Io sono Michael, sempre e comunque

Autore: Alessandro Secchi
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Pubblicato il 29 Dicembre 2015 - 01:05
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Io sono Michael, sempre e comunque
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Non mi andava di scrivere il solito banale articolo del ricordo oggi e quello degli auguri tristi Domenica 3 Gennaio. Scriverei le stesse cose di un anno fa, probabilmente, cose che sappiamo tutti. E a quel punto sarebbe stato meglio non dire nulla. Quello che leggerete di seguito potrebbe non piacervi. E’ una mia libera interpretazione, e come tale potrà essere giudicata. Ho avuto qualche dubbio sul pubblicarla o meno. Ma non vedo perché non farlo. Una cosa scritta col cuore è sempre meglio di un comunicato stampa.

“Il limbo. Quella sensazione di essere in bilico tra il paradiso e l’inferno, in punta di piedi su un filo sottilissimo. Finchè resti in equilibrio sei vivo. Se scivoli, è la fine.

Mi chiamo Michael. Vivo il mio personale limbo da due anni. Non c’è bisogno che ve lo ricordi. Il mio limbo non lo conosce nessuno fino in fondo: non i medici, che provano a tenere in movimento un corpo stanco. Non gli amici, che con me hanno condiviso anni interi. Né chi ogni giorno mi sta vicino, mi osserva cercando di leggere una piccola fiamma nei miei occhi, per poi accarezzarmi e farmi sentire il suo calore. Forse, questo limbo, non lo conosco bene io. Forse, non lo voglio conoscere del tutto. Figuratevi quelli che vorrebbero raccontare al mondo come mi sento davvero: credendo di sapere, o di essere in grado di descrivere quello che io sono in questo momento. Poveri illusi. Mi hanno sempre criticato, ma non sono così cattivo da augurare a qualcuno un solo minuto di quello che sto, o non sto, vivendo da tanti giorni. Che poi, chissà cosa ci sarebbe da raccontare. Sabine sa che le sarò sempre grato per come mi e ci protegge da chi è là fuori.

Ho corso con qualsiasi cosa per trent’anni. Ho vinto tanto, più di quanto mi aspettassi. Ho fatto degli errori. Ma senza commetterne non si cresce. Ma quello sì che mi è piaciuto, di limbo. Tra vittoria e sconfitta, i cordoli e l’asfalto, la gloria e le critiche. Contro il vento, contro gli altri, contro il tempo. Soprattutto, contro di me. Non mi sono mai posto dei limiti, ho sempre cercato di migliorarmi e migliorarmi ancora, perché i record sono fatti per essere infranti. Ho sbagliato, ho picchiato, mi sono fatto male. Ho difeso il mio territorio da chiunque abbia tentato di conquistarlo, in tutti i modi. I miei. Sono stato dipinto come scorretto, come un prepotente: scusatemi, volevo solo vincere. Perché è questo che conta, quando si corre. Ed io ci sono riuscito. Grazie a me. Grazie agli uomini straordinari che ho trovato sulla strada della mia vita. Grazie a chi mi è stato intorno e mi ha dato la forza di lottare anche quando c’era una piccola speranza. E’ anche per questo, che sono ancora qui.

La vita è imprevedibile. Ho rischiato di farmi male per migliaia di chilometri: non so quante volte ho superato i trecento all’ora, in quante occasioni sono andato vicino al punto di non ritorno senza rendermene conto. Non è successo mai niente. Ok, Silverstone. Ma le gambe non le rompe solo chi corre in monoposto. Poi quando pensi di non essere più in pericolo, di essere nella parabola discendente delle difficoltà del tuo essere un uomo da corsa, ecco che il rischio torna prepotentemente e ti colpisce alle spalle, nel più tremendo dei modi. Non chiedetemi cosa sia successo due anni fa, non ve lo saprei raccontare. Ma vi posso assicurare che è una beffa essere ridotto così per una caduta sugli sci, dopo una carriera come la mia. Sembra uno scherzo del destino, un disegno sadico. Ma ora non conta più. Schumi, quello che avete tifato fino a perdere la voce, festeggiato, rincuorato, anche mal sopportato per tutti questi anni, fa parte dei ricordi. Dei vostri ma anche dei miei, anche se spesso sono un po’ annebbiati. I ricordi sono per sempre.

Si dice che solo da morti ti si concedano gli onori che non hai avuto da vivo. Cos’è l’amore? Un’emozione, come quella che ho provato per tanti anni in carriera. L’amore vero non si vende né si compra: ma si può sentire, annusare, riconoscere. Se me ne fossi andato subito, dopo quella caduta, non mi sarei reso conto di quanto amore c’è intorno a me, da ogni parte del mondo. Qui, nel mio limbo, forse questa è l’unica infinitesimale nota neutra. Sono stato sempre così impegnato e concentrato, tanto da non accorgermi di quello che ho lasciato a chi mi ha seguito per tanto tempo. Adesso posso sentire tutto questo affetto, ancora più di prima. Corinna, i miei piccoli e Sabine sono sicuro che ne siano orgogliosi. Tra qualche giorno sarà il mio compleanno, e so che arriveranno ancora tanti messaggi, da parte di tutti. Io magari non lo posso “leggere” ed “ascoltare”, questo amore incondizionato, oppure non lo capisco: ma lo sento, lo posso avvertire. So che siete tanti, tantissimi, e tutto questo non è altro che forza. Più che per me, per loro, i miei cari. Io sono qui, non posso niente per me, anche se vorrei. Loro devono combattere ogni giorno: sono loro, adesso, gli eroi.

Io, ora, sono Michael. Ma lo sono sempre e comunque. Non dimenticatelo.”

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