KTM, un finto giardino dell’Eden

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 9 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
9 Agosto 2021 - 23:13

A dispetto di un investimento massiccio e di alcuni importanti risultati ottenuti, il progetto di Beirer e Pierer scricchiola su certi fronti.


A poco più di ventiquattro ore dagli avvenimenti del Gran Premio di Stiria, ho voluto esprimere la mia opinione su una delle tematiche di cui si è maggiormente discusso in questo primo weekend al Red Bull Ring. L’annuncio del passaggio in MotoGP di Raúl Fernández al team Tech3, dopo mesi di voci e smentite, è stato ufficialmente confermato nel pieno delle libere, col team di Hervé Poncharal che andrà così a rivoluzionare totalmente la propria line-up nel 2022.

All’apparenza, si tratta dell’ennesimo colpaccio da parte dello squadrone KTM nella classe regina, in grado d’inserire lo spagnolo ed il compagno Remy Gardner sulle RC16 del team francese; considerando anche Miguel Oliveira e Brad Binder, le squadre della Casa di Mattighofen sono tra le più interessanti attualmente presenti in termini di talento puro. Eppure, guardando ed ascoltando con maggior attenzione, sembra che qualcosa stia scricchiolando e queste crepe che si stanno formando nel blocco di granito che è KTM come Casa in MotoGP (e soprattutto come considerazione all’interno del paddock) potrebbero avere radici più profonde di quanto si creda.

Partendo dal caso Fernández ed andando poi a ritroso negli avvenimenti, ciò che ha fatto più scalpore sabato scorso (il giorno dell’annuncio per il passaggio di Raúl in Tech3) sono state due cose: le modalità con cui questo è arrivato e le dichiarazioni dello spagnolo alla stampa.

E’ apparso parecchio strano che un annuncio di una tale portata sia arrivato nel bel mezzo di una FP4, nella quale i piloti erano alle prese coi propri giri lanciati e sul proprio lavoro in vista della gara di domenica. Una notizia rilasciata in fretta e furia, anziché voler aspettare la fine del GP o addirittura l’inizio della settimana successiva, quella che avrebbe portato alla seconda gara al Red Bull Ring.

A quanto pare è stata una mossa legata alle tante voci riguardanti un passaggio di Fernández alla concorrenza, alla Yamaha nello specifico, evitando che un talento come lui passasse nelle mani dei giapponesi. Tuttavia fare un annuncio simile nel bel mezzo del weekend, mentre Danilo Petrucci e Iker Lecuona si stavano concentrando sul fine settimana per poi ritrovarsi entrambi appiedati tra una sessione e l’altra per il 2022, avrà di certo scombussolato gli animi all’interno della squadra Tech3, in un weekend così importante essendo uno di quelli di casa per KTM. Poncharal stesso ha dichiarato, senza troppi peli sulla lingua, che il tempismo è stato completamente sbagliato.

Ciò che però mi ha davvero fatto nascere dei dubbi, portandomi alla scrittura di questa bloggata, è stata la reazione di Fernández stesso. Per un pilota così giovane (vent’anni) il passaggio in MotoGP dovrebbe essere un momento importantissimo, il coronamento di un sogno nato da bambino, maturato e finalmente in procinto di realizzarsi, ed invece il #25, alla domanda di DAZN Spagna che gli ha chiesto se fosse KTM Tech3 la destinazione che desiderava, ha risposto con un secco “No”.

In un’epoca in cui il ricambio generazionale non è più periodico ma praticamente costante e perpetuo, sentire un pilota scontento della promozione in MotoGP appare quasi surreale. Le trattative tra il manager di Fernández (Hannes Kinigadner) e Yamaha sembravano essere molto avanzate, tanto da richiedere a Pit Beirer e Stefan Pierer la rescissione contrattuale e far salire il giovane spagnolo sulla M1 del team Petronas. Forse non è una strana coincidenza che Fernández, attualmente in lizza per il titolo Moto2, abbia avuto proprio in Stiria uno dei suoi weekend più difficili, dopo due giorni così travagliati e soprattutto dopo il rifiuto dei vertici KTM alla proposta di Kinigadner.

Una situazione tutta frutto dell’addio di Maverick Viñales al marchio dei Tre Diapason, quindi costretto a cercare un sostituto sia per “Top Gun” che per Valentino Rossi, prossimo all’addio alle corse. Non avendo, come KTM, un “percorso” Moto3-Moto2-MotoGP, la Yamaha è andata dalla concorrenza a ricercare il talento giusto, cosa che la Casa avversaria ha impedito promuovendo in fretta (forse troppa) il proprio pilota.

Fin qui, pur con dei colpi di scena, la storia non assume tratti particolarissimi, ma c’è da sottolineare un paio di elementi che molti stanno sottovalutando. Il primo riguarda il fuggifuggi che diversi talenti, tra cui Fernández ma anche Jorge Martín lo scorso anno, stanno attuando andando via da KTM e prendendo percorsi alternativi per debuttare in MotoGP.

Nonostante la catena di passaggio che ha costruito la Casa austriaca sin dalla Rookies Cup per far crescere i propri piloti sia indubbiamente efficiente, allo stesso tempo presenta un grosso difetto, quello della competizione interna. Avendo “solo” quattro selle disponibili in MotoGP e con gli altri team già presenti e non interessati a convertirsi a KTM (come fatto da Tech3 due anni fa), lo spazio per far debuttare alcuni dei propri piloti scarseggia.

Già a fine 2020 KTM aveva perso Pol Espargaró il quale, nonostante non fosse necessariamente un talento cresciuto sotto le fila austriache, aveva contribuito allo sviluppo e ai passi avanti della RC16; dai 33” rimediati in Qatar nel 2017, la prima gara di KTM in MotoGP, si è passati a raccogliere i primi successi appena tre anni dopo, con “Polyccio” che è anche stato il migliore dei piloti della Casa di Mattighofen in un’annata funestata dal Covid-19. Eppure, KTM non ci ha pensato granché prima di cedere ad Honda l’Espargaró più giovane.

Persino Johann Zarco, attualmente in lotta per il titolo sulla Ducati, non ha avuto vita facile con la squadra Red Bull nell’avventura tentata nel 2019. Quando un rapporto va in crisi già alla quarta gara su diciannove previste l’esito non può che essere disastroso, ma soprattutto l’ago della bilancia delle colpe non può pendere da un solo lato. Il caratterino di Zarco si è scontrato con la durezza di Pit Beirer, il quale non gliele ha mandate a dire una volta concluso il rapporto, a prova di una politica che vede i piloti più come “strumenti” per raggiungere il successo che come talenti da far crescere; se questi non si rivelano all’altezza delle aspettative, vengono scartati automaticamente e senza troppi complimenti.

Sempre nel 2019 anche Miguel Oliveira ha avuto da ridire, per ciò che gli era stato promesso in Tech3 come trattamento tecnico e che poi, almeno per quel primo anno nella categoria, non è stato mantenuto.

Il detto dice “tre indizi fanno una prova”, perciò le lamentele di alcuni piloti ed ex-piloti KTM, unite a quelle dei partenti Petrucci e Lecuona ed addirittura a quelle di Fernández (il quale, ricordiamo, non ha nemmeno iniziato la sua avventura nella massima categoria), dovrebbero far comprendere come KTM debba mutare la propria gestione dei piloti.

Il continuo viavai di protagonisti in MotoGP è anche frutto della ricerca quasi spasmodica del nuovo fenomeno, del nuovo Márquez o del nuovo Quartararo di turno, cosa che ovviamente non dà il giusto tempo a certi potenziali fenomeni di crescere adeguatamente, anche dal punto di vista psicologico.

Un discorso, quello dell’ultimo paragrafo, che per KTM vale doppio vista la mole di piloti sotto contratto. Nemmeno il tempo di terminare la prima metà della stagione da rookie in Moto2 che Raúl Fernández è già stato descritto come predestinato alla MotoGP, cosa poi effettivamente successa. Per non parlare di Pedro Acosta, che con la differenza che sta facendo in Moto3 molti auspicano addirittura un salto carpiato direttamente alla classe regina, senza nemmeno effettuare lo step intermedio.

Questa fretta assurda di voler promuovere i piloti dà così poche chance a quelli già presenti in MotoGP di poter farsi valere. Petrucci è l’esempio lampante dato che, arrivato dalla Ducati ed al suo primo anno in Tech3, si è ritrovato praticamente senza sella dopo appena sei gare, quelle necessarie a Remy Gardner per convincere Beirer e Pierer al passaggio in classe regina.

La principale motivazione di questa folle strategia attuata dai vertici KTM è probabilmente figlia delle aspettative incomprensibilmente esagerate. Nel 2017, l’anno di debutto, KTM ipotizzò di vincere il titolo iridato in appena cinque anni. Conquistare non una gara ma addirittura il campionato piloti della massima serie a due ruote contro colossi come Honda e Yamaha o piloti quali Márquez, Lorenzo, Pedrosa, Viñales o Rossi in appena un lustro non poteva che essere utopia e, nonostante certi risultati di rilievo siano arrivati anche prima del tempo (e su questo non si può che far loro un applauso), per costruire un simile progetto bisogna procedere un passo alla volta, costruendo la propria opera mattone dopo mattone.

Avere la giusta pazienza ed attendere magari qualche stagione per promuovere i talenti darebbe, in primis, qualche opportunità in più ai piloti già presenti nella griglia MotoGP di risplendere e di togliersi qualche soddisfazione, ma soprattutto offrirebbe anche un risalto diverso a Moto2 e Moto3 in quanto campionati, facendo magari rimanere in una classe un campione già affermato e permettendogli di riconfermarsi, facendo crescere anche il suo palmarés.

Daniel Pedrosa (che, paradossalmente, ora è un uomo KTM in quanto tester) fornisce l’esempio perfetto di crescita passo dopo passo: adocchiato da Alberto Puig sin da giovanissimo, è rimasto sotto l’ala protettrice di Honda sin dal debutto in 125cc fino all’arrivo in MotoGP e, pur non vincendo il titolo, è rimasto uno degli uomini di punta della Casa giapponese ed un assoluto protagonista in classe regina almeno fino al suo ultimo anno di corse, tanto che la sua prima gara con un marchio differente da Honda è avvenuta domenica scorsa, dopo diciotto stagioni di fedeltà all’Ala Dorata.

Chiaramente, in una MotoGP così competitiva, non è solo KTM ad agire così ed anche le altre strutture potrebbero adocchiare ed accaparrarsi un talento della concorrenza, ed è un ulteriore motivo per cui KTM dovrebbe cambiare il proprio atteggiamento nei confronti dei piloti a disposizione, non rendendoli più come “alcuni tra i tanti”, ma dando loro fiducia prolungata e sin dalle categorie propedeutiche.

Nella speranza che tutto questo cambi e che questi piloti giovanissimi non vengano “bruciati” prima del tempo, chiudo qui la bloggata, pur nella consapevolezza che KTM non imparerà dalla lezione di questo weekend.

Fonte immagine: ajo.fi

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