutto quello che è successo nell’ultimo pazzo terzo di gara, l’urlo liberatorio del francese con il secondo posto al sicuro è quasi commovente in un luogo che di emozioni in decine di anni di onorata presenza ne ha regalate tantissime.

Pierre Gasly è il simbolo di quanto un pilota possa essere distrutto da un’opinione pubblica che, nel 95% dei casi, non può capire perché non sa. Si vive di facili sentenze e la prima parte di stagione del francese in Red Bull è stata un continuo martellamento mediatico, andato eccessivamente oltre i semplici risultati negativi e sfociato, come spesso capita in questi casi, nel dileggio, nello scherno, nello sfottò gratuito; sfottò che sì, ci può stare per un po’ ma poi diventa semplicemente roba da bar dello sport senza un minimo di cognizione di causa.

Può capitare che un pilota non si adatti ad una monoposto o che abbia più difficoltà dell’altro, soprattutto se l’altro in questione si chiama Max Verstappen. Per quanto si possano adottare soluzioni alternative se il feeling non è buono sin dall’inizio si può fare ben poco, soprattutto in una Formula 1 che vive di simulatori e non più di test in pista. Gasly ha reso meno, molto meno di quanto sperato. Verissimo. Non ha mai dato l’impressione di poter migliorare. Vero anche questo. Ma essere trattato come un brocco dopo quanto fatto vedere in Toro Rosso l’anno scorso è sempre disdicevole e qualifica chi del dileggio fa quasi uno stile di vita, perché si sente più figo degli altri.

La retrocessione in Toro Rosso pareva l’ennesima trombata di mister Marko ma, alla fine, Pierre ha ritrovato il suo gruppo ed una monoposto con cui sentirsi più a suo agio. Ed eccolo qui: ha ritrovato il passo, i risultati ed in Brasile, complici ovviamente i disastri di fronte a lui, si è preso una di quelle rivincite che servono come il pane a chi ha passato momenti difficili. Il secondo posto dietro il suo ex compagno è la gioia più bella della carriera e ci riconsegna un ragazzo sorridente dopo mesi di difficoltà. È la faccia più bella del podio perché quella più inaspettata. È, soprattutto, la rivincita morale su chi si ferma al visibile senza immedesimarsi un momento in chi viene criticato.

Quel duello ruota a ruota con Hamilton se lo ricorderà per molto tempo, ne sono sicuro. Sarà da stimolo ogni volta in cui avrà bisogno di ritrovarsi e ricordarsi cosa può succedere quando non si molla mai.

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