Jordan 192: una meravigliosa delusione

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Tempo di lettura: 8 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
13 Aprile 2020 - 12:45
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Nel 1991, Eddie Jordan aveva scioccato il mondo della Formula 1 con il suo arrivo nel mondiale grazie ai risultati ottenuti con la meravigliosa 191. Una vettura messa sotto la lente d’ingrandimento dagli addetti ai lavori per le sue forme rivoluzionarie, diventata iconica grazie al colore verde dello sponsor 7Up e anche a quel ragazzo con il numero 32 di nome Michael e cognome Schumacher che la portò in pista a Spa.

La stagione 1992 rappresentava quindi per il team una sfida per riconfermarsi nelle posizioni di media-alta classifica. Eddie Jordan decise quindi fare le cose in grande. Per prima cosa si assicurò la sponsorizzazione della Sasol, passando quindi dalla livrea verde a quella blu-bianco-rossa. Successivamente arrivò anche il cambio di motorizzazione con la Yamaha pronta a spingere la nuova nata, la Jordan 192, con il suo V12.

Gary Anderson progettò la vettura seguendo le linee guida della fortunata 191, andando anche maggiormente ad esasperare il muso a “formichiere”. L’aerodinamica venne rivista nei dettagli come il profilo estrattore, già rivoluzionario nelle forme della monoposto 1991. Due erano le grandi incognite, a livello tecnico, della 192: il cambio e il motore. Il primo era un trasversale a 7 marce di derivazione motociclistica, che rispetto a quello analogo della Williams (con i paddle dietro al volante) venne dotato di una leva posizionata a destra del volante. Il pilota, per salire fino alla settima, non doveva fare altro che tirare la leva all’indietro, spingendola poi in avanti per scalare. Il V12 Yamaha, dopo qualche stagione di apprendistato, era pronto al salto di qualità. 140 chili di peso (ma nel corso della stagione sarebbe “dimagrito”), compatto e di facile installazione sul telaio della 192.

La monoposto venne portata in pista, ancora nella colorazione verde ma con lo sponsor Barclay, da Stefano Modena a Silverstone. Il pilota di San Prospero era in cerca di rivincite dopo un deludente 1991 fatto di tante aspettative ma pochi risultati alla guida della Tyrrell-Honda. Eddie Jordan di lui disse: “Stefano è un pilota velocissimo e sono sicuro che con il giusto mezzo a disposizione potrebbe tranquillamente vincere il campionato del mondo”.

I primi riscontri della nuova nata arrivarono dai test di Barcellona. Nonostante tre rotture della quarta marcia del nuovo cambio, la Jordan mostrò una buona competitività anche nel motore Yamaha, capace di girare per circa 750 chilometri senza nessun problema d’affidabilità. Il cambio, nonostante qualche problematica, venne approvato subito da Stefano Modena: “Il nuovo cambio è parecchio vantaggioso e semplice. In uscita dai curvoni veloci mi consente di cambiare addirittura utilizzando il mignolo senza dover staccare la mano dal volante”.

I test a Estoril di qualche giorno dopo andarono, al contrario, non positivamente. Modena non riuscì mai a simulare un intero GP, a causa dei continui problemi al cambio e di un V12 Yamaha che rispetto a Barcellona non aveva mostrato la stessa affidabilità, con l’aggiunta di qualche carenza a livello di potenza.

Prima della trasferta in Sudafrica, per l’inizio del campionato, Mauricio Gugelmin venne chiamato ad affiancare Modena. Anche per il brasiliano il 1992 doveva essere l’anno del rilancio dopo anni difficili alla Leyton House, oscurato anche dalla velocità di Ivan Capelli. In Sudafrica, primo appuntamento della stagione, il week-end della Jordan non si concluse come il team avrebbe sperato. Stefano Modena addirittura non riuscì a qualificarsi, mentre Gugelmin ottenne un modesto 23° posto. Il motore Yamaha V12 venne messo subito in discussione a causa della poca potenza e soprattutto per l’affidabilità. In totale furono tre i motori esplosi, con il pilota brasiliano che comunque riuscì a portare a casa un 11° posto in gara a due giri dal vincitore Nigel Mansell.

In Messico, nonostante delle condizioni atmosferiche e della pista piuttosto particolari, la situazione migliorò leggermente almeno in prova. Gugelmin ottenne un incredibile 8° posto in qualifica, con Modena 15°. La gara del brasiliano si concluse però durante il giro di riscaldamento, a causa della rottura del motore Yamaha (nonostante fossero stati aumentati gli sfoghi delle pance laterali per smaltire il calore). Anche Modena dopo pochi giri parcheggiò la sua 192 con il cambio out.

In Brasile la gara dei due piloti durò in totale 35 giri, con entrambi costretti al ritiro per un problema al cambio di derivazione motociclistica. Durante le prove libere, la temperatura elevata degli scarichi provocò sulla vettura di Gugelmin la deformazione dell’estrattore posteriore, rendendo quindi la 192 inguidabile.

Il ritorno in Europa, con i test di Imola lunghi sostanzialmente un mese, vennero utilizzati dalla Jordan per provare a migliorare le prestazioni del V12 in vista della gara di Barcellona. Yamaha, per sopperire soprattutto alla mancanza di affidabilità, fece un passo indietro, rispolverando il motore versione 1991 che diede discreti risultati. Nonostante questo a Barcellona, nel GP di Spagna, Modena non riuscì a qualificarsi per la seconda volta in stagione (a causa anche dell’errore di un meccanico, che gli pulì la visiera con un acido) mentre Gugelmin andò a sbattere in gara. Alla luce di queste bruttissime prestazioni, Stefano Modena venne messo sotto accusa dal team ma la risposta del pilota italiano non si fece attendere.

“L’unica colpa potrebbe essere quella di aver commesso un errore nella sessione di qualifica. Non è certo colpa mia se il motore non va e se un meccanico mi ha pulito la visiera con l’acido per sgrassare i dischi dei freni”, disse.

A Imola, con il motore 1991, Gugelmin riuscì a conquistare il 7° posto mentre Modena venne fermato dal cambio ko. Un week-end però molto complicato per il team, con rotture meccaniche a ripetizione: due motori, due cambi e un differenziale furono il “bottino di guerra” della 192 a Imola. Una “guerra” che Eddie Jordan contemplò di dichiarare alla Yamaha per aver sviluppato un V12 completamente inaffidabile e poco potente. I vertici della Casa dei Tre Diapason intervennero per rassicurare il team sugli investimenti futuri in Formula 1. A Montecarlo, con un V12 evoluto nonostante dei particolari del 1991, la 192, grazie anche alla maestosa abilità di guida di Stefano Modena nei circuiti cittadini, soprattutto nelle libere riuscì ad essere piuttosto competitiva anche se in gara arrivò un doppio ritiro.

Disastrosa anche la trasferta in Canada. Su una pista dove il motore conta particolarmente, la 192 spinta dal V12 Yamaha non riuscì mai ad essere competitiva. L’unica nota positiva arrivò direttamente dal Giappone, con la promessa di una evoluzione del propulsore in vista della gara di Silverstone. A Magny Cours successe davvero di tutto. I camion della Yamaha, con motori e attrezzature varie, venne bloccato a lungo nelle autostrade francesi con i meccanici di Larrousse, Tyrrell e Ligier che diedero man forte ai ragazzi di Eddie Jordan per lavorare nelle condizioni migliori possibili. In gara l’ennesimo disastro, con Gugelmin out alla partenza e Modena fermo dopo pochi giri con il motore ko.

Penultima fila, doppio ritiro e peggiore velocità di punta anche nella gara di casa a Silverstone. Per la Jordan il numero zero in classifica iniziò a diventare un vero e proprio incubo, come il rapporto con la Yamaha. Il vecchio Hockenheim ovviamente non aiutò per nulla la 192, con Modena escluso dalla griglia per la terza volta in stagione. Anche Gugelmin rischiò l’esclusione ma l'”aiutino” di Senna in rettilineo permise al brasiliano di qualificarsi per una gara che lo avrebbe visto anonimo. Il circuito “toboga” di Budapest si sposava meglio con il telaio della 192 e il motore Yamaha, aiutato dal supporto di John Judd, consentì a Gugelmin di agguantare la top 10 mentre Modena, ancora una volta, non riuscì a vedere il traguardo. Nella velocissima Monza, come prevedibile, il bottino fu invece questo: ultimo posto in griglia con Gugelmin, Modena non qualificato, quattro motori in fumo e velocità di punta semplicemente imbarazzanti.

Prima della gara di Estoril, chiusa da Modena al 13° posto e con l’ennesimo Yamaha ko, questa volta quello di Gugelmin, i due piloti vennero ufficialmente scaricati da Eddie Jordan per la stagione 1993. Una decisione figlia soprattutto delle scarse, e talvolta imbarazzanti, prestazioni della 192. Tra il GP portoghese e la trasferta in Giappone, Modena provò anche il cambio semiautomatico che a parte qualche problema al software diede dei buoni riscontri. A Suzuka, un V12 rinvigorito e un Modena in palla sfiorarono la zona punti con il 7° posto finale, miglior risultato della stagione fino a quel momento del pilota italiano. Finalmente ad Adelaide in Australia, ultima gara della stagione, uno Stefano Modena in grande forma conquistò il 6° posto finale e quindi il primo punto della stagione per la squadra. Un risultato che solo in piccola parte andò a risollevare la stagione di una squadra che 12 mesi prima era stata la grande rivelazione della stagione.

Immagine copertina: Flickr/PaulGibsonPhoto


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