C’era un tempo non molto lontano in cui Daniil Kvyat era visto come il diavolo.
Stagione 2016, Cina e Russia. In quattro e quattro otto due incidenti con Vettel: il primo senza colpe, il secondo con molte. Il russo che parla italiano meglio di molti italiani diventa praticamente l’obiettivo numero uno degli improperi e degli insulti della frangia più estrema dei tifosi della Ferrari, che gli intestano anche il buco dell’ozono, il surriscaldamento globale e il ciuffo di Malgioglio.
Per coincidenza, la gara di Sochi è l’ultima in Red Bull di Daniil, che dopo aver battuto in classifica un tale Daniel Ricciardo nel 2015 ed aver ottenuto il primo podio dell’anno per le lattine proprio a Shanghai nel 2016, viene retrocesso in Toro Rosso per far posto a Max Verstappen, in arrivo proprio da Faenza. Il che porta all’olandese un fondoschiena mica male, soprattutto legato non si sa per quale legge chimica alle retrocessioni di Kvyat. Max vince la prima gara della carriera dopo lo scambio di vettura tra lui ed il russo a Barcellona. In Malesia, nel 2017, Gasly prende in mano la Toro Rosso di Daniil e Max vince. Stessa cosa in Messico, quando sulla STR12 sale definitivamente Hartley. Al di là delle coincidenze, Kvyat subisce il colpo e resta parecchio appannato: si barcamena in qualche modo nella restante parte del 2016 ma fallisce in modo netto nel 2017 nel confronto con Sainz, il tutto con leggera goduria di alcuni ferraristi che vedono la situazione come un risarcimento divino per le Grandi Malefatte.
La notizia dell’approdo in Ferrari nel ruolo di development driver sembra quasi uno scherzo, pensando appunto a chi per mesi ha mostrato il peggio di sé nei confronti del russo per due incidenti. Certo, tra terzo pilota e development driver non so cosa sia peggio. Mi sembrano, onestamente, entrambi ruoli da prepensionamento, che nel paese in cui in pensione non ci vai se non passando dalla tomba fa anche sorridere. A meno che non si faccia politica, ovviamente.
Per chiarire: intendo dire che una volta entrato in quel tunnel o cambi categoria per rifarti una carriera o tendenzialmente non ne esci. E se, come Kvyat, devi ancora compiere 24 anni beh… scelta condivisibile per il blasone del team ma non se vuoi farti strada, a mio modo di vedere.
Che poi, secondo me, Kvyat fino al doppio crash del 2016 aveva meritato eccome la carriera che stava portando avanti: crescita nelle categorie minori, il passaggio in Toro Rosso dalla GP3 nel 2014 e subito la promozione in Red Bull con un 2015 davvero sorprendente. Ma si sa, basta poco per rovinare tutto, anche un po’ di sfiga nell’avere alle spalle un Verstappen (padre soprattutto) che spinge.
Detto questo, sono curioso di vedere, leggere e sentire cosa si dirà ora del vecchio diavolo. Così, perché quando si insulta qualcuno non si pensa mai che il futuro può riservare delle sorprese.
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